Sentenza 3817/2016
Giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione – Produzione del decreto di esproprio, intervenuto dopo la definizione del procedimento d’appello o dopo la proposizione del ricorso per cassazione
Nel giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, la produzione del decreto di esproprio, che sia intervenuto dopo la definizione del procedimento d’appello o dopo la proposizione del ricorso per cassazione, può essere validamente effettuata nel giudizio di legittimità, non trovando ostacolo nell’art.372 c.p.c., poiché il provvedimento ablatorio ha natura giuridica di condizione dell’azione, la cui sopravvenienza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, fino al termine della discussione orale.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 26 febbraio 2016, n. 3817 (CED Cassazione 2016)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel (OMISSIS) (OMISSIS), premesso che per la realizzazione di un impianto di smaltimento e raccolta delle acque meteoriche il comune di Martina Franca con decreto numero 1831 del 25.06.2010, aveva disposto l’occupazione di urgenza di taluni immobili, tra cui un terreno di sua proprietà e premesso altresì che, rifiutata l’indennità provvisoria di espropriazione determinata dal Comune, aveva avviato il procedimento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 21, che però non si era concluso con determinazione condivisa, adiva la Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto, chiedendo la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione legittima.
Con sentenza del 5.05-1.07.2013 l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti ed anche in base all’esito della disposta CTU, determinava l’indennità di espropriazione nella misura di euro 1.165.443.78 e quella di occupazione legittima su base mensile in euro 8.093,36, entrambe da maggiorare degli interessi legali e da depositare presso la cassa DD.PP..
La Corte territoriale osservava e riteneva che:
il comune di Martina Franca aveva eccepito che all’epoca dell’immissione in possesso l’area in questione era inclusa dal piano di bacino stralcio dell’assetto idrogeologico in quelle ad alta pericolosità idraulica “con conseguente limitazione di utilizzo di inedificabilità previsto dall’articolo selle delle relative norme tecniche di attuazione -; il terreno oggetto della controversia era il punto d’impluvio naturale delle acque piovane nelle zone urbane verso nord est e vi sfociava una condotta interrata di Fogna bianca: dal certificato di destinazione urbanistica si rilevava che esso era tipizzato all’interno del comparto che lo ricomprendeva come zona di verde pubblico non edificabile a meno di sistemazioni a terra pedonali e di attrezzature per giochi di bambini, oltre a costruzioni di attrezzature non fisse, quali chioschi, rivendite di giornali e costruzioni similari. Ne conseguiva che il terreno era quota parte delle aree destinate a standards urbanistici previste nella relazione tecnica del predetto comparto. Il calcolo del valore di mercato del terreno era stato operato con riguardo al numero massimo di abitanti da insediare in funzione della capacità insediativa, volumetrico pro capite e del prezzo medio per metro quadrato dei fabbricati realizzabili: il valore indicato dal consulente tecnico d’ufficio per la indennità di esproprio era quello di euro 1.165.443.78 ed il valore dell’indennità di occupazione su base mensile era quella di euro 8093.36. Il consulente tecnico d’ufficio aveva evidenziato che nella pianificazione del territorio le aree destinate a standards urbanistici, come quelle destinate all’edificazione, erano normalmente individuate come aree omogenee, ben collegate l’una all’altra e funzionali rispetto all’uso cui erano destinate e dunque intrinsecamente connesse per consentire il razionale sviluppo della città. La necessaria perequazione tra le aree consentiva l’attribuzione di un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà che potevano concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti territoriali, il che prescindeva dalla effettuata localizzazione, dalla capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla imposizione di vincoli d’inedificabilità ai lini della dotazione di spazi da riservare ad opere collettive come quelle sopra indicate. Il calcolo del valore di mercato del terreno oggetto della presente controversia era stato operato tenendo conto del concetto, da condividere. di perequazione. Andava invece esclusa la decurtazione del 25% non trattandosi d’intenerito definibile di riforma economico-sociale.
Avverso questa sentenza, anche allegandone la notificazione in data 18.07.2013. il Comune di Martina Franca ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e notificato a mezzo posta con avvio delle formalità in data 2.11.2013. sia a (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS), che ai figli ed eredi dello stesso, (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali il 9-10.12.2013 hanno resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente in rito, vanno respinte le eccezioni d’improcedibilità del ricorso. ai sensi dell’articolo 369 codice procedura civile, comma 2, n. 2, per omesso deposito da parte del Comune di Martina Franca della copia notificata della sentenza impugnata nonchè d’inammissibilità del medesimo atto introduttivo per inesistenza della relativa notificazione.
Quanto alla prima, vero è che lo stesso Comune nel ricorso ha allegato di avere ricevuto in data 18.07.2013 la notificazione della sentenza impugnata, pubblicata il 1.07.2013, di cui però nel costituirsi in giudizio ha prodotto copia munita soltanto del timbro di conformità con l’originale; tuttavia successivamente l’ente locale ha ritualmente depositato, ai sensi dell’articolo 372 codice procedura civile (in tenia cfr. anche Cass. SU n. 9005 del 2009; Cass. n. 25070 del 2010). altra copia autentica della medesima pronuncia con la relativa relata di notificazione, da presumersi coincidente con quella menzionata nel suo ricorso, stante anche l’assenza di allegazioni e dati contrari: da quest’ulteriore copia emerge sia che la notificazione in quella data del 18.07.2013 era stata avviata ad istanza del difensore della già defunta parte vittoriosa (OMISSIS) (in tenia cfr. Cass. n. 5841 del 2010) e sia che aveva avuto ad oggetto la sentenza in forma esecutiva cd era stata compiuta presso la sede comunale; le seguite formalità, semmai solo prodromiche all’esecuzione forzata del titolo giudiziale, erano certamente inidonee ad integrare i noti estremi della notificazione atta a fare decorrere il termine breve d’impugnazione (articolo 285 codice procedura civile) in questa sede: in definitiva, l’attuata notificazione non poteva in questa diversa funzione ritenersi avvenuta cd avere comportato il conseguente e connesso onere per il ricorrente del deposito prescritto a pena d’improcedibilità dell’impugnazione dall’articolo 369 codice procedura civile, comma 2, n. 2.
Anche eccezione d’inammissibilità del ricorso per inesistenza della relativa notificazione non merita favorevole apprezzamento: delle varie notificazioni avviate dal Comune risultano essersi perfezionate sia il 7.11.2013 quella diretta al (OMISSIS) presso gli avvocati dallo stesso nominati suoi procuratori nel giudizio di merito e sia l’altra diretta a (OMISSIS) e (OMISSIS), figli ed eredi di (OMISSIS) (deceduto il (OMISSIS)), la quale relativamente a (OMISSIS) figura ricevuta il 13.11.2013 dai medesimi difensori paterni; già quest’ultima notificazione (in tema Cfr pure SU n. 14699 del 2010) non può definirsi inesistente, stanti le evidenziate ragioni di collegamento di relativi destinatari, qualità e luoghi, come d’altra parte confermato dalla notificazione del controricorso ad opera dei fratelli (OMISSIS), seguita dal deposito dell’atto, che in ogni caso ha sia per raggiungimento dello scopo sanato l’annullabilità della notificazione nei confronti di (OMISSIS) e sia reso superflua l’integrazione del contraddittorio nei confronti del già costituito (OMISSIS).
A sostegno del ricorso il Comune di Martina Franca denunzia:
- – Violazione e falsa applicazione. rilevanti ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, nn. 3 e 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 32. 37. 40 e 50, anche alla luce dellasentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. rilevante ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5. Sostiene l’assoluta inedificabilità del terreno occupato, in presenza del vincolo derivante dal Piano di Bacino – Stralcio Assetto Idrogeologico (PAI) e, quindi, invoca l’applicabilità dei criteri di determinazione dell’indennità di esproprio propri dei suoli non edificabili (articolo 40 Testo Unico sull’espropriazione per pubblica utilità).
- “Violazione e falsa applicazione. rilevanti ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3, delDecreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 32, 37, 40 e 50, anche alla luce dellasentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, per diverso profilo. Violazione e falsa applicazione della Legge Regionale Puglia n. 20 del 2001, articolo 14. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione”. Ribadisce la non edificabilità del terreno occupato. anche in ragione della sua destinazione urbanistica: contesta inoltre l’applicazione di un criterio perequativo che lo stesso c.t.u. ammette di non essere previsto nel caso da alcun P.R. o altro provvedimento urbanistico nonchè l’attribuibilità a tale criterio della funzione di trasformare un terreno da inedificatorio in edificatorio.
- “In subordine: violazione e falsa applicazione, rilevanti ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3, delDecreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 32, 37, 40 e 50, anche alla luce dellasentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011. per diverso profilo. Violazione e falsa applicazione della Legge n. 244 del 2007, articolo 2, comma 90”. In ogni caso si duole della mancata applicazione all’indennità di esproprio della decurtazione del 25% prevista dall’articolo 37, comma 1 del Testo Unico per le aree edificabili.
Occorre in primo luogo rilevare che (OMISSIS) aveva introdotto due distinte l’una di determinazione dell’indennità di esproprio e l’altra di determinazione dell’indennità di occupazione temporanea legittima, le quali, come noto, seguono regole normative processuali e sostanziali diverse, pur potendo., come nel caso, essere per connessione accomunate in un unico giudizio dinanzi alla medesima Corte distrettuale, competente per materia rispetto ad entrambe.
Tra le differenze intercorrenti tra le due azioni va annoverata quella secondo la quale la decisione sulla prima azione presuppone l’emissione del decreto di esproprio (cfr. anche Cass. SU nn. 818 e 833 del 1999: Cass. n. 20997 del 2008: n. 11406 del 2012; n. 17604 del 2013), non necessario invece nella seconda, per la cui definizione è sufficiente l’adozione del decreto autorizzativo all’occupazione temporanea, a prescindere dall’esito del procedimento ablativo e dalle modalità della relativa conclusione (in tema Cfr. Cass. SU n. 917 del 1996; nn. 1604, 2437 e 19972 del 2009).
Nella specie è incontroverso che il decreto ablativo non sia stato pronunciato sino all’introduzione del presente giudizio: peraltro il Comune nella memoria illustrativa assume la sopravvenienza di tale provvedimento in data 29.04.2015.
Nel giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, la produzione del decreto di esproprio, che sia intervenuto dopo la definizione del procedimento d’appello o dopo la proposizione del ricorso per cassazione, può essere validamente effettuata nel giudizio di legittimità, non trovando ostacolo nell’articolo 372 codice procedura civile, poichè il provvedimento ablatorio ha natura giuridica di condizione dell’azione, la cui sopravvenienza è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, fino al termine della discussione orale (cfr. anche Cass. n. 14080 del 2009): pur essendo. dunque. la produzione ammissibile, tuttavia intanto essa può rendere procedibile l’azione determinativa dell’indennità di esproprio in quanto le pani concordino sulla sopravvenuta emissione del provvedimento ablativo conclusivo del procedimento espropriativo in contesa. Nella specie i (OMISSIS) hanno invece posto in dubbio la riferibilità del decreto ablativo ai terreni oggetto del presente giudizio, in tesi contraddistinti da diversi estremi catastali, il che priva di certezza l’adozione e la pertinenza del provvedimento ablativo rispetto agli immobili in questione. in questa sede non altrimenti verificabile (cfr. Cass. n. 4863 del 2010): pertanto ci si deve limitare a definire in rito l’azione dei (OMISSIS) determinativa dell’indennità di espropriazione. dichiarandola improcedibile, con cassazione delle determinazioni e statuizioni dell’impugnata sentenza relative all’indennizzo espropriativo e per quanto ad esso pertiene con compensazione per intero tra le parti delle spese processuali dell’intero giudizio, dato il rilievo officioso della relativa improcedibilità.
Resta l’azione determinativa dell’indennità di occupazione legittima rispetto alla quale soltanto possono essere esaminati i tre motivi del ricorso che involgono la determinazione dell’indennità di esproprio, cui quella di occupazione legittima è stata parametrata. Peraltro, l’intervenuta cassazione della statuizione determinativa dell’indennità di esproprio travolge per consequenzialità anche l’indennità di occupazione legittima ad essa commisurata, la quale quindi andrà rideterminata dal giudice del rinvio, assumendo a nuovo parametro di riferimento l’indennizzo virtuale d’esproprio, determinato in base alla condizione giuridica e l’attuale dei beni al momento del decreto di occupazione temporanea, e, quindi, avendo riguardo a vincoli e destinazioni urbanistiche all’epoca vigenti, prescindendo da soluzioni perequative che giudice del rinvio, assumendo a nuovo parametro di riferimento l’indennizzo virtuale d’esproprio, determinato in base alla condizione giuridica e l’attuale dei beni al momento del decreto di occupazione temporanea: e, quindi, avendo riguardo a vincoli e destinazioni urbanistiche all’epoca vigenti,e prescindendo da soluzioni perequative di cui tanto il c.t.u. quanto la sentenza impugnata hanno mostrato di non comprendere nè la ragion d’essere di gravare contemporaneamente la proprietà privata del beneficio dell’edificabilità (collegandola ad un ambito spaziale più ampio dell’area interessata) e dell’onere di contribuire allo sviluppo delle strutture urbane (mediante cessioni o altro): nè la funzione di costituire uno strumento di acquisizione di aree private alternativo (e nel contempo meno oneroso) all’espropriazione per p.u.: nè infine la necessità clic la stesse siano disposte in modo preventivo e determinato nei contenuti dal legislatore (regionale) e/o dagli strumenti urbanistici. Con la conseguenza che (lungi dall’autorizzare stime di terreni equitative o addirittura arbitrarie), presuppongono complesse procedure pubblicistico-privatistiche, estranee all’ambito dei procedimenti espropriativi ed alle regole applicabili nella quantificazione degli indennizzi in discussione.
Conclusivamente pronunciando sul ricorso lo si deve accogliere per quanto di ragione: conseguentemente si deve cassare l’impugnata sentenza, dichiarare improcedibile la domanda di determinazione dell’indennità di espropriazione e compensare per intero tra le parti le spese di merito e di legittimità che a questa domanda si riferiscono: rinviare solo la causa di determinazione dell’indennità di occupazione legittima, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione ad essa relative.
P.Q.M.
La Corte pronunciando sul ricorso lo accoglie per quanto di ragione. cassa l’impugnata sentenza, dichiara improcedibile la domanda di determinazione dell’indennità di espropriazione e compensa per intero tra le parti le spese di merito e di legittimità che a questa domanda si riferiscono: rinvia la causa di determinazione dell’indennità di occupazione legittima anche per le spese del giudizio di cassazione ad essa relative, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma I quater del d.P.R. n. 115 del 2002. dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis. dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma. il 29 gennaio 2016