Ordinanza 5147/2019
Domanda di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali – Legittimazione passiva del nudo proprietario
In tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione realizzata dall’usufruttuario dell’immobile deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, potendo il titolare del diritto reale di godimento, al più, intervenire in giudizio, in via adesiva, ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.c. Pertanto, l’attore, rimasto soccombente per avere agito contro l’usufruttuario, non può dolersi della mancata chiamata in causa del nudo proprietario da parte del giudice, poiché, da un lato, non sussiste litisconsorzio necessario tra l’usufruttuario e il nudo proprietario e, dall’altro, l’ordine di intervento ex art. 107 c.p.c. è espressione di un potere discrezionale, incensurabile sia in appello sia in sede di legittimità.
Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 21 febbraio 2019, n. 5147 (CED Cassazione 2019)
Art. 873 cc (Distanze nelle costruzioni) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) ha adito il Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, chiedendo l’arretramento di un manufatto posto a distanza illegale e la chiusura di taluni sporti realizzati dalla convenuta sul fondo confinante di sua proprietà, tramite l’innalzamento dell’altezza del fabbricato preesistente.
La (OMISSIS) ha resistito alla domanda, lamentando che l’attore aveva illegittimamente realizzato un pergolato su un’area comune ed aveva sfruttato parte dello spazio della part. (OMISSIS) (appartenente alla convenuta), al fine di accedere ai propri beni con autoveicoli.
Ha spiegato domanda riconvenzionale, chiedendo di far cessare le condotte denunciate e di condannare il (OMISSIS) al risarcimento del danno.
Il Tribunale ha respinto la domanda principale, ritenendo che la convenuta, essendo mera usufruttuaria del fondo ove insistevano le costruzioni, fosse priva di legittimazione passiva.
La pronuncia è stata confermata, con le medesime argomentazioni, dalla Corte distrettuale di Napoli.
Per la cassazione di questa sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria.
(OMISSIS) ha depositato controricorso e memoria ex articolo 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Il primo motivo denuncia la violazione degli articoli100, 102, 115 e 116 e 354 c.p.c., lamentando che la Corte d’appello, pur avendo rilevato che la (OMISSIS) non era proprietaria dell’immobile, ha negato la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti degli effettivi legittimati, trascurando – inoltre – che dalla denuncia di successione trascritta nei registri immobiliari risultava che la resistente era erede per una quota di 1/2 dell’asse ereditario e quindi contitolare dell’immobile.
Il secondo motivo censura la violazione dell’articolo 873 c.c. e degli articoli 100, 102 e 354 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la pronuncia escluso la sussistenza di un concreto interesse della (OMISSIS) a partecipare al giudizio volto alla demolizione di un’opera oggetto di usufrutto, benchè quest’ultima fosse materiale esecutrice delle opere, avesse richiesto le concessioni edilizie, presentato istanza di condono e compiuto attività volte alla conservazione e all’incremento degli immobili oggetto di causa.
Il terzo motivo censura la violazione dell’articolo 100 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto che la resistente non fosse legittimata passiva rispetto alla domanda di risarcimento del danno, trascurando che quest’ultima aveva materialmente realizzato i manufatti abusivi e, quale autrice dell’illecito, doveva rispondere dei danni.
Il quarto motivo censura la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza omesso di pronunciare sulla richiesta di risarcimento del danno.
- Il primo motivo è infondato.
L’immobile di cui si controverte rientrava nell’asse ereditario del coniuge della resistente, la cui la successione si era aperta in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 151 del 1975.
Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la resistente non poteva considerarsi erede, ma legataria del diritto di usufrutto ai sensi dell’articolo 581 c.c., nel testo all’epoca vigente (Cass. 355/2011; Cass. 1085/1995; Cass. 5277/1983).
L’acquisto del diritto conseguiva per legge, non avendo de cuius disposto dei beni mediante testamento, non venendo in rilievo la trascrizione della denuncia di successione (da cui risultava che la resistente era erede per 1/2 dell’intero asse), non costituendo quest’ultima il titolo di acquisto dei beni e non avendo altra natura che quella di mera dichiarazione richiesta esclusivamente ai fini fiscali, la cui trascrizione spiegava effetti di mera pubblicità notizia (cfr. Cass. 4414/1999; Cass. 5793/1987; Cass. 6400/1984; Cass. 3597/1977).
2.1 La domanda di arretramento delle costruzioni per contrasto con l’articolo 873 c.c., doveva esser proposta nei confronti dei nudi proprietari dell’immobile, poichè, nonostante la presenza dell’usufruttuaria, l’eventuale sentenza di accoglimento sarebbe stata inutiliter data.
In tale contesto l’usufruttaria rivestiva la qualità di parte interventrice in via adesiva ai sensi dell’articolo 105 c.p.c., comma 2, titolare non di un interesse ad agire in senso tecnico ma solo dell’interesse ad ottenere un esito favorevole per la parte adiuvata (Cass. 5900/2010; Cass. 8008/2011).
L’autonoma partecipazione al giudizio della (OMISSIS), rispetto alla domanda di arretramento della costruzione, non si legittimava neppure in forza delle altre circostanze evidenziate in ricorso (richiesta della concessione edilizia, realizzazione delle opere, istanza di condono, proposizione della domanda riconvenzionale, fondata sulla titolarità degli immobili controversi), attesa la tipicità dei modi in cui è possibile l’acquisto della proprietà, potendosi invocare la tutela dell’affidamento.
Escluso, dunque, che la resistente fosse titolare del bene denunciato e quindi parte del rapporto controverso dal lato passivo, insindacabilmente il giudice di merito ha ritenuto di non disporre la chiamata in giudizio dei nudi proprietari, poichè, non configurandosi un’ipotesi di litisconsorzio necessario ex articolo 102 c.p.c., era al più consentita la chiamata degli effettivi legittimati a norma dell’articolo 107 c.p.c., rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice di merito non censurabile nè in appello nè in sede di legittimità (Cass. 4129/2002; Cass. 3752/1996; Cass. 1948/1989).
- Il secondo e il terzo motivo, che vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Non è in discussione che l’usufruttario possa essere convenuto in giudizio per il risarcimento del danno allorquando abbia materialmente realizzato le opere illegittime.
L’articolo 872 c.c., concede al proprietario del fondo vicino, che per effetto della violazione delle distanze abbia riportato danni, l’azione risarcitoria aquiliana di natura obbligatoria che si cumula con quella ripristinatoria di natura reale.
Mentre quest’ultima deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima, anche se materialmente realizzata da altri, l’azione risarcitoria può, invece, essere esercitata anche nei soli confronti dell’autore materiale della costruzione, non configurandosi un’ipotesi disciplinata dall’articolo 102 c.p.c. (Cass. 5545/2005; Cass. 5850/1999; Cass. 5520/1998).
Ciò premesso va però rilevato che, nel caso in esame, l’azione risarcitoria era stata già respinta dal Tribunale (cfr. sentenza pag. 3), e dall’esame della sentenza impugnata e dal ricorso in cassazione non risulta che avverso statuizione sia stata proposto appello, per cui la questione era già preclusa dal giudicato interno negativo, non potendo esser riproposta in sede di legittimità.
- Il quarto motivo è infondato, poichè, come già rilevato nell’esame del terzo motivo, la ricorrente non ha appellato la prima decisione riguardo al rigetto della domanda di risarcimento del danno e quindi la Corte territoriale non era tenuta a pronunciarsi in proposito, poichè il vizio di omessa pronuncia non è configurabile in ordine a questioni che il giudice di appello non avrebbe potuto prendere in esame in quanto ormai precluse (Cass. 5766/1977; Cass. 2493/1976; Cass. 1598/1973).
Il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza. Sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2900,00 per compenso, oltre ad Iva, Cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.
Si dà atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.