Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 3542/2021 – Lavoro subordinato – Recesso unilaterale orale – Prova per testimoni

Richiedi un preventivo

Sentenza 3542/2021

 

Lavoro subordinato – Recesso unilaterale orale – Prova per testimoni

Il principio di libertà della forma si applica anche all’accordo o al contratto collettivo di lavoro di diritto comune, che pertanto – salvo diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell’art. 1352 c.c. dalle medesime parti stipulanti – ben possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti; la medesima libertà va quindi ritenuta anche rispetto ai negozi risolutori di detti accordi, come il recesso unilaterale ex art. 1373, comma 2, c.c., la cui prova può essere offerta anche per testimoni.

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 11-2-2021, n. 3542   (CED Cassazione 2021)

Art. 2723 cc (Patti posteriori alla formazione del documento) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 17.4.2014, la Corte di appello di Milano respingeva il gravame proposto da (OMISSIS) Sede Secondaria in (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata rigettata l’opposizione presentata dalla predetta avverso i decreti ingiuntivi aventi ad oggetto il pagamento, in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), delle somme rispettivamente riconosciute a titolo di premio aziendale dall’ottobre 2004.

2. La Corte distrettuale, richiamando precedenti di appello riferiti a fattispecie analoga, confermava quanto ritenuto dal giudice di primo grado in ordine alla rilevata tardività della disdetta della contrattazione aziendale da parte della società, pervenuta oltre il termine del 31.12.2004 previsto dall’accordo del 14.12.2001, ritenendo che le parti contrattuali avessero preteso che la disdetta avvenisse con forma scritta e che la stessa non dovesse essere trasmessa anche alle RSU, non essendo state queste ultime parti dell’accordo. In particolare, rilevava che, se l’asserita comunicazione orale della disdetta fosse realmente esistita, l’appellante ne avrebbe fatto menzione sia nella fase di avvio dell’ingente contenzioso, sia al momento in cui aveva per iscritto comunicato l’intenzione di non volere procedere al rinnovo del contratto integrativo aziendale.

3. La Corte rilevava che non poteva trovare accoglimento la domanda volta ad ottenere l’accertamento dell’efficacia della disdetta del contratto integrativo aziendale a far tempo dal 31.7.2005, trattandosi di domanda proposta per la prima volta in appello.

4. Di tale pronuncia ha domandato la cassazione la società (OMISSIS), affidando l’impugnazione a quattro motivi, illustrati in memoria, cui ha resistito, con controricorso, il (OMISSIS). Il (OMISSIS) e’ rimasto intimato.

5. Nel ricorso per cassazione proposto dalla (OMISSIS) si dava atto che era stato proposto ricorso per revocazione avverso la stessa sentenza impugnata sul rilievo dell’errore di fatto compiuto dalla Corte meneghina, posto che nella memoria difensiva ex art. 416 c.p.c., in via subordinata era stata chiesta, per l’ipotesi di ritenuta tardività della disdetta di (OMISSIS), che venisse accertata l’efficacia della disdetta del C.I.A. quantomeno a far tempo dal 31.7.2005.

6. Con sentenza del 20.11.2018 n. 29932, questa Corte procedeva preliminarmente alla riunione al procedimento recante il n. di RG 23935/2014 di quello successivo recante il n. di RG 9223/2017, chiamato alla stessa udienza, con il cui ricorso era impugnata la sentenza n. 70/2017 emessa in sede di giudizio revocatorio dalla Corte di appello di Milano, per la connessione esistente tra le due pronunce e la rilevanza nel primo giudizio della pronuncia sul ricorso avverso la decisione in sede di revocazione.

6.1. In accoglimento del ricorso relativo a tale secondo procedimento, la Corte cassava la sentenza n. 70/2017 con rinvio alla Corte d’appello di Milano, disponendo nel contempo la sospensione dell’altro, in attesa della definizione della causa revocatoria (che aveva un’incidenza per il periodo successivo al 31.7.2005).

7. Le cause riunite sono state nuovamente chiamate all’udienza pubblica del 13.10.2020, scaduti i termini per la riassunzione del giudizio di revocazione dinanzi alla Corte di appello milanese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 392 c.p.c., poteva essere effettuata da ciascuna delle parti non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione, con notificazione effettuata personalmente.

2. Tale riassunzione nei termini di legge non e’ avvenuta (cfr. attestazione di cancelleria della Sez. lavoro della Corte d’appello di Milano del 10.5.2019) e pertanto, ai sensi dell’art. 393 c.p.c., deve dichiararsi l’estinzione dell’intero processo di revocazione.

3. L’estinzione di quest’ultimo si riflette sul giudizio sospeso nel senso che viene meno la causa di sospensione, con conseguente possibilità di procedere alla trattazione di esso, con riguardo all’oggetto quale delimitato temporalmente nella sentenza della Corte distrettuale.

4. I motivi di ricorso articolati nel procedimento principale sono i seguenti:

1) con il primo motivo, e’ denunziato omesso esame in ordine all’avvenuta disdetta della contrattazione integrativa aziendale Standa all’incontro del 27.1.2004 ed al mancato accoglimento delle istanze istruttorie svolte dalla (OMISSIS);

2) con il secondo, si prospetta violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e art. 1350 c.c., con riferimento all’individuazione di presunzioni ed al mancato accoglimento delle istanze istruttorie riguardanti l’avvenuta disdetta della c.i.a. all’incontro del 27.1 2004, posto che e’ stato violato in tal modo il principio di libertà delle forme;

3) con il terzo motivo, e’ dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., anche in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., con riferimento all’individuazione di presunzioni ed al mancato accoglimento delle suddette istanze istruttorie, osservandosi che il giudice sia tenuto ad ammettere prova contraria al fatto ignoto che si pretende di provare tramite presunzioni;

4) con il quarto motivo, si lamenta violazione o falsa applicazione della disciplina degli artt. 139, 148 e 149 c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., per non avere la Corte distrettuale applicato il principio secondo cui la decadenza e’ impedita dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario o all’agente postale richiamandosi al principio secondo cui gli effetti sfavorevoli dei ritardi nel compimento di attività, riferibili a soggetti terzi, non possono ricadere in capo al soggetto che abbia tempestivamente posto in esse la propria manifestazione di volontà.

5. I primi tre motivi vanno trattati congiuntamente per l’evidente ragione di connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto.

6. Le questioni vanno risolte in conformità a quanto già affermato in sentenze rese da questa Corte in ipotesi pienamente sovrapponili (cfr. Cass. 2.2.2018 nn. 2600 e 2601, Cass. 8.3.2018 n. 5601, Cass. 6.3.2018 n. 5601) alle cui motivazioni questo Collegio ritiene di potersi riportare, in ragione della ritenuta condivisibilità delle affermazioni e dei principi ivi affermati.

7. In particolare, e’ stato evidenziato, per quel che maggiormente rileva, che, con sentenza 3318/95, le S.U. di questa S.C. statuirono che, in mancanza di norme che prevedano, per i contratti collettivi, la forma scritta e in applicazione del principio generale della libertà della forma (in base al quale le norme che prescrivono forme peculiari per determinati contratti o atti unilaterali sono di stretta interpretazione, ossia insuscettibili di applicazione analogica), un accordo aziendale e’ valido anche se non stipulato per iscritto; che in senso conforme si pronunciò Cass. n. 11111/97 e che tale ultimo indirizzo interpretativo, era meritevole di essere seguito a tal fine non bastando le pur evidenti esigenze funzionalistiche che consigliano l’adozione d’un testo scritto, ma che di per se’ non possono imporlo in difetto d’una sanzione a pena di nullità prevista dalla legge o dall’autonomia privata.

7.1. E’ stato evidenziato come dal principio della libertà delle forme derivante dall’art. 1325 c.c., n. 4 e da quello che le previsioni che determinati contratti o atti devono essere posti in essere con una forma particolare sono di stretta interpretazione, discende la considerazione che, una volta stabilita la libertà della forma dell’accordo o del contratto collettivo di lavoro, la medesima libertà deve essere ravvisata anche riguardo agli atti che ne siano risolutori, come il mutuo dissenso (art. 1372 c.c., comma 1) o il recesso unilaterale (o disdetta) ex art. 1373 c.c., comma 2.

7.2. Alla libertà della forma del contratto collettivo di lavoro e dei negozi connessivi (come il recesso unilaterale ex art. 1373 c.c., comma 2) consegue, secondo l’iter argomentativo dei precedenti di legittimità richiamati, la fondatezza dei motivi di censura riferiti alla mancata ammissione delle prove testimoniali a tal fine chieste e coltivate dalla società ricorrente. Essa e’ onerata ex art. 2697 c.c., comma 2, della dimostrazione (in quanto ricopre il ruolo sostanziale di convenuto eccipiente) sia dell’esistenza d’una effettiva disdetta verbale espressa nel corso della summenzionata riunione del 27.1.04 sia del carattere meramente confermativo della successiva lettera del 29 gennaio 2004, per superare la contraria affermazione dei lavoratori, secondo i quali, invece, in quella riunione le parti avrebbero pattuito la comunicazione scritta del recesso.

7.3. A sua volta l’onere di comunicare per iscritto la disdetta, ove pattuito nel corso della summenzionata riunione del 27.1.04, risulterebbe rilevante non ai fini degli artt. 1351 o 1352 c.c., ma perche’ una pattuizione del genere equivarrebbe ad una concorde richiesta di ripensamento tale da inficiare un’ipotetica iniziale volontà di recesso da parte aziendale, così implicandone l’assenza o (il che e’ lo stesso ai presenti fini) la non attualità alla data del 27.1.04.

8. Di tali principi non ha fatto applicazione la sentenza impugnata, che – in violazione degli artt. 24 e 111 Cost. – e’ pervenuta al diniego della prova (ritualmente chiesta dalla società ricorrente) nonostante che nella vicenda in esame la disdetta potesse provarsi anche con prova dichiarativa. Non vi sono ostacoli normativi alla possibilità d’una prova testimoniale della disdetta, sia perche’ ex art. 421 c.p.c., comma 2, nel processo del lavoro non si applicano i limiti alla prova testimoniale previsti dagli artt. 2721, 2722 e 2723 c.c. (cfr., per tutte, Cass. n. 9228/09), sia perche’ tali limiti sono riferibili ai soli contratti e non anche agli atti unilaterali (cfr. Cass. 2600/2018 cit., che richiama al riguardo, tra le altre, Cass. n. 5417/14).

9. In conclusione, il ricorso e’ da accogliere nei sensi di cui in motivazione, dovendo ritenersi all’evidenza assorbito il quarto motivo.

10. conseguentemente la sentenza impugnata va cassata e va disposto il rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che dovrà accertare se e in che termini nella summenzionata riunione del 27.1.04 vi sia stata un’effettiva disdetta orale degli accordi collettivi aziendali 5.7.74, 6.7.79 e successivi aggiornamenti.

11. Ciò il giudice di rinvio dovrà verificare alla luce dei principi di diritto già enunciati nei precedenti richiamati, di seguito ribaditi: a) il principio di libertà della forma si applica anche all’accordo o al contratto collettivo di lavoro di diritto comune, di guisa che essi – a meno di eventuale diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell’art. 1352 c.c., dalle medesime parti stipulanti – ben possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti; b) tale libertà della forma dell’accordo o del contratto collettivo di lavoro concerne anche i negozi connessi come il recesso unilaterale ex art. 1373 c.c., comma 2; c) la parte che eccepisce l’avvenuto recesso unilaterale e’ onerata ex art. 2697 c.c., comma 2, della prova relativa e, ove alla manifestazione orale segua, su richiesta dell’altro o degli altri contraenti, una dichiarazione scritta del medesimo tenore, e’ altresì onerata della prova del carattere meramente confermativo – anziche’ innovativo di tale successiva dichiarazione.

12. Al giudice del rinvio va demandata la determinazione anche delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del processo quanto al giudizio recante il numero di R.G. 9223/2017, accoglie il ricorso relativamente al procedimento n. R.G. 23935/2014 nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, in data 13 ottobre 2020