Sentenza 5398/2016
Ricorso per cassazione e revocazione – Omesso esame del medesimo fatto azionato quale errore percettivo ex art. 395, comma 1, n. 4, cpc – Sospensione ex art. 295 cpc del giudizio di legittimità
Il giudizio di legittimità, in cui sia denunciato, quale vizio di motivazione, l’omesso esame del medesimo fatto azionato quale errore percettivo ex art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., all’esito della cassazione con rinvio della sentenza d’appello d’inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria, pur non ricorrendo una pregiudizialità in senso tecnico, ma solo logico, atteso che sussiste, in caso di sua prosecuzione, il rischio, di regola neutralizzato con l’art. 398, comma 4, c.p.c., di una possibile elisione dell’accertamento in fatto richiesto al giudice della revocazione in sede di rinvio, per cui deve adottarsi una soluzione interpretativa idonea ad evitare un “vulnus” all’effettività del diritto di difesa ed a coniugare l’esigenza di un processo giusto con quella di un processo efficiente.
Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Sentenza 18 marzo 2016, n. 5398 (CED Cassazione 2016)
Art. 360 cpc (Ricorso per cassazione) – Giurisprudenza
Art. 395 cpc (Casi di revocazione) – Giurisprudenza
Art. 295 cpc (Sospensione necessaria del processo) – Giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 27.6.2008 n. 405 la Commissione tributaria della regione Lazio rigettava l’appello dell’Ufficio di Latina della Agenzia delle Entrate, confermando la decisione di prime cure che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., avente ad oggetto le maggiori imposte dovute a titolo IVA, IRPEG ed IRAP per l’anno 2002 in relazione a ricavi non contabilizzati, ed a costi indeducibili, in quanto ritenuti non di competenza, non inerenti o non documentati, ovvero relativi ad ammortamenti indeducibili.
I Giudici di appello rilevavano che l’avviso era viziato da nullità per carenza di motivazione ed inoltre che la mancata produzione in giudizio da parte dell’Ufficio del PVC non consentiva di verificare la sussistenza delle prove dei fatti costitutivi della pretesa fiscale.
La sentenza, notificata in data 7.8.2008, è stata tempestivamente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate con nove mezzi, con i quali vengono dedotti vizi di violazione di norme di diritto e vizio di motivazione.
Resiste la società con controricorso.
Avverso la medesima sentenza di appello n. 405/2008, era stato proposto dall’Ufficio di Latina della Agenzia delle Entrate, con atto depositato presso la segreteria della CTR in data 17.11.2008, ricorso per revocazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 64, essendo incorsi in errore percettivo i Giudici territoriali affermando che l’Ufficio finanziario non aveva prodotto neppure in grado di appello il PVC in data 3.3.2005.
La causa è stata decisa con sentenza della CTR del Lazio in data 7.4.2009 n. 267 che ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione per revocazione, in quanto risultava già pendente il giudizio di legittimità.
La sentenza, non notificata, è stata impugnata per cassazione -con un unico motivo-dalla Agenzia delle Entrate, che ha dedotto vizio di nullità processuale, con atto tempestivamente consegnato all’Ufficiale giudiziario in data 24.5.2010 e ritualmente notificato in data 26.5.2010 presso il difensore domiciliatario della società contribuente, che non ha spiegato difese.
I due giudizi, iscritti rispettivamente al n. 27779/2008 ed al n. 14927/2010 del Registro generale di Cancelleria di questa Corte, sono pervenuti entrambi in discussione alla presente udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sussistono ragioni di connessione per l’oggetto che rendono opportuna la trattazione unitaria delle cause, tra le stesse parti, iscritte al registro generale della Cancelleria di questa Corte ai nn. 27779/2008 e 14927/2010. Pur trattandosi di impugnazioni relative a sentenze di appello diverse (sentenza CTR del Lazio in data 27.6.2008 n. 405 relativa alla opposizione avverso avviso di accertamento; sentenza CTR del Lazio in data 7.4.2009 n. 267 dichiarativa della inammissibilità del ricorso per revocazione della medesima sentenza n. 405/2008), esse si pongono, infatti, in relazione di reciproco condizionamento, in quanto la causa concernente la revocazione ha per oggetto un fatto (produzione nel giudizio di merito del documento-PVC in data 3.3.2005) che assume rilevanza determinante, in quanto concernente la esistenza di una prova costituita (rilievi eseguiti ed accertamenti svolti dai verbalizzanti nel PVC) che -ove il giudizio rescindente dovesse essere rinnovato dalla CTR, in conseguenza della cassazione con rinvio della sentenza n. 267/2009 ed avesse esito favorevole alla Agenzia fiscale- dovrebbe essere necessariamente presa in esame e valutata nella fase rescissoria, con conseguenze che potrebbero incidere sulla stessa esistenza dell’oggetto (id est della sentenza n. 405/2008) del giudizio di cassazione iscritto al n. 27779/2008 (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 10835 del 06/08/2001).
Ricorrendo, pertanto, i presupposti per l’applicazione dell’art. 274 c.p.c., comma 1 (norma applicabile anche al giudizio di legittimità, in quanto volta a realizzare una economia dei mezzi processuali: Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 22631 del 31/10/2011; id. Sez. U, Sentenza n. 3690 del 09/03/2012), si dispone la riunione del ricorso RG n. 14927/20102 al ricorso RG n. 27779/2008, dovendo procedersi per ragioni di priorità logica al previo esame della questione relativa alla causa revocatoria (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 10835 del 06/08/2001; id. Sez. 2, Sentenza n. 14442 del 29/05/2008; id. Sez. L, Sentenza n. 7568 del 01/04/2014).
A- Esame dei motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza CTR del Lazio n. 267/2009 (causa iscritta al RG n. 14927/2010).
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della CTR n. 267/2009 deducendo il vizio di nullità processuale per violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 64, comma 1 in combinato disposto dal art. 360 c.p.c., art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4) e art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo erroneamente ritenuto i Giudici di appello della causa rescindente che il ricorso per revocazione era inammissibile in quanto proposto avverso una sentenza già impugnata per cassazione.
Il motivo è fondato.
La sentenza della CTR del Lazio del 7.4.2009 n. 267 ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione “visto che è stato proposto dall’Ufficio in pari data anche il ricorso per cassazione”.
L’assunto argomentativo della CTR è fondato su di una interpretazione manifestamente errata del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 64, comma 1 che dispone “Contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c.”.
Questa Corte ha, infatti, precisato che la norma del processo tributario non ha inteso derogare al sistema processualcivilistico della revocazione come delineato dagli artt. 395, 396 e 398 c.p.c. (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 15319 del 29/11/2000), venendo a trovare esplicitazione la categoria delle sentenze che non sono state impugnate con i mezzi ordinari sul punto dell’accertamento in fatto, nel Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 64, comma 2 medesimo, che analogamente alla disciplina dettata dall’art. 396 c.p.c., limita la revocazione delle “sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello” ai soli casi di revocazione straordinaria (art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 6) e sempre che i fatti che legittimano il ricorso per revocazione siano intervenuti dopo la scadenza del termine per l’appello.
È appena il caso di osservare come la impugnazione per revocazione ordinaria ex art.395 c.p.c., comma 1, n. 4), sia considerata, nel sistema processuale, rimedio meramente sussidiario, dovendo la parte – avendone la possibilità – far valere l'”errore di (percezione del) fatto” in cui è incorso il Giudice di merito mediante l’esperimento degli ordinari mezzi di impugnazione. Il rimedio della revocazione ordinaria della sentenza di merito viene, quindi, in rilievo soltanto nel caso di sentenza non impugnabile per legge ovvero di sentenza non più impugnabile “sul punto dell’accertamento in fatto”, ipotesi quest’ultima riconducibile, nel vigente sistema processuale tributario – in seguito alla soppressione del ricorso alla Commissione tributaria centrale -, alla sentenza emessa in grado di appello dalla Commissione tributaria regionale, che non può essere impugnata avanti la Corte per richiedere una nuova valutazione delle questioni di fatto esaminate dal Giudice di appello, non essendo devolvibili all’esame della Corte di cassazione, stante la struttura chiusa del giudizio di legittimità circoscritto ai soli vizi tassativamente indicati nell’art. 360 c.p.c., questioni che comportino nuovi “accertamenti in fatto” (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 26305 del 02/12/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 19522 del 16/07/2008).
La impugnabilità per cassazione della sentenza di appello emessa dal Giudice tributario, è del tutto irrilevante, pertanto, ai fini della verifica di ammissibilità del ricorso per revocazione, come peraltro emerge in modo inequivoco dalla disposizione dell’art. 398 c.p.c., comma 4, che interviene ad affermare il principio della tendenziale non interferenza del giudizio di merito (in revocazione) e del giudizio di legittimità, prevedendo, allo scopo di realizzare la economia dei mezzi processuali, la facoltà attribuita in via esclusiva al Giudice di merito avanti il quale è proposto il ricorso per revocazione-di sospendere, su istanza di parte e qualora non ritenga il ricorso per revocazione manifestamente infondato, i termini per la proposizione del ricorso per cassazione, ovvero -se già proposto- di sospendere la prosecuzione del giudizio di legittimità “fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione”: norma che sarebbe priva di portata prescrittiva nel caso in cui, come erroneamente affermato dalla CTR, la proposizione del ricorso per cassazione rendesse per ciò solo inammissibile il giudizio revocatorio.
Nè in contrario può ritenersi ostativa la previsione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 49, collocata sotto la Sezione 1 “Le impugnazioni in generale” del Capo 3 “Le impugnazioni”, che parrebbe limitare il rinvio alle sole norme processuali civili di cui “al titolo 3, capo 1, del libro 2 del codice di procedura civile, escluso l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto”, tenuto conto che proprio la clausola di salvezza contenuta in tale disposizione consente l’applicabilità al processo tributario dell’art. 398 c.p.c., comma 4, attraverso la serie di rinvii a catena operati dall’art. 66 (“davanti alla commissione tributaria adita per la revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento avanti ad essa, in quanto non derogate da quelle della presente sezione”), dall’art. 61 (“nel procedimento di appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione”) e dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, (“i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”).
Pertanto, in assenza di un siffatto provvedimento sospensivo emesso dal Giudice di merito, l’autonomia dei due giudizi di revocazione e per cassazione consente la contemporanea trattazione degli stessi, ponendosi soltanto la esigenza, nel caso in cui i giudizi risultino entrambi pervenuti avanti la Corte, di dispone la eventuale riunione delle cause ai sensi dell’art. 274 c.p.c. in considerazione della dipendenza logica tra le questioni oggetto dei due giudizi.
Il ricorso della Agenzia fiscale deve in conseguenza essere accolto con conseguente cassazione della sentenza della CTR del Lazio in data 7.4.2008 n. 267 e rinvio della causa al Giudice di appello per lo svolgimento della fase rescindente.
B- Esame dei motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 405/2008 (causa iscritta al RG n. 27779/2008).
La eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso per cassazione, formulata dalla società resistente Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex art. 64, comma 1, e art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4), per contemporanea pendenza del procedimento per revocazione proposto dall’Ufficio di Latina della Agenzia fiscale avverso la medesima sentenza della CTR in data 27.6.2008 n. 405, deve ritenersi infondata alla stregua delle considerazioni già svolte in relazione alla decisione della precedente causa. Al Giudice di merito, investito con il ricorso per revocazione, spetta in via esclusiva, qualora non lo ritenga manifestamente infondato, di sospendere su istanza di parte i termini per la proposizione del ricorso per cassazione, ovvero -se già proposto, come nel caso di specie – di sospendere la prosecuzione del giudizio di legittimità “fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione”: tale provvedimento non è stato emesso e dunque alcun impedimento sussiste alla contemporanea pendenza in sede di legittimità dei due giudizi (art. 398 c.p.c., comma 4).
La causa, tuttavia, deve essere sospesa ai sensi dell’art. 295 c.p.c. fino alla definizione del procedimento revocatorio ordinario, in considerazione della incidenza pregiudiziale che, a seguito della cassazione della sentenza di appello dichiarativa della inammissibilità del ricorso per revocazione e del conseguente rinvio prosecutorio in fase rescindente, viene ad assumere la decisione di merito, ove alla fase rescindente segua la rescissoria, sulla causa pendente avanti questa Corte per l’esame dei vizi di legittimità (dal quinto al nono) dedotti dall’Agenzia fiscale con il ricorso principale proposto avverso la sentenza di appello che ha pronunciato nel merito.
L’ordinamento processuale, che ha attribuito al Giudice di merito lo strumento (art. 398 c.p.c., comma 4) necessario ad evitare che l’accertamento in fatto (rimesso al Giudice della revocazione ordinaria ex art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5) venga a rimanere impedito od eluso dalla sopravvenienza – nelle more del giudizio di merito – dalla sentenza di inammissibilità o rigetto del ricorso per cassazione emessa dalla Corte nel giudizio di legittimità, in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza revocanda (art. 324 c.p.c.), non ha invece espressamente previsto un analogo strumento di coordinamento dei due giudizi (pur se aventi ad oggetto la impugnazione di diverse sentenze di appello), che siano pervenuti entrambi al sindacato di legittimità non avendo il Giudice del merito disposto la sospensione ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4 (nel testo modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 68, comma 1 succ. mod. dalla L. 21 novembre 1991, n. 374), nella ipotesi, verificatisi nella specie, in cui venga cassata con rinvio la sentenza di appello dichiarativa della inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria e si imponga, quindi, la necessità di rinnovazione del giudizio revocatorio: appare evidente, infatti, come anche in questo caso, venga a profilarsi il rischio di una possibile elisione dell’accertamento in fatto richiesto al Giudice della revocazione in sede di rinvio, ove il giudizio di legittimità avente ad oggetto la sentenza revocanda dovesse proseguire autonomamente (rischio che non era paventabile anteriormente alla riforma della legge n. 353/1990, atteso che la norma prevedeva, in caso di proposizione della impugnazione revocatoria, la sospensione automatica del termine di decadenza del ricorso per cassazione o del giudizio di legittimità). Tale lacuna normativa non può che essere colmata attraverso una interpretazione estensiva del presupposto legittimante la sospensione necessaria del processo, ex art. 295 c.p.c., dovendo ravvisarsi un nesso di pregiudizialità-dipendenza tra le due cause, anche se nella specie viene in rilievo una “pregiudizialità in senso logico” (e non anche “in senso tecnico”: non sussiste, infatti, il rischio di giudicati contrastanti, riferendosi la causa relativa all’azione revocatoria e la causa relativa alla pronuncia di merito -investita dai vizi di legittimità denunciati dalla Agenzia fiscale- a sentenze di appello diverse, ed essendo entrambi i giudizi circoscritti ai soli vizi per i quali è consentita dalla legge la impugnazione: art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5 e art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1 – 5). L’evidenziato difetto di coordinamento tra le due cause, che impone l’adozione di una soluzione idonea ad evitare un “vulnus” alla effettività del diritto di difesa ed al principio di economia dei mezzi processuali, legittima una interpretazione della norma processuale costituzionalmente orientata ai superiori principi di “ragionevolezza” (art. 3 Cost.) e di “efficienza del processo” (art. 97 Cost.), ma anche del “giusto processo” espresso dal primo comma dell’art. 111 Cost., non potendo non coniugarsi la esigenza di un processo “giusto” con la esigenza di un processo “efficiente”, intesa quale necessaria attitudine del sistema processuale a conseguire, attraverso meccanismi normativi idonei allo scopo, l’accertamento delle situazioni giuridiche, dei fatti e delle responsabilità, ma che non può tradursi nel pervenire, nei tempi più brevi possibili, alla stabilità del giudicato quale che esso possa essere, ed anche nel caso in cui venga a configurarsi anticipatamente come “ingiusto”, in quanto viena ad essere pretermesso dall’accertamento giudiziale un fatto -nella specie erroneamente ritenuto inesistente- altrimenti rilevante e decisivo.
Questa Corte, peraltro, è già intervenuta ad utilizzare lo strumento della sospensione di cui all’art. 295 c.p.c. per impedire la diseconomia dei mezzi processuali determinata dalla prosecuzione del giudizio di legittimità, in pendenza del giudizio revocatorio che investa la statuizione su una questione preliminare di rito (nella specie, la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello), ravvisando un rapporto di pregiudizialità tra le due controversie (cfr. Corte cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza interlocutoria n. 20490 del 29/09/2014).
Il Collegio ritiene che debba farsi una applicazione ancora più avanzata della interpretazione della norma processuale, orientata ai principi costituzionali indicati, ravvisando tale rapporto di pregiudizialità anche nel caso in cui l'”omesso esame del medesimo fatto” da parte del Giudice di merito sia stato fatto valere dalla parte interessata come “errore percettivo”, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4), e come “vizio logico” della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e dunque anche nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, il giudizio revocatorio abbia ad oggetto l’accertamento di una prova documentale (il processo verbale di constatazione) la cui incontrovertibile esistenza agli atti del giudizio di merito sarebbe stata erroneamente negata dal Giudice di merito, venendo a condizionare, l’accertamento del vizio revocatorio, la verifica della fondatezza del vizio logico di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dedotto dalla Agenzia fiscale nel ricorso per cassazione proposto avvero la sentenza di appello n. 405/2008, in punto di accertamento della illegittimità dell’atto impositivo in quanto ritenuto privo di idonea motivazione (non avendo la CTR proceduto ad esaminare se il PVC notificato al contribuente, ed al quale l’avviso rinviava, contenesse gli elementi essenziali per la comprensione dei presupposti di fatto e le ragioni di diritto della pretesa tributaria), ed in punto di infondatezza della pretesa fiscale (avendo ritenuto la CTR che in mancanza di detto PVC l’Ufficio finanziario non aveva fornito dimostrazione dei propri assunti).
In conseguenza il giudizio iscritto al RG n. 27779/2008 avente ad oggetto la impugnazione della sentenza della CTR in data 27.6.2008 n. 405 deve essere sospeso ai sensi dell’art.295 c.p.c. in attesa delle definizione della causa revocatoria che è stata rimessa al Giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte:
– dispone la riunione delle cause;
– quanto alla causa iscritta al RG n. 14927/2010: accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria della regione Lazio per nuovo esame del ricorso per revocazione e per liquidazione, all’esito, anche delle spese del giudizio di legittimità;
– quanto alla causa iscritta al RG n. 27779/2008: dispone la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. ritenuto il rapporto di pregiudizialità con la causa revocatoria.