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Cassazione Civile 36902/2022 – Responsabilità solidale – Azione di regresso – Presupposti – Soggetti estranei alla produzione del danno

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Ordinanza 36902/2022

Responsabilità solidale – Azione di regresso – Presupposti – Soggetti estranei alla produzione del danno – Esclusione

In tema di responsabilità per illecito extracontrattuale, il principio secondo cui, nei rapporti interni tra più soggetti tenuti a rispondere solidalmente dell’evento dannoso, il regresso è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa, presupponendo che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell’evento dannoso, esclude implicitamente la possibilità di esercitare l’azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultino per definizione estranei alla produzione del danno. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione della corte territoriale che, a seguito della condanna in solido della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e del Comune di Sarno a risarcire i familiari di una vittima dell’alluvione del 1998, aveva negato la possibilità, per i primi due soggetti, di agire in regresso contro l’ente territoriale, senza considerare che quest’ultimo, in virtù del principio di immedesimazione organica, era tenuto a rispondere per fatto proprio del danno ingiusto provocato dalla condotta del Sindaco).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 16-12-2022, n. 36902   (CED Cassazione 2022)

Art. 2055 cc (Responsabilità solidale) – Giurisprudenza

 

 

RILEVATO CHE:

con sentenza n. 5996/2011, confermata dalla Corte di Cassazione, la Corte di Appello di Napoli condannò (OMISSIS) alla pena di cinque anni di reclusione in relazione al reato di cui agli artt. 113 e 40 c.p. e art. 589 c.p., commi 1 e 3, per avere, in qualità di sindaco del Comune di Sarno, cagionato la morte di 137 persone in occasione dell’alluvione del 5.5.1998; condannò altresì il medesimo (OMISSIS) al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, salva una provvisionale immediatamente esecutiva di 30.000,00 Euro, in favore delle costituite parti civili; e ciò in via solidale con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e il Comune di Sarno, quali responsabili civili;

con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5 del 10.11.2018, il Tribunale di Salerno condannò il (OMISSIS) e gli enti sopra indicati, in solido fra loro, al risarcimento dei danni patiti da (OMISSIS) per il decesso della madre, avvenuto in occasione dell’alluvione; accolse inoltre la domanda di regresso formulata in via riconvenzionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno nei confronti del (OMISSIS), condannando quest’ultimo a pagare alle dette Amministrazioni quanto le stesse avessero dovuto corrispondere alla (OMISSIS); dichiarò, infine, assorbito l’esame della domanda alternativa di regresso spiegata dalle, Amministrazioni statali nei confronti del Comune di Sarno;

la Corte di Appello di Salerno ha rigettato l’impugnazione spiegata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno, osservando (per quanto ancora interessa) che:

“nell’ipotesi in cui per un fatto illecito siano tenuti a rispondere nei confronti di un terzo, oltre all’autore diretto, i responsabili civili, questi ultimi sono privi di regresso l’uno nei confronti dell’altro, venendone a mancare la stessa funzione giuridico-economica, che consiste nell’accollare il costo del danno all’effettivo titolare, mentre possono esperire, nello stesso o in separato giudizio, azione di rivalsa contro l’immediato autore del fatto lesivo per l’intera somma corrisposta al terzo danneggiato”;

non sussistendo “alcuna possibilità di configurare un regresso, ai sensi dell’art. 2055 c.c., comma 2, o di qualsiasi altra norma, tra responsabili indiretti o per fatto altrui, id est fra soggetti incolpevoli”, per i quali non è configurabile alcun contributo causale nella verificazione dell’evento lesivo, “ne deriva che, dopo aver pagato, il responsabile indiretto non potrà esercitare il regresso contro un altro responsabile indiretto nè pro quota, nè per l’intero, ma dovrà agire, per l’intero, soltanto nei confronti dell’unico colpevole, ovvero il responsabile diretto”;

“proprio in ragione dell’impossibilità di promuovere l’azione prevista dall’art. 2055 c.c., comma 2, nei confronti di un responsabile civile, per avere la stessa la funzione di traslare l’onere economico del danno sull’effettivo colpevole e non già di ripartirlo anche tra coloro cui non è causalmente ascrivibile il fatto illecito, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno non sono legittimati ad invocare il riconoscimento del diritto di agire in regresso nei confronti del Comune di Sarno, essendo quest’ultimo un soggetto istituzionale parimenti incolpevole”;

hanno proposto ricorso per cassazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno, affidandosi a due motivi; ha resistito il Comune di Sarno con controricorso;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

CONSIDERATO CHE:

con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 28 Cost., del Testo Unico n. 3 del 1957, artt. 22 e 23, art. 185 c.p., artt. 2043 e 2049 c.c. e art. 2055 c.c., comma 2;

premesso che la Corte territoriale ha escluso la possibilità di agire in regresso nei confronti del Comune di Sarno sul presupposto che quella degli enti pubblici condannati in solido col (OMISSIS) integri una responsabilità per fatto altrui, i ricorrenti sostengono che la responsabilità ascritta alle Pubbliche Amministrazioni, “proprio in ragione del rapporto di immedesimazione organica e dell’art. 28 Cost., non può che essere una responsabilità diretta”; assumono che gli atti e le omissioni accertati in sede penale a carico del (OMISSIS), “oltre che immediatamente riferibili alla persona fisica del Sindaco, (sono) anche direttamente imputabili tanto al Comune quanto alle Amministrazioni Statali in ragione delle proprie funzioni”, con la conseguenza che, “essendo tutte le Amministrazioni coinvolte nel fatto illecito” e “rispondenti, egualmente, per fatto proprio del danno ingiusto arrecato dalla condotta illecita del Sindaco, ben può ogni Amministrazione proporre azione di regresso nei confronti del coobbligato in solido, in ragione della gravità della rispettiva colpa e dell’entità delle conseguenze”;

il motivo è fondato;

ai fini dello scrutinio del motivo, deve muoversi dai principi di diritto enunciati da Cass., S.U. n. 13246/2019 nei seguenti termini:

il comportamento della P.A. che può dar luogo, in violazione dei criteri generali dell’art. 2043 c.c., al risarcimento del danno per il fatto penalmente illecito del dipendente, o si riconduce all’estrinsecazione del potere pubblicistico e cioè ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce ad una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali;

nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l’immedesimazione organica di regola pienamente sussiste ed è allora ammessa la responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all’ente;

nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, ove pure vada esclusa l’operatività del criterio di imputazione pubblicistico fondato sull’attribuzione della condotta del funzionario o dipendente all’ente, opera, nei limiti indicati dalle Sezioni Unite (profilo qui non rilevante), il diverso criterio della responsabilità indiretta, per fatto del proprio dipendente o funzionario, in forza di principi corrispondenti a quelli elaborati per ogni privato preponente e desunti dall’art. 2049 c.c.;

nella sentenza n. 19507 del 2013 della Corte di Cassazione, che ha concluso il procedimento penale per omicidio colposo plurimo nei confronti del Sindaco p.t., si legge, quanto alla imputazione formulata nei confronti di questi, che “non considerava la “mappa dei rischi” allegata al menzionato piano di protezione civile, nella quale quello derivante da alluvioni, frane e valanghe veniva ritenuto di “grado alto” e, quindi, degno della massima attenzione, con la indicazione degli adempimenti da attuarsi al verificarsi dell’emergenza; ometteva di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio, di convocare ed insediare tempestivamente il comitato locale per la protezione civile, di dare tempestivo e congruo allarme alla Prefettura di Salerno alla quale, anzi, fino alle ore 20,47, forniva notizie imprudentemente rassicuranti sull’emergenza in corso, suscettibili di non provocare l’adeguato allertamento degli organi competenti; forniva alla popolazione in pericolo notizie imprudentemente rassicuranti sulla emergenza in atto, diffondendo due appelli televisivi (…), con i quali invitava i cittadini a restare nelle proprie abitazioni, facendo così ritenere che la situazione fosse sotto controllo ed inesistente il pericolo; inoltre, a fronte di una precisa richiesta di evacuazione dei plessi ospedalieri di Sarno, in pericolo, avanzata dall’Autorità sanitaria competente, rifiutava tale evacuazione assumendo la insussistenza di pericolo per la vita dei pazienti”;

l’attività colposa che viene in rilievo non è meramente materiale ed estranea ai compiti istituzionali, tale da essere legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri esercitati – alle condizioni indicate dalle Sezioni Unite -, ma è istituzionale nel senso di estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà;

la circostanza che l’attività non sia per lo più collegata ad un formale provvedimento amministrativo ed integri piuttosto una condotta di tipo omissivo non muta i termini della questione poichè l’omessa adozione di un provvedimento amministrativo non costituisce comportamento materiale, ma illegittima condotta istituzionale (peraltro al sindaco risultano imputate anche condotte di carattere commissivo sotto il profilo delle notizie imprudentemente rassicuranti fornite durante l’emergenza in corso); l’attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell’autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima se quel potere doveva essere esercitato;

costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l’omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del Comune nel caso di specie ha carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 c.c., per cui, alla stregua dell’assunto del giudice di merito, secondo cui il regresso ai sensi dell’art. 2055, comma 2 può essere esercitato solo nei confronti del responsabile diretto (conformemente peraltro all’indirizzo di questa Corte espresso da Cass. n. 856/1982, n. 17763/2005, n. 24802/2008, n. 24567/2017), ben può essere proposta l’azione dalle Amministrazioni statali ricorrenti;

va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2043 c.c., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all’amministrazione, tale da far reputare sussistente l’immedesimazione organica con quest’ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche quando sia stato illegittimamente omesso l’esercizio del potere autoritativo”;

col secondo motivo (che deduce la violazione e/o la falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 185 c.p. e artt. 2043 e 2049 c.c. e art. 2055 c.c., comma 2), i ricorrenti sostengono che, ove il primo motivo non fosse ritenuto meritevole di accoglimento, la decisione impugnata sarebbe comunque erronea per non aver ritenuto applicabile l’azione di regresso “anche quando il titolo di responsabilità della Pubblica Amministrazione sia qualificabile “per fatto altrui””;

l’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, proposto in via subordinata;

la sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte territoriale, per nuovo esame della vicenda alla luce delle considerazioni e dei principi di cui sopra;

la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarando assorbito il secondo; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Roma, 12.10.2022