Sentenza 58/2017
Dipendenti delle ex Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza – IPAB – Contratto collettivo applicabile
Ai dipendenti delle ex Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza – IPAB, in base alle previsioni del c.c.n. quadro del 18 dicembre 2002 si applica la contrattazione collettiva del comparto autonomie locali, ove svolgano presso detti enti funzioni prevalentemente assistenziali, oppure quella del settore sanità, se prestino attività prevalentemente sanitarie, né l’applicazione dei principi contenuti nella l. n. 328 del 2000 e nel d.lgs. n. 207 del 2001, è impedita dall’omessa adozione da parte della legislazione regionale della regolamentazione necessaria alla trasformazione di tali istituti in aziende di servizio o persone private.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 3 gennaio 2017, n. 58 (CED Cassazione 2017)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
- La corte di appello di L’Aquila, con sentenza del 22.2.2011, confermando la sentenza di prime cure, ha accolto la domanda di (OMISSIS) di inquadramento nel livello D del c.c.n.l. comparto Sanità con decorrenza 1.9.2001 e di condanna degli Istituti riuniti di assistenza “San Giovanni Battista” di (OMISSIS) al pagamento delle differenze retributive conseguenti al diverso inquadramento.
- La Corte d’appello, premesso che la disciplina n. 6972 del 1890 è stata abrogata dalDecreto Legislativo n. 207 del 2001, articolo 21, di riordino delle IPAB salvo mantenere efficacia nel periodo transitorio di trasformazione di tali enti in Aziende pubbliche di servizi alla persona compatibilmente con i principi dettati dalla nuova legge, ha ritenuto che l’ente datore di lavoro doveva applicare la contrattazione collettiva del comparto Sanità, e ciò in base all’art. 10 del c.c.n. Quadro del 18.12.2002 che comprende nel comparto Sanità le aziende che svolgono prevalentemente funzioni sanitarie (mentre riserva il comparto Regioni ed enti locali agli enti che svolgono prevalentemente funzioni assistenziali).
- Il ricorso degli Istituti riuniti di assistenza si articola in due motivi; la lavoratrice resiste con controricorso e deposita altresì memoria ex articolo378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
- Il primo motivo di ricorso denuncia – in relazione all’articolo360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli articoli 97 Cost., Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articoli40 e 63, L. n. 6972 del 1890, articoli 1 e ss., (questi ultimi quale regime transitorio previsto dal Decreto Legislativo n. 207 del 2001, articolo 21) avendo, la Corte territoriale, trascurato che, in assenza di adozione della legge regionale prevista con riguardo ai procedimenti di revisione e di adeguamento al nuovo regime dettato dal Decreto Legislativo n. 207 del 2001, l’ente (già Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza – IPAB) conserva la preesistente natura nonchè la disciplina dettata dalla L. n. 6972 del 1890 e, per l’effetto, il rapporto di lavoro dei dipendenti è regolato dal c.c.n.l. comparto Enti locali in virtù di espresso richiamo effettuato dall’articolo 1, comma 2, del c.c.n.l. 22.1.2014 e 11.4.2008 comparto Regioni ed Autonomie locali.
- Il secondo motivo di ricorso deduce – in relazione all’articolo360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di motivazione, in ordine alla natura giuridica dell’ente, quale IPAB o ex IPAB, non potendosi individuare il comparto della contrattazione collettiva in assenza della legge regionale che abbia dettato modalità e termini per il processo di trasformazione di tali enti.
- I motivi che per la loro intrinseca connessione, possono esaminarsi congiuntamente, non sono infondati.
Va premesso che l’orientamento della Cassazione è consolidato nel ribadire che la natura giuridica degli enti di assistenza e beneficenza deve essere accertata in sede giudiziale, in concreto, indipendentemente dall’esito delle procedure amministrative eventualmente esperite e facendo ricorso ai criteri indicati dal d.p.c.m. 16 febbraio 1990 (cfr. Cass. S.U. n. 1151/2012, n. 30176/2011, n. 28537/2008).
In sintonia con tale orientamento, la giurisprudenza amministrativa ritiene che le delibere della Regione che stabiliscono la natura privata o pubblica di una IPAB hanno valore meramente ricognitivo e vanno qualificate come atto di accertamento rispetto ad una posizione che va verificata nei suoi elementi obiettivi (T.A.R. Milano sez. 3, n. 1180/1999, T.A.R. Venezia, (Veneto), sez. 3, n. 1282/2013).
La L. n. 328 del 2000, articolo 10, ha delegato il Governo ad adottare una nuova disciplina delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui alla L. 17 luglio 1890, n. 6972, al fine di definire l’inserimento delle IPAB che operano in campo socio – assistenziale nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali; di prevedere, nell’ambito del riordino della disciplina, la trasformazione della forma giuridica delle IPAB al fine di garantire l’obiettivo di un’efficace ed efficiente gestione, assicurando autonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica compatibile con il mantenimento della personalità giuridica pubblica; di prevedere la possibilità della trasformazione delle IPAB in associazioni o in fondazioni di diritto privato; di prevedere, in particolare, l’applicazione di un regime giuridico del personale di tipo privatistico e di forme contrattuali coerenti con l’autonomia degli enti.
Il Decreto Legislativo n. 207 del 2001, ha attuato la delega, prevedendo, in particolare, che: le istituzioni siano riordinate in aziende di servizi o in persone giuridiche private (articolo 4); le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali sono tenute a trasformarsi in aziende pubbliche di servizi alla persona nonchè ad adeguare i propri statuti entro due anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo (ossia entro il 16.6.2003); che tale trasformazione è preclusa in specifiche ipotesi; che i procedimenti per la trasformazione sono disciplinati dalle Regioni con modalità e termini che ne consentano la conclusione entro il termine di 30 mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo (articolo 5). Ha, inoltre, previsto che il rapporto di lavoro dei dipendenti delle aziende pubbliche di servizio alla persona ha natura privatistica ed è disciplinato previa istituzione di un autonomo comparto di contrattazione collettiva (articolo 11). Del pari, ha previsto un termine di due anni per la trasformazione in associazioni o fondazioni di diritto privato di quelle istituzioni che, per determinate caratteristiche, debba escludersi la possibilità di trasformazione in azienda pubblica di servizi alla persona; in caso di inutile decorso del biennio, il decreto ha previsto la nomina, da parte della Regione, di un commissario e, in carenza di nomina, da parte del Prefetto (articolo 16). Infine, la disciplina delle IPAB di cui alla L. n. 6972 del 1890 viene abrogata “alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo”; si prevede, inoltre, che “Nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni, ad esse seguitano ad applicarsi le disposizioni previgenti, in quanto non contrastanti con i principi della libertà dell’assistenza, con i principi della legge e con le disposizioni del presente decreto legislativo” (articolo 21).
Il contratto collettivo Quadro stipulato il 18.12.2002 nel definire i comparti di contrattazione per i dipendenti appartenenti alle amministrazioni o enti di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 1, comma 2, e per i dipendenti delle IPAB (come da espresso rinvio del Decreto Legislativo n. 207 del 2001, articolo 11) ha previsto che la disciplina dei dipendenti delle IPAB sia individuata nel comparto Regioni ed Autonomie locali ovvero nel comparto Sanità a seconda che tali enti svolgano prevalentemente funzioni assistenziali ovvero sanitarie.
Ebbene, la Corte territoriale ha congruamente applicato le suddette disposizioni al caso in esame. Essendo pacifica tra le parti la natura di persona giuridica pubblica degli Istituti Riuniti di assistenza San Giovanni Battista di (OMISSIS), riconducibile agli enti di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 1, comma 2, (questo profilo è stato già affrontato da questa Corte nella sentenza n. 16688/2015), nonchè lo svolgimento prevalente di attività sanitaria, ed avendo – le parti circoscritto il thema decidendum unicamente sull’individuazione del contratto collettivo da applicarsi al personale dipendente, il giudice di merito ha richiamato la disposizione transitoria del Decreto Legislativo n. 207 del 2001, (articolo 21) che, da una parte, abroga la L. n. 6972 del 1890 e, dall’altra, ne consente l’applicazione nel periodo previsto per il riordino delle istituzioni purchè ciò avvenga nel rispetto dei principi della novella legislativa. In forza dell’espressa previsione dell’istituzione di un comparto autonomo di contrattazione collettiva (Decreto Legislativo n. 207, articolo 11), il giudice di merito ha quindi – sulla base dell’attività prevalente svolta dall’istituzione individuato il comparto di contrattazione collettiva sulla scorta dell’accordo Quadro 18.12.2002 di definizione dei comparti.
L’inerzia della legislazione regionale nell’adottare la regolamentazione – necessaria per disciplinare il procedimento di trasformazione degli istituti in aziende di servizio ovvero in persone private non impedisce – come sottolineato dal giudice di merito – di applicare i principi contenuti nella Legge delega n. 328 del 2000 e nel Decreto Legislativo n. 207 del 2001, – come previsto espressamente dalla disposizione transitoria del decreto legislativo stesso (articolo 21), considerato altresì che detta disposizione consente di applicare la disciplina previgente “nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni”, periodo corrispondente (secondo la specifica indicazione del Decreto Legislativo n. 207 del 2001, articolo 5, comma 1, e articolo 16, comma 1) in due anni dall’entrata in vigore della novella (quindi entro il 16.6.2003). Inoltre, il Decreto Legislativo n. 297 del 2001 ha previsto espressamente (articolo 5, comma 7) che le Regioni adottino la disciplina di dettaglio per la trasformazione delle istituzioni in modo da consentirne la conclusione di tali processi entro trenta mesi dall’entrata in vigore della novella (e quindi entro il 16.12.2003). Nessuna violazione dei principi di efficienza della pubblica amministrazione può, dunque, rinvenirsi nella suddetta ricostruzione sistematica dell’ordinamento, normativo e negoziale, concernente le istituzioni pubbliche.
- L’esito interpretativo cui si è pervenuti non è confutato efficacemente dalla parte ricorrente nemmeno nella misura in cui invoca l’applicazione del c.c.n.l. comparto Regioni ed Autonomie locali.
L’articolo 1 del c.c.n.l. comparto Regioni Autonomie locali 2002-2005, dedicato al Campo di applicazione, prevede che: “1. Il presente contratto collettivo nazionale si applica tutto il personale – esclusi i dirigenti – con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, dipendente da tutti gli enti del comparto delle regioni e delle autonomie locali indicate dall’articolo 10, comma 1, del C.C.N.L. Quadro sulla definizione dei compatti di contrattazione collettiva del 18 dicembre 2002, di seguito denominati enti”. 2. Al personale delle IPAB, ancorchè interessato da processi di riforma e trasformazione, si applica il ccnl compatto regioni ed autonomie locali sino alla individuazione o definizione, previo confronto con le organizzazioni sindacali nazionali firmatarie del presente contratto, della nuova e specifica disciplina contrattuale nazionale del rapporto di lavoro del personale”.
L’esame delle clausole del contratto collettivo (ove si prevedono parti specifiche dedicate al personale dipendente di settori particolari del comparto, quali l’Area di vigilanza e della polizia locale ovvero le Unioni di Comuni e servizi in convenzione) rende chiara l’intenzione delle parti stipulanti di rinviare l’elaborazione di specifiche disposizioni per i dipendenti delle IPAB in modo da diversificare parzialmente – all’interno del comparto – la regolamentazione dei rapporti di lavoro, in modo da renderla più aderente alle diverse realtà locali. Tale intento non contraddice la previsione dell’accordo Quadro relativo alla individuazione, a seconda dell’attività espletata dagli enti, del comparto Sanità piuttosto che di quello delle Regioni ed Autonomie locali.
Ulteriore conferma di tale assetto proviene dalla disposizione contenuta nel c.c.n.l. comparto Sanità 2002-2005, che – al pari dell’articolo 1, comma 1, del c.c.n.l. comparto Regioni ed Autonomie locali – rinvia espressamente alla ripartizione dei comparti effettuata dall’accordo Quadro.
Nessun elemento contrario alle disposizioni del c.c.n.l. Quadro si ricava, pertanto, dai contratti di comparto, che, del resto, come già affermato da questa Corte (Cass. S.U. n. 21745/2009) non avrebbero potuto derogare all’accordo quadro (Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 40, comma 2).
- In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’articolo91 c.p.c..
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese del giudizio al controricorrente, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed interessi di legge.