Ordinanza 4796/2016
Clausola risolutiva espressa – Riferimento alle gravi e reiterate violazioni a tutti gli obblighi contrattuali
La clausola risolutiva espressa presuppone che le parti abbiano previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, sicché la clausola che attribuisca ad uno dei contraenti la facoltà di dichiarare risolto il contratto per “gravi e reiterate violazioni” dell’altro contraente “a tutti gli obblighi” da esso discendenti va ritenuta nulla per indeterminatezza dell’oggetto, in quanto detta locuzione nulla aggiunge in termini di determinazione delle obbligazioni il cui inadempimento può dar luogo alla risoluzione del contratto e rimette in via esclusiva ad una delle parti la valutazione dell’importanza dell’inadempimento dell’altra.
Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 11 marzo 2016, n. 4796 (CED Cassazione 2016)
Art. 1456 cc commentato con la giurisprudenza
FATTO E DIRITTO
È stata depositata la seguente relazione:
1) La Corte d’appello di Trieste ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) contro la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta respinto la domanda della società volta ad ottenere l’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per la risoluzione unilaterale del contratto d’appalto per l’affissione di manifesti da essa stipulato col Comune di Udine, attesa l’indeterminatezza, della clausola risolutiva espressa apposta al contratto, della quale l’ente territoriale si era avvalso.
La corte territoriale ha escluso che la clausola potesse considerarsi di mero stile, rilevando che essa contemplava la possibilità di risolvere il contratto non già per qualsiasi violazione degli obblighi contrattuali, ma solo per le violazioni gravi e reiterate.
La sentenza, pubblicata il 17.12.2013, è stata impugnata da (OMISSIS) con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui il Comune di Udine ha resistito con controricorso.
2) Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione dell’articolo 1456 codice civile e delle regole di ermeneutica contrattuale, assume che la clausola in contestazione, alla cui stregua il Comune si sarebbe potuto sciogliere dal contratto “in caso di gravi e reiterate violazioni degli obblighi contrattuali”, è una clausola di stile, giuridicamente inesistente e/o inefficace.
Il motivo appare manifestamente fondato.
Preliminarmente, dovrebbe essere respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dal Comune di Udine sul rilievo della mancata produzione dei documenti sui quali l’atto si fonda: l’eccezione va infatti valutata in relazione ad ogni singolo mezzo di censura e non v’è dubbio che la fondatezza del mezzo in esame – che pone una questione di mero diritto, concernente l’indeterminatezza di una clausola contrattuale di cui è certa la formulazione – possa essere valutata prescindendo dall’integrale contenuto del contratto.
Ciò premesso, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per la configurabilità della clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, costituendo al contrario clausola di mero stile, estranea alla norma di cui all’articolo 1456 codice civile, quella redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contrattuali (cfr. Cass. 1950/2009, 1105932).
Nel caso di specie la clausola di cui il Comune si è avvalso non faceva riferimento a specifici inadempimenti contrattuali, ma richiedeva unicamente che le violazioni agli obblighi (indistintamente) discendenti dal contratto fossero “gravi e reiterate”: locuzione, quest’ultima, anch’essa palesemente indeterminata (ed implicante una valutazione rimessa in via esclusiva al Comune appaltante) e che, comunque, nulla aggiunge in termini di determinazione delle obbligazioni il cui inadempimento avrebbe potuto dar luogo alla risoluzione.
Si dovrebbe pertanto concludere per l’accoglimento del primo motivo e per la cassazione della sentenza impugnata, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio, ai sensi degli articoli 375 e 380 bis codice procedura civile.
Resterebbero assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso, che attengono a questioni di merito (prova della sussistenza, in concreto, degli inadempimenti contestati, della loro gravità e reiterazione; ammissibilità della prova contraria) non più rilevanti per il giudizio e che peraltro, pur nell’ipotesi (che non consta) in cui il Comune di Udine avesse domandato, in via riconvenzionale e subordinata, la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1453 codice civile dovranno essere riesaminate dal giudice del rinvio tenendo conto del diverso riparto dell’onere della prova.
Il Comune di Udine ha depositato memoria.
Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne condivide le conclusioni, non utilmente contraddette dal Comune nella memoria depositata.
La controversia è stata decisa dalla corte territoriale in base al dirimente rilievo della piena validità della clausola risolutiva espressa di cui il ricorrente si è avvalso per sciogliersi dal contratto e la cui formulazione è pacifica fra le parti: deve pertanto escludersi l’inammissibilità, per omessa produzione del contratto, del primo motivo di ricorso, che, imputando alla corte territoriale di aver fatto errata applicazione dell’articolo 1456 codice civile, pone una questione di puro diritto, la cui soluzione non richiede l’esame di specifici atti o documenti di causa.
Va d’altro canto ribadita la nullità, per indeterminatezza dell’oggetto, di una clausola risolutiva espressa che attribuisca ad uno dei contraenti la facoltà di dichiarare risolto il contratto per “gravi e reiterate violazioni” dell’altro contraente “a tutti gli obblighi” da esso discendenti: la locuzione “gravi e reiterate”, infatti, non solo nulla aggiunge ai fini della determinazione delle specifiche obbligazioni il cui inadempimento può dar luogo alla risoluzione, ma rimette in via esclusiva ad una delle parti la valutazione dell’importanza dell’inadempimento dell’altra parte.
All’accoglimento del primo motivo del ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, per l’esame delle domande svolte in via riconvenzionale dal Comune di Udine.
La corte del merito regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso, attinenti a questioni che andranno riproposte dinanzi al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.