Ordinanza 5945/2023
Quietanza di pagamento – Confessione stragiudiziale alla parte
Il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria ex artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l’atto se non dimostrando, a norma dell’art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente la prova della non veridicità della dichiarazione.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 28-2-2023, n. 5945 (CED Cassazione 2023)
Art. 1199 cc (Diritto dei debitori alla quietanza) – Giurisprudenza
Fatti di causa
1. La (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, a seguito di rinvenimento di
sette quietanze in originale relative a versamenti da essa effettuati in
favore di due società, la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.r.I., tutte
firmate da (OMISSIS), socio unico di entrambe le società, ed
aventi identico contenuto («anticipazioni sugli utili che sarebbero
derivati da una futura partecipazione nelle attività della (OMISSIS)
s.r.I.») e dopo avere scoperto uscite di ingenti somme dalla cassa
della società, formalmente contabilizzate come «prelievo
amministratore», tutte incassate da soggetti con i quali non aveva
mai intrattenuto rapporti, convenne in giudizio, con distinti atti di
citazione, (OMISSIS) s.r.I., (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.I., (OMISSIS),
(OMISSIS) s.r.I., (OMISSIS), (OMISSIS) s.n.c, nonché, in tutte
le cause, (OMISSIS), precedente amministratore della società
attrice, chiedendo la restituzione delle somme, perché versate
indebitamente.
(OMISSIS), (OMISSIS) s.r.I., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS)
, costituendosi in giudizio, replicarono che tutti i pagamenti
erano stati effettuati in esecuzione di un contratto di joint-venture
con la stessa società attrice; in via riconvenzionale, (OMISSIS) s.r.l.
(OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) spiegarono domanda di
risarcimento dei danni nei confronti della attrice.
Si costituì anche la (OMISSIS) s.r.I., che confermò la ricezione
degli assegni come corrispettivo di forniture di arredi commissionate
dalla (OMISSIS) in relazione ad un immobile di proprietà della
(OMISSIS) s.r.l.
Rimaste contumaci le altre parti convenute, il Tribunale di
Bologna accolse parzialmente le domande di parte attrice.
2. La sentenza è stata impugnata, in via principale, dalla società
(OMISSIS) s.r.I., limitatamente alla condanna al pagamento di euro
60.000,00 scaturente da una quietanza, e, in via incidentale, dalla
(OMISSIS) s.r.l. e la Corte d’appello di Bologna ha respinto entrambi i
gravami e, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la
domanda proposta da (OMISSIS) s.r.l. con l’atto introduttivo nei confronti di
(OMISSIS) 2001 s.r.I., (OMISSIS), (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) s.r.l.
Ha, in primo luogo, riconosciuto alla quietanza per euro
60.000,00, rilasciata dalla (OMISSIS), quale amministratore della
società (OMISSIS) s.r.I., a (OMISSIS), in rappresentanza della (OMISSIS)
s.r.I., valore di confessione stragiudiziale, come tale vincolante per il
giudice circa la verità del fatto in essa rappresentato, così
respingendo i motivi di gravame della (OMISSIS) s.r.I., che aveva
contestato l’efficacia di prova legale attribuita a detta quietanza dal
giudice di primo grado. Ha, poi, respinto la domanda svolta dalla
(OMISSIS) s.r.l. nei confronti dei fornitori appellati, in quanto le somme
versate in loro favore costituivano il corrispettivo di lavorazioni e
forniture effettivamente eseguite, sia pure a favore di un soggetto
terzo diverso (le società (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.I.) da
quello che ne aveva effettuato il pagamento, così escludendo che
potesse trovare applicazione il disposto di cui all’art. 2033 cod. civ.
3. (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione, con un unico
motivo.
Resiste mediante controricorso la (OMISSIS) s.r.I., che propone
ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
(OMISSIS) s.r.l. ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
La ricorrente incidentale ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso principale la ricorrente denuncia
la «violazione e falsa applicazione degli artt. 1199, 2033 e 2697 cod.
civ., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, n.
5, c.p.c.» per avere i giudici di appello ritenuto irrilevante il possesso
dell’originale delle quietanze, disattendendo il principio secondo cui il
possesso delle quietanze, anche se prive di intestazione, costituisce
idonea prova presuntiva dei relativi pagamenti da parte del
possessore, salva restando l’allegazione di prova contraria, che, nel
caso di specie, non era stata fornita. Addebita, pure, alla Corte
territoriale di non essersi soffermata sulle risultanze del registro
I.V.A. e del libro giornale, depositati in giudizio, dai quali emergeva
che il totale dei prelievi dell’amministratore era pari ad euro
407.000,00, somma corrispondente all’ammontare complessivo delle
quietanze.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. La censura, per come illustrata, non adempie, in primo luogo,
alla funzione che al motivo di ricorso assegna l’art. 366, primo
comma, n. 4, cod. proc. civ.
Va, invero, rilevato come il vizio della sentenza previsto dall’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena
di inammissibilità del motivo, non solo con la indicazione delle norme
assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche
argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente
dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto
contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con
le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle
stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, in tal modo
consentendo alla Corte di adempiere al suo compito istituzionale di
verificare il fondamento della lamentata violazione. Con la
conseguenza che non risulta idoneamente censurata, ai fini
dell’ammissibilità del ricorso proposto ai sensi della disposizione in
esame, la deduzione di «errori di diritto» individuati per mezzo della
preliminare indicazione delle norme pretesamente violate, ma non
dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice
del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla
controversia, da effettuarsi mediante specifiche contestazioni e non
attraverso la mera contrapposizione delle soluzioni prospettate nel
motivo a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza
impugnata.
In sostanza, i motivi, che devono avere i caratteri della specificità,
completezza e riferibilità alla decisione, devono esattamente
individuare il capo della sentenza impugnata e identificare in modo
puntuale l’errore di attività o di giudizio nel quale sarebbe incorso il
giudice del merito (Cass., sez. 1, 29/11/2016, n. 24298; Cass., sez.
1, 05/08/2020, n. 16700; Cass., sez. U, 28/10/2020, n. 23745).
1.3. Nella specie, la ricorrente, alla iniziale elencazione in rubrica
delle norme asseritamente violate, non ha fatto seguire una puntuale
trattazione delle singole violazioni denunciate e, soprattutto, non ha
sviluppato in modo adeguato argomenti in diritto per contestare, con
specifico riferimento a ciascuna delle disposizioni normative che
assume essere state violate, il convincimento espresso dal giudice
d’appello, essendosi piuttosto limitata a sostenere l’inidoneità degli
elementi di giudizio presi in considerazione a giustificare la decisione
adottata.
1.4. In secondo luogo, il motivo è articolato in palese violazione
dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., giacché si fonda sul
contenuto delle quietanze e su una serie di riferimenti fattuali
concernenti le risultanze dello svolgimento del giudizio di merito,
riguardo alle quali si omette qualsiasi localizzazione in questo giudizio
di legittimità ed anche, quanto alle seconde, riguardo alla sede del
giudizio di merito in cui emersero, nonché anche la riproduzione
diretta od indiretta, in questo secondo caso con precisazione della
parte corrispondente del documento o dell’atto di cui trattasi. Tutti
profili necessari, secondo la consolidata giurisprudenza di questa
Corte per ottemperare al requisito di cui all’art. 366, n. 6, cod. proc.
civ. citato (si vedano già Cass., sez. 5, 04/09/2008, n. 22308; Cass.,
sez. U, 02/12/2008, n. 28547; Cass., sez. 2, 24/03/2010, n. 7061,
ex multis).
E’ appena il caso di rilevare che la carenza del requisito nel ricorso
non può essere sopperita per il tramite di quanto è stato riprodotto
dalla ricorrente principale nel controricorso avverso il ricorso
incidentale.
1.5. Peraltro, fermi restando gli assorbenti rilievi in punto di
inammissibilità, se fosse possibile lo scrutinio dei motivi per come
articolati, si dovrebbe rilevare che i vizi dedotti sono finalizzati, sotto
l’apparente deduzione delle violazioni di legge, a sollecitare un
riesame delle risultanze processuali al fine di addivenire ad una
valutazione delle stesse diversa, più confacente alle esigenze della
(OMISSIS) s.r.I., ma contrastante con quella fatta propria dalla Corte
territoriale.
Come accertato, in punto di fatto, dalla Corte di merito, le
quietanze su cui poggia la domanda di restituzione delle somme,
reiterata con l’appello incidentale, recano in calce la sottoscrizione
della (OMISSIS), in proprio, e sono state rilasciate a (OMISSIS),
in proprio, «sia pure a titolo di anticipo join -venture (OMISSIS) s.r.l. e
(OMISSIS) s.r.l. ovvero “per come accordato”», il che impone di escludere
che le somme siano state corrisposte dalla (OMISSIS) s.r.l.
A tale ricostruzione la odierna ricorrente contrappone, al fine di
dimostrare di essere autrice del pagamento delle somme, che le
quietanze si trovavano da molto tempo in suo possesso e che
l’effettivo esborso troverebbe riscontro documentale nei libri contabili
(in particolare nel registro I.V.A. e nel libro giornale).
Tali argomentazioni, di natura meramente fattuale, sono state già
vagliate sia dal giudice di primo grado che da quello di secondo grado
che le hanno ritenute non dirimenti. In particolare, la Corte
territoriale, premesso che «l’unico elemento prospettato dalla
appellata per attribuire anche alle altre quietanze valore dirimente
quanto a prova privilegiata del pagamento (indebito) eseguito da
(OMISSIS), è rappresentato dalle risultanze del libro giornale e dei registri
iva le cui annotazioni (in termine di uscite dalle casse societarie) si
assumono concomitanti o prossime alle date riportate sulle
quietanze», avallando le conclusioni del Tribunale, ha puntualizzato
che detto elemento non era decisivo per inferirne la prova della
provenienza della relativa provvista dal patrimonio di (OMISSIS) in quanto,
se «pur riferite ai rapporti fra le società, attestano sì un
trasferimento di danaro, ma tra la (OMISSIS) ed il (OMISSIS) in
proprio», ed ha escluso che gli importi indicati nelle quietanze
trovassero riscontro nella richiamata documentazione contabile. Ha,
parimenti, negato rilevanza al fatto che le quietanze si trovassero
nella contabilità della (OMISSIS) s.r.I., evidenziando che la circostanza si
spiegava considerando che il (OMISSIS), che ne era autore di concerto
con la (OMISSIS), all’epoca dei fatti rivestiva la qualità di
amministratore della società (OMISSIS) s.r.l.
L’apprezzamento delle risultanze processuali operato dalla Corte
d’Appello sfugge, dunque, alle contestazioni mosse e neppure può
essere scalfito invocando l’applicazione della decisione di questa Corte
n. 21391/2013, richiamata a pag. 14 del ricorso, secondo la quale
una quietanza che sia priva di intestazione o che sia intestata al de
cuius può costituire, in favore del possessore, prova presuntiva del
pagamento di debiti ereditari nell’ambito di un giudizio tra i coeredi.
Tale arresto non è, infatti, pertinente, perché nel caso di specie le
quietanze non sono prive di intestazione e risultano sottoscritte da un
soggetto diverso dalla (OMISSIS) s.r.l. e rilasciate in favore di un
soggetto diverso dalla (OMISSIS) s.r.I.; correttamente, pertanto, i giudici
d’appello hanno ritenuto che il possesso delle quietanze riferite a
rapporti inter alios non potesse essere considerato elemento idoneo a
supportare la domanda di ripetizione avanzata dalla ricorrente.
La sentenza impugnata sfugge dunque alle critiche ad essa rivolte
poiché si fonda su un percorso argomentativo, sorretto da adeguata
motivazione, che impone di ritenere non raggiunta la prova che le
somme a cui si riferiscono le quietanze siano uscite dalle casse della
(OMISSIS) s.r.l.
Per contro, le argomentazioni di parte ricorrente, oltre a non
integrare i vizi di violazione di legge, perché sostanzialmente volte a
contestare il convincimento che il giudice si è formato, neppure sono
inquadrabili nel paradigma normativo dell’art. 360, primo comma, n.
5, cod. proc. civ., nella nuova formulazione introdotta dall’art. 54,
comma 1, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, che può essere
dedotto soltanto in caso di omesso esame di un «fatto storico»
controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia
«decisivo» ai fini di una diversa decisione, non essendo più
consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del
discorso argomentativo giustificativo della decisione assunta sulla
base di elementi fattuali, acquisiti al rilevante probatorio, ritenuti dal
giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non
pertinenti o recessivi (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez.
U, 22/09/2014, n. 19881; Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).
2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, deducendo la
«Violazione e falsa applicazione degli artt. 2702, 2730, 2731 e 2033
cod. civ., nonché dell’art. 116 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma,
n. 3, cod. proc. civ.)», la controricorrente censura la decisione
gravata nella parte in cui ha ritenuto che altra dichiarazione di
quietanza, rilasciata dall’amministratore unico della società, Caterina
(OMISSIS), a (OMISSIS), quale rappresentante della (OMISSIS) s.r.I.,
costituisse prova legale della riconducibilità alla (OMISSIS) s.r.l. del
pagamento ed integrasse, pertanto, presupposto per la ripetizione.
Sostiene che il valore di prova legale riguarda sicuramente il fatto
materiale del ricevuto pagamento, ma non può essere esteso anche
al profilo della identificazione del suo autore, atteso che, avendo la
quietanza valore di confessione stragiudiziale, la confessione può
avere ad oggetto esclusivamente un fatto storico. La Corte d’appello,
pertanto, non avrebbe potuto rinvenire nella dichiarazione di
quietanza la prova legale della provenienza del pagamento anche in
ragione dell’estraneità della quietanza rispetto al rapporto di mandato
tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.r.l. e soggiunge che, valutando l’efficacia
probatoria della dichiarazione di quietanza, avrebbe trascurato di
considerare altri e diversi elementi di prova idonei ad escludere la
riconducibilità del pagamento alla società ricorrente.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. In linea generale, la quietanza è il documento cui si riferisce
l’art. 1199 cod. civ.; sotto la rubrica «diritto del debitore alla
quietanza» esso obbliga «il creditore che riceve il pagamento» a
«rilasciare quietanza», su richiesta e a spese del debitore.
Al di là delle diverse figure di quietanza variamente atipiche, per
la quietanza tipica è indiscussa la natura confessoria, per cui il
creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del
ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con
piena efficacia probatoria, ai sensi degli artt. 2733 e 2735 cod. civ., e
non può impugnare l’atto se non provando, a norma dell’art. 2732
cod. civ., che esso è stato determinato da errore di fatto o da
violenza; non gli è sufficiente, quindi, provare l’elemento oggettivo
della non veridicità della dichiarazione di ricevuto pagamento, ma
occorre che egli provi, altresì, l’elemento soggettivo dello stato di
errore o di coartazione che lo ha determinato al rilascio (Cass., sez.
2, 07/12/2005, n. 26970; Cass., sez. 2, 21/02/2014, n. 4196).
In questa prospettiva, il rilascio al debitore, da parte del
creditore, della quietanza non determina una semplice inversione
dell’onere della prova dell’avvenuto pagamento, perché al creditore
che ha attestato il fatto del ricevuto pagamento non è poi consentito
di «eccepire che il pagamento non sia mai avvenuto, a meno che non
alleghi e dimostri che la quietanza fu rilasciata per errore di fatto o
violenza» (Cass., sez. 2, 31/10/2008, n. 26325; Cass., sez. 2,
21/02/2014, n. 4196). In altri termini, detta dichiarazione può essere
impugnata – analogamente a quanto avviene in base alla disciplina
della «revoca» della confessione – soltanto se il creditore dimostra
«non solo la non veridicità della dichiarazione, ma anche che la non
rispondenza al vero di questa dipende o dall’erronea rappresentazione
o percezione del fatto contestato, ovvero dalla coartazione della sua
volontà, e non già invece dall’avere erroneamente confidato
sull’avveramento di quanto dichiarato consapevolmente in modo non
veritiero» (Cass., sez. 2, 03/06/1998, n. 5459).
Gli argomenti che l’odierna controricorrente utilizza per affermare
che la quietanza in esame non offre la prova che sia stata la (OMISSIS) s.r,l.
a pagare alla (OMISSIS) s.r.l. la somma di euro 60.000,00 sono, dunque,
inconsistenti e facilmente superabili alla luce dei superiori principi,
ribaditi anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U,
22/09/2014, n. 19888).
Peraltro, va rilevato che l’assunto che la dichiarazione di ricezione
del pagamento da parte di un soggetto persona fisica quale
rappresentante di una società non faccia prova della sussistenza dei
poteri rappresentativi della detta persona fisica è corretto, ma non è
pertinente, perché non idoneo a scalfire l’efficacia confessoria della
dichiarazione di ricezione nella detta qualità, giacché la dichiarazione
concerne solo il fatto della ricezione del pagamento da parte della
persona fisica qualificatasi come rappresentante della società e,
dunque, per suo conto. Il problema della sussistenza della
rappresentanza attiene semmai alla sfera della società e concerne
una diversa questione, quella della inesistenza del potere
rappresentativo.
4. Conclusivamente, il ricorso principale deve essere dichiarato
inammissibile ed il ricorso incidentale va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, in ragione della
reciproca soccombenza, vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso
incidentale.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di
legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente principale e da parte della ricorrente incidentale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma
del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile il 16 dicembre 2022