Ordinanza 38888/2021
Compensazione nel fallimento
L’art. 56, comma 1, l.fall. che introduce una deroga al principio della concorrenza paritaria dei creditori, consentendo la compensazione tra i debiti verso il fallimento e i crediti sorti nei confronti del fallito, si applica anche alla compensazione giudiziale, quando il fatto genetico del credito opposto in compensazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, anche se l’accertamento giudiziale relativo alla liquidità di uno dei due crediti sopravvenga successivamente.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 7-12-2021, n. 38888 (CED Cassazione 2021)
Art. 1243 cc (Compensazione legale e giudiziaria) – Giurisprudenza
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Con ricorso ex art. 633 cod. proc. civ. l’avvocato Fa. Ra. adiva il Tribunale di Torino. Esponeva che aveva svolto attività professionale su incarico e nell’interesse di An. Ba. e di Ci. To. nel giudizio che aveva costoro opposto alla “(OMISSIS)” s.r.I., segnatamente che aveva svolto attività professionale dall’udienza ex art. 184 cod. proc. civ., allorché era subentrato al precedente difensore, e sino alla riassunzione del giudizio nei confronti del curatore del sopravvenuto fallimento della “(OMISSIS)”. Esponeva che i compensi, euro 7.259,04, a lui dovuti erano rimasti insoluti. Chiedeva ingiungersi il pagamento del suddetto importo.
2. Il Tribunale di Torino pronunciava l’ingiunzione.
3. An. Ba. e Ci. To. proponevano opposizione. Deducevano che avevano corrisposto al ricorrente un acconto di euro 1.000,00 non contabilizzato e che il compenso preteso non era congruo. Deducevano che il ricorrente non aveva provveduto, così come avrebbe dovuto, alla riassunzione del giudizio dinanzi al giudice delegato al fallimento. Chiedevano revocarsi l’ingiunzione e condannarsi il ricorrente al risarcimento dei danni.
4. Si costituiva Fa. Ra.. Instava per il rigetto dell’opposizione.
5. Con sentenza n. 1531/2016 il Tribunale di Torino revocava il decreto ingiuntivo, condannava gli opponenti a pagare all’opposto la somma, al netto dell’acconto corrisposto, di euro 6.259,04, oltre interessi, rigettava la domanda risarcitoria, condannava in solido gli opponenti alle spese del giudizio di opposizione e di cui al decreto opposto.
Evidenziava il tribunale che era da escludere senz’altro che la determinazione dell’opposto di riassumere il giudizio ex art. 2932 cod. civ., all’esito della dichiarazione di fallimento dell’ “(OMISSIS)”, in sede extrafallimentare nei confronti del curatore fallimentare, anziché dinanzi al giudice del concorso, nelle forme postulate dagli artt. 52, 2° co. e 93 I.fall., fosse stata ragione e motivo di pregiudizio per gli opponenti.
Evidenziava segnatamente che l’operata riassunzione costituiva la scelta ottimale – viepiù alla luce della pronuncia n. 18131 del 16.9.2015 delle sezioni unite di questa Corte – ai fini della conservazione del diritto al trasferimento dell’immobile, siccome idonea a far salvi gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale avvenuta in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento.
Evidenziava, per altro verso, che era da escludere senz’altro che la determinazione dell’opposto di proseguire l’actio quanti minoris nell’ambito del giudizio ex art. 2932 cod. civ. riassunto in sede extrafallimentare fosse stata parimenti ragione e motivo di pregiudizio per gli opponenti.
Evidenziava segnatamente che l’eccezione derivante dalla conversione dell’actio quanti minoris – conversione correlata alla improcedibilità ex artt. 52, 2° co., e 93 I.fall. dell’azione – era certamente idonea a paralizzare, sub specie di eccezione di compensazione, la domanda del curatore finalizzata al conseguimento del prezzo della promessa vendita.
Evidenziava del resto che il riscontro del credito eccepito in compensazione, fino a concorrenza del controcredito vantato dal fallimento, non soggiaceva alla regola del concorso formale, alla regola dell’accertamento del passivo.
Evidenziava, per altro verso ancora, che gli opponenti avevano contestato in maniera del tutto generica l’avversa pretesa creditoria, peraltro debitamente avallata dal parere del competente consiglio dell’ordine forense.
6. An. Ba. e Ci. To. proponevano appello.
7. Resisteva Fa. Ra..
8. Con ordinanza del 7.12.2016 la Corte d’Appello di Torino dichiarava inammissibile l’appello ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter cod. proc. civ. in difetto di ragionevole probabilità di accoglimento del gravame.
9. Avverso la sentenza n. 1531/2016 del Tribunale di Torino hanno proposto ricorso (iscritto al n. 4798/2017 r.g.) An. Ba. e Ci. To.; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
Fa. Ra. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso can vittoria delle spese.
10. Avverso l’ordinanza del 7.12.2016 della Corte d’Appello di Torino hanno proposto ricorso (iscritto al n. 4762/2017 r.g.) An. Ba. e Ci. To.; ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione. Fa. Ra. non ha svolto difese.
11. Con il primo motivo del ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Torino i ricorrenti denunciano ai sensi dell’ari:. 360, 10 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 72 I.fall. Deducono che, in un quadro di assoluta incertezza giurisprudenziale, la decisione dell’avvocato Ra. di riassumere il giudizio ex art. 2932 cod. civ. in sede extrafallimentare nei confronti del curatore fallimentare non ha avuto alcuna utilità. Deducono che avrebbero potuto convenientemente saldare il residuo prezzo e far valere il controcredito correlato ai vizi dell’immobile compromesso in vendita mercé la domanda di ammissione al passivo.
12. Con il secondo motivo del ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Torino i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e degli artt. 52, 56 e 95 I.fall. Deducono che la prefigurata conversione dell’actio quanti minoris in exceptio quanti minoris non ha alcun riscontro giurisprudenziale. Deducono che possibilità che il credito eccepito in compensazione si sottragga, fino a concorrenza del controcredito vantato dal fallimento, alla verifica del passivo concerne i crediti certi quanto meno nell’ammontare.
13. Con il terzo motivo del ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Torino i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 cod. civ. Deducono che ha errato il tribunale allorché ha dato seguito all’avversa pretesa alla stregua del mero riscontro per cui la parcella era “stata tarata dal competente Consiglio dell’Ordine”. Deducono segnatamente che il parere del competente consiglio dell’ordine forense non ha rilievo vincolante nel giudizio di opposizione all’ingiunzione.
14. Con l’unico motivo del ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 348 ter cod. proc. civ. Deducono che la Corte di Torino non ha provveduto, così come avrebbe dovuto, a pronunciare l’ordinanza impugnata prima di procedere alla trattazione, all’udienza di cui all’art. 350 cod. proc. civ., bensì successivamente, all’esito della celebrazione di ben due udienze, con una evidente regressione processuale. Deducono altresì che controparte aveva domandato il rigetto dell’appello non già la declaratoria di inammissibilità ex art. 348 bis cod. proc. civ.
15. Si impone – evidenti sono le ragioni di connessione – la riunione del ricorso esperito avverso la sentenza del Tribunale di Torino (iscritto al n. 4798/2017 r.g.) al ricorso esperito avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino (iscritto al n. 4762/2017 r.g.).
16. Il primo motivo ed il secondo motivo del ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Torino, da esaminare congiuntamente siccome strettamente connessi, vanno senz’altro respinti.
17. Al riguardo vanno in toto condivisi e ribaditi i rilievi del tribunale.
18. In primo luogo, la riassunzione in sede extrafallimentare dell’azione ex art. 2932 cod. civ. nei confronti del curatore del fallimento prelude senza dubbio alla piena opponibilità alla massa dei creditori della “(OMISSIS)” della sentenza atta a trasferire ai promissari acquirenti in bonis la proprietà dell’immobile compromesso in vendita.
Depone in tal senso, ovviamente, l’insegnamento n. 18131 del 16.9.2015 delle sezioni unite di questa Corte, secondo cui il curatore del fallimento del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare ai sensi dell’art. 72 I.fall. con effetto verso il promissario acquirente, ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art.2932 cod. civ. e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell’art. 2652, n. 2, cod. civ., la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull’iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese (cfr., analogamente, Cass. (ord.) 30.5.2018, n. 13687).
19. In secondo luogo, la determinazione di “mantenere” la pretesa correlata alla “quanti minoris” nel giudizio ex art. 2932 cod. civ. riassunto in sede extrafallimentare nei confronti del curatore del fallimento prelude, a sua volta, del pari senza alcun dubbio, in dipendenza della “conversione” – correttamente postulata (a motivo dell’improcedibilità ex artt. 52, 2° co., e 93 l.fall. della domanda) – dell’actio in exceptio e mercé il meccanismo della compensazione ex art. 56 I.fall., al concreto soddisfacimento del credito correlato ai vizi e alla difformità inficianti l’immobile compromesso in vendita, credito che viceversa, contrariamente all’assunto dei ricorrenti (cfr, ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Torino, pag. 5), se insinuato al passivo del fallimento della “(OMISSIS)”, sarebbe stato soddisfatto in “moneta vile”, ossia avrebbe subito l’abbattimento connesso all’inevitabile falcidia fallimentare.
20. Al riguardo si tenga conto dei seguenti ulteriori rilievi.
Questa Corte spiega che nel giudizio promosso dalla curatela per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento, non operando al riguardo il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 e ss. I.fall., atteso che tale eccezione – diversamente dalla corrispondente domanda riconvenzionale, il cui “petitum” riguarda, invece, una pronuncia idonea al giudicato a sé favorevole, di accertamento o di condanna all’importo in tesi spettante alla medesima parte, una volta operata la compensazione – è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice e ad ottenerne il rigetto, totale o parziale (cfr. Cass.7.6.2013, n. 14418; Cass. (or.) 18.12.2017, n. 30298).
Altresì, questa Corte spiega che l’art. 56, 10 co., I.fall., che introduce una <1/ deroga al principio della concorrenza paritaria dei creditori, consentendo la compensazione tra i debiti verso il fallimento e i crediti sorti nei confronti del fallito, si applica anche alla compensazione giudiziale, quando il fatto genetico del credito opposto in compensazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, anche se l’accertamento giudiziale relativo alla liquidità di uno dei due crediti sopravvenga successivamente (cfr. Cass. 12.6.2007, n. 13769; altresì, Cass. 12.2.2008, n. 3280, secondo cui l’art. 56 I.fall. richiede, quale unica condizione per la compensabilità dei debiti verso il fallito, che il fatto genetico del credito opposto in compensazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, mentre è sufficiente che i requisiti di liquidità ed esigibilità, richiesti dall’art. 1243 cod. civ., per entrambe le obbligazioni, sussistano al momento della pronuncia giudiziale).
21. Il terzo motivo del ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Torino del pari va respinto.
22. Il motivo invero non reca puntuale e compiuta censura della “ratio, in parte qua, decidendi”, siccome il Tribunale di Torino – lo si è premesso – ha dapprima puntualizzato che la contestazione dell’avversa pretesa creditoria era stata formulata in termini del tutto generici. Non è contestata, cioè, l’affermata genericità dell’iniziale contestazione.
23. L’unico motivo del ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino similmente va respinto.
24. La circostanza per cui l’avvocato Fa. Ra. avesse chiesto il rigetto dell’appello, non esclude, ovviamente, che la corte di merito ben potesse dichiararne l’inammissibilità ai sensi dell’art. :348 bis cod. proc. civ. Non si delinea perciò alcuna violazione, segnatamente, alcuna violazione del principio di “corrispondenza tra chiesto e pronunciato”.
25. D’altra parte, l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex artt. 348 bis, 1° co., e 348, 10 co., ter cod. proc. civ. è di certo ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111, 70 co., Cost., limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui agli artt. 348 bis, 2° co., e 348 ter, 1° co., primo periodo, e 2° co., primo periodo, cod. proc. civ.), purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso (cfr. Cass. sez. un.2.2.2016, n. 1914).
26. E nondimeno nel caso di specie non si configura la ragione di censura prospettata dai ricorrenti. Propriamente dalla stessa narrativa “in fatto” del ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino si desume che alla “trattazione” la corte piemontese di fatto non aveva dato inizio.
27. Segnatamente sono gli stessi ricorrenti ad evidenziare che all’udienza di trattazione fissata per il giorno 15.9.2016 “il Consigliere relatore (…) invitava le parti a valutare possibili soluzioni transattive, in attesa dell’emissione dell’ordinanza in merito all’ammissione dei mezzi di prova” (così ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, pag. 2). Altresì, che all’udienza in data 5.10.2016 la corte d’appello “comunicava alle parti ordinanza nella quale deduceva l’impossibilità di pronunciarsi in punto di istanze istruttorie, in quanto era prioritario e dirimente esaminare l’istanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c.” (così ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, pag. 2). Inoltre, che l’udienza in data 24.11.2016 – all’esito della quale il collegio ha assunto la riserva a scioglimento della quale è stata pronunciata l’ordinanza in questa sede impugnata – è stata fissata specificamente per la discussione in ordine alla “ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello” (così ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, pag. 2).
Dalla surriferita scansione procedimentale agevolmente si desume non solo che le udienze del 5.10.2016 e del 24.11.2016 sono state fissate in rigorosa prosecuzione dell’udienza del 15.9.2016 ai fini della delibazione della “ragionevole probabilità di accoglimento del gravame”, ma si desume ulteriormente che l’ordinanza in questa sede impugnata è stata assunta – in pieno ossequio al disposto del 1° co. dell’art. 348 ter cod. proc. civ. – prima che si desse inizio e corso alla trattazione.
28. In dipendenza del rigetto dei ricorsi (riuniti) i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
29. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dispone riunirsi il ricorso iscritto al n. 4798/2017 r.g. al ricorso iscritto al n. 4762/2017 r.g.;
rigetta ambedue i ricorsi;
condanna in solido i ricorrenti, An. Ba. e Ci. To., a rimborsare al controricorrente, Fa. Ra., le spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater, d.p.r. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, d di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis, d.p.r. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 settembre 2021.