Sentenza 40252/2021
Cessione del contratto – Diritto di riscatto – Trasferimento al cessionario della locazione della titolarità del diritto di riscatto
In caso di cessione del contratto di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di riscatto previsto dall’art. 39 della legge n. 392 del 1978 a favore del conduttore si trasferisce al cessionario per effetto della successione di questo nel diritto già esercitato dal suo dante causa, a differenza di quanto previsto per la prelazione nel settore agrario, che è caratterizzata da una tendenziale stabilità dei rapporti, mentre l’ambito delle attività commerciali svolte in immobili condotti in locazione è oggetto di una specifica disciplina volta a tutelare l’avviamento commerciale in caso di sublocazione o cessione del contratto.
Esercizio del diritto di riscatto – Pronuncia di accoglimento – Natura di mero accertamento dell’intervenuto trasferimento
In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, l’esercizio del diritto di riscatto – previsto dall’art. 39 della legge n. 392 del 1978 a favore del conduttore pretermesso nel caso di vendita del bene locato – ha come effetto non la risoluzione del contratto traslativo a vantaggio del terzo e la contestuale formazione di un titolo di acquisto “ex nunc” a favore del retraente, né un nuovo trasferimento del diritto sul bene dal terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, ma la sostituzione con effetto “ex tunc” di detto titolare al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia, sicché la pronuncia, che decida positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore, è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento e il conduttore vittorioso non è, pertanto, tenuto a pagare al retrattato i canoni di locazione maturati nelle more tra la vendita ed il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento della domanda di riscatto.
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 15-12-2021, n. 40252 (CED Cassazione 2021)
Art. 38 L. 392/1978 (Diritto di prelazione) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
La F.lli Lo. Ra. s.n.c., in qualità di conduttrice dell’immobile sito in Bari, al Corso (OMISSIS), destinato all’esercizio di attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico, in virtù di contratto di locazione stipulato in data 30 novembre 1996, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bari, la (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, nonché Ni. Ol. per sentir riconoscere in suo favore il diritto ad esercitare il riscatto ex art. 39 della legge n. 392/1978, previa declaratoria di inefficacia nei suoi confronti del contratto di compravendita stipulato in data 30 novembre 2003 tra i convenuti, con conseguente trasferimento in suo favore del predetto immobile al prezzo stabilito nell’atto di vendita.
Si costituirono i convenuti che eccepirono la carenza della qualità di conduttrice in capo all’attrice, deducendo che era intervenuto nelle more sfratto di morosità ed era stata pronunciata la risoluzione del contratto di locazione e, nel merito, contestarono la fondatezza della domanda, rappresentando che, con il già richiamato atto notarile, la società (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione aveva trasferito ai propri soci, in proporzione delle rispettive quote sociali, gli immobili del suo patrimonio e che tra gli immobili ceduti al socio Ol. vi era quello in questione nonché sostenendo che alla cessione dei beni ai soci, nell’ambito del procedimento di liquidazione della società, non fossero applicabili gli artt. 38 e 39 della legge n. 392/1978.
Intervenne nel corso del giudizio, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., Misura Italia S.p.a., quale cessionaria dell’azienda e del contratto di locazione con atto del 10 dicembre 2004, chiedendo che il riscatto fosse dichiarato in suo favore.
Sia la società intervenuta che l’attrice chiesero e ottennero – con l’adesione degli altri convenuti (v. al riguardo p. 2 della sentenza impugnata in questa sede) – l’estromissione della F.lli Lo. Ra. s.n.c..
Il giudizio venne sospeso in attesa della definizione di quello introdotto con lo sfratto per morosità.
Intervenuta al riguardo la sentenza n. 2378/14 di questa Corte e riassunta la causa, l’adito Tribunale, con sentenza numero 800/2016, dichiarò l’inefficacia nei confronti della F.lli Lo. s.n.c. nonché di Misura Italia S.r.l. del contratto di compravendita stipulato in data 30 novembre 2002 a rogito notaio Amalia Cinquepalmi tra (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione e l’ing. Ni. Ol.; trasferì a favore di Misura Italia S.r.l., la proprietà dell’immobile in questione; diede atto che Misura Italia S.r.l., subentrando nella stessa posizione giuridica della cedente F.lli Lo. Ra. s.n.c. / aveva offerto con citazione all’Ol. la somma risultante dall’atto di vendita, quale prezzo di riscatto pari ad euro 256.609,65, somma non gravata di interessi stante la mora del creditore; dichiarò che l’importo di euro 190.986,72 versato da Misura Italia S.r.l. e dalla sua dante causa, per canoni locativi, era stato indebitamente corrisposto alla (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione ed all’ing. Ni. Ol., in solido, sicché sussisteva il diritto di Misura Italia S.r.l. a ripetere dai predetti tale importo, oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo; dispose, per l’effetto, la compensazione di euro 190.986,72, oltre i dovuti interessi legali, con il prezzo di riscatto e sino alla concorrenza di euro 256.609,65, condannando Misura Italia S.r.l. all’eventuale pagamento delle somme residuanti dalla disposta compensazione in favore della società convenuta entro 60 giorni da quella sentenza; rigettò la domanda riconvenzionale proposta dall’Ol. e regolò le spese fra le parti. Avverso tale sentenza Ni. Ol. propose appello del quale, costituendosi in secondo grado, Misura Italia S.r.l. chiese rigetto. La Corte di appello di Bari, con sentenza n. 1197/2018, pubblicata in data 11 luglio 2018, rigettò il gravame e condannò l’appellante alle spese di quel grado.
Avverso detta sentenza Ni. Ol. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo e illustrato da memoria.
Misura Italia S.r.l. ha resistito con controricorso, pure illustrato da memoria.
Fissato per l’udienza pubblica del 9 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8 -bis, del decreto legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Il P.G., in prossimità della camera di consiglio, ha depositato conclusioni scritte, concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente ha chiesto la cassazione della sentenza impugnata «per vizi riconducibili ex art. 360 co. 1° n. 3 c.p.c., alla violazione e falsa interpretazione dell’art. 1406 c. c., in relazione agli artt. 38 e 39 L. 359/92», sostenendo che la pronuncia della Corte di merito avrebbe «quale presupposto l’intervenuta cessione, tra i diritti rinvenienti dal contratto di locazione, ceduto insieme all’azienda, del diritto di riscatto» e che quella Corte avrebbe erroneamente e falsamente interpretato l’art. 1406 c.c. «che consente che la sostituzione di un terzo nei rapporti derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive, a condizione che esse obbligazioni derivanti dal contratto non siano state ancora eseguite, in relazione al momento in cui sui è perfezionato il riscatto di cui all’art. 39 L. 392/78».
Assume il ricorrente che nel contratto di locazione, la cessione del contratto opererebbe consentendo al cessionario di continuare a godere del bene locato fino alla conclusione del rapporto e lo obbligherebbe al pagamento dei canoni a scadere e degli eventuali canoni rimasti insoluti, mentre per le obbligazioni assolte prima della cessione del contratto, nessun rapporto insorgerebbe tra contraente / ceduto e cessionario che rimarrebbero definitivamente cristallizzate; la sentenza che pronuncia sulla domanda di riscatto avrebbe natura meramente dichiarativa di un evento (la sostituzione nella proprietà dell’immobile riscattato) già verificatosi e consolidatosi all’epoca dell’esercizio del riscatto il che comporterebbe che il relativo diritto non possa essere oggetto di cessione ex art. 1406 c.c. in quanto «già perfezionatosi e non catalogabile tra le prestazioni che devono ancora essere eseguite».
Ad avviso del ricorrente la sentenza impugnata dovrebbe, pertanto, essere cassata e inviata la giudice del merito che dovrebbe accertare che all’accoglimento della domanda di riscatto proposta dall’attrice, originaria conduttrice, osterebbero due ordini di ragioni:
a) l’estromissione dal giudizio di tale parte che comporterebbe l’impossibilità della medesima di essere destinataria di provvedimenti;
b) l’intervenuta cancellazione della F.lli Lo. Ra. s.n.c. dal registro delle imprese e la sua definitiva estinzione, che comporterebbe la sua rinuncia alla domanda di riscatto e ad ogni diritto oggetto di rivendicazioni giudiziali.
1.1. Il motivo è infondato.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’esercizio del diritto di riscatto urbano di cui all’art 39 della legge n. 392 del 1978, previsto in favore del conduttore di immobile urbano ad uso diverso dall’abitazione pretermesso nel caso di vendita del bene locato, ha come effetto non la risoluzione del contratto traslativo a favore del terzo e la contestuale formazione di un titolo di acquisto ex nunc a favore del retraente, né un nuovo trasferimento del diritto sul bene del terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, ma la sostituzione ex tunc di detto titolare al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia. Ne consegue che la pronuncia, che decida positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore, è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento (v. ex multis, Cass. 12/01/2006, n. 410; Cass 31/07/2006, n. 17433; Cass. 9/12/2008, n. 28907; Cass 5/03/2009, n. 5369; Cass. 4/04/2014, n. 7905) e tale conduttore non è, pertanto, tenuto a pagare al retrattato i canoni di locazione maturati nelle more tra la vendita ed il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento della domanda di riscatto (Cass.29/11/2011, n. 25230).
Ritiene il Collegio di non condividere, tuttavia, le ulteriori conclusioni cui è pervenuta la sentenza già richiamata n. 12/01/2006, n. 410, che da quanto precede e richiamandosi al riguardo a quanto affermato in tema di prelazione agraria, ha fatto conseguire che le vicende modificative del rapporto locatizio ex parte conductoris, intervenute dopo l’avvenuto esercizio del riscatto ad opera dell’avente diritto (il conduttore cui il locatore avrebbe dovuto comunicare l’intenzione di alienare il bene) non varrebbero a trasferire al cessionario anche la titolarità del diritto di riscatto, evidenziando, per quanto qui rileva, che l’eventuale esito positivo della controversia relativa al riscatto comporterebbe l’acquisto ex tunc della proprietà del bene in capo al conduttore, proprietà che non avrebbe mai costituito l’oggetto di un negozio traslativo in favore del cessionario della locazione.
Tale orientamento, che peraltro non annovera altri precedenti massimati, non può essere condiviso, in quanto porterebbe a ridurre l’ampiezza di un diritto patrimoniale disponibile già entrato nella disponibilità del soggetto tramite l’esercitato riscatto e ben trasferibile all’avente causa a titolo particolare, tanto più nell’ambito di attività commerciali, in cui si inseriscono la cd. prelazione urbana e il riscatto ex art. 38 e 39 della legge 392 del 1978.
Si evidenzia che il settore agrario, cui fa riferimento la sentenza del 2006, è caratterizzato da una tendenziale stabilità ben diversa dal divenire continuo che caratterizza l’ambito delle attività commerciali, in cui lo stesso legislatore è intervenuto prevedendo, all’art. 36 legge cit., la sublocazione e la cessione del contratto di locazione purché venga ceduta o locata l’azienda. Si evidenzia che la ratio legis della norma appena richiamata consiste proprio nell’agevolare il trasferimento delle aziende esercenti le loro attività in immobili condotti in locazione e di tutelare l’avviamento commerciale (v. sul punto Cass. 16/05/2013, n. 11967) e che risulta rilevante, per l’individuazione delle finalità della prelazione urbana, la pronuncia della Corte Costituzionale n. 128 del 1983, che ha espressamente ravvisato lo scopo di tale prelazione proprio nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese commerciali, tutelate mediante il mantenimento della clientela, che costituisce una componente essenziale dell’avviamento commerciale.
Peraltro, l’intestazione in capo al cessionario del bene riscattato non deriva dal trasferimento diretto della proprietà del detto bene dal cedente (che al momento della cessione non ne è ancora divenuto titolare e che, quindi, non potrebbe cederla in quel tempo) al cessionario, come ipotizzato e paventato nella sentenza n. 410 del 2006, bensì dalla successione del nuovo conduttore, acquirente dell’azienda dell’originario locatario, nel diritto di riscatto già esercitato dal cedente, suo dante causa.
Ai principi sopra evidenziati si è, sostanzialmente attenuta la decisione impugnata.
2. Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere rigettato.
3. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.
4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2021.