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Cassazione Civile 4367/2018 – Ricorso per cassazione – Motivazione contraddittoria – Custodia di un manufatto ed esclusione della responsabilità ex art. 2051 cc del custode proprietario

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Ordinanza 4367/2018

Ricorso per cassazione – Motivazione contraddittoria – Custodia di un manufatto ed esclusione della responsabilità ex art. 2051 cc del custode proprietario

In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., ad opera dell’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), integra motivazione insanabilmente contraddittoria, ovvero apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice, quella che affermi la sussistenza di un presupposto per l’applicazione di una norma negandone immotivatamente la conseguente applicazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata con la quale, ritenuta la sussistenza della custodia di un manufatto, era stata peraltro esclusa la responsabilità ex art. 2051 c.c. del custode proprietario, adducendo la presenza di altre cause ma senza indagare sul loro ruolo esclusivo).

Cassazione Civile, Sezione 6-3 civile, Ordinanza 22-2-2018, n. 4367   (CED Cassazione 2018)

Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia) – Giurisprudenza

Art. 360 cpc (Ricorso per cassazione) – Giurisprudenza

 

 

RILEVATO CHE:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono, affidandosi a tre motivi e con atto notificato il 27/01/2017, per la cassazione della sentenza della corte di appello di Perugia n. 324 del 01/07/2016, di accoglimento dell’appello del Comune di Montecchio contro la sentenza del tribunale di quella città, di condanna dell’ente pubblico al solo risarcimento dei danni causati ai fondi di essi odierni ricorrenti dall’allagamento provocato dalla tracimazione delle acque piovane per inesistente e/o inadeguata regimazione di quelle sulla strada comunale del Cimitero (Moricognolo);

resiste con controricorso l’intimato Comune;

è formulata proposta di definizione – per manifesta fondatezza del secondo motivo – in camera di consiglio ai sensi del primo comma dell’art. 380 – bis c.p.c., come modificato dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lettera e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO CHE:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

assume priorità logica il secondo motivo, con cui i ricorrenti denunciano “nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, e art. 118 disp. att. c.p.c., 1 comma, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4: incomprensibilità della motivazione”: ed esso è fondato;

depurato il secondo periodo argomentativo sulla fondatezza del gravame (l’ultimo alla quinta, non numerata, facciata della gravata sentenza) dai possibili refusi (riferendosi la corte d’appello al Comune che avrebbe accolto la domanda risarcitoria, sulla base di presupposti – o, forse rectius, di una causa petendi – diversi da quelli azionati dagli attori in primo grado, per aver questi invocato la violazione dell’art. 54, comma 4 TUEL), parrebbe che il giudice del gravame abbia ricostruito la ratio decidendi del primo giudice come riferita all’art. 913 c.c., per difettose realizzazione e manutenzione della strada comunale, tali da aggravare il carico idraulico dei terreni limitrofi, tra cui quello degli attori in primo grado;

il successivo snodo argomentativo pare trarsi al terzo periodo depurato da un inciso fra trattini di non perspicuo senso – della facciata successiva (la sesta, non numerata), allorchè la corte territoriale sostiene che “il CTU… non ha affatto imputato un aggravio dello scolo delle acque meteoriche non solo alla realizzazione della strada comunale del Moricognolo… ma neanche alla mancata manutenzione di detta strada”; per rimarcare come il medesimo c.t.u., “in coerenza col quesito ricevuto” abbia “semplicemente” rilevato un’omessa manutenzione di un “chiavicotto” presente sulla strada in corrispondenza proprio dell’asse centrale dell’impluvio, siccome completamente ostruito da terra e detrito lapideo sia in entrata che in uscita;

la valutazione sull’insussistenza di un’efficacia causale delle condizioni del chiavicotto, siccome destinato non a proteggere dalle acque meteoriche i campi a valle della strada, ma solo la carreggiata stradale, parrebbe infine incentrata sulla modesta portata di quel manufatto e sulla attribuzione degli eventi dannosi alla mancata regimazione delle acque da parte dei proprietari dei terreni a valle della strada ed a monte di quelli degli attori;

una tale motivazione è obiettivamente affetta da quei vizi che sono rimasti i soli di cui ci si possa dolere in Cassazione dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, secondo i principi dettati da Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014 e, precisamente, ravvisandosi in essa una “motivazione apparente”, comunque inficiata da un “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, tanto da presentarsi come “perplessa ed obiettivamente incomprensibile”: in disparte invero il pure faticoso procedere dell’argomentazione, essa è chiaramente, intrinsecamente ed insanabilmente contraddittoria nell’esclusione della responsabilità del Comune nonostante il positivo riscontro dell’inidoneità del “chiavicotto” a proteggere il deflusso verso i fondi vicini, tanto rendendo conclamato che l’incapacità di quello a trattenere o regimentare le acque piovane fosse almeno una concausa, se non altro remota, pure dell’allagamento dei fondi intermedi e soprastanti quello degli attori di primo grado; e tralasciando che, ai fini dell’art. 2051 c.c., la responsabilità è accollata al custode a prescindere dalle condizioni della cosa custodita, salvo il caso fortuito, da provarsi da questi;

e sempre che non si voglia rilevare la mera apparenza della motivazione (su cui, tra le ultime negli espressi termini di cui appresso, Cass. Sez. U. 17/01/2017, n. 952), che ricorre allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale), non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (in tal senso, talora variamente accentuandone i diversi elementi, tra molte: Cass. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009; n. 4488 del 2014; sezioni unite n. 8053 e n. 19881 del 2014): apparenza della motivazione che comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione, in quanto integra un error in procedendo del giudice di merito; e che pure potrebbe riscontrarsi appunto nella carenza di esplicitazione degli elementi alla cui stregua ricavare la logicità e congruenza del ragionamento inferenziale del giudice, che dapprima rileva l’inidoneità del manufatto e poi ne esclude apoditticamente le conseguenze giuridiche, che deriverebbero peraltro esclusivamente dalla custodia di quello in sè considerata, ai sensi dell’art. 2051 c.c., senza farsi carico delle ingenti problematiche connesse alla sufficienza di un ruolo anche solo concausale ed alla necessità di verificare se le eventuali ulteriori cause possano assurgere al rango di caso fortuito rilevante ai fini di quella norma;

va pertanto applicato il seguente principio di diritto: integra motivazione insanabilmente contraddittoria, ovvero apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice, quella che, affermata la sussistenza di un presupposto per l’applicazione di una norma (nella specie, la custodia di un bene, per di più, benchè tanto non rilevi ai fini dell’art. 2051 c.c., riconosciuto inidoneo ad assolvere adeguatamente le sue funzioni), ne neghi immotivatamente la conseguente applicazione (nella specie, escludendo la responsabilità del custode proprietario del manufatto ed adducendo la presenza di altre cause, senza indagare sul loro ruolo esclusivo);

va così in tali termini accolto il secondo motivo e gli altri (e cioè il primo, di “nullità della sentenza ex artt. 112 e 161 c.p.c., e/o art. 132 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per mancanza e/o insufficienza del dispositivo”, nonchè il terzo, di “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (CTU e prove testimoniali) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”) restano assorbiti;

consegue la cassazione della gravata sentenza, con rinvio alla stessa Corte territoriale, ma in diversa composizione, cui resta affidato anche il compito di regolare le spese di lite in base alla considerazione dell’esito finale della lite; mentre, essendo stato almeno in parte accolto il ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito;

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza gravata e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 23/01/2018.