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Cassazione Civile 36329/2021 – Impossibilità sopravvenuta della prestazione – Effetti nei contratti a prestazioni corrispettive – Risoluzione del contratto

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Ordinanza 36329/2021

 

Impossibilità sopravvenuta della prestazione – Effetti nei contratti a prestazioni corrispettive – Risoluzione del contratto

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell’art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole.

Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 23-11-2021, n. 36329   (CED Cassazione 2021)

Art. 1218 cc (Responsabilità del debitore) – Giurisprudenza

Art. 1256 cc (Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea) – Giurisprudenza

Art. 1463 cc (Risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Il Consorzio (OMISSIS) ( (OMISSIS)) in data 27 novembre 1998 aggiudicava al RTI, avente quale mandataria (OMISSIS) s.p.a., la concessione della costruzione e gestione ventennale di un sistema integrato di raccolta, valorizzazione e recupero energetico dei rifiuti solidi urbani e dei fanghi di depurazione delle acque reflue.

Il sistema prevedeva la realizzazione di un impianto di digestione anaerobica dei rifiuti in località (OMISSIS) e di un impianto di smaltimento dei sovvalli (scarti non utilizzabili) in (OMISSIS).

La consegna di tale ultimo sito, per la costruzione del relativo impianto, non poteva poi avere luogo a causa delle forti opposizioni delle popolazioni locali, mentre insorgevano contrasti tra appaltante e RTI in ordine alla consegna delle aree destinate alla costruzione dell’impianto di (OMISSIS).

2. Il Tribunale di Torino, nel decidere la controversia instauratasi fra le parti e nel cui ambito tanto RTI, in via principale, quanto il Consorzio, in via riconvenzionale, avevano domandato la risoluzione del contratto in ragione delle inadempienze imputabili alla controparte, accoglieva la domanda di RTI e condannava il Consorzio a pagare la somma di Euro 4.140.614, oltre accessori, sull’assunto che fossero addebitabili al Consorzio sia la mancata, completa e tempestiva, disponibilità delle aree in (OMISSIS), sia la totale indisponibilità dell’area in (OMISSIS).

3. La Corte di Torino, con sentenza 10 febbraio 2010, in parziale accoglimento dell’appello condannava il Consorzio a pagare a RTI la somma di Euro 1.658.107, oltre accessori e spese, ritenendo in particolare che la mancata consegna dell’area di (OMISSIS) fosse addebitabile al committente, in difetto di un’iniziativa attuativa, quale quella di sollecitare la nomina di un commissario ad acta, dopo la sentenza del T.A.R. che aveva annullato il rifiuto del Ministero di fornire l’assistenza della forza pubblica.

4. Questa Corte, con sentenza n. 17771/2012, nel rigettare il secondo motivo di ricorso del consorzio, sottolineava (a pag. 10) che “la reiezione del motivo comporta certamente la incontestabilità in fatto dell’accertamento della ravvisata integrazione tra i due momenti di costruzione di impianti e tra le obbligazioni strumentali assunte dalle parti”.

Accoglieva, poi, il terzo motivo di ricorso, dopo aver ricordato che “l’inadempimento si conclama se la negligenza assuma rilievo causale e cioè se il comportamento altrimenti esigibile ma non realizzato avrebbe potuto assumere indubbia efficienza causale nella rimozione dell’ostacolo all’adempimento” (pag. 12); efficienza causale che nel caso di specie doveva essere esclusa, “posto che neanche l’accoglimento del relativo ricorso” di ottemperanza “avrebbe rimosso l’ostacolo di fatto alla consegna dell’area, consistente nella diffusa protesta delle popolazioni con occupazioni delle strade di accesso al sito, esso non potendo assicurare il risultato utile divisato per la semplice ragione che nessun commissario ad acta (presumibilmente lo stesso Prefetto) avrebbe necessariamente assicurato il risultato che l’Amministrazione, pressata da richieste ed astretta da sentenza del TAR, non riteneva di assicurare: se infatti l’agire della P.A. era illegittimo sol perchè rifiutava di provvedere e se l’interesse del Consorzio vittorioso era solo quello di ottenere il provvedimento, l’ottemperanza ben si sarebbe potuta concludere (e ragionevolmente si sarebbe conclusa) con un provvedimento negativo motivato con ragioni improntate ad una scelta politica di rispetto delle esigenze locali” (pag. 13).

Questa Corte dichiarava poi assorbiti sia il primo motivo proposto dal Consorzio, sia i tre motivi del ricorso di (OMISSIS) s.p.a., quale mandataria del R.T.I., del 15 aprile 2010, sia il motivo condizionato del ricorso della medesima compagine in data 20 maggio 2010, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava per il prosieguo alla Corte d’appello di Torino.

5. Quest’ultima in sede di rinvio rilevava in primo luogo che il principio di diritto fissato dalla Corte di Cassazione, secondo cui il factum principis impediva la consegna delle aree di (OMISSIS), aveva “indubbie ricadute sulle sorti del contratto, il cui duplice oggetto era inscindibile” e “rimanda(va) ad una fattispecie di impossibilità sopravvenuta”.

Aggiungeva poi, in adempimento del compito rimessole da questa Corte con la statuizione di rinvio, che si dovevano escludere profili di reciproco adempimento che, da soli e nei limiti delle censure poste con l’appello e ancora esaminabili alla luce della declaratoria di assorbimento fatta in sede di legittimità, potessero giustificare la risoluzione del contratto e le conseguenti richieste risarcitorie.

Respingeva, di conseguenza, le domande di risoluzione e risarcimento del danno presentate da R.T.I. e (OMISSIS) in liquidazione, compensando fra tutte le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.

6. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 17 novembre 2015, ha proposto ricorso (OMISSIS) s.p.a., in qualità di mandataria della R.T.I., prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso (OMISSIS) in liquidazione.

Quest’ultima, a sua volta ha proposto ricorso incidentale condizionato, al quale ha resistito con controricorso (OMISSIS) s.p.a.. L’intimata (OMISSIS) s.p.a., già Società (OMISSIS) s.p.a., non ha svolto difese.

Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1453 e 1458 c.c., perchè la Corte distrettuale, dopo aver escluso la sussistenza degli inadempimenti che le parti si erano reciprocamente addebitate, non ha tenuto conto della coincidente volontà dei contraenti di non dare esecuzione al contratto di concessione e si è limitata a rigettare le rispettive domande senza pronunciare la risoluzione del negozio.

7.2 Il secondo mezzo lamenta la violazione degli artt. 2909 c.c., artt. 324, 383, 384 e 392 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, poichè il giudice del rinvio ha erroneamente ritenuto che si fosse formato il giudicato sul capo 5.3.4 della sentenza n. 215/2010 della Corte d’appello di Torino; in realtà tale capo della decisione era stato oggetto del motivo condizionato del ricorso di R.T.I. in data 20 maggio 2010, motivo che era stato dichiarato assorbito dalla sentenza n. 17771/2012 della Corte di legittimità.

In questo modo la Corte di merito, nell’ambito della necessaria riconsiderazione globale di tutta la sfera di comportamenti tenuti dalle parti, non ha tenuto conto di un ulteriore inadempimento, distinto da quello relativo alla discarica di (OMISSIS) e sufficiente a supportare la risoluzione del contratto con addebito della responsabilità al Consorzio.

7.3 Con il terzo motivo la sentenza impugnata è stata censurata per violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. e per omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti: la Corte di merito, benchè le fosse stata demandata la valutazione del comportamento hic et inde tenuto dalle parti alla luce dell’integrazione fra i due impianti oramai definitivamente accertata, ha omesso – a dire del ricorrente – di indagare su tutti i fatti allegati e documentati dalle parti verificatisi fra gennaio e dicembre 2001, ritenendo che l’impossibilità della costruzione della discarica di (OMISSIS), facente parte di un unico impianto integrato, avesse imposto al Consorzio di fermarsi.

La Corte di merito, inoltre, ha attribuito alla decisione della Suprema Corte una portata diversa e più ampia di quella che essa in realtà aveva, dato che la stessa non aveva mai inteso accertare una fattispecie di impossibilità sopravvenuta della prestazione ai sensi dell’art. 1463 c.c..

Per di più il rilievo del carattere di novità dell’addebito mosso da R.T.I. al Consorzio nella comparsa di risposta del 7 maggio 2013 (laddove era stato fatto presente che, data l’acclarata inscindibilità dei due impianti, il venir meno della possibilità di realizzare quello di (OMISSIS) rendeva illegittima la richiesta del Consorzio a R.T.I. di ricevere in consegna le aree di (OMISSIS)) non rispondeva alla realtà processuale: la riserva formulata da R.T.I. nel registro di contabilità per opporsi alla consegna dell’area di (OMISSIS) e la sua esplicitazione, riportate integralmente nell’atto di citazione, l’atto di diffida e messa in mora del 2 febbraio 2001, prodotto con l’atto di citazione, e gli accadimenti successivi al 2 febbraio 2001, descritti nella conclusionale del 2009 e nelle note in replica del 2015, attestavano infatti che la novità ravvisata dalla Corte d’appello non sussisteva affatto e che l’inscindibilità degli impianti era stata denunziata da R.T.I. già nel gennaio 2001, con la riserva iscritta in contabilità, e sempre ribadita nel prosieguo del giudizio.

8. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, sono, tutti, inammissibili.

8.1 La Corte di merito in sede di rinvio, nel prendere le mosse dalla decisione di questa Corte, ha ritenuto (a pag. 21) che fosse principio di diritto, rispetto all’area di (OMISSIS), che “la negligenza, pur acclarata, del Consorzio nel non aver attivato il giudizio di ottemperanza non avrebbe potuto avere alcuna incidenza causale ai fini di ottenere la rimozione degli effetti del factum principis” (factum principis che, giova sottolineare, era costituito dalla “chiusura forzosa della strada d’accesso a seguito di opposizione al progetto delle popolazioni locali senza poter ottenere, con il giudizio di ottemperanza, l’intervento, pur doveroso, della forza pubblica, essendo legittimo il rifiuto della PA per ragioni discrezionali”).

“Esso” – vale a dire il factum principis – “pertanto è rimasto tale, impedendo, in via definitiva, la consegna delle aree di (OMISSIS), con le indubbie ricadute sulle sorti del contratto, il cui duplice oggetto, come accertato, dalla stessa Corte, è inscindibile, stante la stretta interdipendenza funzionale dei due impianti” (pagg. 21 e 22).

Ciò posto, il collegio del rinvio ha sottolineato (pag. 22) che “il principio posto dalla SC, a ben vedere, sulla base della ribadita interdipendenza dei due impianti, non pone nel nulla il drastico giudizio” – già espresso dalla sentenza di secondo grado – “secondo cui, oggettivamente, la mancata consegna delle aree di (OMISSIS) ha avuto un rilievo primigenio – a prescindere dalla cronologia degli eventi… – nella crisi del rapporto, perchè ha impedito in modo definitivo che l’opera potesse essere realizzata e portata a compimento in maniera conforme all’atto concessivo” (essendo mutato solo il rilievo soggettivo dell’evento in termini di negata imputabilità alla negligenza contrattuale del consorzio).

“In tali termini” – ha concluso la Corte distrettuale – “l’esposto principio rimanda ad una fattispecie di impossibilità sopravvenuta, in cui la parte debitrice onerata, in specie il consorzio, ha dimostrato la non addebitabilità a sè di tale fattore impeditivo della propria prestazione, integrando altresì di per sè una chiara ipotesi di scioglimento del contratto per impossibilità sopravvenuta dei reati” (rectius della prestazione).

8.2 Una simile statuizione non intende affatto attribuire alla sentenza di rinvio un accertamento di una fattispecie di impossibilità sopravvenuta della prestazione (come ritiene, a pag. 34, l’odierno ricorrente, con un’osservazione che, non cogliendo la ratio della decisione impugnata, risulta di per sè inammissibile).

Stabilisce, invece, in via autonoma che dai due principi fissati dalla Corte di Cassazione (costituiti il primo dalla constatazione dell’incontestabilità in fatto dell’accertamento della ravvisata integrazione tra i due momenti di costruzione degli impianti, il secondo dalla considerazione che l’inadempimento si conclama solo se la negligenza assume rilievo causale, rilievo che la mancata richiesta di ottemperanza non poteva avere perchè, quand’anche accolta, non avrebbe rimosso l’ostacolo di fatto alla consegna dell’area) non poteva che discendere (tale essendo il senso dell’espressione “rimanda” utilizzata a pag. 22) la constatazione, in fatto, del ricorrere di una fattispecie di impossibilità sopravvenuta della prestazione (di consegna delle aree di (OMISSIS)) dovuta dal Consorzio.

Si tratta, perciò di un accertamento di fatto operato direttamente dal collegio del rinvio e provocato dall’incidenza che i principi fissati da questa Corte avevano nella valutazione della congerie istruttoria.

Accertamento con cui fa il paio la constatazione immediatamente successiva, “con riferimento al momento finale, in cui le prestazioni di consegna delle aree e, conseguentemente, dei rispettivi lavori, secondo la prevista scansione temporale, avrebbero dovuto integrarsi”, della configurabilità non solo dell'”impossibilità dell’adempimento della prestazione da parte del debitore”, ma anche dell'”utilizzazione della stessa ad opera della controparte”, “posto che la realizzazione del progetto, integrato, così come previsto, avrebbe richiesto una modifica del contratto, non esigibile da nessuna delle due parti” (pag. 24).

La Corte di merito ha così constatato la duplice veste in cui si era manifestata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione nell’ambito del medesimo rapporto contrattuale – in termini da una parte di impossibilità di adempimento della prestazione da parte del debitore, dall’altra di impossibilità di utilizzazione della stessa ad opera della controparte (v. Cass. 8766/2019, Cass. 20811/2014) -, prendendo atto che non poteva più essere conseguita la finalità essenziale in cui consisteva la causa concreta del contratto.

Constatazione, questa, che ben poteva essere effettuata dal giudice del rinvio di propria iniziativa, dato che la sopravvenuta impossibilità della prestazione, che determina automaticamente il venir meno del contratto, rappresenta un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti da esso e può essere accertato d’ufficio dal giudice (Cass. 10935/2003).

8.3 L’impossibilità sopravvenuta della prestazione nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, opera di diritto, determinando, con l’estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1463 c.c. e art. 1256 c.c., comma 1, con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione e, in particolare, di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole (Cass. 1037/1995).

L’accertamento compiuto dalla Corte di merito assumeva valore decisivo e assorbente di tutte le domande (costitutive e di condanna) proposte dalle parti, rimanendo così definitivamente superate tutte le questioni di inadempimento colpevole poste da entrambe le parti al fine di domandare la risoluzione del contratto per fatto e colpa della controparte e la conseguente condanna al risarcimento dei danni.

La Corte di merito, invece, ha comunque proceduto ad esaminare tali questioni, vagliando i contrapposti addebiti sollevati da ambedue le parti, nella convinzione di essere a ciò obbligata dalla statuizione di rinvio, benchè la stessa (a pag. 10) rimettesse alla Corte di merito, “una volta che avrà individuato.. se e in che misura la mancata consegna sia imputabile a questa o a quella parte o se invece sia ascrivibile a factum principis, anche ogni valutazione del comportamento hinc et inde anteatto della quale l’accertamento sopra rammentato non faccia venir meno la rilevanza” (essendosi inteso così sostenere che fosse compito del collegio del rinvio verificare il comportamento colpevole delle parti solo se il preliminare accertamento concernente il ricorrere di una causa di impossibilità sopravvenuta non lo avesse reso irrilevante).

8.4 La prima conseguenza che si può trarre da quanto sopra argomentato sta nell’assenza di un interesse dell’odierno ricorrente a contestare la mancata declaratoria di risoluzione del contratto, pur in assenza di un accertato inadempimento di una delle due parti, in conseguenza della loro opzione processuale per la risoluzione del contratto.

L’operatività di diritto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la conseguente risoluzione del contratto, ex art. 1463 c.c., con effetto ex tunc, priva infatti la parte odierna ricorrente di un concreto tornaconto a dolersi della mancata declaratoria di un accertamento che, come visto più sopra, era reso superfluo dalla constatazione compiuta d’ufficio dal collegio del rinvio.

8.5 Gli ulteriori motivi di ricorso, del pari, si appuntano su questioni che, nella prospettiva sopra delineata, non assumono alcun rilievo e che R.T.I. non ha interesse a contestare.

Difatti, una volta che rimanga fermo l’accertamento del ricorrere di un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione (che non è stato investito da alcuna impugnazione se non nei termini, inammissibili, sopra indicati), le doglianze concernenti il preteso inadempimento colpevole del Consorzio (OMISSIS), quand’anche risultassero fondate, non varrebbero comunque ad impedire – per dirla alla maniera del collegio del rinvio – che le sorti del contratto risultino comunque travolte “a causa dell’impossibilità sopravvenuta, successivamente accertata” (pag. 33) e non potrebbero, di conseguenza, produrre l’annullamento della sentenza impugnata.

9. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.

Rimane di conseguenza assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dal Consorzio controricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Condanna il ricorrente principale al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 16.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma in data 29 settembre 2021.