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Cassazione Civile 37009/2022 – Risarcimento del danno – Morte dei congiunti – Danno da perdita del rapporto parentale – Criteri di liquidazione equitativa – Tabelle di Milano

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Ordinanza 37009/2022

Risarcimento del danno – Morte dei congiunti – Danno da perdita del rapporto parentale – Criteri di liquidazione equitativa – Tabelle di Milano

Le tabelle di Milano pubblicate nel giugno del 2022 costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema “a punto variabile” (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione “a forbice”) che prevede l’attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa “pura”, purché sorretta da adeguata motivazione. (Nella specie la S.C., nel cassare la sentenza di merito che aveva immotivatamente omesso di applicare le tabelle di Milano, nonostante la rituale richiesta in tal senso contenuta nell’atto di appello, ha rimesso al giudice del rinvio l’applicazione delle suddette tabelle, nella loro versione più aggiornata).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 16-12-2022, n. 37009   (CED Cassazione 2022)

Art. 2059 cc (Danni non patrimoniali) – Giurisprudenza

Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza

 

 

Rilevato che:

1. Nu., An., Sa. e Ma. Al. Alb., Eu. e M.E. D.S., in proprio e nella qualità di eredi di Ma. Gr., convennero dinanzi al Tribunale di Palermo il Ministero della Salute, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dalla de cuius in conseguenza di una trasfusione di sangue infetto praticatale nel 1992, nonché di quelli sofferti iure proprio per la perdita della loro congiunta.

1.1. Il Ministero, nel costituirsi in giudizio, eccepì preliminarmente l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento, chiedendo poi il rigetto della domanda nel merito.

1.2. Istruito il procedimento sulla base della documentazione in atti, il Tribunale di Palermo, con sentenza numero 2295 del 26 maggio 2012, rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero, accolse parzialmente la domanda.

2. Gli eredi di Ma. Gr. proposero appello, chiedendo la parziale riforma della sentenza.

2.1. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 488 dell’Il marzo 2019, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado in punto di prescrizione, in applicazione dei principi affermati da questa Corte, a sezioni unite, con le sentenze nn. 576-584 del 20 novembre 2008 – a mente dei quali la prescrizione del diritto al risarcimento non può cominciare a decorrere fino a quando il danneggiato, pur sapendo di aver contratto la malattia, non sia in grado di conoscerne la causa e, perciò, di collegarla sotto il profilo causale alla condotta dell’autore dell’illecito.

Il giudice dell’appello ha ritenuto che la signora Gr. avesse avuto una sufficiente percezione della malattia, della sua gravità, della sua eziogenesi e delle possibili conseguenze dannose soltanto nel momento (e cioè nell’anno 1995) in cui attivò il procedimento amministrativo teso ad ottenere l’indennizzo derivante da danni irreversibili da vaccinazioni, trasfusioni, somministrazione di emoderivati – percezione la cui esattezza risultò, poi, confermata dalla certificazione rilasciata dalle commissioni mediche – con la conseguenza che, alla data di notifica dell’atto di citazione del 13 febbraio 2006, l’azione risarcitoria spiegata iure hereditatis dagli odierni appellanti era prescritta.

2.2. La Corte palermitana ha poi riformato la sentenza del tribunale in punto di liquidazione del danno parentale, riconoscendo, per ciascun figlio, un risarcimento di 50.000 €, e per ciascun nipote una somma pari a 10.000 €.

3. Gli eredi di Ma. Gr. propongono ricorso in cassazione sulla base di un unico motivo.

3.1. Il Ministero della Salute ha depositato atto di costituzione.

Considerato che:

4. Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c., art. 2.e 3 Cost. e art. 1226 c.c. e delle Tabelle di Milano sulla liquidazione del danno non patrimoniale – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.”. Sostengono i ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe errato nel liquidare il risarcimento spettante agli eredi della signora Gr., non avendo applicato i parametri indicati nelle tabelle del tribunale di Milano nonostante si fosse esplicitamente lamentata, nell’atto d’impugnazione, la violazione di tali parametri. La Corte d’Appello, pur accogliendo la doglianza relativa all’erronea quantificazione dei danni operata dal Tribunale, si era però discostata senza alcuna motivazione dai valori dalle tabelle milanesi, liquidando una somma inferiore ad un terzo rispetto al minimo stabilito per tale tipo di danno.

5. Il motivo è fondato. La questione posta al collegio dagli odierni ricorrenti ha ad oggetto i criteri di liquidazione del danno parentale e la conseguente scelta della tabella di riferimento, e deve essere risolta alla luce dei principi recentemente affermati da questo giudice di legittimità con le sentenze n. 10579/2021 e 26300/2021 – principi cui il collegio intende dare continuità, sia pur con le precisazioni che seguono.

5.1. In premessa, va rammentato come questa stessa Corte, con la sentenza n. 4852 del 1999, affermò il principio secondo il quale “la liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice con ricorso al metodo equitativo, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e specificamente, quali elementi di l riferimento della gravità delle lesioni, degli eventuali postumi permanenti, dell’età, dell’attività espletata, delle condizioni sociali e familiari del danneggiato; nel procedere alla liquidazione il giudice può ricorrere anche a criteri predeterminati e standardizzati, come quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità calcolato sulla media dei precedenti giudiziari (cosiddette “tabelle”), purché ciò attui in modo flessibile, definendo una regola ponderale su misura per il caso specifico e motivando congruamente in ordine all’adeguamento del valore medio del punto alle peculiarità del caso anche quando adotti una “tabella” costruita con riferimento ai parametri dell’età e del grado di invalidità del soggetto leso; poiché l’adozione delle cosiddette “tabelle” costituisce di per sè espressione del potere equitativo del giudice, questi non è vincolato all’adozione della tabella adottata presso il proprio ufficio giudiziario e ben può adottare “tabelle” in uso presso altri uffici; peraltro, poiché il fondamento della “tabella” è la media dei precedenti giudiziari in un dato ambito territoriale e la finalità è quella di uniformare i criteri di liquidazione del danno, il giudice deve congruamente motivare le ragioni della sua scelta”.

5.1.1. Con la sentenza del 7 giugno 2011, n. 12408, questa Corte, specificando ulteriormente la portata di tali principi, ampliando l’orizzonte risarcitorio fondato sul metodo tabellare anche al danno da perdita del rapporto parentale, e circoscrivendo la legittimità del ricorso a quel metodo alla sola ipotesi di applicazione delle tabelle milanesi, affermò l’innovativo principio secondo il quale “la mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricom prese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, integra violazione di norma di diritto, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3, c.p.c.”.

5.1.2. In motivazione, si osservò come, sul piano dei valori tabellari, si registrassero “divergenze assai accentuate, che di fatto danno luogo ad una giurisprudenza per zone, difficilmente compatibile con l’idea stessa dell’equità: accade, ad esempio, che ad un giovane macroleso invalido all’80°/0 si possa riconoscere, in base alle diverse tabelle in uso ed indipendentemente dalla personalizzazione, un risarcimento che oscilla tra i 430.000 ed i 700.000 Euro; che per la morte di un figlio la forbice possa variare da 30.000 a 300.000 Euro; che alcuni tribunali attribuiscano maggior peso alla morte di un figlio rispetto a quella della moglie, che altri facciano il contrario”, per poi concludere nel senso che “le Tabelle di Milano costituiscono il parametro di riferimento, per il giudice di merito, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero il criterio di riscontro e verifica di quella, di inferiore (o comunque diverso) ammontare cui sia pervenuto, essendo incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, pur avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano avrebbe consentito di pervenire”, di tal che il giudice di merito era chiamato “a dare adeguatamente conto dei criteri posti a base del procedimento valutativo seguito per addivenire all’adottata liquidazione, indicando il parametro standard adottato; come sia stato esso individuato; quali siano i relativi criteri ispiratori e le modalità di calcolo; quale sia l’incidenza al riguardo assegnata ai parametri considerati; le ragioni della mancata considerazione di altri parametri, a fortiori in caso di scostamento in diminuzione dal dato monetario indicato dalle Tabelle di Milano”, essendo poi onere del danneggiato “chiedere che la liquidazione avvenga in base al sistema tabellare, ma non anche quello di produrle in giudizio, in quanto esse, pur non costituendo fonte normativa, costituiscono diritto vivente nella determinazione del danno non patrimoniale”.

5.2. Da questi principi si è apertamente e immotivatamente discostato, nella specie, il giudice di merito. La Corte d’Appello, difatti, pur accogliendo la doglianza relativa all’erronea quantificazione dei danni operata dal Tribunale, ha poi immotivatamente riconosciuto agli appellanti una somma considerevolmente inferiore rispetto al minimo tabellare previsto dall’osservatorio milanese per tale tipo di danno.

5.3. Va ancora osservato come il principio secondo cui la liquidazione del danno non patrimoniale secondo il criterio tabellare garantisse una liquidazione equitativa ex articolo 1226 c.c. venne ulteriormente precisato (Cass. n. 20381/2016) nel senso che “il giudice è tenuto ad applicare la tabella vigente al momento della decisione, risultando, di converso, irrilevante che, dopo la delibazione, ma prima del deposito della sentenza, sia stata diffusa una versione aggiornata della tabella”; non senza considerare, ancora (Cass. n. 9231 del 2013), che “ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare”.

5.4. La carenza, in seno alla tabella milanese, di tali (e di ulteriori, altrettanto necessari) parametri standard di valutazione sarà rilevata da questa Corte dapprima con la sentenza n. 10579/2021, poi, più esplicitamente, con le pronunce n. 26300/2021 e n. 33005/2021 – che evidenzieranno come le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma a differenza di quelle di Milano, fossero le sole, sul territorio nazionale, in grado di garantire l’applicazione di quei criteri equitativi predicati dalla sentenza 12408/2011, riaffermandone (e dandogli così continuità) il principio secondo cui, “in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella” (venne così cassata la decisione del giudice d’appello che, nel liquidare il danno da perdita del rapporto parentale patito dal fratello e dal coniuge della vittima, aveva fatto applicazione delle tabelle milanesi, non fondate sulla tecnica del punto, bensì sull’individuazione di un importo minimo e di un “tetto” massimo, con un differenza monetaria molto ampia tra l’uno e l’altro).

5.4.1. I criteri indicati da questa Corte per la liquidazione del danno parentale, pertanto, furono così sintetizzati, sia pur in via esemplificativa e non esaustiva: a) adozione del criterio “a punto variabile”; b) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; c) modularità; d) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, quella del superstite, il grado di parentela, la eventuale convivenza) e dei relativi punteggi.

5.5. Tanto premesso, il Collegio rileva (come consentito dai principi più volte affermati da questa stessa Corte in tema di relativa conoscibilità ex officio) che le ultime tabelle milanesi, rielaborate e rese pubbliche nel mese di giugno del corrente anno, si conformano tout court ai suddetti requisiti. In particolare, l’assegnazione dei punti è stata ripartita in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e della vittima secondaria, della convivenza tra le due, della sopravvivenza di altri congiunti e della qualità intensità della specifica relazione affettiva perduta. Sulla base di tali indicazioni, partendo dai valori monetari previsti dalla precedente formulazione “a forbice”, è stato ricavato il valore base per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati, nonché per la quella relativa alla perdita di fratelli/nipoti. Si è così stabilito che i punti astrattamente attribuibili siano pari rispettivamente ad un massimo di 118 (per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati) e di 116 (per la tabella relativa alla perdita di fratelli/nipoti), con un ‘Capi pari al valore monetario massimo della forbice delle precedenti tabelle, al fine di consentire la liquidazione del massimo valore risarcitorio in diverse ipotesi e non in un solo caso, salva sempre la ricorrenza di circostanze eccezionali.

5.5.1. La pubblicazione di due tabelle con una differente distribuzione di punti consente altresì di diversificare i criteri relativi alla perdita del parente di primo grado e coniuge/assimilati e quelli previsti per i parenti di secondo grado. Inoltre, emerge che, dei cinque parametri considerati ai fini della distribuzione a punti, quattro hanno natura oggettiva – e sono quindi dimostrabili – in guisa, va peraltro specificato, di presunzioni semplici, che consentono sempre la prova contraria – anche con documenti anagrafici, mentre il quinto ha natura soggettiva e riguarda sia gli aspetti dinamico relazionali (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia quelli da sofferenza interiore — entrambi, va ancora precisato, da allegare e provare, anche con presunzioni, non essendo predicabile, nel sistema della responsabilità civile, l’esistenza di una fattispecie di danno in re ipsa ( in tal senso, di recente, Cass. s.u. 33645/2022).

5.6. Ne consegue che, in applicazione del già ricordato principio secondo il quale il giudice di merito, compreso quello di rinvio del procedimento conseguente alla cassazione della sentenza d’appello, è tenuto ad applicare le tabelle vigenti al momento della decisione, le nuove tabelle milanesi consentono – al pari di quelle romane – una liquidazione rispettosa dei criteri indicati da questa Corte con le citate pronunce 10579 e 26300 del 2021, onde la loro applicazione in sede di giudizio di rinvio, come invocata espressamente da parte dei ricorrenti nel corso del giudizio di merito, dovrà ritenersi del tutto conforme a diritto nel caso di specie, poiché l’individuazione dei criteri poc’anzi ricordati consente l’applicazione della legge, ordinaria e costituzionale (artt. 1226 c.c., art. 3 Cost.), in modo sostanzialmente – sia pur se solo tendenzialmente, in assenza di una tabella unica nazionale di matrice legislativa – uniforme sul territorio nazionale. 5.6. Non è mai stato, e non è a tutt’oggi compito di questa Corte – in tema di distinzione, che allarma autorevole dottrina, tra “merito” e “controllo della motivazione” – procedere a qualsivoglia valutazione (e men che meno a qualunque intervento di merito) sui singoli criteri di quantificazione del danno, rimessi tout court ai Tribunali e alle Corti territoriali, potendosi, al più, formulare l’auspicio – nel perdurante quanto assordante silenzio del legislatore – della costruzione di una tabella unica nazionale, all’esito di un lavoro congiunto tra gli osservatori impegnati nello studio ed alla elaborazione delle tabelle relative al danno da perdita del rapporto parentale.

5.7. Resta ferma la possibilità – immanente ad un diritto che resta radicato nella inevitabile approssimazione di tabelle di origine pretoria e non legislativa – di una liquidazione che non si conformi ai parametri tabellari, volta che l’assoluta ed evidente eccezionalità del caso si sottragga ad una meccanica, arida e pur sempre inappagante operazione aritmetica, a condizione che la valutazione equitativa “pura” adottata dal giudice di merito si sostanzi e tragga linfa da un complesso di argomenti, chiaramente enunciati, nella logica della conformazione e del superamento della regola tabellare nel caso specifico.

5.8. Alla luce dei principi dianzi esposti, deve affermarsi che anche le nuove tabelle integrate a punti per il danno parentale come rielaborate dall’Osservatorio di Milano, risultando coerenti con i principi di diritto enunciati nella sentenza di questa Corte n. 10579/2021, potranno essere legittimamente applicate dal giudice del rinvio qualora la parte, come nella specie, ne abbia fatto espressa richiesta nei precedenti gradi di giudizio, per determinare una liquidazione equa, uniforme e prevedibile del danno lamentato.

6. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di appello di Palermo che, in diversa composizione, provvederà all’applicazione delle tabelle milanesi – siccome espressamente e tempestivamente richieste dalle parti ricorrenti – nella più recente edizione del 29 giugno 2022.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Palermo che, in diversa composizione, applicherà i principi di diritto suesposti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 4 ottobre 2022.