Sentenza 43/2017
Mandato generale conferito dall’imprenditore con poteri di rappresentanza sostanziale e processuale – Sopravvenuto fallimento del mandante – Legittimazione del mandatario all’opposizione al fallimento
Qualora l’imprenditore abbia conferito ad altri l’amministrazione dei suoi beni, in forza di mandato generale con poteri di rappresentanza sostanziale e processuale, il sopravvenuto fallimento del mandante non priva il mandatario della legittimazione all’opposizione avverso la dichiarazione di fallimento, atteso che il relativo potere, in quanto diretto a rivendicare al fallito l’amministrazione e la disponibilità del suo patrimonio, è compreso in detto mandato generale, e non viene meno a causa dello scioglimento del rapporto di mandato, che non è previsto dall’art. 78 l.fall. – anche nel testo attualmente vigente, così come modificato dal d.lgs. n. 5 del 2006 – come effetto della dichiarazione di fallimento, la cui operatività deve ritenersi limitata alle attività che il fallito stesso non può più compiere.
Rappresentanza processuale volontaria – Presupposti
La rappresentanza processuale volontaria può essere conferita esclusivamente a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, come si evince dall’art. 77 c.p.c., il quale menziona, come possibili destinatari dell’investitura processuale, soltanto il «procuratore generale e quello preposto a determinati affari», sul fondamento del principio dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), inteso non solo come obbiettiva presenza o probabilità della lite, ma altresì come “appartenenza” della stessa a chi agisce (nel senso che la relazione della lite con l’agente debba consistere in ciò che l’interesse in lite sia suo): più precisamente, dalla lettura combinata degli artt. 100 e 77 c.p.c. si desume la regola generale per cui il diritto di agire spetta a chi abbia il potere di rappresentare l’interessato nella totalità dei suoi affari (procuratore generale) o in un gruppo omogeneo di questi, paragonabile ad un’azienda commerciale o ad un suo settore (institore). (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la legittimazione del mandatario generale a rappresentare il mandante nel procedimento prefallimentare, avendogli l’imprenditore fallito conferito l’amministrazione dei suoi beni in forza di procura generale, con poteri di rappresentanza sia sostanziale che processuale).
Trasferimento fittizio della sede legale all’estero – Cancellazione della società dal registro delle imprese – Istanza di fallimento
Laddove la cancellazione di una società dal registro delle imprese italiano avvenga non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente o per il verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’esercizio dell’impresa e da cui la legge faccia discendere l’effetto necessario della cancellazione, bensì come conseguenza del trasferimento fittizio all’estero della sede della società, non trova applicazione l’art. 10 l.fall., atteso che un siffatto trasferimento non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita e non ne comporta, quindi, in alcun modo, la cessazione dell’attività imprenditoriale, che continua ad essere svolta nel territorio dello Stato. Inoltre, in applicazione del principio di effettività ed in ragione della fittizietà del trasferimento della sede sociale e della permanenza dell’attività in Italia, il giudice italiano neppure perde la propria giurisdizione ai sensi ex art. 9 l.fall.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 3 gennaio 2017, n. 43 (CED Cassazione 2017)
IL PROCESSO
(OMISSIS) s.r.l. e il suo procuratore ad negotia (OMISSIS) impugnano la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 373/2013, dep. 14.3.2013, che ebbe a statuire l’inammissibilità del loro reclamo interposto avverso la sentenza Trib. Cosenza 26.7.2012 a sua volta dichiarativa del fallimento della società, di fatto sedente in (OMISSIS), nonostante la sede legale in (OMISSIS), strada (OMISSIS), nella Moldavia. Secondo la corte d’appello, constatato che non vi era contestazione sulle condizioni soggettive della fallibilità e nemmeno sull’insolvenza, un accertamento preliminare di fatto conduceva – in adesione alle conclusioni del primo giudice – a ribadire la fittizietà del trasferimento all’estero, ed anzi la permanente prosecuzione in Italia ed alla sede reale della società, nonostante dunque la cancellazione dal registro delle imprese italiano del 4.5.2011. Essa era rimasta operativa mediante un rappresentante di fatto che, investito di una procura ma agendo anche quale legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l., aveva impegnato tale ente, soggetto attivo almeno sino all’atto immobiliare del dicembre 2011, il che rendeva tempestiva la dichiarazione di fallimento emanata il 26.7.2012 altresì ai sensi della L.Fall. articolo 10. Pari regolarità doveva essere infine ascritta anche alla istruttoria L.Fall., ex articolo 15, apparendo ingiustificato il rifiuto a ricevere l’atto di convocazione del predetto amministratore di fatto (OMISSIS), certamente avente un rapporto con il debitore, tenuto conto della apparente irreperibilità della società e del suo amministratore di diritto presso la sede legale in Moldavia, nonchè delle esigenze di urgenza della procedura.
Il ricorso è affidato a quattro motivi. Ad esso resistono il fallimento, i creditori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (in persona dell’institore (OMISSIS)), che hanno altresì depositato memoria, nonchè la creditrice (OMISSIS) s.r.l. con controricorso.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 1722 c.c., nonchè articoli 8 e 10 c.p.c., articolo 1811, avendo erroneamente la corte escluso la legittimazione del (OMISSIS) per conto della società (OMISSIS) s.r.l., mentre invece proprio sulla base di tale qualità il giudice delegato al relativo fallimento aveva autorizzato lo stesso richiedente (OMISSIS) ad estrarre copia integrale del fascicolo del procedimento L.Fall., ex articolo 15, al fine di interporre reclamo.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli articoli 2082 e 2208 c.c., oltre che il vizio di motivazione, ove la sentenza ha qualificato come amministratore di fatto il (OMISSIS), invece procuratore della società, abilitato al compimento di atti materiali e non solo giuridici.
Con il terzo motivo, si deduce nullità della sentenza per violazione della L.Fall., articolo 10, non potendo più essere considerati atti d’impresa quelli svolti dalla società cancellata, nè per essa risultando ammessa la prova contraria dell’eventuale fittizietà dell’adempimento sul presupposto che l’attività sia continuata.
Con il quarto motivo, si deduce nullità della sentenza per violazione della L.Fall., articolo 15, avendo erroneamente la corte ritenuto integro il contraddittorio nella precedente istruttoria benchè diretta alla convocazione del (OMISSIS), procuratore ma non legale rappresentante della società.
- Il primo motivo è inammissibile, censurando i ricorrenti – e con riguardo alla posizione del solo (OMISSIS) – un supposto difetto di legittimazione al reclamo che invece la corte d’appello non ha sancito, anzi riconoscendo a tale soggetto, e in forza dell’ampia procura negoziale e processuale e sulla base della spendita in concreto del nome della società, la qualità di amministratore di fatto di (OMISSIS) s.r.l., al punto da ritenere persino integro il contraddittorio con il medesimo nel corso del procedimento per la dichiarazione di fallimento societario (su cui vedi infra, quanto al quarto motivo). Va piuttosto ribadito il principio, consolidato ante riforma 2006 – 2007 ed estensibile anche al regime attuale, per cui “Qualora l’imprenditore abbia conferito ad altri l’amministrazione dei suoi beni, in forza di mandato generale con poteri di rappresentanza sostanziale e processuale, il sopravvenuto fallimento del mandante non priva il mandatario di legittimazione alla opposizione avverso la dichiarazione di fallimento, atteso che il relativo potere, in quanto diretto a rivendicare al fallito la amministrazione e la disponibilità del suo patrimonio, è compreso in detto mandato generale, e non viene meno a causa dello scioglimento del rapporto di mandato, previsto dallaL.Fall. articolo 78, come effetto della dichiarazione di fallimento, la cui operatività deve ritenersi limitata alle attività che il fallito stesso non può più compiere” (Cass. 3435/1978, 20836/2010).
- Il secondo motivo reca una contestazione del tutto opposta alla precedente, in quanto si censura l’attribuita veste di amministratore di fatto assunta dal (OMISSIS) che così rivendica la propria attività meramente procuratoria, ma senza poteri institori o di diretta gestione imprenditoriale. Al di là della confusa inerenza del motivo al decisum e della contraddizione che la sedicente qualità di limitato procuratore per “pochi atti analiticamente enunciati” nella pronuncia introdurrebbe sul piano della stessa legittimazione alla presente impugnazione per conto della società, osserva il Collegio che comunque la doglianza sembra riferirsi ad un apprezzamento di fatto, nemmeno contrastato in modo specifico. Con esso il giudice di merito, con analitica descrizione delle circostanze giustificative della conclusione cui è pervenuto, ha collegato l’ampiezza della procura rilasciata al (OMISSIS), nonchè gli atti da questi compiuti per conto della società, spendendo il suo nome ed anche dopo il formale trasferimento di sede all’estero, inferendone la sussistenza di un rapporto organico di fatto. Tale tema non risulta dunque riesaminabile alla stregua del vizio di motivazione, nel quale il motivo si è sostanzialmente risolto, ostandovi il principio per cui “La riformulazione dell’articolo360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. s.u. 8053/2014).
- Il terzo motivo è infondato. Neppure in realtà affrontando la ratio decidendi con cui la sentenza App. Catanzaro ha superato ogni portata preclusiva alla dichiarazione di fallimento di impresa continuata nella sua attività nonostante il trasferimento di sede sociale all’estero, il ricorso erra ove non riconosce che “Laddove la cancellazione di una società dal registro delle imprese italiano sia avvenuta non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente, o per il verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’esercizio dell’impresa e da cui la legge faccia discendere l’etto necessario della cancellazione, bensì come conseguenza del trasferimento all’estero… della sede della società, e quindi sull’assunto che questa continui, invece, a svolgere attività imprenditoriale, benchè in altro Stato, non trova applicazione la L.Fall., articolo10, atteso che un siffatto trasferimento, almeno nelle ipotesi in cui la legge applicabile nella nuova sede concordi sul punto con i principi desumibili dalla legge italiana, non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita e non ne comporta, quindi, in alcun modo, la cessazione dell’attività, come peraltro agevolmente desumibile dal disposto dell’articolo2437 c.c., comma 1, lettera c) e articolo2473 c.c., comma 1” (Cass. s.u. 5945/2013). Nella specie, con accertamento non oggetto di alcuna censura, il giudice di merito ha escluso la realità del trasferimento in Moldavia già sul piano degli adempimenti formali, non rinvenuti, anzi dando conto di molteplici circostanze indizianti di permanenza operazionale in Italia. Tale conclusione consente di ritenere correttamente applicato nella specie il criterio per cui la predetta cancellazione, riscontrata quale mera conseguenza amministrativa dell’asserito dichiarato trasferimento all’estero poi emerso come fittizio, neppure comporta il venire meno della giurisdizione del giudice italiano. Ne consegue che essa a maggior ragione non determina, come effetto di quella cancellazione, il decorso del termine di cui all’articolo 10 1.f., che dunque non trova applicazione sebbene non sia preventivamente intervenuto, alla stregua dell’articolo 2191 c.c., un provvedimento di segno opposto alla predetta cancellazione, “atteso che per poter fornire la prova contraria alle risultanze della pubblicità legale riguardanti la sede dell’impresa non occorre precedentemente ottenere dal giudice del registro una pronuncia che ripristini, anche sotto il profilo formale, la corrispondenza tra la realtà effettiva e quella risultante dal registro”. (Cass. s.u. 9414/2013). In questo senso la motivazione della sentenza impugnata va corretta, poichè diviene irrilevante stabilire, come ivi tematizzato, da quale data reale sia cessata in fatto l’attività di società solo fittiziamente trasferita in altro ordinamento, così da controllare che il suo fallimento intervenga non oltre l’anno L.Fall., ex articolo 10, posto che detta fittizietà e la permanenza dell’attività in Italia non fanno perdere la giurisdizione alla relativa declaratoria da parte del giudice italiano L.Fall., ex articolo 9, sulla base del principio di effettività e non implicano alcuna equivalenza normativa tra cancellazione e inesistente cessazione di attività.
- Il quarto motivo è inammissibile. Con esso il (OMISSIS), prospettando di essere stato solo procuratore della società e in tale veste convocato nell’istruttoria prefallimentare, fa valere un vizio della sentenza di fallimento per il quale non avrebbe interesse ad agire in proprio, trattandosi di limite dell’interesse di difesa semmai riferibile alla sola società. Ma d’altro canto, è la stessa sentenza di reclamo che qualifica tale soggetto come amministratore di fatto: sia perchè (ed al contempo) titolare di una ampia procura che lo legittimava a rappresentare la società “in sede giudiziale, tanto quale attrice che quale convenuta, nominare avvocati, procuratori e ausiliari, effettuare chiedere atti di procedura o provvedimenti conservativi ed esecutivi, transigere e compromettere; nominare arbitri” (ben operando nei suoi confronti allora anche la notifica, exCass. 22754/2012); sia in quanto gestore per operazioni significative sul piano negoziale e processuale anche dopo il fittizio trasferimento in Moldavia. Ancora (OMISSIS) risulta poi aver rifiutato la notifica della istanza di fallimento diretta alla società, dopo gli inutili tentativi di notifica presso la sede moldava, ma successivamente interposto le impugnazioni, anche a nome della società, avverso detta sentenza. Ne consegue, alla luce dell’insindacabile accertamento di fatto condotto dai giudici di merito, la correttezza della affermazione di una idonea legittimazione del (OMISSIS) altresì quale convocato per la istruttoria L.Fall., ex articolo15, per conto della (OMISSIS) s.r.l. non essendo stato smentito o anche solo allegato che la descritta procura generale di cui era stato munito – con atto a ministero notaio e nella stessa data, il 30 marzo 2011, in cui la società deliberava la nomina di nuovo amministratore di un cittadino moldavo non attinto poi negli esperimenti di notifica, perchè sconosciuto – non contemplasse anche la partecipazione al procedimento per la dichiarazione di fallimento, almeno quale procuratore generale ai sensi dell’articolo 77 c.p.c., ricorrendo plurime ipotesi di cui alla norma: vi era conferimento espresso di potere, comunque applicabile ad un procedimento di natura cautelare ed urgente (comma 1) e con presunzione di conferimento perchè proveniente da società formalmente, all’epoca della notifica delle istanze al procuratore, con sede condotta all’estero (comma 2). In ogni caso, va ribadito che “La rappresentanza processuale volontaria può essere conferita soltanto a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, come si evince dall’articolo 77 c.p.c., il quale menziona, come possibili destinatari dell’investitura processuale, soltanto il “P.G. e quello preposto a determinati affari”, sul fondamento del principio dell’interesse ad agire (articolo 100 c.p.c.), inteso non soltanto come obbiettiva presenza o probabilità della lite, ma altresì come “appartenenza” della stessa a chi agisce (nel senso che la relazione della lite con l’agente debba consistere in ciò che l’interesse in lite sia suo): più precisamente, dalla lettura combinata degli articoli 100 e 77 c.p.c., si desume la regola generale per cui il diritto di agire spetta a chi abbia il potere di rappresentare l’interessato nella totalità dei suoi affari (procuratore generale) o in un gruppo omogeneo di questi, paragonabile ad un’azienda commerciale o ad un suo settore (institore). “(Cass. 13054/2006).
Il ricorso va dunque rigettato, con condanna alle spese del procedimento a carico dei ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 8.200 (di cui 200 Euro per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi ed agli accessori di legge, in favore di ciascuna delle tre parti controricorrenti, considerata quale unica parte la posizione processuale di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (in persona dell’institore (OMISSIS)).