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Cassazione Civile 37581/2021 – Opposizione all’esecuzione – Valore della controversia ai fini della competenza

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Ordinanza 37581/2021

Opposizione all’esecuzione – Valore della controversia ai fini della competenza

Nei giudizi di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., ai fini della competenza, il valore della controversia si determina in base al “credito per cui si procede” a norma dell’art. 17 c.p.c. e, cioè, in riferimento alla somma precettata nella sua interezza, senza che assuma rilievo il maggiore importo – pari a quello del “credito precettato aumentato della metà” – al quale deve estendersi il vincolo imposto al terzo pignorato ai sensi dell’art. 546, comma 1, c.p.c.

Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 30-11-2021, n. 37581   (CED Cassazione 2021)

Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza

Art. 17 cpc (Valore delle cause relative all’esecuzione forzata) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Fermo ha dichiarato la propria incompetenza per valore, per essere competente il Giudice di pace della stessa città, in ordine alla opposizione proposta da Claudio Isidori avverso l’esecuzione presso terzi nei suoi confronti promossa da Edgardo Giacomozzi per il recupero del credito di C 4.639,60, oltre interessi, fondato su titolo giudiziale seguito da precetto con il quale si intimava il pagamento della somma di C 4.896,54 e poi da pignoramento presso il terzo (Banca del Piceno) eseguito per un importo di € 7.344,81.

Ha infatti rilevato che «il valore dell’opposizione all’esecuzione ex art. 17 cod. proc. civ. è € 4.896,54, ossia il credito per cui si procede in base al precetto, a prescindere dall’aumento previsto nell’atto di pignoramento per coprire le spese della fase esecutiva».

2. Tale sentenza è impugnata con regolamento di competenza da Claudio Isidoro.

L’intimato non svolge difese.

3. Dovendo il procedimento trattarsi ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale. Il P.M. ha concluso per l’accoglimento del proposto regolamento di competenza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente deduce che erroneamente il tribunale ha declinato la propria competenza per valore supponendo che il valore della causa andasse rapportato al credito indicato nel precetto.

Rileva che, trattandosi di opposizione all’esecuzione (ovvero al già eseguito pignoramento presso terzi), ai fini della determinazione del valore occorresse aver riguardo — in relazione al disposto di cui all’art. 17 cod. proc. civ., secondo cui «il valore delle cause di opposizione all’esecuzione si determina dal credito per cui si procede» — all’importo indicato nell’atto di pignoramento, ovvero a quello di € 7.344,81, «come imposto dall’art. 546, comma primo, cod. proc. civ., con inevitabile superamento della soglia di competenza del giudice di pace».

Osserva che «appare del tutto insostenibile» che il valore dell’opposizione possa considerarsi pari all’importo precettato, considerato che «il G.E. non avrebbe mai ed in modo alcuno potuto liquidare le spese del pignoramento presso terzi in misura inferiore ad € 103,46, che è la differenza tra l’importo precettato e la soglia di competenza del G.d.P.».

2. Il ricorso è infondato.

Ai sensi dell’art. 17, primo periodo, cod. proc. civ., «il valore delle cause di opposizione all’esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede», discendendone che «il valore della causa di opposizione all’esecuzione iniziata ex art. 615, comma secondo, cod. proc. civ., si determina in base alla somma per la quale si è proceduto ad esecuzione» (Cass. 23/08/2013, n. 19488; 27/06/2018, n. 16920).

Nel caso di specie deve escludersi che la decisione del tribunale abbia fatto non corretta applicazione di detto criterio.

È ben vero, infatti, che, ove vi sia differenza tra credito indicato in precetto e credito per cui si procede ad esecuzione (già iniziata), l’individuazione del giudice competente deve essere effettuata, in applicazione dell’art. 17 cod. proc. civ., sulla base del «credito per cui si procede» e, quindi, dell’importo del credito di cui al pignoramento e non dell’importo del credito di cui al precetto (v. giurisprudenza sopra cit.).

Tale eventuale differenza, però, perché abbia a rilevare ai fini della individuazione del giudice competente per valore a conoscere della opposizione all’esecuzione forzata, deve pur sempre attenere al credito per il quale si procede, ossia al credito esecutivamente azionato (si consideri al riguardo che il principio testé ricordato è stato affermato da Cass. n. 19488 del 2013 in un caso in cui era stato intimato precetto di pagamento per il considerevole importo di euro 89.579,36 e, successivamente, con l’atto di pignoramento la parte creditrice aveva ridotto le proprie pretese a soli euro 2.408,73, per effetto di un pagamento effettuato medio tempore; si trattava, dunque, di un’ipotesi, del tutto diversa da quella in esame, in cui l’importo indicato nell’atto di pignoramento corrispondeva effettivamente al saldo residuo dovuto, diverso da quello precettato per effetto di pagamenti intervenuti nel frattempo; a sua volta il precedente di Cass. n. 16920 del 2018 riguardava un caso, diverso da quello qui in esame, in cui vi era piena corrispondenza tra importo indicato in precetto e credito indicato nell’atto di pignoramento, il principio in quella sede affermato essendo diretto a precisare che quest’ultimo permaneva quale criterio determinativo della competenza per valore nel giudizio di opposizione all’esecuzione senza che potesse di contro rilevare che l’opposizione stessa fosse limitata ad una sola parte del credito azionato esecutivamente).

Ebbene, nella specie non v’è motivo di ritenere che il credito azionato esecutivamente sia maggiore di quello indicato in precetto, non risultando neppure dedotta la necessità di conteggiare interessi nel frattempo maturati né risulta che lo fossero in misura tale da superare le detta soglia.

Al contrario, è pacifico che il pignoramento si riferiva all’atto di precetto intimato per l’importo di € 4.896,54, ed è questo il «credito per cui si procede» di cui all’art. 17, primo comma, cod. proc. civ. (v. in tal senso, in un caso analogo, Cass. 15/02/2019, n. 4530).

3. Non può al riguardo condividersi l’assunto, posto a fondamento del ricorso e avallato nelle proprie conclusioni dal P.G., secondo cui, ai fini in questione, debba farsi riferimento al maggiore importo cui, ai sensi dell’art. 546, comma primo, cod. proc. civ. [come modificato dall’art. 2, comma 3, lett. e), d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 8011, deve estendersi il vincolo imposto al terzo pignorato (maggiore importo pari a quello del credito precettato «aumentato della metà», cui corrisponde esattamente, nella specie, l’importo di € 7.344,81, risultante dall’applicazione dell’aumento del 50% all’importo precettato di € 4.896,54).

Tale aumento, come esattamente rilevato dal giudice a quo, è previsto dalla norma allo scopo di coprire le spese della fase esecutiva (v. in argomento Corte cost. 22 dicembre 2010, n. 368) e come tale non può affatto identificarsi con il «credito per cui si procede», con tale locuzione evidentemente identificandosi l’importo che, logicamente e cronologicamente, precede l’azione esecutiva vera e propria (costituendone anzi il presupposto e il fondamento) e conseguentemente anche le spese che per essa saranno sostenute.

Trattasi, del resto, di una mera estensione del vincolo pignoratizio non supportata ancora, nel momento in cui opera, dalla determinazione dell’esatto ammontare delle spese da recuperare all’esito della procedura esecutiva, alla quale dovrà provvedere il giudice dell’esecuzione solo al termine della procedura medesima, in sede di distribuzione della somma ricavata (art. 510 cod. proc. civ.).

Anche in tal senso è dunque da escludere che tale estensione di importo possa considerarsi, ai fini in discorso, quale «credito per cui si procede», non costituendo essa a ben vedere nemmeno oggetto di accertamento di natura decisoria emesso all’esito di processo di cognizione e idoneo a porsi ad oggetto di procedura esecutiva.

Come è stato, infatti, già da tempo evidenziato, poiché l’art. 95 cod. proc. civ. (diversamente dagli artt. 611 e 614, i quali espressamente prevedono che le spese sono liquidate dal giudice dell’esecuzione, con decreto costituente titolo esecutivo contro il soggetto esecutato) si limita ad enunciare il principio secondo cui le spese sono a carico di chi ha subito l’esecuzione, rimane conseguentemente precluso al giudice di emettere una pronuncia di condanna costituente titolo esecutivo nei confronti del soggetto che ha subito l’esecuzione, potendo egli in tale ipotesi, ai sensi dell’art.510 cod. proc. civ., solamente determinare l’importo spettante ai creditori per capitale, interessi e spese, mediante un’operazione di mera liquidazione delle varie voci che costituiscono il diritto del creditore, in vista dell’emissione di una successiva pronunzia (non già di condanna bensì) di distribuzione ed assegnazione, interamente o parzialmente satisfattiva, secondo la consistenza della massa attiva ricavata dall’espropriazione (v. Cass. 29/05/2003, n. 8634).

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

Non avendo l’intimato svolto difese non v’è luogo a provvedere sul regolamento delle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

rigetta il proposto regolamento e dichiara la competenza del Giudice di pace di Fermo.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il giorno 21 settembre 2021.