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Cassazione Civile 36196/2021 – Dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo – Impugnabilità

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Ordinanza 36196/2021

 

Dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo – Impugnabilità

La sussistenza delle condizioni che, ai sensi dell’art. 647 c.p.c., legittimano la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, è sindacabile esclusivamente nel giudizio di opposizione ex art. 645 ovvero ex art. 650 c.p.c. ovvero, ancora, in quello di opposizione all’esecuzione intrapresa in base al medesimo decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, non essendo previsto alcun mezzo d’impugnazione avverso il relativo decreto ex art. 647 cit., né essendo proponibile il ricorso per cassazione.

Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 23-11-2021, n. 36196

Art. 645 cpc (Del procedimento di ingiunzione – Opposizione) – Giurisprudenza

Art. 647 cpc (Esecutorietà del decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza

 

 

Rilevato che:

il sig. Gi. Al., titolare della omonima ditta individuale< impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello che respingendo il gravame, ha confermato l’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo dallo stesso notificato nel 1993 alla sig.ra Ge. Pi. per il pagamento del somma di £18.845.328 quale corrispettivo per l’esecuzione di lavori edili; -nell’ambito del giudizio di primo grado, per quanto qui di interesse, l’opponente Pi. aveva dedotto l’infondatezza del credito per essere il corrispettivo dovuto per i lavori edili inferiore a quello ingiunto e già corrisposto;

-aggiungeva l’opponente che nel corso dell’esecuzione delle opere si erano verificate negligenze nella direzione dei lavori che avevano comportato la revoca dell’incarico al direttore dei lavori geometra Fa. e la mancata consegna di documenti contabili necessari per incassare parte del contributo pubblico previsto per le opere realizzate;

-in ragione di ciò l’opponente spiegava domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni causati dall’impresa individuale e dal direttore dei lavori chiedendo l’autorizzazione alla chiamata in causa di quest’ultimo;

-il creditore opposto si costituiva insistendo per la fondatezza del proprio credito e deducendo la natura dilatoria dell’opposizione;

-l’adito Tribunale di Salerno rigettava la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione, assegnava nuovo termine per la chiamata in causa del terzo e, dopo l’ammissione della prova testimoniai, disponeva la trasmissione della causa alla sezione stralcio;

-il giudice onorario aggregato (GOA) all’udienza del 17 maggio 2002, attesa la mancata comparizione delle parti, disponeva la cancellazione della causa dal ruolo;

-successivamente, all’esito della notificazione del precetto fondato sull’originario decreto ingiuntivo, decorso oltre 1 anno dal provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, il difensore dell’opponente Pi. citava con comparsa di riassunzione notificata il 17 dicembre 2003 il signor Gi. Al. a comparire avanti al giudice onorario aggregato e, assumendo che la causa era stata cancellata dal ruolo per errore, per non esseregli stati comunicati gli avvisi nel domicilio eletto in Salerno, ma presso la Cancelleria della volontaria giurisdizione del Tribunale di Salerno, chiedeva disporsi il prosieguo della trattazione;

-l’opposto si costituiva in giudizio e contestava la ritualità e fondatezza dell’avverso atto di citazione in riassunzione, in ragione della regolarità e ritualità della notifica in cancelleria del provvedimento di estinzione del giudizio e la validità dell’apposizione formula esecutiva;

-il GOA riteneva irregolare le comunicazioni effettuate ai fini della cancellazione della causa dal ruolo e disponeva procedersi nella causa che istruita a mezzo di ctu, era decisa con accoglimento dell’opposizione, revoca del decreto ingiuntivo e rigetto della domanda di risarcimento dei danni promossa dalla Pi. nonchè compensazione integrale delle spese di lite;

-l’opposto soccombente ha proposto appello ribadendo le questioni processuali sollevate in primo grado e ciòè la tardività della riassunzione del giudizio da parte dell’opponente perché avvenuta oltre il termine annuale stabilito dall’articolo 307 cod. proc. civ. e l’eccezione di estinzione per la mancata  integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo chiamato geometra Fa.;

-la corte territoriale ha respinto entrambe le eccezioni processuali argomentando, con riguardo alla prima, la mancanza di specificità rispetto alla ratio decidendi della sentenza di prime cure e l’infondatezza dell’eccezione perchè non tempestivamente sollevata a pena di decadenza “prima di ogni altra difesa”, alla stregua del testo ratione temporis vigente dell’art. 307 cod. proc. civ.;

-con riguardo alla seconda questione processuale la corte territoriale ha evidenziato che l’eccezione di estinzione sollevata con riferimento alla mancata integrazione del contraddittorio non era fondata in ragione dell’insussistenza del litisconcorzio necessario; -nel merito la corte territoriale ha confermato la statuizione del primo giudice sulla mancata prova che la committente Pi. avesse ordinato gli ulteriori lavori richiesti in pagamento dall’appaltatore; -la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da Gi. Al. con ricorso affidato a tre motivi cui resistono con controricorso, illustrato da memoria, Gerardo, Rosa, Maria Capuano in qualità di eredi di Ge. Pi.;

-non ha svolto attività difensiva l’intimato Francesco Capuano;

considerato che:

-va preliminarmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività formulata dai controricorrenti, non risultando allegata la ricevuta di avvenuta consegna della notifica della sentenza d’appello asseritamente avvenuta il 29/02/2016 a mezzo pec;

-con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, n.4 e n. 5, cod. proc. civ. l’errata applicazione delle norme di diritto per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 307 cd. proc. civ. per non avere la corte d’appello accolto l’eccezione di estinzione del giudizio;

-assume parte ricorrente di avere chiesto di dichiarare la regolarità e ritualità della notifica in cancelleria del provvedimento di estinzione del giudizio, nonché la validità dell’apposizione della formula esecutiva sin dal primo atto di difesa dopo la riassunzione effettuata dall’opponente Pi. con comparsa notificata il 17 dicembre 2003;

-a sostegno della richiesta aveva allegato che la causa era stata cancellata dal ruolo con provvedimento adottato dal G.O.A. in data 15/2/2002 e la riassunzione effettuata ben oltre il termine annuale di decadenza fissato dalla legge; inoltre nelle more e precisamente in data 5 novembre 2003 il decreto ingiuntivo era stato dichiarato esecutivo;

-la censura è infondata;

– la corte territoriale ha argomentato il rigetto della doglianza condividendo l’assunto del primo giudice secondo il quale l’opposto a seguito della riassunzione operata dalla Pi. non aveva eccepito l’estinzione del giudizio prima di ogni altra sua difesa come previsto dal testo all’epoca vigente dell’art. 307 cod. proc.civ., precedente alla modifica introdotta con la legge n. 69/2009 secondo il quale l’estinzione è dichiarata anche d’ufficio dal giudice istruttore o dal collegio;

-ciò posto, il ricorrente non ha offerto elementi per smentire la conclusione della corte territoriale, posto che, anzi, alla stregua delle trascritte conclusioni del primo atto di difesa seguito alla riassunzione (cfr. pag. 8 del ricorso, terzo cpv.) egli ha chiesto di dichiarare la regolarità e ritualità della notifica in cancelleria del provvedimento di estinzione (rectius di cancellazione della causa dal ruolo, essendo di questo tenore il provvedimento  adottato dal GOA), nonchè la validità dell’apposizione della formula esecutiva;

-con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, n.4 e n. 5, cod. proc. civ., l’errata applicazione delle norme di diritto per violazione e falsa applicazione degli art.112,647,307 cod. proc. civ. per non avere la corte territoriale considerato che una volta dichiarato esecutivo il decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 647 cod. proc.civ., l’opposizione non può più essere proposta né proseguita salvo il disposto dell’articolo 650 cod. proc. civ.;

-la censura è infondata; – il principio interpretativo cui si è attenuta la corte territoriale è quello secondo il quale la sussistenza delle condizioni che legittimano la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ., è sindacabile esclusivamente nel giudizio di opposizione, promosso ai sensi dell’art. 645 o dell’art. 650 cod. proc. civ., ovvero nel giudizio di opposizione all’esecuzione intrapresa in base al decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, non essendo previsto alcun mezzo d’impugnazione avverso il relativo decreto, e non essendo proponibile il ricorso per cassazione (cfr. Cass.19119/2009);

-ne consegue che corretto appare il ragionamento che da quel principio ha tratto la corte territoriale, atteso che il controllo sulle condizioni che consentono la dichiarazione di esecutività è possibile già nell’ambito del giudizio di opposizione al decreto d’ingiunzione, prima e tempestivamente promosso, giudizio che in difetto di tempestiva eccezione di estinzione è stato proseguito a seguito di valida riassunzione da parte dell’opponente;

-con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, n.4, n.5. cod. proc. civ., l’errata applicazione delle norme di diritto per violazione o falsa applicazione dell’articolo 112,102 e 307 cod. proc.civ. per non avere la corte d’appello dichiarato la mancanza di un litisconsorte necessario una volta che il terzo chiamato a seguito della domanda riconvenzionale proposta dalla opponente era stato ammesso;

-la censura è inammissibile;

-la corte territoriale ha rilevato la genericità della doglianza sollevata sul punto dall’appellante e fondata sull’assunto che il giudizio avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del geom. Fa. nei cui confronti era stata proposta dall’opponente domanda riconvenzionale di risarcimento danni;

– a fronte di tale statuizione il ricorrente deduce la mancata declaratoria di improcedibilità del giudizio, senza confrontarsi con la ratio decidendi della statuizione impugnata di cui pure dà conto in ricorso e cioè che nel caso di specie non era stato dato alcun ordine di integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ. con la conseguente nullità dell’adottanda sentenza in caso di sua inosservanza (cfr. Cass.4665/2021; id.23315/2020);

-come precisato da questa Corte il provvedimento del giudice che autorizza una parte a chiamare in causa un terzo ex artt.106 e 269 cod. proc. civ. non è attinente alla necessaria integrità del contraddittorio, dando luogo ad una causa scindibile (cfr.Cass.18496/2015);

-poichè la censura non si confronta con nessuno di tali principi interpretativi non può che ribadirsene la non ammissibilità;

-atteso l’esito sfavorevole di tutti i motivi, il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente va condannato, in applicazione del principio della soccombenza alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

-sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in euro 2500,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile 1’11 maggio 2021.