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Cassazione Civile 3593/2010 – Giudizio di risarcimento del danno – Indicazione analitica delle voci di danno – Valutazione equitativa

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Sentenza 3593/2010

Giudizio di risarcimento del danno – Indicazione analitica delle voci di danno e del relativo ammontare – Rimessione alla valutazione equitativa del giudice

Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno, qualora l’attore, dopo avere indicato analiticamente le voci di danno di cui chiede il ristoro ed il relativo ammontare, abbia dichiarato di rimettersi comunque “alla valutazione equitativa del giudice”, il giudice non può pronunciare condanna per importi superiori a quelli richiesti dalla parte, giacché quella formula in difetto di una esplicita dichiarazione in tal senso, non può intendersi come una domanda di somme anche maggiori rispetto a quelle indicate, ma solo come richiesta al giudice di effettuare la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 16 febbraio 2010, n. 3593   (CED Cassazione 2010)

 Art. 1226 cc annotato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il (OMESSO) il (OMESSO) Pa.Al. morì a seguito del violento scontro del motociclo Honda 900, che conduceva, con l’autovettura Volkswagen Golf condotta dal proprietario Fa. Lu. che, nello svoltare a sinistra lungo un rettilineo per raggiungere il parcheggio di un bar e conseguentemente occupando la mezzeria percorsa dall’altro mezzo, aveva omesso di dargli la precedenza.

I genitori, le due sorelle ed il fratello del defunto agirono giudizialmente per il risarcimento nei confronti del Fa. e dell’ Ax. As. s.p.a., che resistettero.

Con sentenza n. 59 del 2002 l’adito tribunale di Busto Arsizio, ravvisata la esclusiva responsabilità del Fa. , condannò solidalmente i convenuti a pagare agli attori euro 9.513,00 per danno emergente, euro 20.541,69 per lucro cessante e, per danno morale, complessivamente euro 367.877,94 a favore dei due genitori e complessivamente euro 183.938,97 in favore delle due sorelle e del fratello.

2.- In parziale accoglimento dell’appello dell’ Ax. la decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Milano che, con sentenza n. 3227 del 2004, oltre a ravvisare il concorso causale colposo della vittima per il 25% e ad operare le conseguenti diminuzioni, ha comunque ridotto rispettivamente a complessivi euro 309.874,14 il danno morale liquidato a favore dei genitori ed a complessivi euro 92.962,25 quello a favore delle sorelle e del fratello, in riferimento ai valori monetari della sentenza di primo grado, fermo quanto riconosciuto a titolo di danno patrimoniale. Ha dunque condannato gli attori a restituire quanto percepito in eccesso ed i convenuti al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi in relazione all’esito complessivo della lite.

3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione Gi. , So. , Si. Si. ed Pa.An. , e Ma.Re. , affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso l’ Ax. As. s.p.a., che propone anche ricorso incidentale basato su un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2.- Col primo motivo del ricorso principale (illustrato tuttavia per secondo) la sentenza è censurata per ultrapetizione, assumendosi che il vizio di ultrapetizione denunciato dall’appellante società di assicurazioni per avere il giudice di primo grado riconosciuto somme maggiori di quelle richieste (vizio che si assume peraltro insussistente e dunque ingiustificatamente ravvisato dal giudice di secondo grado) era stato bensì prospettato in atto d’appello ma non anche ribadito in sede di precisazione delle conclusioni, sicchè la corte d’appello non avrebbe potuto pronunciarsi sul punto.

2.1.- La censura è infondata alla luce del principio secondo il quale la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata non autorizza alcuna presunzione di rinuncia tacita in capo a colui che ebbe originariamente a proporla, non essendovi ragione per ritenere, in assenza di ulteriori, univoci elementi di fatto desumibili dal complessivo comportamento processuale tenuto dal richiedente, che il correlativo interesse sia venuto meno (così Cass., n. 9462 del 1997; e v. anche Cass., sez. un., n. 6003 del 1984). E nella specie tali elementi non sono neppure prospettati.

Quanto al profilo relativo all’ingiustificato accoglimento del motivo di appello con il quale la sentenza di primo grado era stata a sua volta censurata per vizio di ultrapetizione, esso è infondato perchè la rimessione della parte “alla valutazione equitativa del giudice”, dopo la precisa indicazione quantitativa delle singole voci di danno, non è idonea a configurare, in difetto di un’esplicita indicazione in tal senso, una domanda di somme eventualmente maggiori, ma si atteggia univocamente come richiesta al giudice di effettuare, appunto, la “valutazione equitativa del danno” ex articolo 1126 c.c., per il caso che esso non possa essere provato nel suo preciso ammontare.

3.- Col secondo motivo del ricorso principale la sentenza è censurata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la corte d’appello ravvisato l’apporto causale colposo della vittima (conducente della moto Honda) sulla base, tra gli altri, di tre inesistenti elementi: a) la rotazione in senso antiorario di 135 gradi effettuata dalla vettura dopo l’urto infertole dalla motocicletta; b) il limite di velocità 50 km/h nel luogo del sinistro; c) l’individuazione del luogo dell’impatto con il punto di intersezione della strada statale del (OMESSO).

Si afferma, sul primo punto, che la vettura stava svoltando, sicchè parte della rotazione complessiva era da ascriversi, per 90 gradi, alla svolta stessa. E, sul secondo e sul terzo, che le risultanze documentali attestavano che il limite era di 60 km/h e che non vi erano intersezioni.

3.1.- Va subito detto che gli errori che si assumono commessi dalla corte territoriale sulle circostanze di cui sub b) e c) si risolvono nella prospettazione di errori percettivi da parte del giudice del merito, eventualmente sindacabili col mezzo della revocazione e non del ricorso per Cassazione.

Quanto all’entità della rotazione impressa alla vettura (la cui massa è, peraltro, anche di 5 o 6 volte superiore a quella di una motocicletta), essa costituisce uno soltanto tra i molteplici elementi che la corte d’appello ha considerato per evincere una velocità della motocicletta inadeguata al contesto; elementi dai quali i ricorrenti prescindono e che sono tali e di tale pregnanza (cfr. le pagine 7 e 8 della sentenza) da apparire in se stessi ampiamente sufficienti a sorreggere la conclusione cui è addivenuta.

4.- Infondato è anche il ricorso incidentale, con il quale la sentenza è censurata per non avere compensato quanto meno parzialmente le spese in relazione alla soccombenza reciproca e per avere omesso di motivare in ordine alla condanna alle spese dell’appellante società assicuratrice.

Ciò in quanto la corte d’appello ha espressamente ravvisato, nella parte finale della motivazione, la preponderante soccombenza dei convenuti in ordine alle domande svolte dagli attori, avendo correttamente riguardo all’esito complessivo della lite ai fini della regolazione delle spese, secondo quanto statuito da Cass., sez. un., n. 15559 del 2003.

5.- Lo stesso criterio induce ad addossare ai ricorrenti principali quelle del giudizio di legittimità sostenute dall’ Ax. , dovendo considerarsi la loro soccombenza prevalente.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna i ricorrenti principali alle spese, che liquida in euro 3.700,00, di cui 3.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

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