Sentenza 597/2017
Dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere – Condizioni
In tema di riconoscimento di sentenze straniere, nel vigore della disciplina introdotta dagli artt. 64 e segg. della l. n. 218 del 1995(così come sotto la vigenza dell’abrogato art. 797 c.p.c.), gli eventuali vizi e la stessa mancanza della motivazione della sentenza straniera non costituiscono cause ostative al riconoscimento invocato, posto che, quando il contraddittorio sia stato assicurato e la sentenza sia passata in giudicato (tanto da doversi presumere che i fatti e le questioni di diritto posti a fondamento della decisione siano non più discutibili), è da ritenere che l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali non rientri tra i principi inviolabili fissati nel nostro sistema normativo a garanzia del diritto di difesa, sancendo l’art. 111 Cost., che siffatto obbligo prevede, un assetto organizzativo della giurisdizione che attiene esclusivamente all’ordinamento interno.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 12 gennaio 2017, n. 597 (CED Cassazione 2017)
FATTO E DIRITTO
(OMISSIS) ha chiesto che fosse negata la delibazione della sentenza del Tribunale distrettuale di Cracovia, in data 11 luglio 2012, che lo aveva riconosciuto padre di (OMISSIS), nato a (OMISSIS) da (OMISSIS), e lo aveva condannato a pagare gli alimenti per il figlio. Egli ha dedotto la contrarietà all’ordine pubblico della sentenza del tribunale polacco, al quale ha imputato di avere immotivatamente ignorato un test genetico sulla paternità che aveva dato esito negativo.
La Corte d’appello di Firenze, con ordinanza 5 marzo 2015, ha rigettato la domanda del (OMISSIS).
Per quanto ancora interessa, la Corte ha ritenuto che il tribunale polacco avesse motivato sull’inattendibilità del predetto test genetico che era stato effettuato su materiale biologico di dubbia provenienza (il prelievo era avvenuto presso un centro non autorizzato ed era stato eseguito da una persona non autorizzata)/ed era giunto alla conclusione favorevole al riconoscimento della paternità sulla base di presunzioni inerenti ai rapporti del (OMISSIS) con (OMISSIS) (avendo essi convissuto in Italia nel periodo del concepimento e tenuto conto che era inattendibile la certificazione della sua parziale incapacità di generare); quindi, ha ritenuto che non si fosse verificata alcuna violazione dei diritti essenziali della difesa e, quindi, non vi fossero ragioni di ordine pubblico per escludere la delibazione all’esito di un giudizio che non comportava un riesame della sentenza straniera.
Avverso questa sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi illustrati da memoria; (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, articoli 64 e 65, articolo 243 bis c.c., commi 2 e 3 e articolo 269 c.c., nonchè omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la Corte erroneamente avrebbe negato la contrarietà all’ordine pubblico della sentenza straniera che aveva dichiarato la sua paternità, dando rilievo ad un asserito ed astratto dubbio sulla provenienza del materiale biologico utilizzato per il test genetico da lui compiuto, che aveva dato esito negativo; si assume violato il favor veritatis connesso all’azione proposta per la tutela di un diritto fondamentale, come quello all’identità biologica.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dei suindicati parametri normativi nonchè degli articoli 115 e 116 c.p.c. e omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere negato la contrarietà all’ordine pubblico della sentenza straniera che aveva dichiarato la sua paternità sulla base di mere presunzioni, trascurando le proprie istanze istruttorie ed in assenza di prove genetiche certe, così violando il diritto di difesa del ricorrente.
Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili in quanto mirano ad una indagine sul merito del rapporto giuridico dedotto in causa, mentre la valutazione della contrarietà della sentenza straniera all’ordine pubblico riguarda esclusivamente la compatibilità dei suoi effetti con l’ordine pubblico con riguardo ai principi fondamentali dell’ordinamento interno e della comunità internazionale (v. Cass. n. 9483/2013, n. 19599/2016). La doglianza relativa alla lesione del diritto di difesa è finalizzata ad una impropria rivisitazione del giudizio sulla paternità del (OMISSIS) che il giudice polacco ha espresso sulla base di una complessiva valutazione delle risultanze istruttorie.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, articoli 64 e 65 e articolo 111 Cost., comma 6, per avere la Corte di merito negato il contrasto con l’ordine pubblico della sentenza straniera, che era affetta da omessa o viziata motivazione.
Il motivo infondato. Nel vigore della disciplina introdotta dalla L. 31 maggio 1995, n. 218, articoli 64 e ss. (così come sotto la vigenza dell’abrogato articolo 797 c.p.c.), gli eventuali vizi e la stessa mancanza della motivazione non costituiscono cause ostative al riconoscimento della sentenza straniera, atteso che, quando il contraddittorio sia stato assicurato e la sentenza sia passata in giudicato (tanto da dover presumere che le questioni di diritto e i fatti posti a fondamento della decisione siano non più discutibili), è da ritenere che l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali non rientri tra i principi inviolabili fissati nel nostro sistema normativo a garanzia del diritto di difesa, sancendo l’articolo 111 Cost., che siffatto obbligo prevede, un assetto organizzativo della giurisdizione che attiene esclusivamente all’ordinamento interno (Cass. n. 9247/2002, n. 3365/2000). Il ricorso è rigettato.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 – bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 – bis.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.