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Cassazione Civile 4049/2023 – Revocatoria ordinaria di un contratto di compravendita immobiliare – Decorrenza della prescrizione dalla trascrizione nei registri immobiliari – Ricorso per cassazione – Contenuto del controricorso

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Sentenza 4049/2023

Revocatoria ordinaria di un contratto di compravendita immobiliare – Decorrenza della prescrizione dalla trascrizione nei registri immobiliari

La disposizione dell’art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con riguardo ad un’azione revocatoria ordinaria di un contratto di compravendita immobiliare, aveva fissato la decorrenza della prescrizione dalla data non già della stipula, bensì della relativa trascrizione nei registri immobiliari).

Ricorso per cassazione – Contenuto del controricorso – Mancata esposizione delle ragioni atte a contrastare i motivi di ricorso

La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c. (richiamato dall’art. 370, comma 2, c.p.c.), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria, ma solamente partecipare alla discussione orale. (Nella specie, la S.C. ha escluso che integrasse un controricorso l’atto con il quale la parte si era limitata a chiedere “la partecipazione del difensore costituito alla trattazione e discussione orale, onde esperire le opportune difese”, invocando la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione).

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 9-2-2023, n. 4049   (CED Cassazione 2023)

Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria) – Giurisprudenza

Art. 370 cpc (Controricorso) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto l’azione revocatoria ordinaria proposta dal Fallimento della (OMISSIS) S.r.l. contro la (OMISSIS) S.r.l. in relazione all’atto – stipulato per atto pubblico in data 6 dicembre 2006 e trascritto presso la Conservatoria dei RR.II. di Napoli in data 3 gennaio 2007 -con il quale la società fallita aveva alienato alla (OMISSIS) S.r.l. la proprietà di un capannone industriale con annessa area scoperta sito in (OMISSIS), per il prezzo di C 420.000,00, condannando la convenuta al pagamento in favore dell’erario delle spese processuali, stante l’ammissione del fallimento (OMISSIS) S.r.l. al patrocinio a spese dello Stato.

Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte partenopea ha rigettato la reiterata eccezione di prescrizione dell’azione revocatoria, sui rilievo che come già affermato anche dal primo giudice – il relativo termine quinquennale (art. 2903 c.c.) andasse fatto decorrere non dalla data di stipula dell’atto revocando, nella specie collocantesi oltre cinque anni prima dalla notifica dell’atto introduttivo del giudizio, ma dalla data della trascrizione dell’atto dispositivo.

Secondo i giudici partenopei, infatti, “in adesione a quanto affermato… dalla Suprema Corte… la norma dell’art. 2903 c.c. va coordinata con quella prevista dall’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Ne consegue che, nel caso in cui sia esercitata un’azione ex art. 2901 c.c. per la revoca di un atto di trasferimento di un immobile, la prescrizione inizia a decorrere non già dalla data di stipulazione, bensì da quella di trascrizione dell’atto, necessaria affinchè il trasferimento sia reso pubblico, conoscibile ai terzi ed a loro opponibile (cfr. Cass. 11815/2014)” (sentenza impugnata, pag. 3)

2. Avverso tale sentenza la (OMISSIS) S.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La curatela del fallimento (OMISSIS) deposita c.d. “nota di deposito”.

Il P.M. ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Altra memoria è stata depositata dal Fallimento.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con la Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, comma 1, (che ne ha prorogato l’applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti nè il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.

2. Deve preliminarmente rilevarsi che l’atto depositato dalla curatela non può considerarsi un controricorso.

Esso si compone di tre pagine, delle quali: le prime due e la prima metà della terza contengono i dati identificativi delle parti e dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità e una sintesi dello svolgimento del processo; la terza, nella seconda metà, contiene le seguenti testuali conclusioni: “tutto ciò premesso e precisato, la curatela resistente, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata, deposita ai sensi dell’art. 370 c.p.c. procura speciale per atto Notar D. De Carlo del 5.5.2022 (rep. 1895) con contestuale nomina al sottoscritto difensore e le produzioni relative ai precedenti gradi di giudizio chiedendo la partecipazione del difensore costituito alla trattazione e discussione orale, onde esperire le opportune difese. Affinchè Voglia la Corte dichiarare inammissibile il ricorso per Cassazione proposto, confermando per l’effetto la sentenza n. 566/2019 emessa in data 21/11/2018 e pubblicata in data 05/02/2019, dalla Corte d’Appello di Napoli – Sez. L. Con vittoria di spese e compensi oltre rimborso forfettario oltre IVA e CPA come per legge”.

Un siffatto contenuto non consente di riconoscere all’atto la natura e la funzione di un controricorso, discendendone anche l’inammissibilità della memoria successivamente depositata dalla stessa parte.

Va in tal senso data continuità al principio più volte enunciato da questa Corte secondo cui “la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c. (richiamato dall’art. 370, comma 2), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria ma solamente partecipare alla discussione orale” (v. Cass. n. 11160 del 11/06/2004, che per tale motivo ha dichiarato inammissibile un “atto di Cost.” dell’intimato non contenente alcuna replica ai motivi del ricorso; v. anche Cass. n. 6222 del 20/04/2012), 3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2903 c.c. e dell’art. 66 L. Fall..

Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data di stipula dell’atto di compravendita e non dalla relativa data di trascrizione, in accordo con l’orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. n. 12513 del 2009; n. 5586 del 2015; n. 17544 del 2018.

4. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa ed erronea valutazione di un fatto decisivo ai fini della controversia”.

Lamenta la mancata considerazione del decorso del termine prescrizionale quinquennale dell’azione revocatoria ordinaria esperita dal Fallimento (OMISSIS), a partire dalla data di stipula dell’atto.

5. Il secondo motivo, di rilievo logicamente preliminare, è manifestamente infondato.

I fatti e i relativi riferimenti temporali posti a base della proposta azione revocatoria hanno costituito precipuo oggetto dell’esame condotto dal giudice a quo che, correttamente identificandoli, ha preso in esame la riproposta eccezione di prescrizione, rigettandola facendo applicazione della regola di giudizio sopra esposta, il cui sindacato si muove, dunque, propriamente ed esclusivamente sul piano della corretta applicazione di diritto, non certo su quello della ricognizione del fatto.

6. Il primo motivo coglie propriamente detta questione di diritto ma deve dirsi infondato.

Al riguardo, ritiene il Collegio di dover dare continuità all’indirizzo ormai stabilizzatosi con le più recenti pronunce di questa Corte sul tema – con le quali deve ritenersi definitivamente superato il risalente orientamento di cui sono espressione i precedenti richiamati nel ricorso (Cass. n. 3379 del 2007; n. 18607 del 2003; n. 1635 del 1998; n. 5071 del 1997) – ai sensi del quale la disposizione dell’art. 2903 c.c., che specificamente disciplina la prescrizione dell’azione revocatoria, dev’essere interpretata alla luce delle disposizioni generali in tema di prescrizione e, in particolare, della norma contenuta nell’art. 2935 c.c. secondo la quale essa comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (cfr. Cass. n. 25855 del 23/09/2021; n. 8221 del 24/03/2021; n. 11758 del 15/05/2018; n. 30964 del 27/12/2017; n. 28746 del 30/11/2017; n. 5618 del 07/03/2017; n. 5033 del 28/02/2017; n. 5889 del 24/03/2016; n. 11815 del 27/05/2014; n. 1210 del 19/01/2007).

Il presupposto dell’istituto della prescrizione deve, infatti, identificarsi nell’inerzia del titolare nell’esercizio del diritto per il tempo determinato dalla legge (cfr. l’art. 2934 c.c.), sicchè non è configurabile siffatto stato se non dal momento in cui il titolare sia edotto, in modo idoneo, del diritto che è in suo potere esercitare.

Si tratta di procedere a un’operazione ermeneutica già compiuta in altri settori dell’ordinamento, o in altri istituti dello stesso codice civile, rispetto ai quali sono dettate specifiche norme prescrizionali. In particolare, varrà richiamare il caso della prescrizione breve prevista dall’art. 2947 c.c. per il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, che la disposizione fa compiere in cinque anni “dal giorno in cui il fatto si è verificato”, in relazione al quale sono state rilevate ipotesi (dette di danno lungolatente) in cui il momento dell’inflizione del danno ad opera del danneggiante e il momento della sua percezione da parte del danneggiato non coincidono, ma tra loro si verifica uno stacco temporale.

In tali ipotesi, in forza del coordinamento con la disposizione dell’art. 2935 c.c., si è stabilito che la prescrizione cominci a decorrere da quando il titolare del diritto al risarcimento sia adeguatamente informato, non solo dell’esistenza del danno, ma anche dell’attribuibilità ad esso del carattere dell’ingiustizia (cfr. Cass. da ultimo Cass. n. 14140 del 04/06/2018, in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno del soggetto che assuma di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo).

Con riguardo al caso in esame, è possibile conseguentemente affermare che la disposizione dell’art. 2903 c.c., là dove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata (attraverso il coordinamento con la disposizione generale in tema di prescrizione, di cui all’art. 2935 c.c.) nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, essendo solo da questo momento, infatti, che il diritto può essere fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo.

Nè potrebbe obiettarsi che le norme del codice civile assegnano espressamente alla trascrizione il compito di regolare il conflitto tra più aventi causa dal medesimo autore (art. 2644, in relazione agli assoggetti a trascrizione elencati nell’art. 2643 c.c.) ovvero quello di regolare il conflitto tra creditore pignorante (o sequestrante) e terzo acquirente (artt. 2913 e 2914 c.c.). Il fatto che il codice assegni alla trascrizione detto ruolo e ad esso ricolleghi l’effetto di inopponibilità degli atti soggetti a trascrizione rispetto ai creditori o aventi causa che abbiano anteriormente trascritto, non vale infatti ad escludere che possa alla trascrizione guardarsi anche ad altri effetti, quali quelli in discorso, in relazione alla sua natura di atto di per sè deputato e idoneo a dare pubblicità a terzi.

Nel caso di specie, dunque, trattandosi di atto di compravendita di immobile, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la prescrizione dell’azione revocatoria decorre dal giorno in cui ne è stata data pubblicità mediante trascrizione nei registri immobiliari, essendo quest’ultimo il giorno in cui l’atto diviene opponibile ai terzi.

7. Giova soggiungere che nessun argomento contrario può trarsi dai precedenti citati in memoria dalla ricorrente di Cass. n. 5586 del 2015 e n. 17544 del 2018 i quali, lungi dal prospettare un persistente contrasto giurisprudenziale sul punto, affrontano la diversa questione degli effetti del subentro del curatore fallimentare nell’azione revocatoria ordinaria già tempestivamente promossa da un singolo creditore, respingendo la tesi che tale subentro implichi la proposizione di una diversa e nuova azione revocatoria ed affermando al contrario che trattasi di un’azione che il curatore trova nella massa fallimentare e che si identifica con quella che i creditori avrebbero potuto esperire prima del fallimento, con la conseguenza che “la relativa prescrizione, anche nei confronti della curatela, decorre, ai sensi dell’art. 2903 c.c., dalla data dell’atto impugnato, dall’altro l’interruzione della prescrizione, ad opera di uno dei creditori cui il curatore sia subentrato ex art. 66 cit., giova alla massa fallimentare”.

è evidente che il riferimento alla “data dell’atto impugnato” è in tale contesto operato allo scopo e con il solo significato di chiarire che la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione esercitata dalla curatela subentrante è quello stesso preso in considerazione per l’azione esercitata dal singolo creditore cui la prima è subentrata, e non invece al fine di prendere posizione, tanto meno motivatamente, sulla diversa questione qui esaminata.

8. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Non avendo l’intimata svolto attività difensiva nella presente sede – tale non potendosi considerare, per le ragioni dette, la menzionata “nota di deposito”, nè la successiva memoria, in quanto inammissibile – non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio.

9. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 novembre 2022