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Cassazione Civile 4951/2023 – Cessazione della materia del contendere – Pregiudizialità rispetto alla questione di giurisdizione

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Ordinanza 4951/2023

Cessazione della materia del contenderePregiudizialità rispetto alla questione di giurisdizione

La declaratoria di cessazione della materia del contendere, integrando una causa di estinzione preclusiva di ogni possibilità di ulteriore corso del processo, riveste carattere pregiudiziale rispetto alla questione di giurisdizione, la quale è invece necessariamente strumentale alla statuizione di merito sulla domanda, in quanto volta all’individuazione del giudice munito del potere-dovere di decidere il merito della controversia.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 16-2-2023, n. 4951   (CED Cassazione 2023)

 

 

FATTI DI CAUSA

Nel 2013, sul presupposto di essere stato danneggiato in seguito
ad un incidente stradale, (OMISSIS) convenne la persona fisica
ritenuta responsabile e una società assicurativa dinanzi al Tribunale di
Crotone, domandandone la condanna al risarcimento.

Alla prima udienza chiese di essere autorizzato a chiamare in
giudizio un’altra società assicurativa, in ragione del presunto difetto di
legittimazione passiva di quella già convenuta.

La chiamata di terzo non fu, però, autorizzata, cosicché il processo
proseguì tra le parti originarie.

Nel 2014, fu notificata a (OMISSIS) l’intimazione di pagamento
del contributo unificato relativo alla chiamata in causa di terzo
unitamente alla sanzione irrogatagli per l’inadempimento.

Egli, ritenendo non dovuto il pagamento stante la mancata
autorizzazione alla chiamata medesima, propose ricorso dinanzi alla
Commissione Tributaria Provinciale di Crotone avverso l’intimazione di
pagamento e il provvedimento sanzionatorio.

Nonostante tale ricorso, il titolare del credito (Tribunale di Crotone
– Ufficio campioni) incaricò della riscossione Equitalia Nord s.p.a., che
notificò al (OMISSIS) una cartella di pagamento.

Egli propose pertanto un ulteriore ricorso, sempre dinanzi alla
Commissione Tributaria Provinciale di Crotone, per l’annullamento della
cartella.

Malgrado la proposizione di questo secondo ricorso, l’agente
riscossore gli notificò il preavviso di fermo amministrativo del veicolo.
(OMISSIS) oppose quest’ultimo provvedimento davanti al
Giudice di pace di Milano.

Con sentenza 20 marzo 2017, n. 3949, il Giudice di pace, in
accoglimento dell’opposizione, annullò il preavviso di fermo e condannò
Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. – che, costituitasi, aveva eccepito
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quella del
giudice tributario – alle spese del giudizio.

Il primo giudice rilevò che il (OMISSIS) non era stato autorizzato alla
chiamata di terzo sicché non sussisteva l’obbligo, da parte sua, di
pagare il contributo unificato.

In qualità di successore di Equitalia s.p.a., Agenzia delle Entrate –
Riscossione appellò la sentenza del Giudice di pace dinanzi al Tribunale
di Milano, deducendo, tra l’altro, l’omessa pronuncia del primo giudice
sull’eccezione di giurisdizione.

(OMISSIS), costituitosi in giudizio, resisté all’appello,
invocandone la declaratoria di inammissibilità e, nel merito, il rigetto.

All’udienza di precisazione delle conclusioni fece presente che era
sopravvenuta una causa di cessazione della materia del contendere per
essere passata in giudicato la sentenza della Commissione Tributaria
con cui era stata dichiarata la nullità dell’intimazione di pagamento e
della successiva cartella ed era stata accertata la non debenza del
contributo unificato nonché, quindi, l’inesistenza dell’obbligazione
tributaria su cui era fondato il preavviso di fermo; chiese, dunque,
provvedersi in conformità, con condanna dell’Agenzia delle Entrate –
Riscossione alle spese del grado.

Con sentenza 11 febbraio 2020, n. 1266, il Tribunale di Milano ha
ritenuto “preliminare” il vaglio del motivo di appello relativo all’omessa
pronuncia del giudice di primo grado sull’eccezione di difetto di
giurisdizione.

Ritenuto fondato questo motivo, ha dunque pronunciato su tale
eccezione e l’ha accolta, dichiarando il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario in favore del giudice tributario e condannando il (OMISSIS)
alle spese del giudizio.

Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due
motivi.

Agenzia delle Entrate – Riscossione ha depositato memoria di
costituzione al solo fine della partecipazione all’eventuale udienza di
discussione della causa, ai sensi dell’art.370, primo comma, cod. proc.
civ.

La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai
sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo (violazione e/o falsa applicazione delle
norme di diritto e dell’orientamento giurisprudenziale in tema di
cessazione della materia del contendere, nonché omissione di fatto
decisivo) (OMISSIS) censura la sentenza di appello per avere
omesso di dichiarare cessata la materia del contendere; deduce che
tale statuizione sarebbe stata pregiudiziale rispetto a quella sulla
giurisdizione; richiama i principi fissati, al riguardo, dalle Sezioni Unite
di questa Corte con la sentenza 11 dicembre 2003, n. 18956.

1.2. con il secondo motivo (violazione e/o falsa applicazione degli
artt.91, 92 e 132 cod. proc. civ. e del d.m. n.55 del 2014) il ricorrente
reputa eccessiva la liquidazione delle spese effettuata dal Tribunale a
suo carico; deduce, che avuto riguardo ai valori medi di cui alle tabelle
allegate all’art.4 del d.m. n. 55 del 2014 e tenuto conto del valore della
causa, il giudice di appello avrebbe dovuto liquidare la somma di Euro
1.620,00 e non la maggior somma di Euro 4.850,00, da ritenersi
sproporzionata rispetto al predetto valore.

2. È fondato il primo motivo e dal suo accoglimento resta assorbito
il secondo.

Va premesso che la pronuncia di “cessazione della materia del
contendere”, specificamente prevista da norme relative a diversi riti
speciali, costituisce, invece, in seno al rito contenzioso ordinario, una
fattispecie di estinzione del processo creata dalla prassi
giurisprudenziale, contenuta in una decisione dichiarativa
dell’impossibilità di procedere alla definizione del giudizio nel merito
per il venir meno dell’interesse delle parti alla naturale conclusione
dello stesso, tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria
di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale.

L’emissione di una pronuncia di cessazione della materia del
contendere, pertanto, implica, per un verso, la caducazione di tutte le
statuizioni emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in
cosa giudicata, per l’altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare
efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi
tale efficacia di giudicato al solo aspetto del venir meno dell’interesse
alla prosecuzione del giudizio (Cass., Sez. Un., 28/09/2000, n. 1048;
Cass. 04/07/2009, n.12887; Cass.19/02/2020, n. 4167).

Discende da tale principio che la denuncia, mediante ricorso per
cassazione, dell’omessa rilevazione di simile causa di estinzione del
giudizio, in presenza delle richieste condizioni, è da qualificare come
denuncia di error in procedendo (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.), che
legittima la Corte di cassazione a verificarne la sussistenza mediante il
diretto esame degli atti ed a trarre le conseguenze proprie di siffatto
evento estintivo, il quale, per la sua peculiare efficacia, dirimente delle
decisioni rese e preclusiva di ogni possibilità dell’ulteriore corso del
processo, risulta di impedimento anche alla pronuncia di statuizioni
sulla giurisdizione (Cass., Sez. Un., 11/12/2003, n. 18956).

Benvero, infatti, la soluzione di questioni di giurisdizione, mirando
all’individuazione del giudice munito del potere-dovere di decidere sulla
domanda, è necessariamente prodromica e strumentale rispetto a tale
decisione, sicché, non potendo avere valenza astratta e teorica, resta
inconferente a fronte dell’esaurimento del dibattito, determinato dal
venir meno della pretesa, in ordine alla quale soltanto era necessario
verificare la giurisdizione del giudice adìto.

Ciò spiega, tra l’altro, le ragioni del condivisibile orientamento –
ribadito da questa Corte nel suo massimo consesso – secondo il quale,
intervenuta la declaratoria giudiziale di cessazione della materia del
contendere, è inammissibile l’impugnazione di tale pronuncia per
difetto di giurisdizione, ove la parte non contesti l’esistenza
dell’intervenuta soddisfazione della pretesa (Cass., Sez., Un.,
06/07/2004, n. 12365; Cass. 23/03/2007, n. 7104).

In tal senso, la questione di cessazione della materia del
contendere assume rilievo “pregiudiziale” rispetto a quella di
giurisdizione, senza, pertanto, che possa ritenersi carente il momento
di collegamento della controversia con la competenza delle Sezioni
Unite, giusta l’orientamento da queste ultime già ripetutamente
espresso, secondo cui l’espressione “motivi attinenti alla giurisdizione”
di cui all’art. 360 n. 1 cod. proc. civ. – richiamata dall’art. 374 cod.
proc. civ. nel delineare uno degli ambiti di tale competenza –
comprende l’ipotesi in cui il problema del riparto di giurisdizione tra
giudice ordinario e giudice speciale sorga in relazione alla soluzione di
questioni di diversa natura (Cass., Sez. Un., 11/12/2003, n. 18956,
cit.).

Peraltro, il ricorso in esame concerne fattispecie sulla quale le
Sezioni Unite si sono già pronunciate per modo che, ai sensi
dell’art.374, primo comma, cod. proc. civ., questa Corte può
pronunciare a sezione semplice.

3. Orbene, nella fattispecie non è controverso (cfr. le allegazioni di
cui alle pagg. 3 ss. del ricorso) – e comunque emerge dagli atti di
causa, dandosene atto anche nella sentenza di merito impugnata – che
la Commissione Tributaria provinciale di Crotone aveva dichiarato la
nullità sia dell’intimazione di pagamento che della cartella di
pagamento notificate a (OMISSIS).

Stante tale circostanza, poiché era stata accertata dal giudice
competente l’insussistenza dell’obbligazione tributaria che aveva
costituito il presupposto del preavviso di fermo opposto, non era
configurabile alcun interesse all’accertamento giudiziale in ordine al
rapporto dedotto in giudizio ed era, pertanto, da ritenere venuta meno
la controversia intorno ad esso, con conseguente esclusione di qualsiasi
altra statuizione che non fosse quella di declaratoria della cessazione
della materia del contendere.

Di qui la necessità di accoglimento del ricorso, con correlativa
cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, perché il processo
non poteva essere proseguito per sopravvenuta mancanza
dell’interesse ad agire determinato dalla suddetta cessazione (art.382,
comma terzo, cod. proc. civ.).

4. Resta assorbito il secondo motivo.

5. La Corte, dovendo provvedere, ai sensi dell’art. 385, secondo
comma, cod. proc. civ., al regolamento delle spese dell’intero processo,
reputa sussistenti giusti motivi per disporne l’integrale compensazione.
Infatti, a fronte della favorevole pronuncia della Commissione
Tributaria ottenuta dal ricorrente nelle more del giudizio di merito,
resta il fatto che quest’ultimo era stato introdotto davanti a giudice da
ritenere privo di giurisdizione, avuto riguardo alla natura tributaria del
credito portato in esecuzione.

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il
secondo. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa fra le
parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, il 19 dicembre 2022.