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Cassazione Civile 39/2017 – Opera cinematografiche – Acquisto a titolo originario per effetto del possesso di buona fede

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Sentenza 39/2017

Opera cinematografiche – Acquisto a titolo originario per effetto del possesso di buona fede – Esclusione

Non è configurabile l’acquisto a titolo originario di un’opera immateriale dell’ingegno, nella specie opera cinematografica, in base a titolo astrattamente idoneo per effetto del possesso di buona fede, ai sensi dell’art. 1153 c.c., a ciò ostando il carattere particolare del diritto d’autore, che trova fondamento unicamente nell’atto creativo e realizzativo dell’idea, per il trasferimento del quale non si richiede una consegna, perché questa, anche ove ricorra, si riferisce all’oggetto materiale in cui l’opera si estrinseca, senza però mai immedesimarsi in essa; inoltre, seppure l’art. 167 della l. n. 633 del 1941, abbia voluto assicurare, a chi si trovi in una posizione corrispondente a quella del possessore di buona fede, la possibilità di far valere i suoi diritti nei confronti di eventuali contraffattori, non ha tuttavia inteso innovare i principi che attengono alla natura immateriale dell’opera dell’ingegno ed ai modi di acquisto dei diritti ad essa inerenti.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 3 gennaio 2017, n. 39   (CED Cassazione 2017)

 

 

FATTI DI CAUSA

1.- La sig.ra (OMISSIS) e la (OMISSIS) chiesero il sequestro giudiziario della pellicola in possesso del sig. (OMISSIS) relativa al lungometraggio “(OMISSIS)” (titolo provvisorio), che costituiva la parte girata in Italia del film “(OMISSIS)” (titolo definitivo) realizzato da (OMISSIS), e di accertare il diritto di proprietà della (OMISSIS) su tale materiale cinematografico, nonchè la legittima acquisizione dei diritti di utilizzazione economica da parte della (OMISSIS), oltre al risarcimento del danno.

2.- Il Tribunale di Roma ha accolto le domande delle attrici ed ha rigettato la riconvenzionale del convenuto (OMISSIS) che aveva chiesto di accertare di essere proprietario del bene, in via principale, a norma dell’articolo 1153 c.c. e, in via subordinata, dell’articolo 1161 c.c., comma 1, avendo acquistato i relativi diritti con contratto stipulato nel (OMISSIS) con la società (OMISSIS) presso la quale il materiale era stato depositato dal regista.

3.- Il gravame del (OMISSIS) è stato rigettato dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza 13 giugno 2012.

La Corte, premesso che il regista (OMISSIS) era l’unico ed esclusivo titolare del diritto d’autore sull’opera cinematografica da lui diretta, che la (OMISSIS) aveva acquistato la proprietà del materiale cinematografico e i relativi diritti di utilizzazione economica e che li aveva poi ceduti, con contratto del 18 aprile 1991, alla (OMISSIS)es, ha ritenuto infondate le domande del (OMISSIS). Ad avviso della Corte: a) egli si era limitato a ritirare la pellicola depositata presso lo stabilimento della società (OMISSIS), come dimostrato anche dal fatto che la somma versata non corrispondeva al prezzo di vendita ed era idonea a coprire le sole spese di custodia; b) non ricorrevano gli estremi del “possesso vale titolo”, essendo il (OMISSIS) un collaboratore di (OMISSIS) e, quindi, a conoscenza che il (OMISSIS) non era proprietario delle pellicole e non poteva cederle, sicchè la presunzione di buona fede dell’acquirente era stata superata; c) il (OMISSIS) non era mai stato titolare di un autonomo potere di fatto sul bene, avendo operato quale custode e, quindi, mero detentore nell’interesse del regista, nè v’era stato alcun atto di interversione nel possesso; d) il possesso delle pellicole non era assimilabile al possesso di beni mobili, in considerazione della peculiarità delle opere cinematografiche che si compongono di un supporto materiale finalizzato alla custodia dell’opera intellettuale contenuta, in questo caso di notevole interesse storico e artistico, sicchè egli non poteva vantare su di essa diritti di utilizzazione economica; pertanto, la domanda di usucapione era infondata.

  1. – Avverso questa sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui si è opposta la (OMISSIS) con controricorso e momoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. – L’eccezione di tardività del ricorso è infondata: il termine lungo per la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza pubblicata il 13 giugno 2012 e non notificata, cadendo di domenica (il 28 luglio 2013), scadeva il 29 luglio 2013 (lunedì), giorno in cui il ricorso è stato spedito dal (OMISSIS) per la notifica.

2.- Il primo motivo di ricorso (sub a) denuncia contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, (nel testo previgente, applicabile ratione temporis), per avere erroneamente valutato le prove testimoniali dalle quali si evinceva che il prezzo di Euro 850.000 era stato pagato a (OMISSIS) per l’acquisto del materiale cinematografico.

Il motivo è inammissibile alla luce del principio secondo cui l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento sono riservate al giudice di merito, con la conseguenza che insindacabile, in sede di legittimità, la valutazione del “peso probatorio” dato ad alcune testimonianze rispetto ad altre, quando il giudizio, come nella specie, sia stato logicamente motivato (v., tra le tante, Cass. n. 13054/2014, n. 1414/2015).

  1. – Con il secondo motivo (sub b) il (OMISSIS) denuncia contraddittorietà della motivazione rispetto al contenuto delle testimonianze raccolte nel giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata le avrebbe erroneamente interpretate come se dimostrassero che egli fosse consapevole che il (OMISSIS) non era proprietario delle pellicole e non poteva effettuare alcun atto di cessione, senza tuttavia considerare che egli non era collaboratore di (OMISSIS) ma montatore del film e che la vendita non era impedita dal fatto che il (OMISSIS) fosse depositario della pellicola cinematografica.

Il motivo è inammissibile: il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino, direttamente dalla lettura della sentenza, contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, senza possibilità di un riesame degli atti di causa che è quanto inammissibilmente invocato dal ricorrente in sede di legittimità, risolvendosi in sostanza nella pretesa di un diverso apprezzamento della fattispecie in concreto operata dal giudice di merito mediante il coordinamento dei vari elementi probatori (v., tra le tante, Cass. n. 7476/2001, n. 16038/2003, n. 14267/2006).

  1. – Il terzo motivo denuncia omessa motivazione per avere escluso il possesso continuato e in buona fede ad usucapionem, il quale, invece, potrebbe derivare anche da un atto traslativo della proprietà nullo e idoneo a rivelare l’esistenza dell’animus rem sibi habendi.

Al motivo in esame è connesso il quarto con cui il ricorrente lamenta la mancata assimilazione del possesso delle pellicole cinematografiche a quello dei beni mobili sulla base dell’erroneo assunto della peculiarità delle opere in questione, in violazione della L. 22 aprile 1941, n. 633, articoli 89 e 109.

Entrambi i motivi sono infondati. La Corte romana, laddove ha ritenuto che il possesso delle pellicole non è assimilabile al possesso di beni mobili, in considerazione della peculiarità delle opere cinematografiche, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui non è configurabile l’acquisto a titolo originario di un’opera immateriale dell’ingegno, nella specie cinematografica, in base a un titolo astrattamente idoneo per effetto del possesso di buona fede, ai sensi dell’articolo 1153 c.c., a ciò ostando il carattere particolare del diritto d’autore, che trova fondamento unicamente nell’atto creativo e realizzativo dell’idea, per il trasferimento del quale non si richiede una consegna, perchè questa, anche ove ricorra, si riferisce all’oggetto materiale in cui l’opera si estrinseca, senza però mai immedesimarsi in essa; inoltre, seppure la L. 22 aprile 1941, n. 633, articolo 167, abbia voluto assicurare, a chi si trovi in una posizione corrispondente a quella del possessore di buona fede, la possibilità di far valere i suoi diritti nei confronti di eventuali contraffattori, non ha tuttavia inteso innovare i principi che attengono alla natura immateriale dell’opera dell’ingegno ed ai modi di acquisto dei diritti ad essa inerenti (v. Cass. n. 30082/2011). Neppure potrebbe argomentarsi in senso contrario facendo leva sulla L. citata, articolo 109, che prevede che “la cessione di uno stampo, di un rame inciso o di altro simile mezzo usato per riprodurre un’opera d’arte, comprende salvo patto contrario la facoltà di riprodurre l’opera stessa…” ma a condizione “…sempre che tale facoltà spetti al cedente” e, nella specie, non spettava al (OMISSIS), secondo l’incensurabile interpretazione, operata dal giudice di merito, del contratto da esso stipulato.

  1. – Il quinto motivo denuncia violazione degli articoli1153 e 1376 c.c. e contraddittorietà della motivazione, per avere ritenuto che l’ammontare del prezzo versato dal (OMISSIS) fosse idoneo a coprire le sole spese di custodia e non corrispondesse al prezzo di vendita, la cui entità invece non potrebbe costituire elemento idoneo a determinare l’invalidità di un contratto consensuale qual è la compravendita.

Il motivo non coglie la ratio decidendi costituita dal fatto che il (OMISSIS) non era legittimato a cedere diritti di cui non era titolare. Nella censura in esame è implicita la pretesa di una diversa interpretazione del contenuto dei rapporti negoziali tra le parti che costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e, quindi, incensurabile in sede di legittimità.

  1. – In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7200,00, di cui Euro 7000,00 per compensi.