Ordinanza 5948/2023
Risarcimento del danno – Danno da perdita del rapporto parentale – Criteri di liquidazione – Tabelle basate sul sistema a punti variabili
Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, ferma restando la possibilità che la valutazione equitativa si traduca nell’utilizzo di un sistema di liquidazione diverso (il quale attinga, ove reputato utile, anche alla fonte rappresentata dall’intervallo di valori numerici offerto dalla versione della tabella milanese anteriore a quella del giugno 2022), purché sorretto da un’adeguata motivazione che dia conto delle circostanze prese in considerazione dal giudice per la quantificazione del danno risarcibile nel caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, nel quantificare il danno da perdita del rapporto parentale patito dai fratelli della vittima di un incidente stradale sulla base delle tabelle milanesi del 2018, aveva ridotto l’importo – vicino al massimo tabellare – liquidato dal giudice di primo grado, in considerazione della mancata dimostrazione di circostanze eccezionali idonee a giustificare la suddetta liquidazione).
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 28-2-2023, n. 5948 (CED Cassazione 2023)
Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza
Art. 2059 cc (Danni non patrimoniali) – Giurisprudenza
RILEVATO CHE:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti nella qualità di fratelli di (OMISSIS), ricorrono per la cassazione della sentenza n. 709-2021 emessa dalla Corte d’Appello di L’Aquila, resa pubblica il 13 maggio 2021, notificata in data 14 maggio 2021; a tal fine formulano quattro motivi;
resiste con controricorso (OMISSIS) Public Limited Company; non hanno svolto attività difensiva in questa sede (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), rimasti intimati;
i ricorrenti rappresentano nella descrizione del fatto che, in data (OMISSIS), in seguito ad un incidente stradale, decedeva (OMISSIS); l’incidente era risultato causato da (OMISSIS), il quale, alla guida della sua Toyota Avensis, assicurata per la r.c.a. da (OMISSIS) Public Limited Company, invadeva la corsia di emergenza e si schiantava contro l’autocarro Renault Master della società (OMISSIS) S.p.A., spingendolo contro il guard rail e schiacciando, fino a provocarne la morte, (OMISSIS) e (OMISSIS) che si trovavano tra l’autocarro e il guard rail;
(OMISSIS) corrispondeva agli odierni ricorrenti l’importo di Euro 30.000,00 ciascuno, trattenuto dai riceventi a titolo di acconto;
(OMISSIS) agiva contro (OMISSIS) per ottenere la somma ulteriore spettantele per la perdita del congiunto ad opera di terzi; il contraddittorio veniva esteso, su domanda di (OMISSIS), nei confronti di tutti gli aventi diritto: gli altri fratelli (OMISSIS) e i legittimari;
tutti i chiamati proponevano autonoma domanda risarcitoria;
il Tribunale di Avezzano, con sentenza n. 662/2018, riconosceva, a titolo di danno non patrimoniale, Euro 113.000,00 a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), Euro 122.000,00 a (OMISSIS), disponeva la liquidazione di Euro 14.246,40 a titolo di danno biologico a favore di (OMISSIS), riconosceva a ciascuno dei fratelli (OMISSIS) la somma di Euro 3.000,00 a titolo di danno emergente per le spese ante causam, condannava (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite;
la Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 709-2021, oggetto dell’odierno ricorso, investita del gravame da (OMISSIS) nonchè dai legittimari (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), da (OMISSIS)e da (OMISSIS), riuniti gli appelli, ha riformato la decisione di prime cure, riconoscendo, per quanto di interesse in questa sede, ai fratelli (OMISSIS), a titolo di danno non patrimoniale per la perdita del fratello, la minor somma di Euro 50.000,00 ciascuno e, quindi, ha condannato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a restituire l’importo di Euro 63.000,00, oltre agli interessi legali dalla data del pagamento, (OMISSIS) a restituire la somma di Euro 72.000,00 oltre agli interessi legali dal pagamento; ha condannato, inoltre, i fratelli (OMISSIS) a restituire la somma di Euro 3.000,00 per l’assistenza legale ante causam e la differenza tra le competenze di lite liquidate a loro favore nel primo grado e quelle liquidate nel giudizio di gravame;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;
(OMISSIS) ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
1) con il primo motivo i fratelli (OMISSIS) deducono, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. per la liquidazione del danno da perdita del congiunto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e all’indirizzo giurisprudenziale sul punto;
la Corte d’Appello ha liquidato sulla scorta delle tabelle milanesi la somma di Euro 50.000,00 per ciascuno dei fratelli, ritenendo che non fossero emerse, dall’attività istruttoria svolta, prove che il rapporto tra i fratelli avesse una profondità tale che la perdita di (OMISSIS) avesse provocato lo sconvolgimento delle vite dei superstiti;
secondo i ricorrenti la sentenza impugnata si sarebbe posta in contrario con la giurisprudenza di questa Corte in ordine ai criteri di liquidazione del danno da perdita del congiunto – adottando il metodo tabellare, piuttosto che il sistema a punti – e lo avrebbe fatto senza motivare, in particolare, senza dare contezza del parametro di riferimento adottato e senza proporzionare il quantum alla specifica relazione intersoggettiva;
2) con il secondo motivo i ricorrenti rimproverano alla Corte d’Appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere rimesso motivazione solo apparente in relazione alla liquidazione e quantificazione del danno iure proprio dei germani;
la Corte territoriale avrebbe acriticamente aderito alle deduzioni di (OMISSIS), non rendendo percepibili le ragioni della decisione; non avrebbe tenuto conto degli esiti dei testi escussi, avrebbe fatto propria la tesi difensiva di (OMISSIS) fondata su una comunicazione della vedova che chiedeva che i fratelli del marito non fossero risarciti perchè non si frequentavano da quarant’anni;
3) con il terzo motivo è dedotta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per ultrapetizione;
la tesi rappresentata è che la Corte territoriale abbia riformato la sentenza del Tribunale di Avezzano pronunciandosi su questioni non sottoposte a gravame ovvero parzialmente rinunciate dall’appellante in merito alle competenze di lite del primo grado di giudizio, stante che (OMISSIS) aveva chiesto la modifica della condanna delle spese di lite, riducendola all’importo di Euro 16.116,00 in applicazione dei parametri medi di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, invece, la sentenza impugnata aveva liquidato solo Euro 12.534,66;
4) con il quarto motivo i ricorrenti imputano alla sentenza gravata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di avere omesso l’esame di un fatto storico, rappresentato dal mancato accertamento del diritto al rimborso ex art. 91 c.p.c. dell’importo del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 relativamente a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
premesso che la Corte d’Appello ha accolto il motivo di appello con cui (OMISSIS) aveva lamentato che (OMISSIS) aveva introdotto il giudizio di primo grado ed aveva versato a titolo di contributo unificato l’importo di Euro 759,00, mentre gli altri fratelli (OMISSIS) erano stati chiamati in causa e quindi non avevano dovuto anticipare spese vive ed aveva negato ai fratelli (OMISSIS) – ad eccezione di (OMISSIS), recte (OMISSIS) il diritto alle spese vive;
i ricorrenti producono un estratto del fascicolo telematico di causa da cui si evince che i germani (OMISSIS) si erano costituiti con atti separati e che (OMISSIS) aveva versato Euro 759,00, (OMISSIS) la somma di Euro 518,00 e (OMISSIS) l’importo di Euro 759,00;
5) il primo ed il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;
la Corte d’appello ha ritenuto (p. 16 della sentenza impugnata) di liquidare il danno non patrimoniale patito dagli odierni ricorrenti in conseguenza della morte del fratello, applicando le tabelle di Milano del 2018, cioè lo stesso metodo di liquidazione seguito dal giudice di prime cure, il quale, però, aveva riconosciuto ai fratelli (OMISSIS) importi vicini al massimo tabellare, nonostante secondo la sentenza impugnata – non fossero emersi nel corso del giudizio elementi idonei a supportare tale liquidazione, se si eccettua la” circostanza del tutto irrilevante della presenza dei fratelli alle udienza, visto che il processo si è svolto sul quantum essendo pacifico l’an debeatur, non essendovi quindi un interesse morale del de cuius da tutelare”;
il ragionamento, ben percepibile, della Corte d’Appello è stato il seguente: i) i valori indicati nella tabella sono quelli medi; ii) la misura di personalizzazione massima deve essere applicata dal giudice solo ove la parte alleghi e provi circostanze di fatto dalle quali possa desumersi il massimo sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale; iii) nel caso di specie non era stata dimostrata la ricorrenza di una particolare intensità della relazione affettiva fraterna; iv) il giudice di prime cure non aveva giustificato la liquidazione di una somma maggiore a favore di (OMISSIS); v) ha considerato la somma di Euro 50.000,00 per ciascun fratello, comprensiva di rivalutazione ed interessi, congrua;
così giudicando, la Corte d’appello di l’Aquila ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte, la quale definisce la liquidazione di pregiudizi sine materia come il danno da uccisione d’un prossimo congiunto “equa” – per i fini di cui all’art. 1226 c.c. – quando sia compiuta con un criterio che rispetti due principi: a) garantisca la parità di trattamento a parità di danni; b) garantisca adeguata flessibilità per tenere conto delle peculiarità del caso concreto.
il rispetto del principio della “uniformità pecuniaria di base” esige il ricorso, da parte del giudice di merito, ad un criterio prestabilito e standard di liquidazione: e questo la sentenza impugnata ha ritenuto di farlo, dichiarando di applicare la c.d. “tabella milanese” del 2018;
è vero che, secondo la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, la tabella di Milano dell’epoca non basandosi sul criterio del punto “non garantisce la funzione per la quale è stata concepita, che è quella dell’uniformità e prevedibilità delle decisioni a garanzia del principio di eguaglianza”, poichè essa di basa su un sistema a forbice, il quale “costituisce esclusivamente una perimetrazione della clausola generale di valutazione equitativa del danno e non una forma di concretizzazione tipizzata quale è la tabella basata sul sistema del punto variabile… La tabella, così concepita, non realizza in conclusione l’effetto di fattispecie che ad essa dovrebbe invece essere connaturato.
Garantisce uniformità e prevedibilità una tabella per la liquidazione del danno parentale basata sul sistema a punti, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione. In particolare, i requisiti che una tabella siffatta dovrebbe contenere sono i seguenti: 1) adozione del criterio “a punto variabile”; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi”;
trattandosi di un sistema liquidatorio non imposto dalla legge, resta ferma però la possibilità di una valutazione equitativa basata su un sistema di liquidazione diverso, a condizione che nella sentenza si individui “un complesso di argomenti chiaramente enunciati, che attingano ogni elemento reputato utile, “nella logica del modellamento della regola sul caso specifico, anche alla fonte rappresentata dall’intervallo di valori numerici offerto dalla tabella milanese” (Cass. 21/04/2021, n. 10579);
ed è questo il caso, perchè la Corte territoriale ha giustificato la riforma della liquidazione del giudice di primo grado che si era avvicinata al massimo valore tabellare, senza avere accertato tutte le circostanze di fatto rilevanti nel caso concreto, per quanto dedotto e provato dalle parti, senza avere sceverato quelle “ordinarie” da quelle “eccezionali”, senza avere attribuito rilievo alle seconde, per aumentare la misura standard del risarcimento;
la distinzione tra conseguenze “ordinarie” ed “eccezionali” del fatto illecito consistito nell’uccisione d’un parente dipenderà da ciò: andranno reputate “ordinarie” quelle conseguenze che qualunque persona della stessa età, dello stesso sesso e nelle medesime condizioni familiari della vittima, non avrebbe potuto (presumibilmente) non subire.
andranno, invece, reputate “eccezionali”, e quindi idonee a giustificare una variazione del risarcimento (beninteso, tanto in aumento quanto in diminuzione), quelle circostanze “legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale” (così, testualmente, da ultimo, Cass. 08/09/2022, n. 26440); ora, la sentenza impugnata ha liquidato per tutti i fratelli (OMISSIS), tenuto conto delle circostanze emerse dai fatti di causa, che non possono essere fatte oggetto di una diversa valutazione, come preteso dai ricorrenti, una somma che ha ampiamente giustificato non solo nell’an ma anche nel quantum; deve, di conseguenza, ritenersi che abbia fatto corretta applicazione dei criteri di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale per perdita del congiunto e che abbia ampiamente spiegato, in fatto e in diritto, il perchè della somma liquidata;
6) il terzo motivo è infondato, perchè la Corte territoriale ha applicato correttamente il principio secondo il quale il giudice di appello che modifica la decisione di prime cure è tenuto a procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, in quanto il corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in ragione dell’esito complessivo della lite (cfr., ex plurimis, Cass. 19/04/2022, n. 12467);
7) il quarto motivo è inammissibile, perchè lo scrutinio di legittimità, in ordine alla liquidazione delle spese dei giudizi di merito, è limitato alla verifica che non sia stato violato il principio di soccombenza;
8) il ricorso va dunque rigettato;
9) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei
ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 10/01/2023.