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Cassazione Civile 5250/2010 –  Copie autentiche estratte dal cancelliere di scritture private – Cambiali oggetto di sequestro penale

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Sentenza 5250/2010


 Copie autentiche estratte dal cancelliere di scritture private – Cambiali oggetto di sequestro penale

Le copie autentiche, estratte dal cancelliere, di scritture private (nella specie cambiali oggetto di sequestro penale) depositate presso gli uffici giudiziari, hanno la stessa efficacia delle scritture originali, essendo il cancelliere, a norma dell’art. 2715 cod. civ., un pubblico depositario di tali titoli.

 

Sequestro penale di cambiali –  Esercizio dell’azione cambiaria

Nel caso di sequestro penale di cambiali, il possessore è legittimato all’esercizio dell’azione cambiaria anche in base alla copia autentica dei titoli, il cui rilascio, ai sensi dell’art. 258 cod. proc. pen., può aver luogo soltanto in favore di coloro che li detenevano legittimamente. (Principio enunciato dalla S.C. con riferimento ad una fattispecie in cui il sequestro era stato effettuato presso la cancelleria del giudice civile, dove le cambiali erano state depositate dal portatore a sostegno di un ricorso per decreto ingiuntivo, ed il cancelliere ne aveva rilasciato copia autentica).

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 4 marzo 2010, n. 5250   (CED Cassazione 2010)

Art. 2715 cc annotato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da Bo.Ma. avverso il decreto ingiuntivo notificatogli da Ra.Ma. per il pagamento della somma di lire 14.000.000 dovuto in ragione di quattordici cambiali emesse da Bo. in favore di tal Mo. e da questi girate a Ra. .

Hanno rilevato i giudici del merito che, contrariamente a quanto riscontrato in primo grado, risultavano allegate agli atti le copie sia delle cambiali sia del decreto e del verbale di sequestro penale cui i titoli erano stati sottoposti in seguito alla querela per truffa sporta da Bo.Ma. nei confronti di Mo. . Sicchè la pretesa cambiaria di Ra.Ma. risultava idoneamente documentata, mentre l’opponente non aveva provato la mala fede o la colpa grave del portatore dei titoli, come sarebbe stato necessario a norma della Legge Cambiaria, articolo 21.

Contro la sentenza d’appello ricorre ora per cassazione Bo. Ma. e propone tre motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso Ra.Ma. , che ha proposto altresì ricorso incidentale affidato a un unico motivo.

I ricorsi proposti avverso la stessa sentenza vanno riuniti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione dell’articolo 1992 c.c. e segg. e della Legge Cambiaria, articolo 20.

Sostiene che la pretesa cambiaria non era azionabile da chi non aveva più il possesso materiale dei titoli, inidonee essendo le copie fotostatiche estratte all’atto del sequestro penale degli originali.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2715 c.c. e dell’articolo 243 c.p.p., lamentando che i giudici del merito abbiano posto a fondamento della propria decisione copie non autentiche dei titoli di credito azionati da Ra.Ma. .

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione della Legge Cambiaria, articolo 21 legge cambiaria e vizi di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene che non è pertinente il richiamo della corte d’appello alla Legge Cambiaria, articolo 21, perchè egli aveva eccepito solo il difetto di legittimazione di Ra.Ma. per mancanza del possesso dei titoli. Il riferimento alle mala fede dell’attore era stato prospettato in appello solo per ottenerne la condanna alle spese, compensate dal giudice di primo grado.

Censura poi che la corte d’appello abbia considerato presenti nel fascicolo dell’attore le cambiali sequestrate, pur dando atto che gli originali erano nella disponibilità dell’autorità giudiziaria penale.

2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale Ra.Ma. chiede la condanna di Bo.Ma. al risarcimento dei danni per lite temeraria.

3. Il ricorso principale è infondato.

Non v’è dubbio che il possesso materiale del titolo di credito costituisce presupposto essenziale per l’esercizio delle azioni cartolari, poichè la posizione di legittimo portatore coincide con la titolarità del diritto di credito azionato e può essere provata solo con l’esibizione del titolo in originale (Cass., sez. 1, 25 luglio 2001, n. 10119, m. 548460).

Tuttavia è indiscusso che, nel caso di sequestro penale, il rilascio di copia autentica del titolo può legittimare il possessore all’azione cartolare (Cass., sez. 3, 15 febbraio 1996, n. 1165, m. 495857, Cass., sez. 1, 3 ottobre 1990, n. 9778, m. 469374, Cass., sez. 1, 27 luglio 1967, n. 1994, m. 329011), anche perchè, secondo quanto prevede l’articolo 258 c.p.p., “può essere rilasciata copia autentica dei documenti in sequestro soltanto a coloro “che li detenevano legittimamente”” (Cass., sez. 1, 29 maggio 1997, n. 4737, m. 504747). In realtà, nel caso di sequestro disposto nell’ambito di un procedimento penale, occorre distinguere se si tratti di sequestro probatorio (articolo 253 c.p.p.) o di sequestro preventivo (articolo 321 c.p.p.), perchè quando il provvedimento ablatorio non è destinato solo ad acquisire la prova di un reato (articolo 253 c.p.p.), ma anche a impedire che il reato sia portato a ulteriori conseguenze (articolo 321 c.p.p.), la stessa copia autentica di un titolo di credito può essere sequestrata, come già si riteneva nel vigore del codice di procedura penale abrogato, che pure non distingueva tra i due tipi di sequestro (Cass. pen., sez. 2, 28 febbraio 1984, Penniello, m. 163432),.

Nel caso in esame, peraltro, la natura preventiva del sequestro penale non è stata neppure allegata, mentre è certo che il sequestro fu eseguite presso la cancelleria del giudice civile, dove le cambiali erano state depositate dal portatore all’atto dell’avvio del procedimento monitorio.

E fu appunto in occasione dell’esecuzione del sequestro che dei titoli fu estratta copia, come attestato dallo stesso cancelliere, che quelle copie allegò alle ulteriori copie, contestualmente estratte, del provvedimento ablatorio e del verbale della sua esecuzione.

In tale situazione non v’è dubbio alcuno che, contrariamente a quanto il ricorrente deduce con il secondo motivo, i giudici d’appello abbiano posto a fondamento della decisione; copie autentiche delle cambiali controverse.

Infatti l’articolo 2715 c.c. considera idonee a sostituire gli originali le copie di scritture private depositate presso pubblici uffici e spedite da pubblici depositari autorizzati. E il cancelliere presso il quale fu eseguito il sequestro era certamente un pubblico depositario dei titoli; ed era autorizzato a estrarne copie autentiche (Cass., sez. 3, 9 luglio 1974, n. 2018, m. 370283), come in effetti fece, controfirmando tutti i verbali delle operazioni compiute in su presenza. D’altro canto, secondo quanto prevede l’articolo 2719 c.c. le fotocopie di scritture private hanno la stessa efficacia delle copie autentiche, quando la corrispondenza agli originali non sia espressamente disconosciuta. E nel caso in esame l’esistenza di un tale disconoscimento non è stata neppure allegata.

Correttamente pertanto la corte d’appello, rilevato che non era stata provata la mala fede del portatore dei titoli, i cui originali erano nella disponibilità del giudice penale, ritenne idoneo alla legittimazione il possesso delle copie autentiche e rigettò l’opposizione al decreto ingiuntivo.

4. Il ricorso incidentale è inammissibile come tale, perchè il ricorrente non censura la sentenza impugnata per il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c., ma propone tale domanda con riferimento al giudizio di legittimità. E non v’è dubbio che “la domanda di condanna al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dello articolo 96 c.p.c., può essere proposta anche in Cassazione con controricorso” (Cass., sez. L, 27 novembre 2007, n. 24645, m. 600498).

Tuttavia nel caso in esame la domanda è infondata. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “l’accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c., comma 1, presuppone l’accertamento sia dell’elemento soggettivo (mala fede o colpa grave) sia dell’elemento oggettivo (entità del danno sofferto)” (Cass., sez. L, 27 novembre 2007, n. 24645, m. 600499).

Nel caso in esame non v’è colpa grave, considerata la novità delle questioni discusse; e comunque manca la prova che dalla proposizione del ricorso per Cassazione sia derivato al ricorrente incidentale un danno grave, attesa l’esecutività della decisione impugnata.

Si giustifica anzi la compensazione integrale delle spese di questo grado del giudizio, sia per la già considerata natura delle questioni controverse sia per la parziale reciproca soccombenza delle parti.

P.Q.M.

LA CORTE

Riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa le spese.

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