Ordinanza 40606/2021
Documenti prodotti in primo grado dall’appellato – Mancata produzione in appello – Onere della prova
Nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non ha ad oggetto un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (“novum judicium”), ma assume le caratteristiche di una “revisio prioris instantia”, cosicché l’appellante ha sempre la veste di attore rispetto al giudizio instaurato e con essa l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale assunta nel http://4006giudizio di primo grado, e ove si dolga dell’erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l’onere di estrarne copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in sede di gravame.
Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 17-12-2021, n. 40606 (CED Cassazione 2021)
Art. 2697 cc (Onere della prova) – Giurisprudenza
Considerato che:
con sentenza n. 9493/11, pubblicata il 4 agosto 2011, il Tribunale di Napoli condannò i convenuti Gi. (o Gi. An.) e Gi. D.A. al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi euro 33.076,25, oltre interessi, subiti dall’attore Lu. Po. a seguito di un sinistro avvenuto in data 19 agosto 1997 all’interno del fabbricato di proprietà dei convenuti, sito in Giugliano in Campania, alla via (OMISSIS) e, in accoglimento della domanda di manleva proposta dai D.A. o nei confronti della S.p.a. Assicurazioni (OMISSIS), che avevano chiamato in causa, condannò tale società assicuratrice a tenere indenne i chiamanti, in base alla polizza di assicurazione della responsabilità civile stipulata con i D.A.°, di quanto da questi ultimi dovuto al Po., in forza delle statuizioni relative al rapporto principale;
avverso la sentenza del Tribunale la S.p.a. Assicurazioni (OMISSIS) propose gravame, del quale Gi. (o Gi. An.) e Gi. D.A. chiesero il rigetto;
il Po. rimase contumace in secondo grado;
con sentenza n. 319/2019, pubblicata il 24 gennaio 2019, la Corte di appello di Napoli accolse l’impugnazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, che confermò nel resto, rigettò la domanda di manleva proposta dai D.A.° nei confronti della S.p.a. Assicurazioni (OMISSIS), per intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno fatto valere nei confronti dei predetti dal Po. e condannò i D.A.°, con vincolo di solidarietà, a restituire alla più volte menzionata compagnia assicuratrice la somma di euro 52.184,08, dai medesimi percepita in esecuzione della sentenza di primo grado, maggiorata degli interessi legali fino al soddisfo, nonché alle spese del doppio grado di giudizio in favore di detta società;
avverso la sentenza della Corte di appello i D.A.° hanno proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo e illustrato da memoria;
(OMISSIS) Italia S.p.a. (quale conferitaria, con decorrenza 10 luglio 2013, del complesso aziendale costituito dal portafoglio assicurativo della Direzione per l’Italia di Assicurazioni (OMISSIS) S.p.a. in favore di ma Assitalia S.p.a. e contestuale modifica della denominazione di quest’ultima in (OMISSIS) Italia S.p.a., per atto per notaio Pi. Ma. di Milano del 28 giugno 2013, rep. n. 18568/5996) ha resistito con controricorso;
l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede;
con 0.I. 8479/21, depositata il 25 marzo 2021, è stata ordinata la rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti di Lu. Po.;
i ricorrenti hanno provveduto a tanto con atto notificato ex art. 143 c.p.c. in data 25.5.2021;
anche dopo l’espletamento di tale incombente l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede;
la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
rilevato che:
con l’unico motivo, rubricato «ex art. 360 nr 5 c.p.c. violazione e falsa [applicazione] dell’art. 2952 c.c. e art. 1917 c.c. ed art. 111 Cost.», i ricorrenti sostengono che: a) avevano comunicato il sinistro appena venuti a conoscenza dei fatti con la notifica dell’atto di citazione avvenuta in data 10 luglio 2002, prima che maturasse la prescrizione; b) «per espressa previsione normativa ex art. 1917 c.c.» (recte ex art. 2952 c.c. con riferimento espresso all’assicurazione della responsabilità civile, disciplinata dall’art. 1917 c.c.), il termine di prescrizione decorrerebbe dal giorno in cui il terzo ha chiesto il risarcimento del danno all’assicurato o ha promosso contro questi l’azione giudiziaria; c) erroneamente la Corte territoriale avrebbe accolto il gravame ritenendo che, in assenza della produzione del Po., contumace in appello, non fosse possibile verificare la prescrizione o meno del diritto di questi e d) comunque, non potrebbe ritorcersi in loro danno il fatto che il Po. non si sia costituito in secondo grado, facendo venir meno, per il Giudice del gravame, «la completezza della documentazione di primo grado per fatto non attribuibile» ai D.A.; e) sarebbe stato onere della parte appellante (per evidente lapsus calami indicata in ricorso come “ricorrente”) allegare i documenti giustificativi del proprio motivo di gravame e non limitarsi a coltivare la propria eccezione di prescrizione, disattesa dal giudice di primo grado;
ritenuto che: il motivo è, quanto ai vizi di motivazione, cui pure sembra far riferimento la rubrica dello stesso con il richiamo all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., del tutto inammissibile, non essendo neppure specificamente indicati tali vizi nell’illustrazione del mezzo;
per quanto attiene alle lamentate violazione e falsa applicazione di norme, va evidenziato che la Corte territoriale ha ritenuto che il Tribunale avesse omesso di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione ex art. 2947, primo comma, cod. civ. sollevata dalla compagnia assicuratrice e ha reputato tale eccezione ritualmente proposta e fondata, per difetto di prova di atti interruttivi, non essendosi il Po. costituito in secondo grado e non avendo potuto quella Corte perciò visionare gli atti dal medesimo prodotti, e cioè se l’atto introduttivo fosse stato notificato dall’attore ai D.A. entro il 19 agosto 2002 (ultimo giorno del termine di prescrizione) né potendo desumersi tale circostanza da altri atti o provvedimenti inseriti nel fascicolo d’ufficio o in quelli delle altre parti; quella Corte ha pure precisato che la declaratoria di intervenuta estinzione del diritto al risarcimento per decorso del termine prescrizionale di cui all’art. 2947, primo comma, cod. civ. non paralizza, comunque, la pretesa avanzata dall’attore nei confronti dei convenuti, producendo effetto esclusivamente nell’ambito del rapporto di garanzia tra l’assicuratore e gli assicurati, comportando il rigetto della domanda di manleva proposta da questi ultimi nei confronti del primo;
al riguardo è assorbente il rilievo che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., 23/12/2005, n. 28498; Cass., sez. un., 8/02/2013, n. 3033; Cass. 22/01/2013, n. 1462; Cass. 9/06/2016, n. 11797), l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso che l’appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare “da uno all’altro esame della causa”, ma una “revisio” fondata sulla denunzia di specifici “vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata, con la conseguenza che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà, ex art. 76 disp. att. cod. proc. civ., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perché questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell’altra parte (nella specie esaminata dalle S.U. con la prima sentenza sopra richiamata e come in quella in scrutinio in questa sede, rimasta contumace), quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare;
con la pronuncia delle Sezioni Unite più recente richiamata è stato pure precisato, in particolare, che, «tenuto conto dell’odierna, sopra delineata, configurazione del giudizio di appello, i criteri di riparto probatorio desumibili dalle norme (OMISSIS) di cui all’art. 2697 c.c. vanno sì applicati, ma non nella tradizionale ottica sostanziale, bensì sotto il profilo processuale, in virtù del quale è l’appellante, in quanto attore nell’invocata revisio, a dover dimostrare il fondamento della propria domanda, deducente l’ingiustizia o invalidità della decisione assunta dal primo giudice„ onde superare la presunzione di legittimità che l’assiste»; Ile stesse Sezioni Unite hanno, poi, osservato che, per quanto riguarda specificamente le prove documentali, «materializzate nelle produzioni di parte, nei casi in cui il giudice di appello, per l’inerzia della parte interessata e tenuta alla relativa allegazione, non sia stato in grado di riesaminarle, le stesse, ancorché non materialmente più presenti in atti (per la contumacia dell’appellato o per l’insindacabile scelta del medesimo di non più produrle), continuano tuttavia a spiegare la loro efficacia, nel senso loro attribuito nella sentenza emessa dal primo giudice, la cui presunzione di legittimità non risulta superata per fatto ascrivibile all’appellante. Questi, rimasto inerte, pur disponendo di un adeguato mezzo processuale (la richiesta di cui all’art. 76 disp. att.) per prevenire la sopra esposta situazione di carenza documentale, deve considerarsi soccombente, in virtù del principio, desumibile 2697 c.c., secondo cui actore non probante, reus absolvitur» (v. anche Cass. n. 11797 del 2016 Cass. 26292 del 2013 già cit.);
di tali principi la Corte territoriale non risulta aver fatto corretta applicazione, sicché il motivo risulta, con riferimento al profilo appena esaminato, fondato; l’esame di ogni altra questione resta assorbita dal rilievo che precede;
alla luce di quanto sopra evidenziato il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati;
la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione;
stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini precisati in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 21 settembre 2021.