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Cassazione Civile 5830/2023 – Individuazione della giurisdizione nei giudizi di separazione personale tra coniugi (cittadini di diversi Stati dell’UE)

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Ordinanza 5830/2023

Individuazione della giurisdizione nei giudizi di separazione personale tra coniugi (cittadini di diversi Stati dell’UE)

Ai fini della corretta individuazione della giurisdizione nei giudizi di separazione personale tra coniugi (cittadini di diversi Stati dell’UE) secondo il criterio della “residenza abituale” previsto dall’art. 3 del Reg. (CE) n. 2201 del 2003, le certificazioni provenienti dai registri di stato civile – che hanno l’essenziale funzione di dare la certezza di fatti giuridicamente rilevanti, rendendoli conoscibili a chiunque in modo sicuro – ammettono la prova contraria, purché questa sia estremamente rigorosa nella sua evidenza e certa nei suoi esiti. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la giurisdizione italiana, ritenendo che le risultanze della certificazione anagrafica non fossero superate dall’attestazione contraria di un funzionario dell’ambasciata italiana all’estero e da altri elementi presuntivi afferenti alle abitudini di vita e di lavoro).

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Ordinanza 27-2-2023, n. 5830   (CED Cassazione 2023)

 

 

FATTI DI CAUSA

1. – In data 12 giugno 2019, (OMISSIS) depositò ricorso per
separazione giudiziale presso il Tribunale de La Spezia, procedimento
nel quale la resistente propose il regolamento preventivo di
giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., chiedendo la declaratoria del
difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Con ordinanza del 21 settembre 2020, n. 19665, le S.U.
dichiararono inammissibile l’istanza di regolamento, in ragione della
pendenza di un procedimento di divorzio preventivamente incardinato
in Spagna, ai sensi dell’art. 19 Reg. UE n. 2201 del 2003, compensando
le spese di lite.

2. – Alla definizione del procedimento spagnolo, conclusosi con la
declinatoria della giurisdizione, il giudizio di separazione è stato
riassunto dal (OMISSIS) presso il Tribunale de La Spezia.

Un nuovo ricorso per regolamento di giurisdizione è stato proposto
dalla moglie, sulla base di un motivo, con il quale si chiede la
declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice italiano, ai sensi
dell’art. 3 Reg. Ue 2201/03.

Ha depositato controricorso (OMISSIS).

Il Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte ha chiesto
dichiararsi la giurisdizione italiana.

Le parti hanno depositato la memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente argomenta il difetto della giurisdizione italiana sul
procedimento di separazione giudiziale fra le parti, ai sensi dell’art. 3,
par. 1, lett. a), sesto alinea, Reg. CE 2201/2003, in quanto il marito
non risiedeva abitualmente nel territorio dello Stato italiano da almeno
sei mesi prima del deposito della domanda di separazione dinanzi al
Tribunale nazionale.

Afferma che la residenza anagrafica del marito in Italia è dato
formale e fittizio, essendo almeno sino al 27 dicembre 2018 il (OMISSIS)
ancora residente in Qatar, a Doha, come sarebbe dimostrato da
un’attestazione a firma del funzionario vicario dell’Ambasciata d’Italia a
Doha, in cui si «dichiara che (OMISSIS) nato il 05/01/1974 a Pisa
(PI), cittadino italiano, già residente in PI 202 Qanat Quarter, The
Pearl, Doha, Qatar, ha risieduto ininterrottamente in questa
Circoscrizione Consolare dal 31/07/2009 ed ha reso noto che intende
trasferirsi definitivamente in Italia, per stabilirsi nel Comune di La
Spezia (SP) Via Viano 83, recando con sé le masserizie ed effetti
personali usati di cui all’allegato elenco, vistato dalla scrivente
Ambasciata», documento concernente in ispecie profili doganali con
riguardo all’autovettura di sua proprietà ed al permesso di
esportazione.

Adduce elementi indiziari ulteriori, fondati sull’improbabilità che un
soggetto in carriera risieda in una piccola provincia, pur partecipando al
capitale di società nordamericana ed avendo interessi lavorativi in
Qatar; mentre non rileverebbe l’avere mantenuto a La Spezia una rete
di amicizie e contatti o il medico di riferimento, eventi spiegabili con la
circostanza che egli ivi ricopriva anche il ruolo di amministratore di una
società paterna.

2. – L’identificazione del giudice cui spetta la giurisdizione in ordine
ad una controversia caratterizzata da elementi di estraneità
all’ordinamento italiano integra questione di carattere processuale, in
relazione alla quale la Suprema Corte, chiamata ad operare come
giudice anche del fatto, può procedere non solo alla verifica della
corretta individuazione ed interpretazione della disciplina applicabile,
ma anche alla ricostruzione della vicenda sottoposta al suo esame, nei
limiti in cui ciò risulti necessario per l’applicazione della predetta
disciplina (e multis, Cass., sez. un., 27 gennaio 2020, n. 1717).

3. – La disposizione di riferimento è l’art. 3 Reg. CE n. 2201/2003
del Consiglio del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale
e in materia di responsabilità genitoriale, il quale prevede la
competenza generale, per le questioni inerenti al divorzio, alla
separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio,
delle «autorità giurisdizionali dello Stato membro: a) nel cui territorio si
trova: – la residenza abituale dei coniugi, o – l’ultima residenza abituale
dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o – la residenza abituale del
convenuto, o – in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di
uno dei coniugi, o – la residenza abituale dell’attore se questi vi ha
risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o
– la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello
Stato membro stesso…».

Secondo la nozione accolta dalla Corte di giustizia (Corte di giust.
UE, III Sez., 1° agosto 2022, C-501/20, MPA c. LCDNMT, in tema di
obblighi alimentari, punti 41-44), in relazione all’interpretazione
dell’art. 3 del regolamento n. 2201/2003, si tratta di criteri oggettivi,
alternativi ed esclusivi che rispondono alla necessità di una
regolamentazione adeguata alle specifiche necessità dei conflitti in
materia di scioglimento del vincolo matrimoniale (punto 41): la nozione
di «residenza abituale» figura nei sei criteri di competenza di cui all’art.
3, par. 1, lett. a), del regolamento n. 2201/2003, che attribuisce, in
modo non gerarchico, la competenza a decidere sulle questioni inerenti
allo scioglimento del vincolo matrimoniale alle autorità giurisdizionali
dello Stato membro nel cui territorio si trova, a seconda dei casi, la
residenza attuale o precedente dei coniugi o di uno di essi (punto 42);

a tal riguardo, il regolamento n. 2201/2003 non contiene alcuna
definizione della nozione di «residenza abituale», in particolare
della residenza abituale di un coniuge, ed occorre ricercarne
un’interpretazione autonoma e uniforme, tenendo conto del contesto
delle disposizioni che menzionano detta nozione e degli obiettivi del
summenzionato regolamento (punto 43); la nozione di «residenza
abituale» è caratterizzata, in via di principio, da due elementi, ossia, da
un lato, la volontà dell’interessato di fissare il centro abituale dei suoi
interessi in un luogo determinato e, dall’altro, una presenza che denota
un grado sufficiente di stabilità nel territorio dello Stato membro
interessato (punto 44; nonché sentenza del 25 novembre 2021, IB,
C-289/20, punto 57).

Secondo la Corte giustizia dell’Unione europea, dunque, l’art. 3,
par. 1, reg. Ce n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 elenca, alle lettere
a) e b), diversi criteri di attribuzione della competenza giurisdizionale,
da ritenere tutti come alternativi, essendosi prevista espressamente la
coesistenza di più giudici competenti, senza che sia stabilita tra loro
alcuna gerarchia (Corte di giust. UE 03-10-2019, n. 759/18, punti 26-
28).

Con riguardo alla residenza abituale del minore, conformemente
alla giurisprudenza della Corte, si afferma (Corte di giust. UE 14 luglio
2022, C-572/21) che la residenza abituale del minore, la quale
corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita,
dev’essere stabilita sulla base di un’analisi globale delle circostanze di
fatto proprie di ogni caso specifico, spettando ai giudici nazionali
accertare la situazione.

Analogamente, secondo il principio più volte affermato dalle Sezioni
Unite, ai fini della corretta individuazione della giurisdizione in un
giudizio di separazione personale tra coniugi cittadini di diversi Stati
membri dell’Unione ex art. 3 cit. la “residenza abituale” è il luogo della
residenza effettiva, in cui vi è concreto e continuativo svolgimento della
vita personale ed eventualmente lavorativa alla data di proposizione
della domanda (Cass., sez. un., 31 marzo 2022, n. 10443; Cass., sez.
un., 17 febbraio 2010, n. 3680).
4. – Il controricorrente, innanzi al tribunale italiano, ha invocato il
foro alternativo previsto dall’art. 3, par. 1, lett. a), ultimo alinea,
producendo il proprio certificato anagrafico di residenza che attesta la
circostanza.

Nonostante la residenza anagrafica di (OMISSIS) sia attestata
dal relativo certificato in La Spezia dal 28 novembre 2018, la ricorrente
sostiene la falsità di tale risultanza, in quanto non si tratterebbe di
residenza effettiva.

La ricorrente assume, nella sua prospettazione, trattarsi di
residenza meramente formale, in quanto invece controparte vivrebbe
stabilmente all’estero: nonostante La Spezia sia la sua città di origine
ed in essa vivano i genitori, sarebbe quindi un artificio artatamente
organizzato per scegliere il foro competente.

5. – Nel ricorso viene invocato il principio per il quale – in tema di
notificazioni – le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo
circa il luogo di residenza, e possono essere superate da una prova
contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi
anche mediante presunzioni (Cass. 18 maggio 2020, n. 9049, non
mass., in motivazione; Cass. 12 febbraio 2020, n. 3378, in
motivazione; Cass. 20 settembre 2019, n. 23521; Cass. 3 agosto 2017,
n. 19387; Cass. 18 maggio 2016, n. 10170; Cass. 14 maggio 2013, n.
11550; Cass. 22 dicembre 2009, n. 26985; v. pure Cass. 17
settembre 2020, n. 19431).

Orbene, occorre precisare che il principio attiene al contraddittorio
processuale ed al tema delle notificazioni, dunque in sé non
automaticamente trasponibile nella materia de qua agitur; peraltro,
come sopra esaminato, la giurisprudenza eurounitaria e quella delle
Sezioni unite, specificamente in tema di competenza giurisdizionale,
reputano del pari che occorra tenere conto della residenza abituale,
intesa come avente un grado di sufficiente stabilità.

Ciò posto, occorre qui evidenziare che i registri dello stato civile,
come altri albi e registi previsti dall’ordinamento, hanno una essenziale
funzione, quella della certezza giuridica.
Questa Corte ha già avuto occasione di sottolineare come
costituisca interesse generale, tanto più nelle società complesse, che
determinati fatti giuridici siano resi conoscibili a chiunque: da qui la
previsione, in tutti gli ordinamenti moderni, del sistema della pubblicità,
realizzata attraverso il sistema dei registri.

I principali di essi attengono a fatti relativi alle persone (l’anagrafe,
o registro della popolazione, che riguarda soprattutto residenza e
composizione del nucleo familiare; lo stato civile, quali nascita,
matrimonio e cittadinanza; il registro delle persone giuridiche; il
registro delle tutele e delle curatele; il registro dei piloti e il registro
d’iscrizione del personale di volo; ecc.), ai beni immobili (pubblici
registri immobiliari; catasto; registro dei diritti sulle zone di demanio
marittimo; ecc.), a date categorie di beni mobili (registro
automobilistico, navali, aereonautico; registro delle navi in
costruzione), di beni immateriali (i registri della proprietà industriale o
letteraria: registro dei brevetti, dei brevetti Europei e italiano dei
brevetti Europei, dei marchi, registro pubblico generale delle opere
protette, registro pubblico speciale per le opere cinematografiche e le
opere audiovisive, ecc.) o infine all’attività economica organizzata
(registro delle imprese, albo delle imprese artigiane, registro prefettizio
delle cooperative, registro delle imprese di navigazione aerea, registro
dei protesti, ecc.).

I pubblici registri, che sono tali perché accessibili a chiunque e
l’ufficio che li detiene ha tale natura, svolgono funzioni di pubblicità,
tradizionalmente distinta in pubblicità-notizia, dichiarativa e costitutiva.
Essi hanno enorme importanza, economica e sociale, in quanto
producono o fanno circolare delle “speciali forme di sicurezza” circa
eventi, che, direttamente o indirettamente, rendono sicuri, o
quantomeno più agevoli, i rapporti economici e sociali.

Il “cardine” intorno cui ruotano questi procedimenti è la nozione di
certezza: tali strumenti hanno un tratto strutturale e funzionale
comune, che consiste nel dar certezza di fatti giuridicamente rilevanti.
In tal modo, i pubblici registri realizzano lo scopo della sicurezza
giuridica.

La loro essenziale caratteristica è perciò l’idoneità alla formazione di
documenti di cui permettono la conservazione e la facile esibizione in
modo duraturo, in quanto interessano un numero indeterminabile di
figure soggettive presenti e future. La rilevanza di tali registri è
evidenziata, ove occorra, dagli studi sociologico-giuridici sulle
collettività statali non adeguatamente sviluppate e da ciò che vi accade
in mancanza di registri dello stato civile, anagrafici, immobiliari, delle
imprese ed altro (in questi termini, v. Cass., ord. interl. 17 luglio 2015,
n. 15096).

Ne deriva che una forza probatoria assistita da efficacia predetta
rivestono le certificazioni provenienti da tali registri.
Allorché si intenda, quindi, sostenere la falsità della risultanze di
una certificazione di simili registri, laddove tale prova sia ammessa,
come per il certificato di residenza nelle controversie come la presente,
è tuttavia necessario che tale prova sia estremamente rigorosa nella
sua evidenza e certa nei suoi esiti.

6. – Tale risultato probatorio non sussiste nel caso in esame, non
essendo gli assunti della ricorrente idonei a superare la certificazione
anagrafica di residenza.
In particolare, essa sostiene che sino al 27 dicembre 2018 il
(OMISSIS) non risiedeva in La Spezia (onde ciò, sebbene per pochi giorni,
renderebbe inapplicabile il criterio dei sei mesi di residenza), incentra la
propria tesi sull’attestazione a firma del funzionario vicario
dell’Ambasciata d’Italia a Doha del 27 dicembre 2018, sopra riportata.
Tuttavia, l’interpretazione dell’atto non è affatto univoca, come
pretenderebbe la ricorrente, e si tratta di un unico elemento non
decisivo, neppure suffragato dagli ulteriori assunti, del tutto privi di
concludenza, circa la improbabilità della scelta di una residenza in
provincia da parte del marito, considerate le sue abitudini di vita e di
lavoro.

Viceversa, esistono altri elementi che proprio con quella residenza
sono coerenti, e che proprio per tale ragione non occorre partitamente
esaminare, non trattandosi di prova a carico del controricorrente (ma si
vedano: la “rete” di amicizie e contatti, ed i medici che lo hanno in
cura, nonché la funzione di amministratore di una società paterna,
circostanze ammesse nello stesso ricorso; proprietà immobiliare;
iscrizione nell’albo dei promotori finanziari ed al Servizio Sanitario
Italiano; utenza telefonica italiana; disdetta del contratto di locazione
dell’appartamento in Doha in data 16 settembre 2018).

7. – In definitiva, deve essere dichiarata la giurisdizione italiana
sulla controversia e le parti rimesse innanzi al Tribunale di La Spezia
per il prosieguo, demandando al medesimo anche la liquidazione delle
spese.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice
italiano nella causa e rimette le parti dinanzi al Tribunale di La Spezia
per l’ulteriore corso, nonché per la liquidazione delle spese del presente
procedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2023.