Ordinanza 34387/2022
Ricorso per cassazione ex art 111 Cost. – Sentenza del Consiglio di Stato – Richiesta di pronuncia del principio di diritto – Ambito estraneo alle competenze della corte di cassazione
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con il quale si richieda alle Sezioni Unite la pronuncia di un principio di diritto ai sensi dell’art. 363 c.p.c. su ambiti estranei alle competenze della Corte. (Principio affermato dalla S.C. in presenza di una richiesta formulata in un ricorso ex art. 111, comma 8, Cost., avverso una decisione del Consiglio di Stato in materia edilizia, dichiarato inammissibile in quanto pienamente rientrante nell’alveo della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo).
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Ordinanza 22-11-2022, n. 34387 (CED Cassazione 2022)
Art. 360 cpc (Ricorso per cassazione) – Giurisprudenza
Art. 363 cpc (Principio di diritto nell’interesse della legge) – Giurisprudenza
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana (di seguito, CGA) respingeva l’appello proposto da Ro.Ma.Ve.Sa., quale erede unica di Ferdinando Sa., avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (di seguito, TAR) che aveva respinto il ricorso del de cuius contro provvedimenti vari del Comune di Catania concernenti un immobile abusivo (diniego di sanatoria, ordine di demolizione, acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile comunale, sgombero).
Il giudice di appello rilevava l’infondatezza dei motivi di gravame (due), osservando ed affermando che, come ritenuto dai primi giudici, tutti i provvedimenti amministrativi impugnati erano legittimi, con particolare riguardo alla violazione della distanza minima dell’immobile dalla battigia e relativa insanabilità della sua abusiva costruzione; all’ultimazione della costruzione post 1976; alla mancanza di affidamento del de cuius circa il consolidamento dell’abuso edilizio in questione a causa del comportamento inerte dell’amministrazione comunale.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Sa. deducendo due motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Catania, che poi ha depositato una memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. – la ricorrente denuncia l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del CGA per violazione di varie norme legislative regionali e statali, anche con riguardo all’interpretazione autentica retroattiva.
La censura è inammissibile.
Va ribadito che « In materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l’art. 111, comma 8, Cost., affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori “in iudicando” o “in procedendo”, senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l’interpretazione delle norme costituisce il “proprium” distintivo dell’attività giurisdizionale» (Cass., Sez. U – , Sentenza n. 27770 del 04/12/2020, Rv. 659662 – 01) e che « L’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione – che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale -, nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici; conseguentemente, in coerenza con la nozione di eccesso di potere giurisdizionale esplicitata dalla Corte costituzionale (sent. n. 6 del 2018), che non ammette letture estensive neanche se limitate ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento, tale vizio non è configurabile per “errores in procedendo”, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo» (Sez. U- , Sentenza n. 7926 del 20/03/2019, Rv. 653279 -01).
Nessuna delle ipotesi patologiche individuate in tali consolidati arresti giurisprudenziali ricorre nel caso che occupa.
Il giudice amministrativo di appello non ha fatto nient’altro che attuare la propria competenza giurisdizionale completamente all’interno dei limiti dati dalle norme, essendo piuttosto palese invero il tentativo della ricorrente di ottenere – del tutto inammissibilmente- da questa Corte una “revisione” del giudizio di merito, nei punti decisionali di fatto e di diritto.
Con il secondo motivo la ricorrente chiede a questa Corte di formulare d’ufficio un principio di diritto nell’interesse della legge ai sensi dell’art. 363, cod. proc. civ.
La censura è inammissibile.
Trattandosi di controversia che, come detto in relazione al primo motivo, appartiene alla competenza giurisdizionale – non violata- del giudice amministrativo, va senz’altro dato seguito al principio di diritto che «La richiesta di pronuncia del principio di diritto ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ. rivolta alle Sezioni Unite dalla Procura generale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti non merita accoglimento ove il ricorso sia finalizzato esclusivamente ad ottenere un’affermazione di massima su ambiti estranei alle competenze della Corte di cassazione (La S.C. ha affermato il principio di cui alla massima, con riferimento ad un ricorso della Procura Generale della Corte dei conti volto ad ottenere l’enunciazione di un principio di diritto sul merito dell’attività giurisdizionale del giudice e più specificamente, sul potere della Corte dei conti di emettere pronunzie di accertamento negativo aventi ad oggetto l’esercizio dei poteri istruttori del P.M. contabile)» (Sez. U, Sentenza n. 197 00 del 17/09/2010, Rv. 615284 -01).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000 per onorari, euro 200 per esborsi oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cosi deciso in Roma 8 novembre 2022