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Cassazione Civile 5921/2023 – Esecuzione forzata – Estinzione del processo esecutivo per effetto della rinuncia dell’unico creditore

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Ordinanza 5921/2023

Esecuzione forzata – Estinzione del processo esecutivo per effetto della rinuncia dell’unico creditore – Successivo provvedimento del giudice – Natura dichiarativa

L’estinzione del processo esecutivo si verifica per effetto della sola rinuncia dell’unico creditore, avendo il relativo provvedimento del giudice dell’esecuzione natura meramente dichiarativa, con la conseguenza che, dopo il deposito dell’atto di rinuncia, non è più ammesso l’intervento di altri creditori.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 27-2-2023, n. 5921   (CED Cassazione 2023)

 

 

Fatti di causa

1. (OMISSIS) S.r.l. e, per essa, (OMISSIS)
s.p.a., ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della
sentenza della Corte d’appello di Roma con la quale è stato respinto
l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 18742/17 del
Tribunale di Roma.

2. Questi i fatti dai quali trae origine la controversia.

2.1. (OMISSIS), debitore esecutato, propose opposizione
avverso l’esecuzione, deducendo che il creditore (OMISSIS) s.p.a.,
ora (OMISSIS) s.r.l., intervenuto in forza di mutuo ipotecario, non
era munito di titolo esecutivo idoneo a dare impulso alla procedura
esecutiva a seguito di rinuncia del creditore procedente F.lli
(OMISSIS) s.p.a., avvenuta nel 1993.
Essendo stato, in data 21 settembre 2015, aggiudicato l’immobile
staggito, con successivo ricorso il debitore esecutato propose
opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. avverso il provvedimento di
aggiudicazione; il giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 4
luglio 2016, decidendo su entrambe le opposizioni, dichiarò estinta la
procedura esecutiva, accogliendo l’opposizione del Felice.

2.2. Il creditore intervenuto propose reclamo avverso il suddetto
provvedimento, opponendo, da un lato, che la quietanza di euro
98.000,00, depositata in originale, integrava prova della effettiva
erogazione della somma mutuata, cosicché il contratto di mutuo
doveva ritenersi valido titolo esecutivo, e, dall’altro, che il
provvedimento di estinzione aveva efficacia dichiarativa e produceva i
suoi effetti solo al momento della pronuncia.

Il Tribunale di Roma rigettò il reclamo.

2.3. Anche il gravame interposto dalla (OMISSIS) s.p.a. è
stato respinto dalla Corte d’appello di Roma, che ha, in particolare,
osservato che la prospettazione difensiva dell’appellante — che
poggiava sull’esistenza di un titolo esecutivo costituito da un
contratto di mutuo da intendersi integrato da una successiva
quietanza, non contestata — era del tutto inconferente e che la
natura dichiarativa del provvedimento di estinzione comportava la
retroattività dell’effetto estintivo, con la conseguenza che l’esecuzione
forzata non poteva proseguire in ragione di un credito vantato da
creditore intervenuto privo di titolo esecutivo. Ha, quindi, concluso
che alla data di deposito della rinuncia dell’ultimo creditore munito di
titolo esecutivo erano maturate le condizioni per la declaratoria di
estinzione del processo esecutivo, non avendo l’appellante
legittimazione a proseguire l’esecuzione.

3. (OMISSIS), nella qualità di erede di (OMISSIS),
resiste con controricorso.

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS),
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l.
(incorporante la (OMISSIS) s.p.a., già F.lli
(OMISSIS) s.p.a.), (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l. e
(OMISSIS) non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ.

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa, allegando
la sentenza n. 6283/20 emessa dal Tribunale di Roma e la sentenza
n. 6602/22 della Corte d’appello di Roma, pronunciate tra le parti ed
aventi ad oggetto questioni identiche a quelle oggetto del presente
giudizio.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso la (OMISSIS) s.r.l. deduce la
‹‹Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto in
ordine al combinato disposto degli artt. 115, 116 e 474 c.p.c., 1813 e
ss. c.c., per avere la Corte di Appello di Roma errato nell’individuare
ed interpretare gli elementi concorrenti a formare il titolo esecutivo
ritenendo la “non contestazione” dell’atto di quietanza prova della
sola esistenza del credito e non prova del titolo esecutivo, dato invece
da una interpretazione integrata dei due atti (contratto di mutuo e
quietanza) e delle loro pattuizioni››.

Ribadisce l’esistenza di un valido titolo esecutivo, sottolineando
che la società (OMISSIS) s.r.l., alla quale era stato concesso il mutuo,
aveva rilasciato quietanza per la somma di euro 50.612,00, acquisita
agli atti di causa e non contestata dal debitore esecutato, e che, ai
sensi dell’art. 3 del contratto di mutuo, era stata pattuita la
immediata messa a disposizione della somma alla società mutuata
utilizzabile mediante prelievo contro il rilascio di quietanze.

2. Con il secondo motivo deduce la ‹‹Nullità della sentenza ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. per “violazione o falsa
applicazione di norme di diritto” in ordine al combinato disposto degli
artt. in riferimento agli artt. 499, 629 e 306 c.p.c., per avere la Corte
di Appello di Roma ritenuto operante ipso iure l’estinzione della
procedura esecutiva all’atto del deposito della rinuncia da parte del
creditore procedente e non più ammesso l’intervento dei creditori a
prescindere dalla pronuncia del provvedimento di estinzione ritenuto
di natura dichiarativa, con conseguente retroattività dell’effetto
estintivo››. La ricorrente richiama a supporto della doglianza la
sentenza di questa Corte n. 6885/98, rimarcando che la dichiarazione
di estinzione ex art. 629 cod. proc. civ. non retroagisce al momento
in cui si è verificato l’evento estintivo, ma spiega effetti solo al
momento della dichiarazione giudiziale, e sostiene che non è
pertinente il riferimento alla sentenza n. 27545/2017 di questa Corte.
Nel caso di specie, prosegue la ricorrente, la mancanza di una
dichiarazione di estinzione nel periodo compreso tra il 1993 ed il 1998
impone di ritenere la validità dell’intervento titolato della Banca di
Roma effettuato il 19 febbraio 1998 e, dunque, la validità degli atti
compiuti nella procedura esecutiva.

3. Il primo motivo è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, al fine di accertare se
un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo,
occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con
quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza, se esso contenga
pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità
giuridica della somma mutuata e se entrambi gli atti, di mutuo ed
erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge (Cass.,
sez. 3, 27/08/2015, n. 17194; Cass., sez. 3, 05/03/2020, n. 6174).
In particolare, questa Corte, pur ribadendo la tesi tradizionale per
la quale il contratto di mutuo è un contratto reale, che si perfeziona
con la consegna della somma data a mutuo, che è elemento
costitutivo del contratto, ha chiarito che non configura la consegna
idonea a perfezionare il contratto di mutuo esclusivamente la
materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario,
essendo sufficiente per la sussistenza di un valido contratto di mutuo
che sia stata acquisita la disponibilità giuridica della somma mutuata.
In un contesto in cui si assiste ad una progressiva
dematerializzazione dei valori materiali, si affianca in posizione
paritetica alla immediata acquisizione della disponibilità materiale del
denaro l’acquisizione della disponibilità giuridica di esso, correlata con
la contestuale perdita della disponibilità delle somme mutuate in capo
al soggetto finanziatore. E ciò in conformità al principio di diritto per il
quale il conseguimento della giuridica disponibilità della somma
mutuata da parte del mutuatario può ritenersi sussistente, come
equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un
autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale
da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e
l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero,
quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito
specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al
mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse
del primo (Cass., sez. 1, 12/10/1992, n. 11116; Cass., sez. 1,
15/07/1994, n. 6686; Cass., sez. 1, 21/02/2001, n. 2483; Cass., sez.
3, 05/07/2001, n. 9074; Cass., sez. 1, 28/08/2004, n. 17211; Cass.,
sez. 1, 03/01/2011, n. 14; Cass., sez. 3, 27/08/2015, n. 17194).
Di recente, si è altresì spiegato che «ai sensi dell’art. 474 c.p.c.,
nel caso in cui l’atto pubblico notarile (ovvero la scrittura privata
autenticata) documenti un credito non ancora attuale e certo, ma solo
futuro ed eventuale, benché risultino precisamente fissate le
condizioni necessarie per la sua venuta ad esistenza, ai fini della sua
efficacia esecutiva sarà necessario che anche i fatti successivi ed
eventuali che determinano l’effettivo sorgere del credito siano
documentati con atto pubblico o scrittura privata autenticata» (Cass.,
sez. 3, 28/12/2021, n. 41791).

Posto ciò, nel caso di specie, alla stregua dell’accertamento di
fatto operato dai Tribunale e avallato dalla Corte d’appello, il
contratto di mutuo azionato dal dante causa dell’odierna ricorrente,
Mediocredito Lazio s.p.a., stipulato in forma pubblica notarile, non
prevede l’erogazione contestuale delle somme e non può, pertanto,
valere come titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 cod. proc. civ.
La società ricorrente, non confrontandosi con la ratio decidendi
della pronuncia, anche in questa sede si è limitata a reiterare le
argomentazioni già esposte nel giudizio di merito ed a sottolineare
che il contratto di mutuo è stato integrato dalla successiva quietanza
‹‹non contestata›› dal debitore esecutato, ma tale circostanza non è
di per sé dirimente, in difetto di prova della immediata e contestuale
erogazione della somma mutuata.

4. Il secondo motivo è privo di fondamento.

Con la doglianza la ricorrente pone la questione di diritto relativa
alla determinazione del momento in cui si produce l’estinzione del
processo esecutivo a seguito di rinuncia agli atti e sostiene che
sussiste sul tema un contrasto giurisprudenziale che renderebbe
opportuna la rimessione alle Sezioni Unite.

Le deduzioni difensive della ricorrente non sono condivisibili.
Secondo una risalente pronuncia di legittimità (Cass., sez.
14/03/2008, n. 6885), ‹‹l’estinzione del processo esecutivo a seguito
di rinuncia si verifica, al pari di quella prevista dall’art. 306 cod. proc.
civ., richiamato dall’art. 629 cod. proc. civ., solo con l’ordinanza del
giudice, per cui, fino a quando non è emesso tale provvedimento, i
creditori possono intervenire››; pertanto, affinché possa estinguersi il
processo, occorre il provvedimento del giudice dell’esecuzione, al
quale deve riconoscersi natura costitutiva, di talché, fin a quando non
sia stata pronunciata l’ordinanza, la procedura non può considerarsi
estinta ed è ammissibile l’intervento di altri creditori, che preclude
l’estinzione stessa.

Con una decisione più recente questa Corte, pronunciandosi in
una fattispecie di richiesta di risarcimento danni avanzata da un
debitore esecutato che lamentava il mancato deposito della rinuncia e
la cancellazione di ipoteca da parte del creditore ipotecario istante,
poiché ciò gli aveva impedito di alienare il bene per il quale aveva
stipulato un contratto preliminare, ha affermato che ‹‹l’estinzione del
processo esecutivo si verifica per effetto della sola rinuncia dell’unico
creditore, avendo il provvedimento di estinzione del giudice
dell’esecuzione natura meramente dichiarativa››, aggiungendo che
dopo il deposito dell’atto di rinuncia dell’unico creditore ‹‹non è più
ammesso l’intervento di altri creditori›› (Cass., sez. 3, 21/11/2017,
n. 27545).

Il Collegio ritiene che debba essere preferito l’orientamento
introdotto dalla sentenza da ultimo richiamata, che attribuisce al
provvedimento di estinzione adottato dal giudice dell’esecuzione
natura dichiarativa e ricognitiva di un’estinzione già verificatasi, di per
sé preclusiva di altri interventi.

Infatti, il riferimento all’art. 306 cod. proc. civ., contenuto nella
sentenza n. 6885/08, non tiene conto che il processo di esecuzione –
a differenza di quello di cognizione – deve essere retto sempre da un
titolo esecutivo, in conformità al principio nulla executio sine titulo
(Cass., sez. U, n. 10939/17), cosicché la sopravvenuta mancanza di
creditori titolati non può che comportare un inevitabile arresto della
procedura esecutiva, a prescindere dall’adozione di provvedimenti
giudiziali.

Come è stato posto in risalto dalla sentenza n. 27545/17,
trovando l’esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti
esecutivi giustificazione nella salvaguardia dell’interesse
dell’esecutato ad evitare che nella procedura — ancora pendente —
possano intervenire altri creditori abilitati a darvi impulso, una volta
effettuato il deposito dell’atto ex art. 629 cod. proc. civ., il
provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione ha natura
meramente dichiarativa dell’effetto estintivo (istantaneo) che si è già
prodotto nel momento in cui il processo esecutivo non risulta più
sorretto da un creditore munito di titolo esecutivo; al contrario, un
intervento anteriore alla rinuncia impedisce l’estinzione della
procedura e determina la sua prosecuzione in danno dell’esecutato.

Ciò anche in sintonia con le Sezioni Unite di questa Corte che, con la
sentenza n. 61 del 7 gennaio 2014 hanno statuito che «Nel processo
di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere
dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa
presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del
titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno
un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la
perdurante efficacia dell’originario pignoramento».

In applicazione dei superiori principi, la rinuncia del creditore
titolato, avvenuta nel 1993, in assenza di altri creditori in grado di
dare impulso alla procedura, ha determinato l’immediato effetto
estintivo della procedura esecutiva, prima ancora dell’adozione, da
parte del giudice dell’esecuzione, del provvedimento dichiarativo
dell’estinzione.

5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
sono liquidate come in dispositivo.
Non si ravvisano i presupposti di legge per la condanna ex art. 96
cod. proc. civ. a carico della odierna ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Rigetta la domanda di condanna ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente,
delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 8.500,00
per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-
bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio in data 8 febbraio 2023