Ordinanza 41489/2021
Riconoscimento del diritto – Pagamento in acconto di un debito – Presupposti
Il pagamento in acconto di un debito non implica necessariamente, di per sé, rinuncia alla prescrizione, ove maturata, sebbene possa essere interpretato dal giudice di merito, insieme agli altri elementi istruttori, alla stregua di un atto incompatibile con la volontà di avvalersene. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, all’esito di un giudizio di fatto fondato sulla mancata contestazione, da un lato, della sussistenza del rapporto negoziale sotteso alla richiesta di pagamento avanzata da un professionista nei confronti degli eredi del proprio cliente, nonché dell’effettivo svolgimento delle relative prestazioni professionali e, dall’altro, dell’indicazione, riportata sulle fatture conseguentemente emesse, dell’avvenuto loro pagamento, da parte del “de cuius”, quale acconto sulla maggior somma dovuta, ha attribuito a tali pagamenti effetto interruttivo della prescrizione del credito).
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 24-12-2021, n. 41489 (CED Cassazione 2021)
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 18.2.2003 Am. Daniele, Am. An., Am. Ni. e Bo. Ma., tutti eredi di Am. Sa. e Go. An., proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3384/2002, emesso dal Tribunale di Padova, in virtù del quale era stato loro ingiunto il pagamento di € 16.591,13 a favore di Ca. Ga., a fronte dell’attività di professionale prestata da quest’ultimo in favore dei danti causa degli ingiunti.
Nella resistenza del creditore, che invocava la conferma del decreto ingiuntivo opposto, il Tribunale, con sentenza n.1681/2010, rigettava l’opposizione, condannando gli opponenti alle spese del grado.
Costoro interponevano appello e si costituiva in seconde cure, per resistere al gravame, il Ca..
Con la sentenza impugnata, n. 2376/2016, la Corte di Appello di Venezia accoglieva in parte il gravame, ritenendo parzialmente prescritta la pretesa creditoria del Ca., che riduceva sino alla concorrenza di C 10.158,28, compensando parzialmente le spese di lite.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Am. Do., affidandosi ad un solo motivo.
Resiste con controricorso Ca. Ga..
La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2944, 2945, 2956, 2957, 2960, 1219, 2704 e 2697 c.c., nonché l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente riformato solo in parte la sentenza di prime cure, valorizzando come atti interruttivi del decorso della prescrizione presuntiva del credito del professionista una serie di pagamenti eseguiti da Am. Sa., dante causa degli opponenti nel giudizio di merito, che in realtà non avevano alcuna valenza interruttiva della prescrizione, e valorizzando come dichiarazione a contenuto confermativo dell’incarico una dichiarazione firmata dallo stesso in data 19.1.1992, in effetti registrata in epoca successiva e comunque non idonea, in sé, ad assicurare l’interruzione del decorso della prescrizione.
La censura è infondata.
La Corte di Appello afferma che i pagamenti in acconto, in occasione dei quali il dante causa degli opponenti in prime cure -che ebbe a conferire l’incarico professionale al Ca.- aveva firmato le parcelle emesse dal professionista, avevano effetto interruttivo della prescrizione e che la dichiarazione del 19.1.1992, sottoscritta dal medesimo dante causa, confermava l’esistenza del rapporto e del credito dell’ingegnere da esso scaturente. Il motivo proposto dall’odierna ricorrente si risolve nell’invocazione di un nuovo esame del merito, precluso in questa sede, perché estraneo alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
Peraltro, la valutazione del fatto e delle evidenze istruttorie Condotta dalla Corte territoriale si conforma ai principi affermati da questa Corte, secondo cui il pagamento in acconto, se di per sé non implica necessariamente rinuncia alla prescrizione, ove maturata, può tuttavia essere interpretato dal giudice di merito, insieme agli altri elementi istruttori, come atto incompatibile alla volontà di avvalersene (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12624 del 09/06/2011, Rv. 618219; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23746 del 16/11/2007, Rv. 600782). Nel caso di specie, la Corte lagunare ha evidenziato che gli eredi di Annbrosi Sa. non avevaro disconosciuto le sottoscrizioni apposte dal loro dante causa, sia sulle fatture in acconto, sia sulla dichiarazione del 19.1.1993; che, di conseguenza, detti documenti dovevano ritenersi riconosciuti; che tutte le fatture prodotte dal Ca., e firmate dal dante causa dell’odierna ricorrente, recavano l’espressa indicazione che il pagamento costituiva -appunto- un acconto sulla maggior somma dovuta al Ca. dall’Am., e per esso, oggi, dai suoi eredi; che questi ultimi non avevano mai mosso alcuna contestazione, nè in ordine al conferimento dell’incarico, nè in ordine allo svolgimento delle prestazioni da parte del professionista. Sulla base di tale non implausibile ragionamento, il giudice di merito ha attribuito -all’esito di un giudizio di fatto fondato sull’apprezzamento complessivo delle risultanze istruttorie- ai vari pagamenti eseguiti dall’Am. in acconto effetto interruttivo della prescrizione del credito del professionista.
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in C 3.200, di cui C 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, in data 03 novembre 2021.