Sentenza 41435/2021
Responsabilità da cosa in custodia – Obbligo di custodia nell’appalto non implicante il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile
Nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale deve essere eseguito il lavoro appaltato (come nei casi di appalto di servizio di manutenzione), non viene meno per il committente detentore dell’immobile stesso che continui ad esercitare siffatto potere, il dovere di custodia e di vigilanza.
Cassazione Civile, Sezioni 3, Sentenza 23-12-2021, n. 41435 (CED Cassazione 2021)
Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) e (OMISSIS), dichiarandosi proprietari di un immobile sito in (OMISSIS), convennero in giudizio, con atto di citazione del 10/11/2004, la società (OMISSIS) SpA (di seguito (OMISSIS)), quale responsabile della manutenzione di un immobile, di proprietà del gruppo (OMISSIS) (ora (OMISSIS) SpA), contiguo a quello di loro proprietà, rappresentando che, in conseguenza della rottura di tubazioni d’acqua nell’immobile limitrofo, erano derivati danni al loro appartamento. Chiesero, pertanto la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni.
La (OMISSIS), costituendosi in giudizio, eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva per non essere mai stata proprietaria dell’immobile dal quale sarebbero derivati i lamentati danni.
2. Il Tribunale di Reggio Calabria, disposta una CTU ed acquisite prove testimoniali, con sentenza n. 697 del 2010, riconobbe la legittimazione passiva della (OMISSIS), in quanto preposta alla gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare del gruppo (OMISSIS), e quindi anche dell’immobile oggetto di causa nel quale, peraltro, la stessa (OMISSIS) era intervenuta tempestivamente per effettuare i lavori di ripristino delle tubazioni. Il Giudice qualificò tale società quale “custode” del bene e la condannò a pagare agli attori, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 5.250,44, oltre alle spese del grado.
La società soccombente propose appello ribadendo il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando la mutatio libelli, a suo avviso operata dagli attori, i quali, dopo aver introdotto in giudizio una domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c., avevano in seguito “corretto il tiro” prospettando una responsabilità ex art. 1705 c.c. o a titolo di gestione di affari o, infine, per violazione dell’art. 2051 c.c.
Si costituirono in giudizio gli originari attori e la causa, interrotta a seguito del decesso di (OMISSIS), fu riassunta dagli eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
3. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 569 del 28/9/2017, ha rigettato l’appello ritenendo, per quanto ancora qui di interesse: a) che la (OMISSIS) era un’azienda partecipata al 100 % da (OMISSIS) SpA. (poi (OMISSIS). SpA), costituita nel 1991 con la denominazione (OMISSIS) SpA per occuparsi del consistente patrimonio immobiliare del gruppo (OMISSIS); b) che a detta società la capogruppo aveva conferito tutte le attività cosiddette non-core, ossia tutta l’operatività sugli immobili che non fosse direttamente attinente alla gestione del trasporto ferroviario, attività che la (OMISSIS) aveva sempre svolto in piena autonomia, espletando tutte le attività connesse alla gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare; c) che conseguentemente era corretta la decisione del Tribunale di attribuire alla (OMISSIS) la piena responsabilità per l’omessa manutenzione dell’impianto idrico di pertinenza dell’appartamento sovrastante quello degli appellati, dovendosi ravvisare nella società la qualità di custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c., del bene.
4. Avverso la sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, chiedendo a questa Corte di cassare l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, di rigettare la domanda nei suoi confronti azionata per difetto di titolarità passiva del rapporto controverso.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.
5. La causa fu assegnata per la trattazione all’adunanza camerale del 18/12/2020, ex art. 380bis 1 co. c.p.c., in vista della quale il P.G. depositò conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del ricorso, mentre entrambe le parti depositarono memoria.
Il Collegio ritenne in quella adunanza che la causa dovesse essere rimessa alla trattazione in pubblica udienza sulla questione della configurabilità, in capo all’appaltatore dei servizi di manutenzione sul patrimonio immobiliare di (OMISSIS), della responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c.
Il ricorso é stato allora fissato per la trattazione in pubblica udienza, in vista della quale il P.G. ha richiamato le proprie conclusioni scritte, già depositate, e la società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso é affidato a due motivi.
1. Con il primo, rubricato “Sull’insussistenza di interesse ad impugnare le, comunque erronee, statuizioni della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria relative all’inapplicabilità al caso di specie dei principi in materia di gruppi societari”, la ricorrente premette di non voler impugnare le statuizioni della sentenza che riguardano la propria legittimazione passiva, con particolare riguardo ai rapporti con la controllante, precisando, per sua stessa ammissione, che tali profili non costituiscono ratio decidendi, essendo la sentenza incentrata solo sul rapporto di custodia tra la (OMISSIS) ed il bene ed essendo, quella, la sola ratio decidendi che intende impugnare, come in effetti impugna, con il secondo motivo di ricorso.
2. Con tale secondo motivo rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e dell’art. 1372 c.c. in relazione all’individuazione del soggetto tenuto alla custodia del bene immobile da cui sarebbero promanati i danni agli attori” la ricorrente lamenta che la qualificazione, operata dai giudici del merito, del rapporto di custodia con il bene sia erronea in quanto basata, non sul rapporto materiale con il bene stesso, ma sul rapporto di gestione in essere tra (OMISSIS) SpA e (OMISSIS). S.p.A., avente ad oggetto l’espletamento, da parte della prima, di servizi di manutenzione del patrimonio immobiliare della seconda.
Tale statuizione contrasterebbe sia con l’art. 2051 c.c. sia con l’art. 1372 c.c. in quanto, da un lato, postulerebbe un rapporto esclusivo dell’appaltatore con il bene, laddove nell’appalto di servizi, a differenza dell’appalto di opere, il committente non é estromesso dal rapporto di custodia; dall’altro, determinerebbe la violazione del principio di relatività degli effetti del contratto, in quanto consentirebbe al contratto di appalto di produrre effetti anche nei confronti dei terzi.
Quindi, mentre il rapporto tra committente ed appaltatore sarebbe regolato esclusivamente dal contratto, quello di custodia intercorrerebbe esclusivamente tra il proprietario committente ed il bene, generando una responsabilità extracontrattuale del primo nei confronti dei terzi.
1-2 Il ricorso é inammissibile.
La sentenza impugnata, come riferito nell’esposizione in fatto, ha dato conto (p. 7) che alla (OMISSIS), azienda partecipata al 100% da (OMISSIS) SpA (ora (OMISSIS). SpA), e costituita nel 1991 con la denominazione (OMISSIS) SpA, é stata trasferita tutta l’attività cd. non core, ossia tutta l’operatività non direttamente attinente alla gestione del patrimonio ferroviario, con particolare riguardo alla gestione degli immobili di proprietà della controllante e ai servizi di manutenzione, ordinaria e straordinaria su detti immobili. La sentenza ha inoltre confermato l’assoluta autonomia di (OMISSIS) nella gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare e l’assenza di qualsivoglia intervento della committente. Queste statuizioni sono state confermate, con riguardo al caso in esame, dal tempestivo intervento della sola (OMISSIS), nell’immobile dal quale si erano generate infiltrazioni, per effettuare i lavori di ripristino delle tubazioni danneggiate.
La sentenza, dunque, ha dato per acquisito il trasferimento, in capo all’appaltatore, del potere di fatto sui beni oggetto di manutenzione, potere trasferito al momento di costituzione della società (OMISSIS) SpA, così come ha ritenuto incontestata l’estraneità della proprietaria committente rispetto alla gestione e manutenzione dei beni.
1-2.1 Orbene, questa ratio decidendi non é impugnata.
Infatti, parte ricorrente, con la premessa sopra indicata come primo motivo che essa stessa dichiara non costituire motivo, si astiene dall’impugnare le affermazioni della sentenza relative alla sua posizione sostanziale nei confronti della capogruppo, sulle quali la stessa sentenza basa l’affermazione della sua legittimazione passiva.
La prospettazione della ricorrente e le stesse conclusioni del P.G. nello scrutinio in particolare del secondo motivo, quello che per stessa scelta della ricorrente é un motivo effettivo, sono “rutto di un errore di lettura della giurisprudenza della Corte.
L’errore é consistito nel leggere le pronunce che affermano la responsabilità per custodia anche del proprietario come se implicassero l’esclusione della responsabilità anche dell’appaltatore.
La giurisprudenza su cui si é equivocato é la seguente.
Cass. n. 4385 del 1979 risulta così massimata: “Nel caso d’appalto del servizio di manutenzione, continuativa o periodica, di cose, macchinari o impianti, non si verifica il passaggio dei poteri di custodia e degli oneri di vigilanza – e della connessa responsabilità presunta ex art. 2051 c.c. – a carico dell’appaltatore: quando il bene resti in potere del committente, pertanto, nel caso di manutenzione dell’impianto di ascensore da parte di un’impresa specializzata, poiché l’impianto continua a restare nella sfera di disponibilità dei proprietari dell’edificio, i quali ne conservano, con carattere di continuità, l’uso e il godimento, ad essi incombono, conseguentemente, gli oneri di custodia e di vigilanza con l’inerente responsabilità presunta”. Senonché, nel caso allora deciso, veniva in rilievo una situazione in cui il potere di fatto sulla cosa, cioé l’ascensore, conferito con un appalto di servizi continuativo, venne ritenuta inidoneo a giustificare la perdita del potere custodiale dei condomini ed il suo trasferimento all’appaltatore. Ma la decisione si deve spiegare per la natura di quell’appalto, che all’evidenza, pur essendo continuativo, non comportava certo un’ingerenza sull’ascensore costante e continuativa essa stessa.
Successivamente, con la decisione n. 5199 del 1985, si statuì che: “Nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile, nel quale deve essere eseguita l’opera, per il detentore dell’immobile stesso che continua ad esercitare siffatto potere non viene meno il dovere di custodia e, quindi, nemmeno la correlativa responsabilità ex art. 2051 c.c.“.
Il principio venne ribadito da Cass. n. 5007 del 1996.
A sua volta Cass. n. 5609 del 2001 precisò che: “Nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale deve essere eseguito il lavoro appaltato (come nei casi di appalto di servizio di manutenzione), non viene meno per il committente detentore dell’immobile stesso che continui ad esercitare siffatto potere, il dovere di custodia e di vigilanza.”.
Nella successiva giurisprudenza elemento decisivo per affermare la responsabilità anche dell’appaltante é sempre stata la circostanza che non ci fosse stato il trasferimento totale del dominio sulla cosa.
La mancanza di tale trasferimento é, dunque, sufficiente per evidenziare la responsabilità custodiale anche dell’appaltante, ma non certo per escludere quella dell’appaltatore.
Ora, nel caso all’esame, il trasferimento vi é stato ed é stato totale, giusta quanto ha affermato la sentenza impugnata: si veda, in particolare, quanto riferito sopra al punto 3 dei “fatti di causa”.
Parte ricorrente, con la premessa che dichiara non costituire motivo, si é astenuta dall’impugnare le affermazioni della sentenza che dicono quale fosse la sua posizione in ragione del conferimento in appalto di tutte le attività di gestione e manutenzione del patrimonio e su di essa basano l’affermazione della sua legittimazione proprio dando rilievo al trasferimento del dominio custodiale sulla res.
Consolidatasi tale motivazione, appare allora singolare la pretesa della ricorrente di discutere della qualità di custode, attribuita con essa dalla sentenza, per il tramite delle argomentazioni esposte nel secondo motivo: esse si basano sulla mera invocazione dell’esistenza del contratto con l’ente proprietario, tra l’altro con affermazioni del tutto generiche sull’assenza di un potere di fatto, nel mentre la legittimazione é stata affermata con le considerazioni esposte che la ricorrente dice sorprendentemente di non avere interesse ad impugnare. Inoltre, revocano la relatività del contratto facendo riferimento ad ipotesi in cui viene in rilievo un rapporto contrattuale fra il dominus ed il soggetto danneggiato e tale soggetto pretenda di far valere la responsabilità del primo inerente a tale rapporto contrattuale contro il terzo con cui il dominus abbia stipulato un appalto riguardo al bene oggetto del rapporto contrattuale.
Il ricorso é inammissibile, in quanto non critica la motivazione effettiva su cui la corte territoriale ha basato la sua decisione relativamente alla legittimazione ed anzi dichiara di non volerla criticare.
Consolidatasi tale motivazione non vi sarebbe luogo per procedere allo scrutinio del secondo motivo con il quale la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 2051 c.c. e dell’art. 1372 c.c.
1-2.2 Fermo il passaggio in giudicato dei capi di sentenza relativi alla legittimazione passiva di (OMISSIS), per mera completezza espositiva, si osserva che il secondo motivo, basato su affermazioni del tutto generiche circa la sussistenza del potere di fatto sul bene in capo alla proprietaria committente, non avrebbe avuto, peraltro, alcuna possibilità di accoglimento in ragione dell’avvenuto trasferimento, all’appaltatore, del potere di fatto su tutti i beni costituenti il patrimonio immobiliare di (OMISSIS) SpA.
Ove fosse stato possibile procedere allo scrutinio del secondo motivo, lo stesso, infatti, si sarebbe dovuto disattendere in quanto le pronunce di questa Corte, invocate dal P.G. a sostegno delle conclusioni di accoglimento del ricorso, non avrebbero potuto avere alcuna attinenza al caso in esame perché le stesse presuppongono, espressamente, che il contratto di appalto non abbia determinato in concreto il trasferimento totale all’appaltatore del potere di fatto sul bene, trasferimento che, nel caso in esame, era avvenuto ed era stato totale. Non viene, pertanto, intaccato il principio di diritto piu’ volte ribadito da questa Corte e al quale il Collegio intende dare continuità, secondo il quale nel caso in cui l’appalto non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile, non viene meno per il committente detentore del bene il dovere di custodia e vigilanza e con esso la responsabilità ex art. 2051 c.c. che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l’evento lesivo (Cass., 3, n. 15734 del 18/7/2011; Cass., 2, n. 11671 del 14/5/2018). Principio, peraltro, che – parte ricorrente non se ne avvede – viene in rilievo a tutela non dell’appaltatore, cioé per esimerlo da responsabilità nei confronti dei terzi danneggiati, bensì a tutela di questi ultimi per affermare la responsabilità custodiale anche del committente.
Sull’improprio richiamo del principio di relatività del contratto sarebbero valse le considerazioni già sopra esposte.
3. Conclusivamente il ricorso é dichiarato inammissibile.
La ricorrente é condannata a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del cd. raddoppio del contributo unificato correlato al ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.500 (oltre Euro 200 per esborsi), piu’ accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1 bis se dovuto.