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Cassazione Civile 35042/2021 – Contratti di assicurazione – Clausola di regolazione del premio – Obbligo di comunicazione degli elementi variabili

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Ordinanza 35042/2021

 

Contratti di assicurazione – Clausola di regolazione del premio – Obbligo di comunicazione degli elementi variabili da parte dell’assicurato – Riconducibilità alle obbligazioni indicate nell’art. 1901 cc

Nei contratti di assicurazione contro i danni che prevedano la determinazione del premio in base ad elementi variabili (cosiddetta assicurazione con la clausola di regolazione del premio), l’obbligo dell’assicurato di comunicare periodicamente all’assicuratore gli elementi variabili costituisce oggetto di un’obbligazione diversa da quelle indicate nell’art. 1901 c.c., il cui inadempimento non comporta l’automatica sospensione della garanzia, ma può giustificare un tale effetto, così come la risoluzione del contratto, solo in base ai principi generali in tema di importanza dell’inadempimento e di buona fede nell’esecuzione del contratto, senza che assuma rilievo il richiamo, operato con apposita clausola contrattuale, all’art. 1901 c.c.. con riguardo alla mancata comunicazione delle variazioni, trattandosi di clausola nulla ai sensi dell’art. 1932 c.c. in quanto derogatoria della disciplina legale in senso meno favorevole all’assicurato.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 17-11-2021, n. 35042  (CED Cassazione 2021)

Art. 1901 cc (Mancato pagamento del premio) – Giurisprudenza

 

 

RILEVATO CHE:

(OMISSIS) s.r.l. conveniva davanti al Tribunale di Roma (OMISSIS) s.p.a., con cui aveva, in data 6 novembre 2007, stipulato un contratto assicurativo contro rischi di credito commerciale, adducendo di aver adempiuto ai propri obblighi e di aver denunciato due sinistri rispettivamente per l’importo di Euro 361.386 e per l’importo di Euro 179.412, il cui indennizzo la convenuta avrebbe rifiutato di pagare per omessa comunicazione da parte dell’attrice di alcuni fatturati, ritenendo così risolto il contratto. Pertanto l’attrice chiedeva la condanna della convenuta a pagarle l’indennizzo.

La convenuta si costituiva resistendo e adducendo l’inadempimento di controparte per avere effettuato un’autonoma selezione del rischio, violando così il principio di globalità.

In Tribunale, con sentenza del 31 ottobre 2013, rigettava la domanda attorea.

(OMISSIS) presentava appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Roma accoglieva con sentenza del 25 ottobre 2018, condannando l’appellata a pagare l’indennizzo e a risarcire i danni da inadempimento, per un totale di Euro 486.465,77 oltre interessi e le spese processuali dei due gradi.

(OMISSIS) S.A. (così ora denominata a seguito di una fusione) ha proposto ricorso, che è fondato su un unico motivo, da cui si è difesa con controricorso (OMISSIS).

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO CHE:

1. Il motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 1321, 1322, 1325, 1326, 1341, 1372, 1453, 1456, 1901 e 2697 c.c..

La ricorrente avrebbe sempre addotto l’obbligo contrattuale di controparte di conteggiare, per determinare il premio, ogni operazione a credito, per il principio di globalità tipico dei contratti di assicurazione del credito. Essa avrebbe, durante “un controllo di carattere amministrativo”, “rilevato una serie di irregolarità ed inadempienze”, tali da determinare “la decadenza dal diritto all’indennizzo”. Dal computo del conguaglio del premio sarebbe stato indebitamente escluso in totale l’importo di Euro 48.209,20, per cui appunto sarebbe stato violato il principio di globalità, in quanto controparte avrebbe compiuto una selezione del rischio, sottoponendo alla copertura assicurativa “solo una parte delle operazioni a credito”. Viene quindi descritta la vicenda, invocando poi l’art. 1 delle Condizioni particolari di polizza, il cui contenuto avrebbe imposto l’obbligo di globalità. Questo sarebbe stato il “principio cardine”, perchè solo assicurando tutti i crediti e applicando i “Grandi Numeri” sarebbe possibile “attuare il meccanismo… dell’assicurazione”.

Si prosegue successivamente con la descrizione di quella che sarebbe stata la vicenda ad avviso della ricorrente, indicando quali elementi sarebbero stati “illegittimamente estromessi dall’indagine” e richiamando clausole contrattuali.

La Corte d’appello sarebbe incorsa in un “totale sconfinamento” dal tema della lite, perchè le “vicende in punto di fatto erano legate esclusivamente alla violazione, da parte della (OMISSIS) SRL, delle clausole contrattuali”. Vengono dunque invocati l’art. 1 della polizza, art. 6, lettera A, delle Condizioni Generali, art. 9 della polizza, artt. 8 e 9, anche doppiamente sottoscritti ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. e si richiama il contenuto della sentenza impugnata – in cui il giudice d’appello avrebbe “proceduto in autonomia alla qualificazione del rapporto contrattuale” – affermando poi che la giurisprudenza ivi citata riguarderebbe la “diversa ipotesi di un pagamento eseguito in ritardo” e/o di una omessa comunicazione degli elementi variabili, non insegnando affatto che la violazione del principio di globalità consenta la valutazione nel merito “secondo le regole dell’adempimento delle obbligazioni civili”. La Corte d’appello avrebbe invece violato i principi generali del contratto, pure in riferimento all’art. 1372 c.c., in ordine ai suoi effetti. Avendo il contratto efficacia autonoma, “nessun sindacato in merito alla importanza o meno dell’inadempimento è rimesso al Giudice di merito qualora sia stato violato il principio fondamentale di globalità”.

2. Sulla questione della valutazione dell’inadempimento nella fattispecie in esame, sussistendo discrasia nella giurisprudenza di legittimità (in particolare, un orientamento negava l’incidenza del canone di buona fede, mentre un altro orientamento prevedeva un’automatica sospensione della garanzia ai sensi dell’art. 1901 c.c.), intervennero le Sezioni Unite con la sentenza 28 febbraio 2007 n. 4631, così massimata: “La determinazione del premio nei contratti di assicurazione contro i danni, fissata convenzionalmente in base ad elementi variabili (cosiddetta assicurazione con clausola di regolazione del premio assicurativo), comporta che l’adempimento dell’assicurato è adempimento di un’obbligazione civile diversa dalle obbligazioni indicate nell’art. 1901 c.c., tenendo conto del comportamento di buona fede tenuta dalle parti nell’esecuzione del contratto, del tempo in cui la prestazione è effettuata e dell’importanza dell’inadempimento. (Nella specie, le Sezioni Unite hanno cassato con rinvio la sentenza impugnata, con la quale non era stato considerato il carattere autonomo dell’obbligazione di pagamento del conguaglio del premio dipendente dalla suddetta clausola, il cui inadempimento non avrebbe dovuto essere valutato alla stregua dell’art. 1901 c.c., bensì in maniera indipendente dalla disciplina contenuta in questa disposizione ovvero secondo le regole che presiedono alla valutazione dell’adempimento delle obbligazioni civili, considerando il comportamento dell’obbligato con il metro della buona fede oggettiva)”.

Sulla linea di questo intervento nomofilattico si sono poste Cass. sez. 3, 8 aprile 2010 n. 8368, Cass. sez. 3, 11 giugno 2010 n. 14065 e Cass. sez 6-3, ord. 13 dicembre 2011 n. 26783.

Tra gli arresti massimati la più recente è peraltro Cass. sez. 3, 19 dicembre 2013 n. 28472: “Nei contratti di assicurazione contro i danni che prevedono la determinazione del premio in base ad elementi variabili (cosiddetta assicurazione con la clausola di regolazione del premio), l’obbligo dell’assicurato di comunicare periodicamente all’assicuratore gli elementi variabili costituisce l’oggetto di un’obbligazione diversa da quelle indicate nell’art. 1901 c.c., il cui inadempimento non comporta l’automatica sospensione della garanzia, ma può giustificare un tale effetto, così come la risoluzione del contratto, solo in base ai principi generali in tema di importanza dell’inadempimento e di buona fede nell’esecuzione del contratto, senza che assuma rilievo il richiamo, operato con apposita clausola contrattuale, all’art. 1901 c.c., con riguardo alla mancata comunicazione delle variazioni, trattandosi di clausola nulla ai sensi dell’art. 1932 c.c., in quanto derogatoria della disciplina legale in senso meno favorevole all’assicurato”.

è evidente, quindi, che l’interpretazione giurisprudenziale è stabilizzata – e ad essa si è adeguato il giudice d’appello -, e che non sussiste alcuna ragione per contraddire l’intervento delle Sezioni Unite, che comporterebbe comunque la rimessione della causa ex art. 374 c.p.c..

3. Si è rilevato ciò, peraltro, meramente ad abundantiam.

Infatti il ricorso patisce una serie di vizi che gli apportano inammissibilità per come è conformato: non presenta una sommaria esposizione dei fatti di causa, violando l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, bensì dedica loro addirittura 29 pagine su un totale di 45 pagine del ricorso; inoltre nella rubrica dell’unico motivo vengono indicate molte norme, ma nella illustrazione del motivo stesso non sono specificamente individuate le violazioni di ciascuna di esse; per di più il motivo può anche definirsi fattuale, nel senso che esige, prima dell’applicazione del principio di globalità, un accertamento di fatto affidato inammissibilmente al giudice di legittimità.

4. Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile per tali vizi; e anche qualora questi non sussistessero, si sarebbe dinanzi ad una fattispecie di inammissibilità riconducibile all’art. 360 bis c.p.c., comma 1.

Ne consegue la condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 12.000,00 oltre a Euro 200,00 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il 26 maggio 2021