Ordinanza 41254/2021
Ricorso incidentale tardivo – Termini di proposizione – Applicabilità
Le regole sull’impugnazione tardiva, sia ai sensi dell’art. 334 c.p.c., che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per il ricorso incidentale in senso stretto e, cioè, proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l’impugnazione principale e non anche per quello che abbia contenuto adesivo al ricorso principale – neppure ove contenga censure aggiuntive rispetto a quest’ultimo – che va proposto, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario di impugnazione.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 22-12-2021, n. 41254 (CED Cassazione 2021)
Art. 371 cpc (Ricorso incidentale) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS), proprietario di un appartamento sito nell’edificio condominiale di (OMISSIS) e di due seminterrati posti ai civici n. (OMISSIS), ha adito il tribunale di Genova, sostenendo di aver posseduto in modo pacifico ed ininterrotto uno spiazzo antistante i due locali seminterrati, già di sua proprietà, e di averlo usucapito.
Ha chiesto di dichiarare l’intervenuta usucapione dell’immobile e di regolare le spese.
I convenuti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), queste ultime quali eredi di (OMISSIS) e (OMISSIS), soci della (OMISSIS), società venditrice degli immobili, hanno chiesto di respingere le domande.
Esaurita la trattazione, il tribunale, con sentenza n. 4829/2005, ha dichiarato la piena proprietà in capo all’ (OMISSIS) dell’area identificata in catasto al fl. (OMISSIS), part. (OMISSIS), ubicata tra i due locali indicati in atti, per intervenuta usucapione.
La pronuncia è passata in giudicato.
Con successiva citazione del 30.4.20008, i Condomini di (OMISSIS) nonchè (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto opposizione di terzo ai sensi dell’art. 404 c.p.c., sostenendo che lo spazio usucapito dall’ (OMISSIS) ricadeva nella presunzione sancita dall’art. 1117 c.c.. Hanno chiesto di dichiarare la proprietà condominiale del bene, proponendo altresì domanda subordinata di usucapione ordinaria. (OMISSIS) ha chiesto di respingere l’opposizione e, in subordine, di accertare l’usucapione dell’area nei confronti dei due Condomini.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva. Sono intervenuti in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), rivendicando la proprietà esclusiva dello spazio controverso.
Con autonoma citazione notificata in data 22.12.2008, i Condomini di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) hanno agito nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per far accertare l’invalidità, l’inefficacia e l’inopponibilità dell’atto di compravendita ricevuto dal notaio (OMISSIS), in data 20.5.1981, nella parte avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dello spiazzo controverso e di accertare il diritto di proprietà su detta area in favore dei Condomini nn. (OMISSIS) di Via degli Oleandri, ovvero in subordine, di dichiarare l’usucapione del diritto di proprietà o di una servitù di passaggio e di parcheggio sullo spiazzo.
Disposta la riunione dei due giudizi, successivamente interrotti a causa del decesso di (OMISSIS) e quindi riassunti nei confronti degli eredi, con sentenza n. 1468/2013, il tribunale ha accolto l’opposizione proposta dai terzi intervenuti e ha dichiarato che la porzione controversa apparteneva a (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), e di (OMISSIS).
Ha respinto le altre domande, regolando le spese.
La sentenza – impugnata dai Condomini di (OMISSIS), nonchè da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), è stata riformata in appello.
Il giudice territoriale ha dichiarato la condominialità dello spiazzo, ponendo in rilievo che l’art. 3 del regolamento del Condominio del civico n. (OMISSIS) annoverava tra i beni comuni gli accessi al caseggiato e al piano seminterrato con tutti i manufatti che li delimitavano. Detta previsione si riferiva anche al cortile in contestazione, recintato da un lato da un muraglione e dall’altro lato confinante con la strada, con la quale comunicava tramite un arco che costituiva l’unico accesso al piano seminterrato, sicchè il bene appariva funzionale al godimento delle parti comuni dell’edificio.
Ha ritenuto invocabile la presunzione sancita dall’art. 1117 c.c., evidenziando che le disposizioni dei regolamenti dei due Condomini, ciascuno dei quali prevedeva la costituzione di servitù di passaggio a vantaggio dell’altro, dovevano interpretarsi tenendo conto della diversa epoca di realizzazione dei due stabili: quindi, il fatto che il regolamento del civico (OMISSIS) prevedesse una servitù di passaggio a favore del civico n. (OMISSIS) ancora in costruzione, presupponeva che lo spiazzo fosse ricompreso nell’edificio costruito per primo, mentre a favore del civico (OMISSIS) poteva riconoscersi solo una servitù di transito. Secondo la sentenza, la proprietà condominiale dello spiazzo era inoltre – opponibile all’ (OMISSIS), che non era riuscito a dimostrare di aver usucapito il bene.
La cassazione della sentenza è chiesta da (OMISSIS) con ricorso in tre motivi, cui i Condomini di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato controricorso con ricorso incidentale in due motivi.
In prossimità dell’adunanza camerale (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale.
La sentenza di primo grado aveva accolto l’opposizione di terzo svolta da (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenendo che questi ultimi avessero acquistato la porzione controversa in forza del rogito del 20.5.1981, negando che l’ (OMISSIS) potesse opporre agli intervenuti il proprio acquisto per usucapione.
Il tribunale aveva invece respinto l’opposizione di terzo proposta dai due Condomini (e degli altri opponenti), escludendo che lo spazio ricadesse nella presunzione di condominialità e che fosse provata l’usucapione del bene da parte deli singoli condomini.
Nell’interporre appello, i suddetti Condomini, soccombenti in primo grado, avevano riproposto le ragioni poste a fondamento dell’impugnazione ex art. 404 c.p.c., fondata quindi sull’asserita sussistenza di un diritto autonomo ed incompatibile con quello riconosciuto in capo all’ (OMISSIS) con la sentenza passata in giudicato e a quello vantato dagli intervenuti in causa.
Per l’inscindibilità del giudizio e la stretta interdipendenza tra i capi impugnati e quelli non oggetto di gravame, nessune delle statuizioni resa in primo grado poteva ritenersi passata in giudicato (Cass. 1422/2000; Cass. 1267/2003 in tema di acquiescenza parziale).
La Corte d’appello, in riforma della prima decisione, ha infine respinto l’opposizione dei (OMISSIS) – (OMISSIS) ed ha accolto l’opposizione proposta dai due Condomini, dichiarando la condominialità dell’area e l’infondatezza della domanda di usucapione avanzata dall’ (OMISSIS) per difetto di prova dell’esercizio del possesso.
Dato l’esito del giudizio di gravame, non può negarsi che il ricorrente principale abbia interesse a contestare la pronuncia allo scopo di evitare la formazione di un giudicato incompatibile con la pronuncia di usucapione adottata in suo favore, oggetto della spiegata opposizione ex art. 404 c.p.c. (essendo, inoltre, venuta meno con la pronuncia di appello anche la decisione – assunta in primo grado con cui l’area controversa era stata dichiarata di proprietà dei (OMISSIS) – (OMISSIS)).
Giova ricordare che – difatti – l’accoglimento dell’opposizione di terzo annulla il giudicato formatosi fra le parti ove, come nella specie, il rapporto accertato nei confronti dell’opponente risulti assolutamente incompatibile ed inconciliabile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione (Cass. 2115/1992; Cass. 6261/2009).
2. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione dell’art. 1117 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che l’area oggetto di lite non era posta a servizio dei due condomini, essendo autonoma ed esterna rispetto agli edifici, oltre che suscettibile di utilizzazione separata.
In presenza di dette caratteristiche oggettive, risultanti dalle acquisizioni processuali, non era possibile invocare la presunzione di condominialità dell’art. 1117 c.c., occorrendo la sussistenza di un nesso di accessorietà necessaria tra l’area contesa e gli edifici condominiali. La sentenza, affermando che tale porzione era distinta dalla strada che fungeva da accesso all’edificio, avrebbe omesso di dar rilievo a tale circostanza, decisiva ai fini del giudizio.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Nell’interpretare le clausole dei regolamenti condominiali, la Corte di merito avrebbe disatteso il criterio letterale, poichè i suddetti regolamenti non attribuivano la proprietà ad alcuno dei Condomini, contemplando servitù reciproche di passaggio, il concorso nelle spese per l’esercizio del diritto di passo, con espresso riferimento agli accessi e non agli spiazzi antistanti.
Inoltre: a) il regolamento del civico n. (OMISSIS) non conteneva una previsione speculare a quella contenuta nel regolamento del civico (OMISSIS), poichè l’uno faceva riferimento al diritto di passo a favore dell’attiguo caseggiato, e l’altro al diritto di passo in favore dell’erigendo caseggiato n. (OMISSIS); b) l’area usucapita non poteva considerarsi un cortile e non si identificava con uno degli accessi al fabbricato, venendo a coincidere con uno spiazzo antistante al piano seminterrato; d) non poteva ritenersi che la previsione di una servitù a favore del civico n. (OMISSIS) implicasse l’appartenenza del bene in capo al civico n. (OMISSIS).
Occorreva inoltre tener conto della valenza interpretativa del comportamento complessivo delle parti e quindi che la società costruttrice aveva alienato l’area ai coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS), a conferma della volontà di non destinare lo spiazzo a servizio degli edifici.
Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1346 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamentando che la sentenza abbia individuato nel regolamento di condominio il titolo dell’appartenenza dei beni in comunione a tutti i condomini, pur mancando l’indispensabile previsione dei singoli rogiti di acquisto riguardo al trasferimento pro quota dell’area esterna in capo agli acquirenti delle unità facenti parte dei singoli stabili, non essendo sufficiente il mero rinvio al regolamento contenuto nei rogiti di vendita.
I tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Nel sostenere la condominialità della area in capo al Condominio di cui al civico n. (OMISSIS), la sentenza di appello non solo ha escluso che l’art. 3 del regolamento contenesse una clausola idonea a valere come titolo contrario agli effetti dell’art. 1117 c.c., ma ha soprattutto ritenuto che lo spiazzo fosse a servizio del civico n. (OMISSIS) e fosse qualificabile come cortile, ravvisando l’esistenza di quel rapporto di accessorietà necessaria tra l’immobile conteso e l’edificio condominiale che giustificava l’applicazione della presunzione dell’art. 1117 c.c..
Si legge testualmente nella pronuncia che “l’art. 3 del regolamento di condominio annovera tra i beni comuni gli accessi al caseggiato ed al piano seminterrato con tutti i manufatti che li delimitano, li compongono, li proteggono. La previsione dell’art. 3 è riferibile al cortile in contestazione, delimitato da un lato da un muraglione e dall’altro lato dalla strada con la quale comunica tramite un arco, che costituisce l’unico accesso al piano seminterrato e quindi serve al godimento delle parti comuni dell’edificio: onde ad esso è applicabile – nel dubbio sull’interpretazione del regolamento di condominio – la presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c.c., che postula – per l’appunto – l’esistenza di un rapporto di accessorietà con l’edificio ovvero con le singole unità di proprietà esclusiva” (cfr. sentenza di appello, pag. 3).
Rettificando la decisione di primo grado, la Corte d’appello ha precisato che neppure l’art. 4 del regolamento conteneva disposizioni incompatibili con la presunzione di condominialità dell’Immobile, poichè, prevedendo una servitù di transito a vantaggio dell’erigendo civico (OMISSIS), non poteva che presupporre l’appartenenza dell’area in capo al Condominio del civico n. (OMISSIS).
La conclusione è esente da vizi giuridici, posto che anche l’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c. (solo tra le più recenti, Cass. 16070/2019; Cass. 4687/2018; Cass. 5831/2017; Cass. 20612/2017; Cass. 20712/2017).
Per cortile si intende poi qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti (Cass. 7889/2000) o che assolva alla funzione di consentire ai condomini l’accesso a piedi o con veicoli alle loro proprietà (Cass. 621/1977; Cass. 13879/20006; Cass. 16241/2006).
2.1. Essendo lo spiazzo ricompreso nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c., comma 1, n. 1, il titolo – come in effetti ritenuto dal giudice distrettuale – veniva in rilievo per escludere l’appartenenza comune e non già per affermarla.
Non risultano perciò decisive nè la dedotta impossibilità di desumere dall’art. 3 del regolamento l’appartenenza in proprietà in capo ad uno dei Condomini dello spazio conteso in causa, appartenenza già derivante dal vincolo di accessorietà rispetto all’edificio, nè che i singoli atti di acquisto non includessero espressamente menzionandone anche i riferimenti catastali – il bene rivendicato. A nulla varrebbe la presunzione di condominialità ove fosse richiesta un’espressa previsione del titolo idonea a costituire il diritto di comproprietà sul bene.
Una tale omissione non è sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che al singolo atto di acquisto consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni.
Una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio “accessorium sequitur principale”, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria (Cass. 6458/2019; Cass. 22361/2011).
L’individuazione delle parti comuni operata dall’art. 1117 c.c., non si limita – inoltre – a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, superabile con qualsiasi prova contraria, potendo esser vinta soltanto dalle contrarie risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali.
In conclusione, il primo motivo di ricorso, ove lamenta una non corretta applicazione della presunzione dell’art. 1117 c.c., è infondato, poichè la qualificazione del cortile, desunta dallo particolare funzione dello spiazzo quale parte della porzione avente funzione di accesso allo stabile, giustificava la sua riconduzione nell’elenco di cui al n. 1 della citata disposizione, essendo onere di chi ne rivendicava la proprietà esclusiva, dimostrare il contrario.
L’art. 4 del regolamento del civico (OMISSIS) non poteva intendersi come titolo contrastante con la presunzione di condominialità, limitandosi a prevedere un diritto di parcheggio a favore dell’altro stabile, così confermando, anzichè escluderla, l’appartenenza del bene al Condominio edificato per primo.
Era irrilevante che il regolamento del civico (OMISSIS) contemplasse una servitù a vantaggio del civico (OMISSIS): l’area era definitivamente acquisita in proprietà al Condominio di cui al civico (OMISSIS) in forza dell’originaria destinazione a servizio dell’edificio realizzato per primo ed in mancanza – nel regolamento contrattuale di tale stabile – di una disposizione contraria alla presunzione di legge.
Su tale spiazzo il Civico n. (OMISSIS) poteva vantare solo una servitù, non potendo adottare con il proprio regolamento una diversa disciplina capace di incidere sulla proprietà del bene già acquisita ad altro stabile.
Non sussiste neppure la violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale, poichè il dato letterale dell’art. 4 del regolamento del Civico n. (OMISSIS) – nel prevedere meri diritti di servitù – non poteva dar luogo ad una riserva di proprietà a favore della società costruttrice, o valere come titolo contrario alla presunzione di condominialità. Quanto al criterio della condotta successiva delle parti, l’art. 1362 c.c., allorchè prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento testuale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è più consentita (Cass. 21576/2019; Cass. 4189/2019). Solo se il risultato in tal modo ottenuto non consenta di pervenire a soluzioni certe, è consentito l’utilizzo dei criteri sussidiari di interpretazione (Cass. 7972/2007; Cass. 9786/2010; Cass. 27564/2011; Cass. 5595/2014).
Le restanti censure, che vertono sul significato da attribuire alla terminologia utilizzata nei regolamenti e alla mancata valutazione della condotta successiva delle parti, non superano il dato oggettivo costituito dal fatto che il regolamento si limitava a prevedere semplici servitù e non una riserva di proprietà, sollevando – sotto altro profilo – questioni di merito (quanto alla circostanza che lo spazio non fungesse da accesso al civico (OMISSIS)), incensurabili in cassazione, poichè definite con motivazione logica dalla pronuncia impugnata.
Compete al giudice di merito accertare il rapporto di accessorietà ai sensi dell’art. 117 c.c. e il relativo convincimento è incensurabile in sede di legittimità se non affetto da vizi logici e giuridici; allo stesso giudice è demandata anche l’interpretazione dei titoli allegati per escludere il diritto di condominio e la valutazione sulla loro idoneità e sufficienza a tale scopo (Cass. 2943/2004; Cass. 27145/2017).
3. Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione
dell’art. 1117 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la sentenza erroneamente ritenuto che lo spiazzo ricadesse nella presunzione di condominialità in base alle previsioni del regolamento dello stabile di cui al civico n. (OMISSIS), mentre detta presunzione non è invocabile ove la condominialità è fondata su un titolo. Lo spazio non poteva considerarsi a servizio del civico n. (OMISSIS) poichè aveva sua precisa individuazione catastale, non era stato mai menzionato in alcun atto di trasferimento e non era neppure destinato all’uso comune, come provavano le risultanze di causa, attestanti l’esistenza di una strada che conduceva al piano seminterrato.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, contestando alla sentenza di non aver tenuto conto del comportamento della società costruttrice, che, avendo ceduto ai (OMISSIS) – (OMISSIS) lo spazio oggetto di causa, aveva chiaramente manifestato la volontà di non destinarlo a servizio di nessuno degli edifici, tanto che anche i regolamenti di condominio prevedevano esclusivamente la costituzione di servitù reciproche di passaggio.
Il ricorso incidentale è inammissibile.
La sentenza impugnata è stata notificata in data 6.12.2016, mentre la notifica del ricorso incidentale è stata effettuata in data 8.2.2017, oltre il termine di sessanta giorni fissato dall’art. 326 c.p.c., comma 1.
Trattasi di ricorso incidentale tardivo che avendo un contenuto adesivo a quello del ricorso principale, è sottratto all’applicabilità dell’art. 334 c.p.c. e doveva esser proposto nel termine ordinario (Cass. 6807/2007).
Le regole della impugnazione tardiva, in osservanza dell’art. 334 c.p.c. e in base al combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, solo alla quale è consentito presentare ricorso nelle forme e nei termini di quello incidentale, per l’interesse a contraddire e a presentare, contestualmente con il controricorso, l’eventuale ricorso incidentale anche tardivo (Cass. 1120/2014; Cass. 20040/2015; Cass. 6807/2007; per l’applicabilità del principio anche in ipotesi di cause inscindibili: Cass. s.u. 3191/1991).
Nel caso in esame, il ricorso incidentale è invece proposto a tutela di un interesse sorto non dall’impugnazione principale (nè è diretta contro di essa), ma dalli emanazione della sentenza e non si sottrae – quindi – all’osservanza dei termini ordinari di impugnazione neppure ove contenga censure aggiuntive rispetto a quelle contenute nel ricorso principale (C Cass. 26505/2009).
Non trovano invece applicazione i termini previsti dall’art. 334 c.p.c., per l’impugnazione incidentale tardiva
In conclusione, è respinto il ricorso principale, mentre è dichiarato inammissibile quello incidentale, con aggravio in dispositivo delle spese processuali liquidate in dispositivo;
Le sole spese sostenute da (OMISSIS) e (OMISSIS) restano compensate, poichè dette parti, come da essi stessi riconosciuto, sono rimasti neutrali rispetto all’esito del presente giudizio.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti in via incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale, e, previa integrale compensazione delle spese processuali sostenute da (OMISSIS) e (OMISSIS), condanna il ricorrente principale e i ricorrenti in via incidentale al pagamento solidale delle spese processuali in favore degli altri controricorrenti, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5300,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti in via incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile, in data 22.11.2021.