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Cassazione Civile 35211/2021 – Prescrizioni presuntive – Ammissione stragiudiziale del debitore – Riconoscimento del diritto

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Ordinanza 35211/2021

Prescrizioni presuntive – Ammissione stragiudiziale del debitore – Riconoscimento del diritto

In tema di prescrizione presuntiva (nella specie, relativamente a compensi per attività professionale), non costituisce motivo di rigetto dell’eccezione, ai sensi dell’art. 2959 c.c., l’ammissione del debitore che l’obbligazione non è stata estinta, qualora la stessa sia resa fuori del giudizio in cui il credito che si assume prescritto venga azionato, rilevando essa, in tal caso, solo ai fini dell’interruzione del corso della prescrizione ex art. 2944 c.c. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la dichiarazione scritta, resa anteriormente al giudizio dalla parte poi eccipiente la prescrizione presuntiva, possa, per quanto non disconosciuta o contestata da quest’ultima, a seguito della sua produzione ad opera della controparte, rendere inefficace l’eccezione medesima).

Cassazione Civile, Sezione 6-2, Ordinanza 18-11-2021, n. 35211   (CED Cassazione 2021)

Art. 2944 cc (Interruzione della prescrizione per effetto del riconoscimento del diritto) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’avvocato Gi. Tr. ha proposto ricorso articolato in un unico motivo avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1664/2020, pubblicata in data 5 marzo 2020. Resiste con controricorso Lu. Pa..

L’avvocato Gi. Tr., con citazione notificata il 17 gennaio 2015, convenne la signora Lu. Pa. dinanzi al Tribunale di Roma, affermando di aver svolto a favore della convenuta attività professionale in esecuzione di un mandato di patrocinio legale e di aver maturato il diritto a compenso per un importo non inferiore ad € 5.100,00. Lu. Pa. eccepì la nullità della citazione per genericità del petitum e in subordine chiese accertarsi la non debenza del compenso professionale dell’avvocato Tralicci per l’avvenuta estinzione del debito.

Il giudice di primo grado, dichiarata la nullità della citazione per incertezza del requisito stabilito al n. 3 dell’art. 163 c.p.c., assegnò termine per provvedere all’integrazione della domanda e, ritenuta inadempiuta tale integrazione, con sentenza emessa ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c. in data 18 novembre 2015, dichiarò la nullità e l’improcedibilità della domanda.

Proposto gravane dall’avvocato Tralicci, la Corte d’appello di Roma riformò la decisione di primo grado con riferimento alla declaratoria di nullità della domanda, ma respinse comunque nel merito la pretesa in accoglimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva formulata dalla Pa., essendosi la prestazione professionale dell’attrice conclusa con la sentenza pronunciata il 28 marzo 2006 dal Tribunale di Roma, a fronte di azione di pagamento del compenso poi intrapresa soltanto il 17 gennaio 2015, in mancanza di qualsiasi atto interruttivo.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e 2956, 2944 c.c., nonché l’omessa valutazione di una circostanza determinante ex art. 360 n. 5 c.p.c., avendo riguardo alla dichiarazione confessoria di non aver pagato il compenso resa dalla debitrice Lu. Pa. nel verbale di sommarie informazioni agli atti del procedimento penale 22148/2012 R.G. Tale dichiarazione, allegata sia nel giudizio di primo grado che nell’atto di appello e non esaminata dai giudici di appello, pur non potendo costituire motivo di rigetto dell’eccezione di prescrizione ai sensi dell’art. 2959 c.c., in quanto resa fuori dal giudizio, avrebbe comunque assunto valore al fine di interrompere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria.

Deve superarsi l’eccezione pregiudiziale delle controricorrente sulla ritualità della procura conferita in calce al ricorso, poiché l’incorporazione dei due atti in un medesimo contesto documentale implica necessariamente il puntuale riferimento dell’uno all’altro, come richiesto dall’art. 365 c.p.c. ai fini del soddisfacimento del requisito della specialità.

Va ulteriormente premesso che la domanda oggetto di lite, benché riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali, e perciò doverosamente regolata dall’art. 14 del d. Igs. 10 settembre 2011, n. 150, nella specie applicabile ratione temporis, non venne proposta in base al rito imposto da tale norma (che comporta, peraltro, l’inappellabilità della decisione di primo grado) ed è stata poi erroneamente trattata sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello in entrambi in gradi secondo il rito ordinario di cognizione.

L’inammissibilità della censura proposta risiede comunque nel fatto che essa concerne l’omesso esame di un fatto (la dichiarazione di non aver pagato il compenso all’avvocato Staniscia, marito dell’avvocato Tralicci, resa da Lu. Pa. nel verbale di sommarie informazioni del 4 luglio 2013 nell’ambito del procedimento penale 22148/2012) comunque del tutto privo di carattere decisivo, giacché, se pur esaminato, esso non avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, avverso la quale il ricorso non offre alcun argomento significativo, non costituisce motivo di rigetto dell’eccezione, ai sensi dell’art.2959 c.c., l’ammissione da parte del debitore che l’obbligazione non è stata estinta, qualora la stessa sia stata fatta fuori del giudizio, valendo essa, in questo caso, solo ad interrompere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c. Come risulta dal testo della norma di cui all’art. 2959 c.c., per rendere inefficace l’eccezione di prescrizione presuntiva è necessario che la parte che la oppone faccia ammissione che l’obbligazione non è stata estinta. Tale ammissione può essere fatta direttamente o indirettamente o anche ricavata da tesi difensive o comportamenti processuali, ma, perché possa rendere inefficace l’eccezione, essa deve essere fatta imprescindibilmente nel giudizio in cui il credito che si assume prescritto viene azionato (cfr. Cass. n. 9509 del 2012; Cass. n. 14943 del 2008; Cass. n. 6514 del 2003; Cass. Cass. n. 13307 del 2002; Cass. n. 5622 del 1990). Nella specie, la ricorrente allega a fondamento della sua censura un’ammissione fatta al di fuori del presente giudizio, anteriormente alla sua instaurazione. Nè assume rilievo che la relativa dichiarazione scritta non sia stata disconosciuta, o comunque contestata, dalla debitrice nel corso del giudizio, poiché la proposizione dell’eccezione di prescrizione presuntiva, risolvendosi in una deduzione di estinzione dell’obbligazione, può essere resa inefficace soltanto da una successiva, o contestuale, deduzione, che comunque sia incompatibile con quella originaria e si traduca nell’affermazione, contraria, che l’obbligazione non sia stata estinta, in tutto o in parte.

Negli stessi erronei presupposti interpretativi versa la memoria presentata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380-bis, comma 2, c.p.c., ove si qualifica “DICHIARAZIONE CONFESSORIA GIUDIZIALE… in grado [di] vincere/interrompere la prescrizione 2956 cc” quella resa da Lu. Pa. nel procedimento penale.

La ricorrente, del resto, invoca proprio l’effetto interruttivo della prescrizione estintiva di cui all’art. 2944 c.c., ed in ciò il motivo di ricorso denota altresì la propria carenza di specificità e di immediata riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva della Pa..

La prescrizione estintiva e la prescrizione presuntiva sono ontologicamente differenti e fondate su fatti diversi: elementi costitutivi della prima sono il decorso del tempo e l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio che estinguono il debito, sicché il debitore può giovarsene, liberandosi dalla pretesa, sia che contesti l’esistenza del credito sia che ammetta di non aver adempiuto l’obbligazione; la seconda è invece fondata su una presunzione “iuris tantum”, ovvero mista, di avvenuto pagamento del debito, spettando al creditore l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dell’avvocato Mario Di Meo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi C 1.500,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dell’avvocato Mario Di Meo.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 ottobre 2021.