Sentenza 3483/2016
Richiesta di pagamento in prededuzione – Decreto reiettivo del reclamo – Ricorribilità ex art. 111 Cost. – Esclusione
Il decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento con cui il giudice delegato, a fronte della contestazione del curatore circa l’ammontare del credito vantato, abbia respinto la richiesta di pagamento in prededuzione ex art. 111 bis, comma 3, l.fall., non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di statuizione che, in quanto meramente ricognitiva del difetto dei presupposti per il pagamento invocato, non decide in via definitiva sul diritto del creditore.
Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 23-2-2016, n. 3483 (CED Cassazione 2016)
Art. 111 bis L.F. (Crediti prededucibili) – Giurisprudenza
IL PROCESSO
(OMISSIS) impugna il decreto Trib. Genova 29.3.2013, che ebbe a respingere il suo reclamo (qualificato dal giudice quale opposizione allo stato passivo L.F. ex art. 98 e) interposto avverso il provvedimento del giudice delegato al fallimento della (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione, con il quale, sul presupposto che il credito richiesto di pagamento dal (OMISSIS) e in prededuzione fosse contestato, era stato confermato il rigetto dell’istanza formulata L.F. ex art. 111 bis, comma 3. Con essa il ricorrente aveva domandato il pagamento di euro 43.812.55, per le spese giudiziali liquidate in suo favore nella sentenza n. 3005/2012, emessa dal tribunale il 14.9.2012 sull’azione di responsabilità già promossa, tra gli altri, contro il medesimo creditore dal fallimento della (OMISSIS) s.p.a.
Secondo il decreto, il credito, ancorchè prededucibile, da un lato doveva ritenersi contestato in quanto il titolo su cui si fondava era ancora sub iudice, essendo stata gravata di appello la sentenza di primo grado, che aveva liquidato le spese giudiziali in suo favore; per vero, nelle more del reclamo, il giudice delegato aveva ammesso il credito in questione per intero al passivo (a seguito di insinuazione tardiva), ma con riserva da sciogliersi all’esito dell’appello pendente avverso la citata sentenza.
Dall’altro lato, per il tribunale, i crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento possono essere soddisfatti anche al di fuori del procedimento di riparto, ma solo se l’attivo risulti presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti, mentre nella vicenda, stante la limitata disponibilità di somme liquide e l’impossibilità di procedere allo stato ad una quantificazione del fabbisogno prededotto, il fallimento aveva riferito di non essere stato in grado di effettuare una tale prognosi.
Il ricorso è affidato a quattro motivi; il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 codice procedura civile.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione della L.F. art. 111 bis, per la ritenuta mancanza del requisito della non contestazione del credito vantato, lo stesso essendo sorto dopo l’avvio della procedura e già liquido ed esigibile, nè sottoposto ad alcuna condizione, endoprocessuale o extraprocessuale.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce ulteriore violazione della L.F. art. 111 bis, essendo dubitata l’interpretazione circa la necessaria capienza dell’attivo, dal momento che essa contrasterebbe con il principio secondo il quale i crediti prededucibili si pagano mano a mano che si presentano sulla base della capienza attuale.
Con il terzo motivo deduce il ricorrente la violazione della L.F. artt. 93, 95 e 96, art. 99, comma 7 e art. 111 bis, nonchè dell’art. 345 codice procedura civile, in quanto al momento in cui venne richiesto il riconoscimento del credito prededucibile, non era ancora stato proposto l’appello da parte della curatela e, quindi, la situazione di fatto e di diritto doveva ritenersi cristallizzata alla data della proposizione dell’istanza o, al più, della decisione del giudice delegato.
Con il quarto motivo deduce l’istante la violazione e falsa applicazione della L.F. artt. 96 e 111 bis, per avere il giudice delegato ammesso con riserva un credito prededucibile, non ravvisandosi i requisiti per tale minore riconoscimento, come indicati nella L.F. art. 96, comma 2, n. 3).
1. Il ricorso è inammissibile, essendo stato proposto avverso provvedimento non ricorribile per cassazione.
Dall’esposizione dei fatti processuali contenuta nel ricorso in esame, emerge all’evidenza che il (OMISSIS) ha inteso impugnare innanzi al Tribunale di Genova il decreto del 7.11.2012, con il quale il giudice delegato, valutata l’esistenza di una “contestazione” sull’ammontare del credito vantato dal predetto, ha respinto la richiesta di pagamento delle somme dovute in prededuzione al di fuori del procedimento di riparto ai sensi della L.F. art. 111bis, comma 3, indicando la necessità dell’udienza L.F. ex art. 101 per la trattazione della domanda nelle forme ordinarie dell’insinuazione tardiva allo stato passivo, come poi avvenuto.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, formatosi nella vigenza del testo originario della L.F. art. 111, qualora la sussistenza e la prededucibilità di un credito nei confronti della massa, che siano contestate dal curatore, e difettino di accertamento in forza di pronuncia giurisdizionale, vengano disconosciute anche dal giudice delegato, con decreto di reiezione dell’istanza di pagamento, reso a norma della L.F. art. 111, comma 2, si deve escludere che il preteso creditore, per ottenere il riconoscimento dei propri diritti, possa proporre reclamo contro detto decreto, e poi ricorso per cassazione contro la statuizione sul reclamo, atteso che i relativi provvedimenti, meramente ricognitivi del difetto dei presupposti per il pagamento in prededuzione, non hanno portata decisoria su quei diritti (Cass. 2.10.2015, n. 19715; Cass. 28.6.2002, n. 9490; Cass. 8.5.1991, n. 5124, nonchè Cass. 22.4.2010, n.9623).
2. Il descritto orientamento può trovare conferma anche dopo le novelle introdotte dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, che attraverso l’innesto nella L.F. art. 111 bis hanno oggi espressamente previsto, al comma 1, che i crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui alla L.F. art. 92 e ss. (id est secondo il medesimo procedimento riservato ai creditori concorsuali che aspirano a divenire concorrenti), fatta eccezione esclusivamente per i crediti “non contestati per collocazione ed ammontare”, soggiungendo, al comma terzo, che i predetti crediti “non contestata”, quando siano anche liquidi ed esigibili, “possono” anche essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto, a condizione che la massa attiva sia presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i creditori collocati in prededuzione.
Appare plausibile, allora, che la scelta del giudice delegato, confermata dal tribunale in sede di reclamo, di rinviare alla trattazione della domanda nelle forme del procedimento di verifica dello stato passivo, fissando apposita udienza per il suo esame L.F. ex art. 101, avendo natura meramente ricognitiva della carenza dei presupposti per il pagamento (fuori da ogni contraddittorio e) in prededuzione, dunque nelle forme semplificate previste dalla L.F. art. 111 bis, comma 3 (senza cioè ricorrere al complesso procedimento previsto per i piani di riparto L.F. ex art. 110), nella sostanza attua (e si risolve in) una scelta meramente gestoria della stessa procedura, non assume alcuna portata decisoria sui diritti vantati dal creditore e non può, quindi, ritenersi suscettibile di ricorso straordinario per cassazione.
3. Del resto, conferma dell’inidoneità del provvedimento qui impugnato ad incidere sui diritti del creditore istante, si trae dalla riportata circostanza per cui, successivamente al deposito del reclamo innanzi al collegio, proprio il credito vantato dal (OMISSIS) venne ammesso – con riserva – al passivo con il rango prededucibile e per l’intera somma pretesa, all’esito dell’udienza di verifica L.F. ex art. 101 innanzi al giudice delegato.
La circostanza, riferita già nella memoria depositata dal ricorrente ex art.380bis codice procedura civile, comma 2 in vista della adunanza (cui seguì l’ordinanza 27.7.2015 di rimessione della causa alla pubblica udienza) e per la quale sarebbe passata in giudicato la sentenza statuitiva della condanna del fallimento alle spese del giudizio di primo grado, costituente il titolo dubitato di stabilità dal primo provvedimento del giudice delegato assunto nel presente procedimento e a sua volta incidente sulla condizione dell’ammissione con riserva disposta dal medesimo organo – secondo la ricostruzione di cui alla pronuncia qui impugnata, non altrimenti riprodotta dalla parte – ma nel diverso giudizio promosso L.F. ex art. 101, sarà pertanto esaminata dal giudice delegato, innanzitutto nella sua competenza ripartitoria, alla stregua della condizione apposta all’ammissione nel secondo procedimento, propriamente deputato alla verifica concorsuale anche dei crediti prededucibili e contestati, ai sensi della L.F. art. 111bis, comma 1, che fa espresso rinvio al capo 5 del Regio Decreto n. 267 del 1942, quanto a modalità di accertamento.
Va peraltro osservato che il tribunale ha esplicitato una prima ratio decidendi, da considerare assorbente, per la quale proprio il riscontro della contestazione del credito, oggettivamente intesa, ne precludeva, ai sensi della L.F. art. 111 bis, comma 1, l’esonero dal citato accertamento. Tale quadro giustificativo appariva in realtà sufficiente alla conferma del decreto del primo giudice, del quale tuttavia il collegio reclamante ha ripreso anche una seconda motivazione di diniego, incentrata sulla insufficienza dell’attivo al soddisfacimento di “tutti i titolari di tali crediti”, posta dal comma 3 art. cit. L’eccedenza di motivazione risulta dal significato della riportata espressione, che non è equiordinata rispetto alla non contestazione, ma esige proprio che i crediti prededucibili, per essere pagati al di fuori del procedimento di riparto, siano congiuntamente “sorti nel corso del fallimento”, nonchè “liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare”; solo in presenza dei citati presupposti dovrebbe essere valutata la sufficienza distributiva dell’attivo, tra l’altro implicante, se sussistente, l’autorizzazione del comitato dei creditori o del giudice delegato ed agli ulteriori fini di un pagamento semplificato, poichè fuori dal riparto. Quando invece, come nella fattispecie ora in esame, il credito già ab origine non rinvenga una condivisione quanto alla sua immediata idoneità ad essere soddisfatto mediante pagamento su richiesta, dunque risulti contestato nella sua “collocazione” (in ciò risolvendosi, a prescindere dalla sua esattezza, il giudizio di non definitività del titolo giudiziale), diviene necessaria la via della domanda di ammissione, tempestiva o tardiva o supertardiva, mentre per converso la stessa non contestazione esclude solo tale procedimento accertativo preliminare, ove ricorra capienza per tutti i crediti prededucibili, ma non il procedimento di riparto, ove tale capienza sia esclusa.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, che ha aggiunto il comma 1-quater al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2016.