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Cassazione Civile 34435/2021 – Crediti sorti durante la procedura – Non contestazione – Crediti prededucibili – Domanda di insinuazione al passivo ultratardiva

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Sentenza 34435/2021

Crediti sorti durante la procedura – Non contestazione – Crediti prededucibili – Domanda di insinuazione al passivo ultratardiva

In tema di crediti sorti nel corso della procedura fallimentare, ai sensi dell’art. 111 bis, comma 1, l.fall., quelli esplicitamente riconosciuti dagli organi del fallimento, nella loro sussistenza e nel loro ammontare, ed anche quelli implicitamente ammessi, alla stregua di un comportamento logicamente e giuridicamente incompatibile con l’intento di disconoscerli, non devono essere accertati secondo le modalità previste dal capo V della legge fallimentare e, pertanto, la relativa richiesta di insinuazione non deve rispettare alcun termine di presentazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che aveva ritenuto intempestiva la domanda di insinuazione al passivo del credito avente ad oggetto il TFR conseguente al licenziamento intimato dallo stesso curatore fallimentare, presentata dopo più di un anno dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo).

Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 15-11-2021, n. 34435   (CED Cassazione 2022)

Art. 111 bis L.F. (Crediti prededucibili) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione (dichiarato in data 11.06.2013) proposta da (OMISSIS) contro la declaratoria di inammissibilità della sua domanda, cosiddetta “ultratardiva”, del 20.04.2017, con cui aveva chiesto l’ammissione al passivo, in prededuzione, o comunque con il privilegio ex art. 2751 bis c.c., del credito di Euro 19.913,89 maturato a titolo di trattamento di fine rapporto (di seguito TFR), in seguito al licenziamento intimatogli dal curatore fallimentare in data 11.12.2014.

Pur dando atto che “il diritto al trattamento di fine rapporto (…) sorge ai sensi dell’art. 2120 c.c., al momento della cessazione del rapporto”, il Tribunale ha osservato che il (OMISSIS) – avendo già presentato domanda tempestiva in data 22.10.2013 ed essendo quindi a “conoscenza del fallimento” – ha insinuato al passivo tale credito “dopo tre anni dalla comunicazione del curatore della risoluzione del rapporto di lavoro e (…) quindi oltre il termine decadenziale di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, avvenuto (…) il 3.10.2014”.

2. Con atto notificato il 26.2.2019 (OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidato a due motivi.

Il Fallimento intimato non ha svolto difese.

A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza in camera di consiglio.

Il ricorrente (OMISSIS) ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, in data 17.11.2020.

Con ordinanza interlocutoria del 10.2.2021 n. 3791 la Sesta Sezione ha ritenuto che la vicenda meritasse un approfondimento in pubblica udienza, specie con riguardo al presupposto della “non contestazione” L. Fall., ex art. 111 bis, comma 1, che esonera dall’accertamento dei crediti prededucibili “con le modalità di cui al capo V” e ha conseguentemente rimesso la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria ex art. 378 c.p.c., in data 7.10.2021.

Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 101, commi 1 e 4, l.fall., poiché il credito per il trattamento di fine rapporto (breviter TFR), in quanto sorto dopo il fallimento, non era soggetto ai termini di decadenza di cui all’art. 101 l.fall.

1.1. In assenza di una specifica disciplina sui termini per l’insinuazione al passivo dei crediti maturati dopo la dichiarazione di fallimento e avendo anzi l’art. 8 del d.lgs. n. 169 del 2007 abrogato l’unica disposizione che faceva espresso riferimento ai crediti (prededucibili) “sorti dopo l’adunanza di verificazione dello stato passivo ovvero dopo l’udienza alla quale essa sia stata differita” ((art. 111-bis, originario comma 2, l.fall.), la giurisprudenza di questa Corte si è chiesta se l’insinuazione dei crediti in questione (quando necessaria) possa avvenire sine die o se sussista un termine e in tal caso quale.

1.2. Le risposte non sono state univoche.

In estrema sintesi, un primo orientamento, per colmare il predetto vuoto normativo, ha adottato (mutatis mutandis) le scansioni organizzative del procedimento di accertamento del passivo di cui al Capo V del Titolo II della legge fallimentare – tenendo conto anche dell’ulteriore impronta acceleratoria del Codice della crisi e dell’insolvenza di futura applicazione, il cui art. 208, onera i creditori cosiddetti “ultratardivi” di presentare la domanda entro 60 giorni dal momento in cui è cessata la causa che ha impedito il deposito tempestivo (Sez. 1, n. 17594 del 28.6.2019, Rv. 654427 – 01; Sez. 6 – 1, n. 19679 del 1.10.2015, Rv. 636718 – 01).

1.2. Un secondo e diverso orientamento ha invece escluso che l’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare sia soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 101, commi 1 e 4, l.fall. (Sez. 1, n. 16218 del 31.7.2015, Rv. 636329 – 01; Sez.1,n. 20310 del 31.7.2018; Sez. 6 – 1 n. 13461 del 17.5.2019; Sez. 1, n. 1391 del 18.1.2019, Rv. 652403 – 01).

1.3. Un terzo e più recente orientamento, ora prevalente, pur partendo dalla premessa che caratterizza il secondo, ha raggiunto diverse conclusioni e ha negato che in questi casi i crediti così sorti non siano soggetti ad alcuno sbarramento temporale per la presentazione dell’insinuazione.

Si è così sostenuto che l’insinuazione incontra comunque un limite temporale, da individuarsi – in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost., e del diritto di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost. – nel termine di un anno, espressivo dell’attuale sistema in materia, decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di e partecipazione al passivo fallimentare ovvero dalla maturazione del …, credito (Sez. 6 – 1, n. 12735 del 13.5.2021, Rv. 661433 – 01; Sez. 1, n. 3872 del 17.2.2020, Rv. 657058 – 01;Sez. 6 – 1, n. 28799 del 7.11.2019, Rv. 656090 – 01; Sez. 1, n. 18544 del 10.7.2019, Rv. 656037 – 01).

Secondo quest’ultimo indirizzo, che il collegio condivide, la non imputabilità del ritardo e la sopravvenienza del credito non sono situazioni che si sovrappongono in modo perfetto; nel caso in cui il termine, al momento del sorgere del credito, non sia scaduto, al creditore sopravvenuto residuerebbe, per provvedere all’insinuazione, un tempo comunque più breve di quello a disposizione dei creditori preesistenti, con conseguenti dubbi di legittimità costituzionale sotto il profilo del principio ai uguaglianza (art. 3 Cost.) e del diritto di azione in giudizio (art. 24 Cost.); l’applicazione dell’art. 101 l.fall. ai crediti sopravvenuti introdurrebbe una decadenza non prevista dalla legge ma derivata da un intervento di natura pretoria, mettendo a repentaglio i principi espressi dall’art. 24 Cost.; l’applicazione dell’art. 101, comporterebbe un’evidente discriminazione dei creditori sopravvenuti rispetto agli altri, a dispetto del principio della parità di trattamento previsto dall’art. 3 Cost., ancor più marcata laddove si consideri che i creditori anteriori posseggono già, prima di entrare nella fase di tardività regolata dalla norma dell’art. 101, ampi margini temporali per la gestione e proposizione delle loro domande di insinuazione; non è possibile fare ricorso al disposto della L. Fall., art. 111 bis, là dove la norma prevede che “i crediti prededucibili devono essere accertati, con le modalità di cui al capo V” della legge medesima, al fine di dare fondamento normativo all’applicazione, nel caso di specie, all’art. 101 poichè il predetto rinvio alla normativa del Capo V, concerne solo le modalità di accertamento dei crediti ma non anche i termini; le indubbie esigenze di celerità e concentrazione del procedimento di verifica del passivo non bastano a giustificare l’applicazione non solo delle modalità di accertamento dei crediti sopravvenuti, pacificamente ritenute applicabili, bensì pure dei termini di decadenza previsti dalla dall’art. 101 l.fall.; tali esigenze debbono comunque trovare coordinamento con i principi costituzionali sopra richiamati, che non possono venire tralasciati rispetto al creditore sopravvenuto; a tal fine si rende necessario fare riferimento a un criterio razionale e individuare la disciplina positivamente applicabile per l’insinuazione di tali crediti, ricavandola in via sistematica, con riguardo ai principi generali dell’ordinamento e facendo perno, in particolare, sui richiamati principi costituzionali dell’art. 3 Cost., e dell’art. 24 Cost.; per ricondurre i crediti sopravvenuti a una posizione adeguatamente accostabile a quella degli altri creditori, si deve affermare pertanto un termine annuale per la presentazione delle relative domande, che prende a decorrere – in tutti i casi in cui il credito abbia maturato le condizioni di partecipazione al passivo dopo il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo – dal momento stesso in cui si siano verificate le dette condizioni.

1.4. L’ordinanza interlocutoria ha mostrato di dubitare che la soluzione adottata dal predetto terzo orientamento potesse valere anche per i crediti non contestati.

1.5. Per crediti prededucibili debbono intendersi quei crediti definiti dal secondo comma dell’art.111 l. fall., ossia quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare.

Il primo comma dell’art.111 bis l.fall, inserito dall’articolo 100 del d.lgs. 9.1.2006, n. 5, stabilisce poi che i crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V, “con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio” (nonchè di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’art. 25, i quali, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all’art. 26).

1.6 Va precisato che i crediti prededucibili “non contestati per collocazione e ammontare” non possono essere identificati semplicemente in quelli che non siano stati oggetto di una specifica presa di posizione da parte degli organi della procedura fallimentare, secondo una nozione processualistica volta ad estendere la nozione elaborata in seno al processo civile di cognizione in forza dell’art. 115 c.p.c., comma 2, in difetto nella fattispecie di una sede procedimentalizzata per lo sviluppo di un percorso dialettico caratterizzato da termini e scansioni per l’articolazione di difese ed eccezioni.

Per potersi parlare di non contestazione del credito occorre invece un quid pluris, ossia un vero e proprio contegno ammissivo degli organi della procedura, volto a riconoscere esplicitamente la sussistenza e l’entità del credito, o, quantomeno, un comportamento incompatibile, logicamente e giuridicamente, con l’intento di disconoscerli.

Ove ricorra tale ipotesi va all’evidenza esclusa l’applicabilità dei principi sopraesposti nel p.1.3., visto che non ricorrono “le condizioni di partecipazione al passivo” per la decorrenza del termine.

Al contrario, come stabilito dall’art. 111 bis cit., comma 4, il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori o del giudice delegato, può pagare i crediti in questione al di fuori del riparto se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti coloro che ne siano titolari.

1.7. Ebbene, il credito per TFR di (OMISSIS), sorto in corso di procedura per effetto del licenziamento intimato dallo stesso curatore e quantificato nel CUD, non poteva ritenersi contestato nè nell’an nè nel quantum debeatur, e dunque, ai sensi dell’art. 111 bis, comma 1, l.fall. cit., non era soggetto al procedimento di verifica (per una conferma della valenza probatoria del CUD, vedasi in motivazione Sez.6-1, n. 10041 del 20.4.2017).

A buon diritto, quindi, il ricorrente ha ritenuto di non essere tenuto a domandarne l’ammissione al passivo.

1.8. Solo con il primo progetto di ripartizione parziale del 20.12.2016 riservato ai creditori privilegiati ex art. 2755 c.c., e art. 2751 bis c.c., n. 1, (OMISSIS) ha potuto rendersi conto dell’atteggiamento ostativo assunto dal curatore fallimentare.

1.9. La predisposizione del riparto, che non teneva conto del credito per TFR del ricorrente, difficilmente può essere intesa come atto sopravvenuto di contestazione del credito stesso, anzichè come mero inadempimento del curatore.

Tuttavia, quand’anche si volesse, in ipotesi, assimilare l’esclusione del sig. (OMISSIS) dal riparto a una contestazione postuma, la necessità per il ricorrente di richiedere la verifica è sorta solo al momento in cui ha avuto comunicazione di tale provvedimento (e cioè il 20.12.2016), e la domanda è stata proposta entro l’anno da tale data.

Quindi, in ogni caso, la domanda di insinuazione tardiva del 20.4.2017 non può ritenersi intempestiva alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale sopra illustrato in tema di termine annuale per far valere i crediti prededucibili sorti durante la procedura e contestati.

Il motivo va pertanto accolto alla luce del seguente principio di diritto: “I crediti prededucibili sorti nel corso della procedura fallimentare “non contestati per collocazione e ammontare” di cui alla L. Fall., art. 111 bis, comma 1, esclusi dall’accertamento con le modalità di cui al capo V della L. Fall., non debbono essere insinuati al passivo nel termine di decadenza previsto dalla L. Fall., art. 101, commi 1 e 4, e neppure nel limite temporale di un anno, individuato in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione e sulla scorta dei principi costituzionali di cui all’art. 3 Cost., e all’art. 24 Cost., decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare”.

All’accoglimento del primo motivo di ricorso conseguono la cassazione del decreto impugnato ed il rinvio della causa al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

2. Resta assorbito il secondo motivo del ricorso, con il quale il ricorrente prospetta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., contestando che il ritardo nella presentazione della domanda potesse essergli imputato.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile il 29 ottobre 2021