Ordinanza 5771/2023
Improcedibilità del ricorso per cassazione nel caso in cui la sentenza impugnata, redatta in formato digitale, risulti priva dell’attestazione di cancelleria circa l’avvenuta pubblicazione, la relativa data e il conseguente numero di pubblicazione
È improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui la sentenza impugnata, redatta in formato digitale, risulti priva dell’attestazione di cancelleria circa l’avvenuta pubblicazione, la relativa data e il conseguente numero di pubblicazione, sia perché i suddetti adempimenti sono gli unici che permettono alla S.C. di controllare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza, sia perché la produzione di una copia della sentenza incerta nella data e priva del numero identificativo non consente di verificare la tempestività dell’impugnazione, né, in caso di accoglimento del ricorso, di formulare un corretto dispositivo che, coordinato con la motivazione, individui con esattezza il provvedimento cassato.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 24/02/2023, n. 5771 (CED Cassazione 2023)
Art. 369 cpc (Deposito del ricorso per cassazione)
Fatti di causa
La curatela del fallimento della società (OMISSIS) S.n.c. e dei
soci illimitatamente responsabili della stessa ((OMISSIS) e (OMISSIS)) ha agito in via esecutiva contro il suo
debitore (OMISSIS), pignorando in danno di
quest’ultimo la piena proprietà di un immobile pervenutogli in
virtù della successione ereditaria al padre (OMISSIS).
L’immobile è stato posto in vendita ed aggiudicato in favore di
(OMISSIS).
Dopo l’aggiudicazione, ha proposto opposizione (OMISSIS), già coniuge del de cuius, deducendo di essere titolare,
ai sensi dell’art. 540 c.c., del diritto di abitazione sull’immobile
staggito ed opponendosi all’emissione del decreto di trasferimento in relazione alla piena proprietà dello stesso.
La fase di merito a cognizione piena dell’opposizione della
(OMISSIS) è stata poi introdotta da quest’ultima unitamente
al debitore esecutato (OMISSIS). L’aggiudicatario (OMISSIS), costituendosi, ha aderito alle domande proposte dalla
(OMISSIS) e dal (OMISSIS) di annullamento della vendita e del
decreto di trasferimento, chiedendo la restituzione del prezzo
versato, ciò anche in conseguenza di difformità urbanistiche
ed edilizie riscontrate nell’immobile acquistato.
Le opposizioni sono state rigettate dal Tribunale di Ancona.
La Corte di Appello di Ancona ha confermato la decisione di
primo grado.
Ricorrono, con unico ricorso, la (OMISSIS), il (OMISSIS) e
l’(OMISSIS), sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso la curatela del fallimento della società (OMISSIS) S.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
La curatela controricorrente ha depositato memoria ai sensi
dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Risulta pregiudiziale ed assorbente la verifica della procedibilità del ricorso, che sortisce esito negativo.
I ricorrenti hanno prodotto una copia cartacea della sentenza
loro notificata in data 21 dicembre 2020, a mezzo P.E.C., dalla
curatela opposta (copia cartacea, peraltro, priva di attestazione di conformità all’originale telematico ricevuto).
Tale copia cartacea di quello che risulta indicato dal difensore
della curatela notificante come “duplicato informatico” della
sentenza estratto dal fascicolo telematico, non reca, in realtà,
alcuna attestazione di avvenuta pubblicazione, nessuna data
di pubblicazione e nessun numero identificativo.
Va, per inciso, rilevato che nella richiamata relazione di notificazione si afferma che alla sentenza sarebbe stato assegnato
il numero 1326 dell’anno 2020 e che la pubblicazione sarebbe
avvenuta in data 14 dicembre 2020 (sebbene, come già chiarito, dalla copia prodotta tutto ciò non emerga affatto), mentre i ricorrenti, nel ricorso, affermano che il numero assegnato alla sentenza sarebbe il 1320 (in luogo di 1326) e che la data
di pubblicazione sarebbe il 14 dicembre 2021 (in luogo del
2020; quest’ultimo parrebbe in effetti un mero errore materiale, mentre l’effettivo numero della sentenza resta incerto).
Ai sensi dell’art. 369 c.p.c., la produzione della copia autentica
della sentenza impugnata (con la relazione di notificazione, se
questa sia avvenuta) costituisce condizione di procedibilità del
ricorso per cassazione.
Deve peraltro trattarsi di una copia che rechi l’attestazione
della Cancelleria di avvenuta pubblicazione del provvedimento, nonché la data ed il numero di tale pubblicazione.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa stessa Corte,
infatti, la pubblicazione delle sentenze redatte in formato nativo digitale si perfeziona solo «nel momento in cui il sistema
informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiché è
da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli
interessati» (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2362 del
29/01/2019, Rv. 652618 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 24891 del
09/10/2018, Rv. 650663 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 21192 del
23/07/2021, non massimata).
Ne consegue che, in caso di produzione di una copia del provvedimento impugnato attestata conforme all’originale presente nel fascicolo informatico (ovvero, come nella specie, in caso
di produzione di duplicato informatico del provvedimento medesimo), ma priva dell’attestazione di pubblicazione della
Cancelleria, nonché della relativa data e del relativo numero, il
ricorso per cassazione è da ritenere improcedibile ai sensi
dell’art. 369 c.p.c., come del resto già affermato da questa
Corte, sulla base di principi di diritto dai quali non si ravvisano
motivi per discostarsi (cfr. Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n.
29803 del 29/12/2020, in una fattispecie sostanzialmente sovrapponibile alla presente; in senso analogo, con specifico riguardo alla data di pubblicazione non risultante dalla copia del provvedimento prodotta, ma comunque nel senso
dell’improcedibilità del ricorso, cfr.: Cass., Sez. 3, Ordinanza
n. 14875 del 31/05/2019, nella cui motivazione si chiarisce altresì che «la disposizione dell’art. 16 bis, comma 9 bis, del
D.L. 18.10.2010 n. 179, conv. in legge n. 221/2012 – introdotta dall’art. 52, comma 1, lett. a), del D.L. 24.6.2014 n. 90,
conv. con mod. in legge 11.8.2014 n. 114 – che stabilisce la
equivalenza all’originale delle copie informatiche, anche per
immagine, dei provvedimenti del Giudice “anche se prive della
firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità
all’originale”» attribuisce «al difensore il potere di certificazione pubblica delle “copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico” ma non anche la competenza amministrativa riservata al funzionario
di Cancelleria relativa alla “pubblicazione” della sentenza»).
In altri termini: a) da una parte la sentenza (in particolare,
quella redatta e depositata in modalità telematica) viene ad
esistenza solo dopo la sua pubblicazione e, precisamente, solo
quando le vengono attribuiti dal sistema informatico numero e
data di pubblicazione, cioè gli estremi necessari per la sua
esatta individuazione; b) d’altra parte, nel giudizio di legittimità, in base all’espresso disposto di cui all’art. 369 c.p.c., la
Corte di Cassazione ha certamente l’onere di verificare i suddetti dati esaminando una “copia” autentica del provvedimento, senza quindi potersi rimettere a quanto semplicemente dichiarato in proposito dalle parti o attestato dai loro difensori
(anche se eventualmente in senso concorde), e ciò anche perché non possono sussistere dubbi o incertezze sull’esistenza
giuridica e sugli estremi identificativi del provvedimento impugnato oggetto della statuizione di ultima istanza.
Deve concludersi che, per quanto in linea generale sia possibile produrre in giudizio copie o duplicati del provvedimento impugnato estratti dal fascicolo telematico, attestando la conformità del relativo contenuto all’originale contenuto nel predetto fascicolo, ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c. deve comunque trattarsi di
copie o duplicati recanti l’attestazione di Cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero
attribuito dal sistema.
In caso contrario sarebbe impossibile per la Corte di Cassazione verificare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza e quale sia il suo numero
identificativo; ciò senza contare che la copia prodotta non potrebbe ritenersi effettivamente conforme al provvedimento
impugnato (e impugnabile), cioè quello oggetto di avvenuta
regolare pubblicazione.
La produzione di una copia della sentenza incerta nella data e
priva di numero di pubblicazione non consente, d’altronde, di
verificare la tempestività della impugnazione né, in caso si ritenesse il ricorso suscettibile di accoglimento, consente la
formulazione di un corretto dispositivo di accoglimento che,
coordinato con la motivazione, deve individuare con esattezza
il provvedimento cassato.
Poiché, nella specie, l’unica copia della sentenza impugnata
prodotta (in forma cartacea), come già precisato, è priva di
tali dati, il ricorso non può che essere dichiarato improcedibile.
2. Il ricorso è dichiarato improcedibile.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo motivi sufficienti a
tal fine, in considerazione della peculiarità e della relativa novità della questione di diritto in base alla quale è assunta la
presente decisione.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali
(rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del
D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
– dichiara improcedibile il ricorso;
– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese
del giudizio di legittimità.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da
parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto
e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, in data 8 febbraio 2023.