Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 6488/2017 – Risarcimento del danno – danni derivanti dalla perdita di “chance”

Richiedi un preventivo

Sentenza 6488/2017

Risarcimento del danno – danni derivanti dalla perdita di “chance”

In tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” – che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare, benchè solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. (Nella specie, relativa alla perdita di “chance” lavorative future asseritamente subite da un’infortunata in un sinistro stradale, la S.C. ha precisato che, configurandosi un danno patrimoniale futuro, come tale diverso ed ulteriore rispetto al danno alla salute, a carattere, invece, non patrimoniale, la perdita di futuri guadagni non può essere desunta in via presuntiva dalla mera esistenza di postumi invalidanti, spettando al danneggiato l’onere di provare, anche presuntivamente, che il danno alla salute gli ha precluso l’accesso a situazioni di studio o di lavoro tali che, se realizzate, avrebbero fornito anche soltanto la possibilità di maggiori guadagni).

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 14 marzo 2017, n. 6488   (CED Cassazione 2017)

Articolo 2043 c.c. annotato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- (OMISSIS) e i suoi genitori, (OMISSIS) e (OMISSIS), convennero in un primo giudizio, davanti al Tribunale di Chiavari, (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) (oggi (OMISSIS)), chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente nel quale era rimasta coinvolta (OMISSIS), all’epoca minorenne, trasportata su un motociclo che aveva avuto un impatto con un’autovettura di proprietà del (OMISSIS), condotta dal (OMISSIS) ed assicurata con la (OMISSIS).

A seguito della costituzione di quest’ultima (che chiese di chiamare in causa anche il conducente e proprietario del motociclo, (OMISSIS)) i predetti ricorrenti introdussero un secondo giudizio risarcitorio, convenendo lo stesso (OMISSIS) e la sua assicurazione per la r.c.a., (OMISSIS).

In questo secondo giudizio venne autorizzata la chiamata in causa dei convenuti del primo e comunque, in data 12 febbraio 2008, il Tribunale di Chiavari dispose la riunione dei due procedimenti.

In corso di causa, il giudice concesse una provvisionale per l’importo complessivo di Euro 143.659,20, che pose a carico solidale di (OMISSIS) e (OMISSIS).

All’esito dell’istruttoria, in data 21 dicembre 2012, con sentenza n. 785/12, il Tribunale dichiarò esclusivo responsabile del sinistro il (OMISSIS) e, per quanto ancora qui rileva, condannò quest’ultimo, in solido con (OMISSIS), pagamento, in favore di (OMISSIS), delle somme di Euro 4.077,00 oltre accessori, per spese mediche; di Euro 353.115,00, oltre accessori, detratto l’acconto ricevuto di Euro 143.659,20, (a titolo di danno biologico); di Euro 65.000,00 a titolo di danno da perdita di chance; di Euro 50.000,00 a titolo di danno esistenziale. Condannò, inoltre, i predetti, in solido al pagamento, in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), della somma di Euro 8.000,00, nonchè di Euro 20.000,00 per competenze professionali ed Euro 1.500,00 per esborsi, oltre accessori, ponendo a carico del (OMISSIS) e della sua assicurazione anche le spese di CTU.

2.- Proposto appello da parte della (OMISSIS) Public Limited Company e di (OMISSIS), nonchè appello incidentale da parte di (OMISSIS) Spa e di (OMISSIS) ed altro appello incidentale da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte di appello di Genova, con sentenza pubblicata il 23 aprile 2014, ha accolto parzialmente l’appello principale proposto da (OMISSIS) e dal (OMISSIS), nonchè parzialmente anche gli appelli incidentali e, per l’effetto, ha così deciso:

– ha confermato la condanna in solido del (OMISSIS) e della (OMISSIS) al pagamento, in favore di (OMISSIS), delle somme già liquidate per spese mediche e per danni alla persona, esclusi però gli importi liquidati a titolo di danno esistenziale e di danno da perdita di chance;

– ha confermato la condanna in solido dei predetti al pagamento in favore dei genitori della (OMISSIS) della somma di Euro 8.000,00 a titolo di esborsi, ma ha riconosciuto in loro favore la somma ulteriore di Euro 15.000,00 a titolo di danni non patrimoniali, oltre accessori ed oltre rimborso spese legali, come liquidate in primo grado;

– ha dichiarato tenuta ed ha condannato (OMISSIS) a restituire a (OMISSIS) S.p.A. l’acconto ricevuto di Euro 71.829,60, maggiorato di interessi e rivalutazione dal 4 marzo 2009;

– ha posto definitivamente a carico del (OMISSIS) e della (OMISSIS), in solido, oltre alle spese del primo grado, in favore dei danneggiati, anche le spese di CTU, mentre ha compensato tra i predetti e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) le spese del secondo grado di giudizio;

– ha compensato anche le spese del grado tra questi ultimi e (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS);

– ha regolato con statuizioni qui non più rilevanti i rapporti tra le altre parti processuali, quanto a spese e competenze del primo e del secondo grado di giudizio.

3.- (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso la (OMISSIS) Public Limited Company, Rappresentanza Generale per l’Italia, e (OMISSIS).

Gli altri intimati non si difendono.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 276 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, perchè vi sarebbe stata violazione del principio di immutabilità del collegio, in quanto nel corso del giudizio di secondo grado se ne è modificata la composizione, secondo i ricorrenti, “in momenti cruciali della trattazione della causa”.

1.1.- Il motivo è infondato poichè il principio di diritto da applicare è quello secondo cui, in tema di deliberazione collegiale della decisione nel regime successivo alla riforma recata dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, l’articolo 276 c.p.c., comma 1, rimasto invariato nella sua formulazione, la quale prevede che alla deliberazione della decisione “possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione” – va interpretato nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni. Pertanto, in grado di appello, in base alla disciplina di cui al novellato articolo 352 c.p.c., il collegio che delibera la decisione deve essere composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta l’ultima attività processuale (cioè la discussione o la precisazione delle conclusioni), conseguendone la nullità della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio medesimo (Cass. n. 18268/09 e ord. n. 4925/15).

Nel caso di specie, pur essendo mutata la composizione nel corso del giudizio di secondo grado, tuttavia il collegio che ha deliberato la decisione è stato composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata tenuta la discussione finale, ultima attività processuale prima della decisione. Non rileva che si sia trattato di collegio diverso da quello che ha condotto l’istruttoria e che ha deciso sull’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata (cfr., tra le varie, Cass. sez. lav. n. 14781/10, relativa al rito lavoro).

Il primo motivo va perciò rigettato.

2.- Col secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 277 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, perchè il giudice d’appello, secondo i ricorrenti, avrebbe omesso di pronunciare sulla loro eccezione di improcedibilità e/o inammissibilità dell’appello incidentale della (OMISSIS).

Aggiungono che, come eccepito nel grado di merito, il gravame incidentale della compagnia di assicurazioni sarebbe stato improcedibile perchè non redatto in conformità al disposto dell’articolo 342 c.p.c..

2.1.- Col terzo motivo si deduce violazione ed errata applicazione dell’articolo 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte d’appello, accogliendo l’appello incidentale predetto, avrebbe accolto una domanda che (OMISSIS) non avrebbe potuto proporre per la prima volta in appello, perciò inammissibile ai sensi dell’articolo 345 c.p.c..

3.- I motivi vanno trattati congiuntamente perchè entrambi relativi alla pronuncia da parte della Corte d’appello della condanna di (OMISSIS) a restituire a (OMISSIS) S.p.A. (oggi (OMISSIS)) l’importo riscosso di Euro 71.829,60 (oltre interessi e rivalutazione) pari alla metà della somma di Euro 143.659,20 liquidata a titolo di provvisionale a carico di entrambe le compagnie di assicurazione convenute e successivamente posta per intero a carico della sola (OMISSIS).

Il primo dei due motivi è infondato quanto alla denuncia del vizio di omessa pronuncia, atteso che, accogliendo l’appello incidentale di (OMISSIS), il giudice d’appello ha implicitamente deciso anche sull’eccezione relativa all’improcedibilità o inammissibilità del gravame, rigettandola (cfr., Cass. n. 17956/15, nel senso che la decisione di accoglimento della domanda della parte comporta anche la reiezione dell’eccezione d’inammissibilità della domanda stessa, avanzata dalla controparte, dovendosi ritenere implicita la statuizione di rigetto ove la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia). D’altronde, nemmeno potrebbe rilevare il vizio di omessa motivazione, poichè questa è irrilevante qualora il giudice non abbia fornito alcuna giustificazione su una questione di diritto (quale è quella dell’ammissibilità del gravame), in quanto il vizio di motivazione rileva come motivo di ricorso per cassazione soltanto quando involga questioni di fatto.

3.1.- Il primo dei due motivi in esame è inoltre inammissibile laddove ripropone l’eccezione di improcedibilità, rectius inammissibilità, dell’appello incidentale per violazione dell’articolo 342 c.p.c.. Il motivo di ricorso manca di specificità.

I ricorrenti non spiegano perchè la (OMISSIS), nel formulare l’appello incidentale, avrebbe violato l’articolo 342 c.p.c., in quanto non riportano, nemmeno per sintesi, il contenuto dell’atto di parte, nè argomentano specificamente in merito agli elementi o requisiti, in concreto, mancanti rispetto a quelli prescritti dalla norma sull’ammissibilità dell’appello.

3.2.- Il secondo dei motivi in esame è infondato, dovendosi escludere che la Corte d’appello abbia pronunciato su domanda nuova, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, va rilevato che la questione della restituzione della provvisionale indebitamente corrisposta pro quota da (OMISSIS) si è posta soltanto a seguito della pronuncia definitiva di primo grado, quando il giudice ha escluso la responsabilità degli assicurati con (OMISSIS), attribuendo la responsabilità esclusiva del sinistro al Demichele, assicurato con la (OMISSIS). Pertanto, soltanto dopo l’emissione della sentenza, (OMISSIS) ha acquisito il diritto alla restituzione dell’indebito. Nè è sostenibile la tesi dei ricorrenti secondo cui la compagnia avrebbe dovuto proporre reclamo o addirittura formulare riserva d’appello avverso l’ordinanza con la quale, ai sensi dell’articolo 24 della legge n. 990/69, era stata concessa la provvisionale nel corso del primo grado, poichè si tratta di provvedimento non idoneo al giudicato, modificabile o revocabile con la sentenza che chiude il giudizio (cfr. già Cass. n. 13968/91, nonchè, di recente, Cass. ord. n. 17862/11).

In secondo luogo, gli stessi appellanti incidentali, qui ricorrenti, avevano posto, con il gravame incidentale, la questione della restituzione pro quota della provvisionale, chiedendo che fosse posta a carico della (OMISSIS) piuttosto che a carico dei danneggiati medesimi.

In conclusione, è corretta la decisione pronunciata dalla Corte d’appello a carico di (OMISSIS) ed a favore di (OMISSIS), sicchè i motivi secondo e terzo vanno rigettati. Resta così superato il rilievo della resistente – il cui accoglimento richiederebbe un accertamento in punto di fatto, non compatibile col giudizio di legittimità – secondo cui i ricorrenti sarebbero carenti di interesse ad agire in relazione ad entrambi i motivi per essere stati già regolati i rapporti tra le due compagnie ed i danneggiati, in merito alla restituzione pro-quota della provvisionale, in sede di accordi intercorsi per l’esecuzione della sentenza di secondo grado.

4.- Col quarto motivo di ricorso si denuncia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex articolo 360, n. 5, omessa e/o carente motivazione della sentenza su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di risultanze istruttorie”.

Il motivo è volto a censurare la riforma della sentenza di primo grado in punto di riconoscimento del danno da perdita di chance.

Il giudice di secondo grado ha ritenuto la natura patrimoniale del danno “correlata alla perdita di una concreta opportunità di guadagno o del conseguimento di un determinato bene, a causa delle lesioni patite dalla danneggiata”. Ha quindi affermato che (OMISSIS) avrebbe dovuto provare quantomeno il suo pregresso buon andamento scolastico al fine di dimostrare, sia pure in via presuntiva, “le concrete aspettative di effettiva positiva riuscita del percorso universitario” o comunque prospettive di inserimento “in ambiente professionale richiedente competenze intellettuali che le avrebbero consentito un lavoro maggiormente remunerativo rispetto a quello cui oggi potrebbe accedere”. Ha concluso osservando che nessun documento era stato prodotto nè alcun altra prova era stata fornita in merito sia al rendimento scolastico della ragazza sia alle effettive prospettive di lavoro future.

4.1.- La ricorrente supporta la propria censura richiamando la consulenza medico-legale concernente i postumi invalidanti. Deduce che la sentenza sarebbe viziata perchè la Corte d’appello non ne ha tenuto conto ed insiste nel sostenerne, invece, la rilevanza, laddove il consulente ebbe ad accertare la diminuzione delle facoltà intellettive superiori di (OMISSIS), che, a parere dello stesso consulente, le aveva di fatto preclusa la carriera universitaria. La motivazione sarebbe, oltre che lacunosa, anche contraddittoria, perchè non avrebbe valutato con la dovuta attenzione la consulenza tecnica medico-legale, giungendo appunto a conclusioni contraddittorie.

5.- Il motivo è inammissibile.

Esso non coglie affatto la ratio decidendi della sentenza e le ragioni giuridiche che vi stanno a fondamento.

Queste si basano sull’orientamento giurisprudenziale di legittimità, che qui si ribadisce, per il quale, in tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere i danni derivanti dalla perdita di “chance” – che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza immediata e diretta (così Cass. n. 1752/05 citata in sentenza).

Con la precisazione che quando, come nel caso di specie, le chances che si assumono perdute attengono alla futura attività lavorativa del soggetto danneggiato a causa dei postumi permanenti della lesione della salute, il danno c.d. da perdita di chance si configura come danno patrimoniale futuro, perciò diverso ed ulteriore rispetto al danno alla salute, a carattere invece non patrimoniale. Pertanto, la sola dimostrazione dell’esistenza di postumi invalidanti non è sufficiente a far presumere anche la perdita della possibilità di futuri guadagni o di futuri maggiori guadagni, spettando al danneggiato l’onere di provare, anche presuntivamente, che il danno alla salute gli ha precluso l’accesso a situazioni di studio o di lavoro tali che, se realizzate, avrebbero fornito anche soltanto la possibilità di maggiori guadagni.

5.1.- In applicazione di questi principi di diritto, la Corte di merito non ha errato nel ritenere insufficiente ai fini della liquidazione del danno patrimoniale, la sola valutazione medico-legale del CTU, peraltro già considerata mediante “personalizzazione” del danno biologico e mediante incremento del risarcimento tabellare, proprio in ragione dell’incidenza del danno sulle facoltà intellettive superiori della minore.

Quindi, non coglie nel segno la censura della ricorrente laddove si fonda soltanto sulle risultanze della consulenza medico legale senza evidenziare se e come da queste si sarebbe potuta trarre comunque (anche) la prova che la situazione invalidante avesse, in concreto, precluso alla danneggiata l’accesso ad una probabile carriera universitaria o ad un probabile inserimento in un determinato e specifico ambito lavorativo.

Da questo punto di vista, il motivo di ricorso è totalmente carente nell’indicazione di elementi di fatto (diversi dalla sola compromissione delle condizioni di salute) che, se considerati, avrebbero dovuto indurre a ritenere provati, anche per presunzione, i fatti rilevanti di cui sopra.

5.2.- L’unico accenno contenuto nel ricorso ad una non meglio precisata “conferma” da parte del preside della scuola circa il buon rendimento scolastico della ragazza è privo di specificità, poichè la ricorrente non chiarisce nè il mezzo di prova testimonianza o documento – cui fa riferimento nè il contenuto ed il luogo di reperimento del dato probatorio nel fascicolo di parte o d’ufficio. Quanto la ricorrente ha aggiunto nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c. (in cui si riporta parzialmente la deposizione testimoniale resa dal preside del liceo), oltre ad apparire, di per sè, privo di decisività, comunque tardivo, considerato che i vizi di genericità o indeterminatezza dei motivi del ricorso per cassazione non possono essere sanati da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’articolo 378 c.p.c., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili (così, da ultimo, Cass. ord. n. 3780/15).

5.3.- Giova infine precisare che i cenni che la ricorrente fa alla giurisprudenza di questa Corte in merito allo “sconvolgimento esistenziale” che determinate tipologie di danni possono provocare nella vita dei danneggiati sono privi di pertinenza rispetto alla censura riguardante il danno patrimoniale c.d. da perdita di chance. Essi avrebbero avuto senso se riferiti alla decisione concernente la liquidazione del danno definito “esistenziale” dal tribunale, che invece il giudice d’appello ha ricompreso, mediante “personalizzazione”, nel danno non patrimoniale conseguente alle lesioni sofferte dalla minore. Tuttavia, questa decisione, in sè, non risulta censurata (come peraltro eccepito anche dai resistenti, che invocano sul punto il giudicato interno: cfr. pag. 35 del controricorso), in quanto il mezzo è chiaramente rivolto a censurare la decisione di esclusione del risarcimento del danno patrimoniale, della quale soltanto, infatti, si chiede espressamente la riforma (cfr. pag. 23 del ricorso).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Quanto ai rapporti tra i ricorrenti e (OMISSIS) s.p.a. (già (OMISSIS) s.p.a.), nei cui confronti sono stati proposti i primi tre motivi di ricorso, la mancata resistenza dell’intimata comporta che non vi sia luogo a provvedere sulle spese.

Il Collegio ritiene che le spese del giudizio di legittimità vadano compensate per giusti motivi nei rapporti tra i ricorrenti ed i resistenti, considerato che la norma applicabile è quella dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, nel testo vigente prima delle modifiche apportate con la L. n. 69 del 2009, e succ. mod. (poichè il giudizio è stato introdotto prima del 4 luglio 2009) e che i giusti motivi di compensazione si rinvengono nella limitata portata delle censure mosse dai ricorrenti alla sentenza di secondo grado, alla quale hanno in gran parte prestato acquiescenza nei rapporti con i resistenti (OMISSIS) e (OMISSIS).

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *