Sentenza 580/2017
Imposta comunale sulla pubblicità – Termine di prescrizione
In tema d’imposta sulla pubblicità, la notifica della cartella di pagamento a seguito di un atto di accertamento definitivo, eseguita in epoca anteriore all’entrata in vigore della l. n. 296 del 2006, è assoggettata all’ordinario termine di prescrizione decennale ex art. 2934 c.c., non essendo previsto un termine di decadenza specificamente riferito a tale ipotesi, nè potendo applicarsi l’art. 25, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 602 del 1973, che è relativo a tributi di diversa natura ed è norma di stretta interpretazione, introdotta, peraltro, solo con il d.l. n. 106 del 2005, conv., con modif., dalla l. n. 156 del 2005.
Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 12 gennaio 2017, n. 580 (CED Cassazione 2017)
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
La (OMISSIS) srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 51/2/11 del 22 marzo 2011 con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittima la cartella di pagamento notificatale dal concessionario a seguito di n. 82 avvisi di accertamento – non opposti – emessi dal Comune di Roma per omesso versamento dell’imposta di pubblicità 2001, con relativi interessi e sanzioni.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’amministrazione finanziaria non fosse decaduta dalla pretesa ex Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 9, comma 5, posto che: – gli avvisi di accertamento erano stati notificati nel dicembre 2002, con conseguente loro definitività, per mancata impugnazione, nel 2003; – i ruoli erano stati formati e resi esecutivi il 21 dicembre 2004; – la cartella era stata notificata il 18 marzo 2005 e, dunque, nel rispetto del termine biennale dalla definitività degli avvisi di accertamento ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, comma 1, lettera c), come novellato dalla L. n. 156 del 2005 a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 280/05.
Ha inoltre ritenuto l’inammissibilità del motivo di opposizione concernente le sanzioni e gli interessi, trattandosi di questioni che dovevano essere proposte contro gli avvisi di accertamento.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dal Comune di Roma, nè dal concessionario (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
- 1.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex articolo360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo9, comma 5, in combinato disposto con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, comma 1, lettera c), come novellato dalla L. n. 156 del 2005.
Ciò per avere la commissione tributaria regionale escluso la decadenza dalla riscossione ex articolo 9 cit., nonostante che la cartella le fosse stata notificata, nel marzo 2005, oltre il termine del 31 dicembre del secondo anno successivo alla notificazione degli avvisi di accertamento. E ciò in forza di una disposizione, l’articolo 25 cit., entrata in vigore successivamente alla notificazione della cartella, e non avente efficacia retroattiva.
- 1.2 Ancorchè meritevole di correzione in diritto nella motivazione, la sentenza qui censurata va confermata nel suo decisum.
La presente fattispecie è invero connotata da avvisi di accertamento notificati nel dicembre 2002, e fatti poi oggetto di cartella di pagamento notificata nel marzo 2005.
Alla data di definitività del rapporto impositivo in oggetto non era previsto, per il tributo in esame, un termine di decadenza specificamente riferibile alla notificazione della cartella (solo successivamente introdotto, in sede di adeguamento della disciplina dei tributi locali alla sentenza C. Cost. 280/05, dalla L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 163).
Ne deriva che – nella pacifica osservanza dei termini decadenziali riferiti dalla legislazione speciale alla formazione ed alla consegna dei ruoli – la notificazione della cartella di pagamento, in quanto tale, era assoggettata al termine di prescrizione ordinario decennale; in quanto rivolta alla realizzazione di un credito ormai divenuto certo, liquido ed esigibile.
In sostanza, una volta divenuto definitivo l’atto di accertamento, la pretesa vantata dalla Amministrazione finanziaria si cristallizzava nel diritto soggettivo di credito, il cui esercizio (corrispondente al potere di riscossione) rimaneva assoggettato – in assenza, come nella specie, di diversa previsione normativa decadenziale all’ordinario termine di prescrizione dei diritti ex articolo 2934 c.c. e segg. (ove poi tale credito fosse divenuto definitivo in seguito a pronuncia giurisdizionale, il termine prescrizionale sarebbe stato disciplinato dall'”actio judicati” ex articolo 2953 c.c.).
Consegue pertanto che la decadenza dell’amministrazione comunale doveva, in effetti, essere qui esclusa; non già – come affermato dalla commissione tributaria regionale – in forza di applicazione “estesa” al tributo in oggetto del termine per la notificazione della cartella di pagamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, comma 1, lettera c) (di stretta interpretazione; entrato in vigore successivamente ai fatti di causa; relativo a tributi di diversa natura), bensì in forza dell’applicazione dell’ordinario termine di prescrizione.
Nella specie, tale termine non poteva ritenersi superato, dal momento che la cartella è stata notificata, nel marzo 2005, circa due anni dopo la definitività, per mancata opposizione, di avvisi di accertamento (dedotti in ruoli formati e resi esecutivi in data 21 dicembre 2004 e, dunque, entro il termine di decadenza stabilito dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 9, comma 5) notificati nel dicembre 2002.
- 2.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 23, come modificato dal Decreto Legislativo n. 473 del 1997, articolo 12, e successivamente riformato dalla L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 172. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto preclusa la contestazione delle sanzioni e degli interessi attesa la definitività degli avvisi di accertamento sul punto; nonostante che l’abolizione delle sanzioni per omesso versamento (essendo rimaste in vigore le sole sanzioni per omessa o infedele dichiarazione), e degli interessi, concretasse questione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
- 2.2 Il motivo è infondato, stante la definitività del provvedimento di irrogazione impugnato.
Va qui richiamato l’orientamento di legittimità secondo cui: “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, il principio del “favor rei” di cui al Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 3 del, è applicabile, anche d’ufficio ed in ogni stato e grado di giudizio, secondo il successivo articolo 25, comma 2, alle infrazioni commesse anteriormente alla data di sua entrata in vigore (1 aprile 1998), a condizione che vi sia un procedimento ancora in corso e il provvedimento impugnato non sia definitivo (…)” (così Cass. 17972/13; in termini, Cass. 1656/13; 23035/12; 17069/09 ed altre).
Soccorre inoltre, in caso sovrapponibile al presente, quanto stabilito da Cass. 8350/12 a fronte di denuncia di “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 23 – novellato dal Decreto Legislativo n. 473 del 1997, articolo 12 e quindi dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 12 – in quanto erano state irrogate dal Comune di Roma sanzioni pecuniarie “per omesso o tardivo versamento” ed applicati interessi, nonostante la fattispecie di illecito fosse stata soppressa a decorrere dall’1.4.1998 ed il pagamento degli interessi fosse stato abolito dalla Legge del 2006″; secondo cui tale censura doveva ritenersi inammissibile poichè con essa la società contribuente “contestando la sanzione pecuniaria irrogata con gli avvisi di accertamento, intende rimettere in discussione una questione che risulta ormai preclusa dalla definitività dell’atto accertativo”.
Ne segue il rigetto del ricorso; nulla sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE
– Rigetta il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data 1^ dicembre 2016.