Sentenza 6601/2022
Esercizio del diritto di prelazione – Oneri del locatore e del conduttore – Perfezionamento – Condizioni
La prelazione urbana è regolata dall’articolo 38 legge citata con un particolare meccanismo legale che scinde nettamente due momenti, danti luogo a proprie situazioni di diritto: il momento dell’esercizio della prelazione, che genera il rapporto diritto-obbligo a contrarre, ed il momento della formazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare. Dal tenore letterale della norma risulta chiaro che l’esercizio del diritto di prelazione, fermi gli oneri di contenuto e di forma delle comunicazioni del locatore e del conduttore, si realizza e quindi si perfeziona con la manifestazione della volontà del conduttore di acquistare l’immobile al prezzo ed alle altre condizioni proposte. Il significato delle parole appare univoco, indicando che la prelazione è esercitata con la formale e tempestiva dichiarazione recettizia, da parte del conduttore al proprietario locatore, di voler acquistare il bene alle condizioni comunicategli. Il versamento del prezzo e la stipula dell’atto contrattuale intervengono invece in una fase successiva, di adempimento e di esecuzione del rapporto obbligatorio che si è instaurato tra le parti. Ciò in ragione della natura stessa della prelazione, che, a differenza dell’opzione, configura un diritto esercitabile in una fase antecedente al momento contrattuale e richiede pertanto una fase successiva volta alla stipulazione del negozio.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 28-2-2022, n. 6601
Fatti di causa
La s.r.l. Ga. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna la s.r.l. (OMISSIS), la s.n.c. (OMISSIS) & C. e la s.p.a. Banca (OMISSIS), lamentando l’inadempimento da parte della (OMISSIS) del contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato il 15. 7. 2003 per la parte relativa alla porzione, adibita ad albergo, condotta in locazione commerciale dalla società (OMISSIS), per avere essa violato la clausola contrattuale che subordinava l’efficacia del preliminare al mancato esercizio da parte della conduttrice del diritto di prelazione riconosciuto dall’art. 38 legge n. 392 del 1978, avendo trasferito, ancor prima della scadenza del termine fissato per il definitivo, tale porzione alla società (OMISSIS), che la aveva acquistata al fine di concederla in locazione finanziaria alla stessa società conduttrice.
Con sentenza n. 1838 del 2010 il Tribunale, in parziale accoglimento delle domande proposte, dichiarata l’efficacia del contratto preliminare, ne pronunciò la risoluzione per inadempimento della società (OMISSIS), che condannò al risarcimento dei danni, quantificanti in euro 393.334,00, pari ai canoni di locazione dovuti dall’(OMISSIS) per il periodo dal 30. 9. 2003 all’1. 9. 2007. Proposto gravame da parte della società (OMISSIS), la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 3637 del 31. 12. 2019, confermò la decisione impugnata. A sostegno della conclusione accolta la Corte affermò che la (OMISSIS), quale promittente venditrice, non aveva rispettato la condizione sospensiva posta dal contratto, atteso che aveva venduto l’immobile alla società (OMISSIS), che era soggetto diverso dal titolare del diritto di prelazione, reputando irrilevante la circostanza che, nel termine convenuto, essa avesse comunicato alla conduttrice (OMISSIS) la proposta contrattuale ed il prezzo stabilito e che quest’ultima avesse notificato la dichiarazione di voler esercitare il diritto di prelazione. Affermò, infatti, che la fattispecie prevista dall’art. 38 legge n. 392 del 1978 può dirsi perfezionata solo con la conclusione del contratto di compravendita da parte del conduttore, ipotesi questa che non si era verificata, essendo stato il bene acquistato da un terzo e configurandosi l’acquisto da parte della (OMISSIS), per effetto del contratto di leasing stipulato, non attuale ma soltanto futuro ed eventuale. Ritenne inoltre corretta la statuizione di primo grado che aveva quantificato i danni subiti dalla società attrice nella misura dei canoni che essa avrebbe potuto incassare dall’(OMISSIS) per il periodo, dal 30. 9. 2003 all’1. 9. 20007, in cui essa, se avesse acquistato il bene, sarebbe subentrata nel contratto di locazione. Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 7. 2. 2010, ricorre la s.r.l. (OMISSIS), affidandosi a sette motivi.
Hanno notificato controricorso Ga. s.r.l. e (OMISSIS) s.a.s., mentre la Banca (OMISSIS) non ha svolto attività difensiva. Le società (OMISSIS) e Ga. hanno depositato memorie. Il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe riportate.
La trattazione del ricorso si è svolta, ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis, d.l. 28. 10. 2010, n. 137, convertito con la legge 18. 12. 2010, n.176, in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, non essendo stata presentata richiesta di discussione orale.
Ragioni della decisione
Il primo motivo del ricorso denunzia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 132, comma 1 n. 4, stesso codice, lamentando che la Corte di appello abbia omesso di pronunciarsi, ovvero lo abbia fatto in maniera apodittica e soltanto apparente, sul motivo di appello che aveva censurato la decisione di primo grado per non avere dichiarato che il contratto preliminare per cui è causa, essendo sottoposto alla condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di prelazione del conduttore commerciale, non aveva mai acquistato efficacia, avendo in data 10. 9. 2003 l’(OMISSIS) manifestato, nelle formalità prescritte dalla legge, la propria volontà di esercitare il diritto di prelazione.
Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha risposto alla censura svolta dalla appellante con motivazione del tutto intellegibile e quindi non oscura né soltanto apparente, laddove ha affermato che il fatto negativo dedotto nella condizione sospensiva contenuta nel contratto preliminare, vale a dire il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte della società conduttrice (OMISSIS), non si era verificato in quanto l’esercizio della prelazione del conduttore, “ ai sensi del comma 3 e 4 dell’art. 38 l. 392/1978, si articola in due fasi distinte: la prima consistente nell’adesione alla denuntiatio e la seconda consistente nella conclusione del contratto di compravendita, sempre ad opera dello stesso soggetto, cioè del conduttore dell’immobile assoggettato a prelazione “, precisando quindi che la fattispecie non si era realizzata per essere stato l’immobile acquistato da un terzo, la Banca (OMISSIS).
Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 38 legge n. 392 del 1978 e dell’art. 1362 cod. civ., censurando la decisione impugnata per avere ritenuto che il contratto preliminare era divenuto efficace per il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte della conduttrice, nonostante quest’ultima avesse chiaramente manifestato, con la comunicazione del 10. 9. 2003, l’intenzione di avvalersi del diritto di prelazione. Sostiene al riguardo il ricorso che tale manifestazione di volontà era da ritenersi senz’altro sufficiente ai fini del mancato avveramento del fatto dedotto nella condizione contrattuale, atteso che la disposizione di attribuisce tale diritto al conduttore, considera perfezionato l’esercizio della prelazione per effetto della sola manifestazione di volontà espressa in tal senso, nella forma richiesta dalla norma, dall’avente diritto.
Il motivo è fondato.
Premesso che il contratto preliminare di compravendita era stato sottoposto dalle parti alla condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore società (OMISSIS), la Corte di appello ha ritenuto che il fatto dedotto si fosse verificato, in quanto, pur dando atto della circostanza che la conduttrice, in data 10. 9. 2003, aveva comunicato, in risposta alla denuntiatio della (OMISSIS), la propria volontà di acquistare l’immobile, il bene era stato poi acquistato dalla società (OMISSIS), cioè da un soggetto terzo. Tale conclusione, come già indicato nella trattazione del motivo precedente, è stata giustificata in forza del rilievo che l’esercizio del diritto di prelazione previsto dall’art. 38 legge n. 392 del 1978 richieda, al fine del suo realizzarsi, l’effettiva vendita del bene al conduttore, non essendo sufficiente che questi abbia dichiarato, nel termine e nelle forme previste dalla legge, in risposta dell’interrogazione del locatore, la volontà di acquistarlo.
Il ragionamento della Corte territoriale non merita di essere condiviso, scontando un evidente errore nella interpretazione della legge applicata.
L’art. 28 citato così dispone:
“ Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.
Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle notificategli.
Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare “.
Dal tenore letterale della norma risulta chiaro che l’esercizio del diritto di prelazione, fermi gli oneri di contenuto e di forma delle comunicazioni del locatore e del conduttore, si realizza e quindi si perfeziona con la manifestazione della volontà del conduttore di acquistare l’immobile al prezzo ed alle altre condizioni proposte. Il significato delle parole appare univoco, indicando che la prelazione è esercitata con la formale e tempestiva dichiarazione recettizia, da parte del conduttore al proprietario locatore, di voler acquistare il bene alle condizioni comunicategli. Il versamento del prezzo e la stipula dell’atto contrattuale intervengono invece in una fase successiva, di adempimento e di esecuzione del rapporto obbligatorio che si è instaurato tra le parti. Ciò in ragione della natura stessa della prelazione, che, a differenza dell’opzione, configura un diritto esercitabile in una fase antecedente al momento contrattuale e richiede pertanto una fase successiva volta alla stipulazione del negozio.
La conclusione accolta appare conforme agli arresti, sia pure non recenti, di questa Corte, che ha avuto modo di precisare che la prelazione urbana è regolata dall’art. 38 legge citata con un particolare meccanismo legale che scinde nettamente due momenti, danti luogo a proprie situazioni di diritto: il momento dell’esercizio della prelazione, che genera il rapporto diritto-obbligo a contrarre, ed il momento della formazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare ( Cass. S.U. n. 5359 del 1989; Cass. n. 8046 del 1991; Cass. n. 2103 del 1993 ).
Espressamente disattesa è la tesi secondo cui l’esercizio del diritto di prelazione sarebbe una fattispecie a formazione progressiva trovante compimento solo con la conclusione del contratto di vendita ( Cass. n. 8046 del 1991 ).
Si è altresì affermato che, una volta esercitato il diritto di prelazione da parte del conduttore con la dichiarazione di voler acquistare l’immobile locato, nel caso in cui tale fatto sia sottoposto a condizione in un contratto preliminare stipulato dal proprietario con un terzo, in forma di condizione sospensiva ovvero risolutiva ( a seconda che il fatto dedotto sia il mancato ovvero il positivo esercizio della prelazione ), la posizione del promissario acquirente è priva di rilevanza giuridica, non avendo mai acquistato il proprio titolo negoziale ovvero avendolo perduto, con l’ulteriore conseguenza che egli non può nemmeno interloquire sulle vicende successive all’esercizio di diritto di prelazione, denunziando la mancanza degli ulteriori adempimenti occorrenti per il perfezionarsi del trasferimento in favore del prelazionario ( Cass. n. 8046 del 1991; Cass. n. 2103 del 1993 ).
Le ragioni dell’accoglimento del motivo portano infine a disattendere l’argomentazione sviluppata dalla controricorrente società Ga. nella memoria difensiva, laddove ha sostenuto l’inammissibilità della censura per non avere specificatamente contestato l’accertamento della Corte territoriale di inadempimento della promittente venditrice (OMISSIS) per avere venduto il bene ad un terzo ancor prima della scadenza del termine fissato per l’esercizio della prelazione. Tale affermazione non integra, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, una autonoma ratio decidendi, ma costituisce mera conseguenza della ricostruzione dell’istituto della prelazione accolta dalla Corte territoriale, che l’ha portata a dare rilevanza alle circostanze successive alla dichiarazione del prelazionario di avvalersi della prelazione. Le considerazioni suesposte conducono invece a ritenere tali condotte prive di incidenza, essendo intervenute in un momento in cui, con la comunicazione di esercizio della prelazione, il contratto preliminare intercorso tra le parti era divenuto definitivamente inefficace, per l’avveramento del fatto contrario a quello dedotto sotto condizione sospensiva.
Il motivo va pertanto accolto.
Il terzo motivo di ricorso denunzia vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che il diritto di prelazione non fosse stato esercitato per il fatto che l’immobile era stato trasferito alla Banca (OMISSIS), ignorando che tale cessione aveva l’espresso scopo di concedere in leasing l’immobile al conduttore stesso e realizzava, pertanto, una forma di titolarità esclusiva del tutto in linea e conforme alla finalità della norma di legge che attribuisce il diritto di prelazione al conduttore dell’immobile ad uso commerciale.
Il quarto motivo di ricorso censura la stessa affermazione della sentenza investita dal mezzo precedente, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 38 legge n. 392 del 1978, ribadendo l’assunto secondo cui l’acquisto della disponibilità del bene da parte del conduttore tramite una società di leasing integra un’operazione economica che differisce solo negli strumenti impiegati da un acquisto diretto, soddisfacendo l’interesse sostanziale perseguito della legge di assicurare all’imprenditore commerciale continuità nella gestione dell’azienda.
Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 112 cod. civ. e dell’art. 132, comma 1 n. 4, stesso codice, lamentando che la Corte di appello abbia omesso di pronunciarsi, ovvero lo abbia fatto in maniera apodittica e soltanto apparente, sul motivo di appello che aveva censurato la statuizione di primo grado di liquidazione del danno, sostenendo che, in caso di inadempimento di contratto preliminare, il promissario acquirente può solo pretendere la differenza tra il valore attuale dell’immobile ed il prezzo pattuito, non anche il reddito che potrebbe ricavare dal bene.
Il sesto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, comma 3, e 1223 cod. civ., censurando la statuizione che ha riconosciuto alla controparte il danno nella misura corrispondente ai canoni dovuti dalla società conduttrice oltre la data di risoluzione del contratto e fino al termine di scadenza della locazione.
Con il settimo motivo la società ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., lamentando che la Corte di appello l’abbia condannata, per il principio di causalità, al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado sostenute dalla (OMISSIS), senza considerare che la notificazione a quest’ultima dell’atto di appello era stata fatta a scopo di mera litis denuntiatio, ai sensi dell’art. 332 cod. proc. civ., sicché la sua costituzione le giudizio di appello era riconducibile ad un’ autonoma e libera scelta della parte.
Tutti questi motivi vanno dichiarati assorbiti, investendo capi della decisione Data pubblicazione 28/02/2022 dipendenti da quello inciso con il secondo motivo.
Va accolto quindi il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarati assorbiti gli altri; la sentenza è per l’effetto cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 febbraio 2022.