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Cassazione Civile 4269/2013 – Successione testamentaria – Sublegato – Nozione

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Sentenza 4269/2013

Successione testamentaria – Sublegato – Nozione

Nella successione testamentaria, si configura il sublegato quando onerato è un legatario o un prelegatario e onorato è un terzo o un erede, anche se prelegatario. (Nella specie, il testatore aveva lasciato un fondo a titolo di prelegato a un figlio, con l’obbligo di corrispondere all’altro figlio la metà del valore di detto fondo, sempre a titolo di prelegato; in base all’enunciato principio, la S.C. ha confermato la qualificazione operata dal giudice di merito, nel senso del sublegato e non dell’onere, con conseguente inapplicabilità della risoluzione ex art. 648 cod. civ.).

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 20-2-2013, n. 4269   (CED Cassazione 2013)

Art. 671 cpc (Legati e oneri a carico del legatario) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 5-5-1990 (OMISSIS), premesso che il proprio genitore (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS), con testamento pubblico del 30-4-1974 aveva lasciato il fondo assegnatogli dall’Ente Maremma con atto dell’1-9-1961 poi riscattato con atto del 19-10-1971, al figlio (OMISSIS) a titolo di prelegato con obbligo di corrispondere la metà del valore di detto fondo all’altro figlio (OMISSIS) sempre a titolo di prelegato secondo la stima da effettuarsi con riferimento al momento della morte del testatore, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma (OMISSIS) chiedendone la condanna alla corresponsione in proprio favore della metà del valore di detto immobile oltre rivalutazione ed interessi nonchè della metà del valore dei frutti percepiti e percipiendi.

Con successivo atto di citazione notificato il 22-7-1993 (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale (OMISSIS) chiedendo, previa pronuncia di perenzione e/o di nullità della suddetta disposizione testamentaria per mancato adempimento dell’onere da cui era gravata, oltre che per il fatto che (OMISSIS) era stato indotto al suddetto prelegato sulla base del divieto di frazionamento di cui alla Legge n. 1078 del 1940, artt. 1, 2, 3 e 7, la divisione del fondo in questione nella misura del 50% per ciascuno dei due fratelli.

Riunite la cause e rimaste contumaci le coeredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei cui confronti era stata disposta l’integrazione del contraddittorio, il Tribunale adito con sentenza del 10-4-2001 respingeva la domanda di divisione nonchè le ulteriori domande di risarcimento danni relative ai frutti dell’immobile, assegnava quest’ultimo a (OMISSIS) che condannava al pagamento in favore dell’attore della somma di lire 169.000.000 oltre rivalutazione secondo gli indici ISTAT con decorrenza dal 21-3-1994 ed interessi legali dalla pronuncia al saldo.

Proposto gravame da parte di (OMISSIS) cui resisteva (OMISSIS) che proponeva altresì appello incidentale, nella contumacia delle altre coeredi, la Corte di Appello di Roma con sentenza del 7-7-2006, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, ha condannato (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di euro 19.367,13 con gli interessi legali dalla data di scadenza delle singole rate e con il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT a decorrere dal 5-5-1990 al saldo; ha inoltre condannato (OMISSIS) al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di euro 7500,00 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo a titolo di risarcimento del danno derivante dallo spoglio accertato con ordinanza del giudice istruttore del Tribunale di Roma del 15-4-1996.

Per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS) ha proposto un ricorso articolato in otto motivi cui (OMISSIS) ha resistito con controricorso; (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso incidentale hanno fatto propri tutti i motivi del ricorso principale; (OMISSIS) ha resistito con controricorso al suddetto ricorso incidentale; (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno successivamente, depositato delle memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Sempre in via preliminare deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 372 c.p.c. il documento prodotto nel ricorso incidentale da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Venendo quindi all’esame del ricorso principale (e correlativamente del ricorso incidentale), si osserva che con il primo motivo (OMISSIS), deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 647, 648 e 661 c.c. in rapporto agli artt. 1362 e 1363 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’assegnazione del fondo per cui è causa a (OMISSIS) esprimeva un pur generico intento preferenziale del testatore nei confronti del prelegatario rispetto al fratello (OMISSIS); in realtà era indubbio che il testatore aveva considerato i propri figli (OMISSIS) e (OMISSIS) assolutamente allo stesso modo, atteso che nel testamento stesso era previsto che, nel caso che le figlie coeredi si fossero lamentate e comunque il valore del podere avesse superato la disponibile e la quota di legittima spettanti a (OMISSIS) ed (OMISSIS), la differenza sarebbe spettata agli stessi di diritto, quale compenso dovuto da (OMISSIS) per il lavoro da essi prestato; pertanto dal tenore letterale complessivo della scheda testamentaria si evinceva l’intento del testatore di tutelare l’esponente mediante il ricorso all’istituto dell’onere, richiamato due volte nel testamento; nello stesso senso doveva essere interpretata la previsione di una concessione di ipoteca da parte di (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) a richiesta di quest’ultimo a garanzia della corresponsione in proprio favore di una somma corrispondente alla metà del valore del fondo.

Con il secondo motivo il ricorrente principale, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 647, 648 e 661 c.c. in rapporto agli artt. 1362 e 1363 c.c., assume che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che il prelegato in favore dell’esponente avesse natura di sublegato piuttosto che di onere; invero, premessa la natura di prelegati delle due disposizioni testamentarie previste in favore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), l’una aveva quale oggetto il fondo ed aveva effetti reali, l’altra il valore della metà del fondo stesso ed aveva effetti obbligatori; pertanto il giudice di appello ha confuso la natura giuridica di questo secondo prelegato con la fase esecutiva dello stesso, fase strutturata in termini di onere posto a carico di (OMISSIS).

Con il terzo motivo (OMISSIS), deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 647, 648 e 661 c.c. in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la scelta del testatore di assegnare il fondo ad un figlio e la metà del valore del fondo stesso all’altro figlio non era stata determinata spontaneamente ma a causa del divieto normativo di cui alla Legge n. 1078 del 1940, artt. 1, 2, 3 e 7 di frazionamento del fondo; pertanto, poichè l’adempimento dell’onere costituiva il solo motivo determinante della suddetta disposizione e l’onere era rimasto inadempiuto, la disposizione stessa si era risolta, con conseguente ricostituzione della comunione ereditaria.

Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.

La Corte territoriale, esaminando la scheda testamentaria redatta da (OMISSIS), ha rilevato che quest’ultimo aveva lasciato a titolo di prelegato al figlio (OMISSIS) il fondo assegnatogli dall’Ente Maremma nel 1961 e riscattato nel 1971 con l’obbligo a carico di quest’ultimo di corrispondere la metà del valore di detto fondo all’altro figlio (OMISSIS) secondo la stima da effettuarsi al momento della sua morte, e che anche la disposizione a favore di (OMISSIS) era a titolo di prelegato, e avrebbe dovuto essere effettuata in rate comprensive dell’interesse legale in un termine non superiore a 10 anni; inoltre (OMISSIS), qualora (OMISSIS) lo avesse richiesto, avrebbe dovuto concedere ipoteca sul fondo a favore di quest’ultimo a garanzia dell’adempimento del predetto onere; il giudice di appello ha quindi ritenuto che la specificazione da parte del testatore che anche la disposizione a favore del figlio (OMISSIS) era a titolo di prelegato induceva a configurare nella specie non un onere in senso tecnico, ma un sublegato imposto all’erede prelegatario in favore di altro coerede a sua volta prelegatario.

La sentenza impugnata, poi, ha evidenziato che, a garanzia di (OMISSIS) per il mancato adempimento dell’obbligo di pagamento rateale sopra richiamato, il testatore non aveva previsto la risoluzione della disposizione in favore di (OMISSIS), ma, come già esposto, la sola possibilità di iscrivere ipoteca del fondo; pertanto (OMISSIS) era legittimato esclusivamente ad agire, come in effetti aveva fatto con il primo atto di citazione, per l’adempimento della disposizione adottata in suo favore alla scadenza del termine di dieci anni dalla morte del testatore, in quanto non sussistevano le condizioni per chiedere la risoluzione del prelegato in favore di (OMISSIS), non essendo applicabile nella specie l’art. 648 c.c.; in ogni caso, ha aggiunto la Corte territoriale, non sussisteva alcun elemento che inducesse a ritenere che l’adempimento dell’onere costituisse il solo motivo determinante della disposizione in favore di (OMISSIS), in quanto comunque la stessa esprimeva un pur generico intento preferenziale del testatore nei confronti del prelegatario rispetto al fratello (OMISSIS); pertanto, se la normativa di cui alla Legge n. 1078 del 1940 precludeva all’epoca il frazionamento del fondo, comunque la volontà del testatore era inequivocabilmente quella di attribuire il fondo stesso al figlio (OMISSIS), senza che su tale scelta potesse incidere direttamente l’adempimento dell’obbligo di corresponsione della metà del valore del fondo stesso in favore del fratello (OMISSIS).

Orbene, premesso che, come è noto, l’interpretazione del testamento – cui in linea di principio sono applicabili le regole dettate dal codice civile in tema di contratti con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio “mortis causa” – è finalizzata alla ricerca della volontà del testatore e si risolve in un accertamento di fatto da parte del giudice di merito, come tale sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di ermeneutica e/o per vizi logici e giuridici attinenti alla motivazione, si rileva che nella fattispecie il giudice di appello ha espresso le ragioni del proprio convincimento all’esito di una indagine ermeneutica compiuta con argomentazioni esaurienti e prive di vizi logici; del resto le censure del ricorrente principale, lungi dallo specificare, come pure era suo onere, le pretese violazioni delle regole di interpretazione sopra richiamate e le modalità con le quali il giudice di merito si sarebbe da esse discostato, o denunciare concreti vizi dell’ “iter” argomentativo della sentenza impugnata (vizi invero neppure formalmente denunciati), si esauriscono nel prospettare inammissibilmente una ricostruzione della volontà del testatore diversa ed ad esso piu’ favorevole di quella evidenziata dal giudice di appello, così disattendendo i limiti entro i quali l’accertamento svolto dal giudice di merito può essere censurato in questa sede.

Per ragioni di completezza si rileva comunque che la sentenza impugnata, come già esposto, ha offerto due autonome “rationes decidendi” del proprio convincimento, avendo anzitutto escluso che la disposizione in favore di (OMISSIS) fosse un onere in senso tecnico, configurando invece un sublegato imposto all’erede prelegatario in favore di altro erede a sua volta prelegatario; orbene il ricorrente, nell’aderire alla interpretazione della Corte territoriale in ordine alla sussistenza nel testamento “de quo” di due prelegati, uno in favore di (OMISSIS) e l’altro in favore di (OMISSIS) ed a carico dell’altro prelegatario, e nel contestare poi la natura di sublegato di tale obbligo imposto a (OMISSIS), trascura di considerare che ricorre appunto il sublegato quando onerato di esso è un legatario (o un prelegatario) e onorato è un terzo o un erede (Cass. 30-7-1999 n. 8284), come appunto nella fattispecie.

Il giudice di appello, come si è visto, ha comunque ipotizzato la qualificazione dell’obbligo posto a carico di (OMISSIS) di corrispondere al fratello (OMISSIS) una somma pari alla metà del valore del fondo per cui è causa ai sensi dell’art. 648 c.c. come un onere, ritenendo peraltro che il relativo adempimento non costituisse il solo motivo determinante della disposizione in favore di (OMISSIS); orbene tale convincimento merita piena condivisione, avendo lo stesso testatore stabilito l’obbligo di (OMISSIS), qualora il fratello (OMISSIS) lo avesse richiesto, della concessione di ipoteca su detto immobile a garanzia di tale adempimento; in altri termini il fatto stesso che (OMISSIS) avesse previsto tale misura di garanzia a tutela del diritto di prelegato di (OMISSIS), evidentemente essendosi prospettato l’ipotesi di inadempimento da parte di (OMISSIS) all’obbligo posto a suo carico nei confronti di (OMISSIS), induce logicamente ad escludere che tale adempimento costituisse il solo motivo determinante del prelegato disposto in favore dell’attuale controricorrente.

Con il quarto motivo il ricorrente principale, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, rileva che la Corte territoriale, nel procedere alla stima del fondo per cui è causa, ha totalmente omesso la valutazione della vecchia casa colonica su di essa insistente di circa 515 mq. e di altri manufatti ed impianti analiticamente indicati, tutti beni non stimati dalla CTU espletata nel primo grado di giudizio; inoltre sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, il testatore non aveva fatto alcun esplicito richiamo all’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura ai fini della stima del fondo.

Con il quinto motivo (OMISSIS), deducendo omessa, insufficiente o motivazione, assume che il giudice di appello non ha considerato che la valutazione del fondo in questione non poteva prescindere dai parametri ufficiali pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio, non rispettati dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura; inoltre la stima di quest’ultimo e dell’ERSAL solo apparentemente era riferita all’anno 1980, essendo invece relativa all’anno 1979, posto che i valori riferiti all’anno 1980 erano stati pubblicati nel predetto Bollettino solo il 30-3-1981; neppure era stato tenuto conto del fatto che la presunta lettera di (OMISSIS) all’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura era stata reiteratamente disconosciuta dall’esponente; sarebbe stato quindi opportuno rinnovare la CTU relativa alla stima dei beni lasciati da (OMISSIS).

Il Collegio rileva preliminarmente che nella fattispecie, in presenza di una sentenza impugnata depositata il 7-7-2006, trova applicazione “ratione temporis” l’art. 366 “bis” c.p.c., che prescrive a pena di inammissibilità per ciascun motivo, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione; orbene gli enunciati motivi, con i quali di denuncia un vizio di motivazione, rispondono pienamente a tali requisiti.

Ciò premesso, i suddetti motivi, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondati.

La sentenza impugnata, dopo aver richiamato la disposizione testamentaria secondo la quale (OMISSIS) avrebbe avuto l’obbligo di corrispondere al fratello (OMISSIS) la metà del valore del fondo in questione “secondo la stima da effettuarsi al momento della mia morte”, ha attribuito rilevo decisivo ad una valutazione dell’immobile effettuata dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura che, in risposta ad una lettera ad esso inviata da (OMISSIS) il 5-9-1979, aveva ritenuto congruo un valore di lire 75.000.000; in proposito il giudice di appello ha ritenuto determinante tale parametro di riferimento cui “il testatore aveva fatto esplicito richiamo”.

Tale convincimento non può essere condiviso.

Premesso che la stessa Corte territoriale ha fatto espresso richiamo, in relazione al criterio di determinazione del valore del fondo relitto, alla disposizione testamentaria sopra menzionata, nella quale non sussiste alcun riferimento alle determinazione effettuata da parte dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, la successiva affermazione in ordine all’esplicito richiamo da parte del testatore alla stima elaborata dal suddetto Ente Pubblico non appare confortata da sufficienti e logiche argomentazioni; infatti non risulta che (OMISSIS) abbia voluto, nella sua qualità di testatore, vincolare la stima del fondo per cui è causa a detta valutazione, prescindendo quindi dall’effettiva consistenza patrimoniale dell’immobile suddetto, non risultando una simile evenienza nè dal testamento pubblico del 30-4-1974 nè da successive disposizioni testamentarie in ipotesi integratrici o modificative di quest’ultima, della cui esistenza invero il giudice di appello non fa minimamente cenno.

In tale contesto il richiamo alla lettera inviata il 5-9-1979 dal testatore all’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, sul cui effettivo contenuto la sentenza impugnata non offre alcun elemento di conoscenza, è irrilevante, sia per la ragione decisiva che la stessa Corte territoriale non attribuisce ad essa natura di disposizione testamentaria (presupposto invero indispensabile per incidere al riguardo sul precedente testamento pubblico del 30-4-1974), sia in quanto comunque non risulta che (OMISSIS) abbia successivamente aderito alla stima del fondo effettuata dal predetto Ente in relazione alla sua successione.

In definitiva quindi ai fini della determinazione del valore del fondo in questione occorre fare riferimento alla sua effettiva consistenza patrimoniale all’epoca di apertura della successione di (OMISSIS).

Con il sesto motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e seguenti-1227 e seguenti c.c. in rapporto agli artt. 1362 e 1363 c.c., assume che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che l’obbligo di (OMISSIS) di corrispondere all’esponente una somma corrispondente alla metà del valore del fondo configurasse una obbligazione di valuta e, non di valore; invero anche il debito di valore è un debito pecuniario, nel quale però la quantità di moneta dovuta non è indicata fin dall’origine con un dato numerico, bensì è individuata attraverso il riferimento ad un parametro costituito dal valore pecuniario di altri beni.

Tale motivo resta assorbito all’esito dell’accoglimento del quarto e del quinto motivo di ricorso.

Con il settimo motivo (OMISSIS), deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 292-334 c.p.c. e art. 343 c.p.c., comma 1, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile l’appello incidentale di (OMISSIS) proposto senza la previa notifica di esso a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), già contumaci nel giudizio di primo grado; nè poteva avere alcun rilievo la notifica a queste ultime dell’appello incidentale in data 19-9-2002, in quanto detta notificazione avrebbe dovuto essere eseguita prima della costituzione in giudizio, anche ai fini dell’impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c., anche perchè nella prima udienza era stata svolta attività processuale a norma dell’art. 350 c.p.c. e perchè alla data del 19-9-2002 la sentenza di primo grado, pubblicata il 10-4-2001, era passata in giudicato, essendo decorso il termine annuale per l’appello.

La censura è infondata.

Premesso che, come esposto nella parte narrativa della sentenza impugnata, il giudice di primo grado con ordinanza collegiale del 22-7-1997 aveva disposto l’integrazione del contraddicono nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenendo evidentemente queste ultime litisconsorti necessarie nel presente giudizio, occorre rilevare che nelle cause inscindibili o tra loro dipendenti la tempestiva notificazione dell’impugnazione nei confronti di almeno uno dei litisconsorti ha efficacia conservativa e rende ammissibile l’impugnazione stessa anche nei confronti delle altre parti cui le notificazioni siano state tardivamente eseguite, dovendosi disporre, da parte del giudice, l’integrazione del contraddittorio con l’assegnazione di un termine perentorio per provvedervi ai sensi dell’art. 331 c.p.c. (vedi da ultimo in tal senso Cass. 14-7-2011 n. 15466); pertanto l’appello incidentale di (OMISSIS) era ammissibile.

Con l’ottavo motivo (OMISSIS), deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 703 e seguenti c.p.c., chiede a questa Corte di valutare l’ammissibilità della pronuncia del giudice di appello sullo spoglio pur in mancanza della fase dei merito possessorio.

La censura è infondata.

Il giudice di appello in proposito ha evidenziato che nel giudizio di primo grado il giudice istruttore aveva accolto il ricorso proposto in data 11-10-1995 da (OMISSIS) nel corso del giudizio petitorio, ordinando ad (OMISSIS) di reintegrare il fratello nel possesso della striscia di terreno oggetto dell’azione di spoglio posta in essere nel podere per cui è causa, ed ha quindi accolto parzialmente l’appello incidentale introdotto da (OMISSIS) in relazione alla dedotta omessa pronuncia da parte del Tribunale sulla domanda di condanna di (OMISSIS) al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del suddetto spoglio, determinando tale danno in euro 7.500,00 oltre interessi legali.

Orbene, premesso che il motivo in esame ed il relativo quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. ipotizza soltanto l’inammissibilità di tale pronuncia del giudice di appello in mancanza della fase del merito possessorio, non chiarendo le ragioni della possibile inammissibilità di detta statuizione, si osserva che, esaurita la suddetta fase interinale dinanzi al giudice istruttore senza ulteriori richieste al riguardo nel giudizio di primo grado nè impugnazioni nel giudizio di secondo grado, correttamente la Corte territoriale ha esaminato la domanda di natura risarcitoria proposta da (OMISSIS) conseguente all’ordinanza di reintegrazione, cosicchè deve ritenersi che tale fase possessoria è rimasta assorbita nella richiamata statuizione di merito. In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all’accoglimento del quarto e del quinto motivo di entrambi i ricorsi, e la causa deve quindi essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

P.Q.M.

La Corte:

Riunisce i ricorsi, accoglie il quarto ed il quinto motivo di entrambi i ricorsi, dichiara inammissibile il sesto, rigetta gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2012.