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Cassazione Civile 6665/2009 – Danni alla proprietà privata del condomino – Corresponsabilità del condominio e di un terzo 

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Sentenza 6665/2009

 

Danni alla proprietà privata del condomino – Corresponsabilità del condominio e di un terzo 

Il condominio, sebbene privo di soggettività giuridica, è un autonomo centro di imputazione di interessi che non si identifica con i singoli condòmini. Da ciò consegue che in tema di responsabilità extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito chiedendo l’integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del terzo, il risarcimento non può essere diminuito in ragione del concorrente apporto casuale colposo imputabile al condominio, applicandosi in tal caso non l’art. 1227, primo comma, cod. civ., ma l’art. 2055, primo comma, cod. civ., che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno.

Impianti fognari – Obbligo di custodia del comune

Gli impianti fognari, da chiunque realizzati, una volta inseriti nel sistema delle fognature comunali, rientrano nella sfera di controllo dell’ente pubblico che, come custode, risponde, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei danni eziologicamente collegati alla cosa, salva la prova del fortuito; il concorrente apporto casuale di un terzo, rilevante soltanto in sede di eventuale regresso, in base ai principi della responsabilità solidale, non vale a diminuire la responsabilità del custode nei confronti del danneggiato, salvo che non integri il fortuito.

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 19-3-2009, n. 6665   (CED Cassazione 2009)

Art. 1227 cc (Concorso del fatto colposo del creditore) – Giurisprudenza

Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia) – Giurisprudenza

Art. 2055 cc (Responsabilità solidale) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Nel giugno del 1992 la s.r.l. A.C. & C. domandò al pretore di Vibo Valentia, adito in sede di tutela cautelare innominata, di ordinare al locale Comune di adottare le misure necessarie ad evitare il ripetersi degli allagamenti – verificatisi cinque volte tra il 16.7.1991 ed il 18.6.1992 a seguito di abbondanti piogge – che avevano interessato i propri locali siti in via (OMISSIS) e i relativi piazzali di pertinenza, nei quali esercitava l’attività commerciale di deposito e vendita di autoricambi per autoveicoli.
Espose che, in occasione del primo degli eventi, si era verificata la rottura del collettore fognario a monte del quale correva un tratto di fognatura comunale in cui confluivano le acque nere e meteoriche provenienti dalla strada comunale a monte del fabbricato e che il Comune, benché diffidato, non aveva adottato provvedimenti di sorta. Il Comune si difese sostenendo, tra l’altro, che la conduttura da cui erano fuoriusciti i liquami non era di proprietà comunale, ma che era stata realizzata nel 1968, senza autorizzazione alcuna, da Vi. Ru. e successivamente modificata da Garibaldi Ru., che aveva costruito tre fabbricati. Il Pretore, espletata c.t.u., con provvedimento del 9.9.1992 ordinò che fossero eseguiti i lavori necessari al raccoglimento delle acque piovane ed adottai rimedi ulteriori e rimise le parti innanzi al competente Tribunale, al quale la società ricorrente domandò anche la condanna del comune al risarcimento dei danni.
Espletata altra c.t.u., con sentenza del 28.3.2000 il Tribunale di Vibo Valentia confermò il provvedimento pretorile d’urgenza e condannò il Comune al pagamento di L. 109.908.350, oltre agli accessori ed alle spese.

2.- La Corte d’appello di Catanzaro, decidendo con sentenza n. 104 pubblicata il 10.3.2006 sul gravame del Comune soccombente ed espletata ulteriore consulenza tecnica d’ufficio, determinò nel 60% l’apporto causale colposo del Comune in ordine agli eventi dai quali erano derivati i danni subiti dall’attrice, determinò nel minor importo di Euro 36.122,58 la somma alla stessa dovuta a titolo di risarcimento, confermò per il resto la sentenza impugnata e compensò per la metà le spese dei due gradi.

3.- Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il Comune di Vibo Valentia affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso la s.r.l. A.C. & C., che propone inoltre ricorso incidentale, basato su due motivi ed illustrato anche da memoria.
Al ricorso della ricorrente in via incidentale resiste con controricorso il Comune.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi vanno riuniti siccome proposti avverso la stessa sentenza.

2.1.- Con l’unico motivo del ricorso principale del Comune di Vibo Valentia sono denunciate: “mancanza, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; violazione ed errata applicazione del combinato disposto degli artt. 1227 e 2056 c.c.”, nella parte in cui ha ritenuto che le omissioni del Comune
avessero casualmente concorso al verificarsi del fatto, sia pure nella misura del 60%.
Si sostiene la assoluta contraddittorietà della sentenza laddove si afferma che “all’evento dannoso ha contribuito in modo determinante la mancanza di un idoneo sistema di intercettazione e smaltimento delle acque meteoriche di scorrimento superficiale, risultando la portata delle acque bianche notevolmente superiore a quella delle acque nere, nonché la mancanza di caditoie stradali”. Ciò in quanto, essendo stato ritenuto che la fuoriuscita di liquami era dipesa dall’energia cinetica acquisita nella condotta fognaria proveniente da più alta quota e che trovava così sfogo attraverso “i pezzi igienici ubicati a piano terra” (pagina 11 del ricorso, in fine), la responsabilità dell’evento era da ascrivere esclusivamente a chi aveva abusivamente “provveduto all’allaccio con la conduttura proveniente da una molto più alta posizione altimetrica”, invece di allacciare gli scarichi del fabbricato nei quali erano siti i locali della società Ce. direttamente al collettore comunale di via (OMISSIS) (pagina 12 del ricorso).
Era stato dunque violato anche il principio di cui all’art. 1127 c.c. (comma 1) e, considerato che il successivo allaccio alla conduttura di via (OMISSIS) aveva eliminato il problema, anche quello di cui al secondo comma dello stesso articolo.

2.2. – Va preliminarmente osservato (al di là della sostanziale irrilevanza della conseguenza nell’economia della complessiva censura) che il primo motivo del ricorso principale è inammissibile nella parte in cui denuncia violazione di legge. Manca, infatti, totalmente la formulazione del quesito di diritto imposta a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata depositata il 10.3.2006). Il vizio di motivazione è invece infondato perché totalmente prescinde dal rilievo della corte d’appello (pagina 16, inizio, della sentenza impugnata) che l’allagamento dei locali della società Ce. non fu determinato solo dal reflusso delle acque attraverso i servizi igienici, ma fu dovuto anche “all’allagamento del cortile ed alla conseguente invasione dei locali”, indotto dalle acque piovane, provenienti anche dalla seconda traversa di via (OMISSIS). Affermazione da collegare a quanto si legge a pagina 22 della sentenza, dove si da atto che, dopo la realizzazione di una condotta autonoma dal parte del condominio (OMISSIS), non sì erano più verificati reflussi dai servizi igienici, ma solo dai pozzetti all’interno del cortile.
L’inondazione non fu dunque determinata (secondo le affermazioni in fatto della corte d’appello, incensurate sul punto) solo dal reflusso delle acque attraverso i servizi igienici della società danneggiata, ma anche dal reflusso verificatosi nel cortile o piazzale a causa di un inadeguato convogliamento delle acque piovane provenienti da quote superiori.
Nè in ricorso si afferma che anche tali pozzetti facevano parte dell’allacciamento realizzato dal Ru. (nel 1968) o di lavori effettuati dal condominio. Il ricorso principale va dunque respinto.

3.1.- Col primo motivo del ricorso incidentale, la s.r.l. A.C. & C. denuncia “violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di distinta soggettività giuridica dell’originario costruttore e dell’ente condominiale rispetto al singolo condomino, nonché di responsabilità di quest’ultimo nei limiti della quota millesimale di competenza in relazione all’art.360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione sui medesimi punti decisivi della controversia nonché sulla misura della partecipazione della società ricorrente alla causazione dei danni”.
Vi si sostiene che, essendo risultato che la condotta sotto il piazzale della società Ce. era stata realizzata del 1968 da Vi. Ru. ed avendo la Corte d’appello ravvisato il concorso causale colposo della società stessa in quanto condomina del complesso (OMISSIS), era stato in definitiva addossata alla Ce. l’efficienza causale di condotte riferibili a soggetti diversi, volta che anche il condominio è un ente di gestione dotato di distinta soggettività giuridica rispetto ai condomini. A carico del singolo condomino (Ce.) avrebbero potuto porsi, tutt’al più, i conseguenti oneri economici nei limiti della rispettiva quota millesimale.
Sotto diverso profilo, la sentenza è censurata per avere la corte d’appello, pur in difetto di elementi obiettivi di riferimento, apoditticamente determinato nel 40% l’apporto causale colposo imputabile alla stessa società danneggiata.

3.2.- Col secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. per non avere la Corte d’appello considerato che il Comune è comunque tenuto all’esercizio del controllo, come custode, del sistema di raccolta e deflusso delle acque del sistema di cittadino di fognatura, sicché, a prescindere dalla responsabilità eventualmente imputabile ad altri titoli a terzi, avrebbe comunque dovuto rispondere dei danni subiti dalla società Ce. in base alla disposizione sopra citata.

3.3.- Il primo motivo è fondato nei sensi che seguono. La corte d’appello ha attribuito il 40% di apporto causale colposo al verificarsi del fatto dannoso alla società danneggiata in quanto condomina del complesso (OMISSIS). Tanto, sulla scorta dei seguenti argomenti (esposti a pagina 21 della sentenza):
a) il complesso era stato collegato alla preesistente tubazione fognaria, priva di autorizzazione e di progettazione;
b) l’allacciamento era stato dunque eseguito senza preventive verifiche tecniche;
c) il fabbricato nel quale erano compresi i locali di proprietà della società sarebbe potuto essere allacciato, previe le necessarie autorizzazioni, autonomamente al collettore di via (OMISSIS). Ebbene, è indubbio che il condominio, benché privo di autonoma soggettività giuridica, si configura come centro di imputazione di interessi diverso dal condomino e che è pienamente configurabile la responsabilità extracontrattuale del condominio anche nei confronti del condomino (a tanto non ostano i rilievi di Cass., sez. un. n. 9148 del 2008, che ha bensì escluso che il condominio sia un ente di gestione, ma ciò in funzione del carattere parziario, anziché solidale, delle obbligazioni dei singoli condomini nei confronti dei terzi con riguardo alle “obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del condominio, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza”).
Ove il fatto dannoso sia imputabile a più soggetti, secondo la regola posta dall’art. 2055 c.c. tutti sono solidalmente responsabili nei confronti del danneggiato.
Nella specie la società danneggiata ha chiesto il risarcimento al Comune (che s’è difeso sostenendo il difetto della propria responsabilità per essere il fatto imputabile ad altri, ma che non ha evocato alcuno in giudizio, nemmeno in via di regresso). Una volta accertato che il fatto dannoso era ascrivibile alle autonome condotte di più soggetti, la corte d’appello avrebbe potuto diminuire il risarcimento solo se uno di questi fosse stato lo stesso danneggiato (ex art. 1227 c.c., comma 1), giacché il concorso di diversi soggetti è appunto regolato dall’art. 2055 c.c., comma 1 che contempla la responsabilità solidale degli autori del danno (salvo il regresso, nei confronti degli altri, di quello di essi che abbia pagato o sia stato convenuto per il risarcimento).
Diminuendo il risarcimento riconosciuto alla società danneggiata in ragione di un comportamento causale colposo non della stessa società danneggiata, ma di terzi, la corte d’appello ha violato i suddetti principi, poiché ha parificato la responsabilità del condominio a quella del condomino danneggiato, facendo così applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1 anziché dell’art. 2055 c.c., comma 1. La sentenza va dunque cassata perché discostatasi dal seguente principio di diritto:
“in tema di responsabilità extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito nei soli confronti del terzo domandando l’integrale risarcimento, lo stesso non può essere diminuito in ragione del concorrente apporto causale colposo imputabile al condominio, giacché si rende in tal caso applicabile non l’art. 1227 c.c., comma 1 ma l’art. 2055 c.c., comma 1, che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno”.

3.4.- Anche il secondo motivo del ricorso incidentale è fondato giacché in contrasto col principio di diritto, che viene contestualmente enunciato sulla scorta di una consolidata giurisprudenza, secondo il quale “gli impianti fognari, da chiunque realizzati, una volta inseriti nel sistema delle fognature comunali, rientrano nella sfera di controllo dell’ente pubblico, tenuto come custode a rispondere, ex art. 2051 c.c. dei danni che siano eziologicamente collegati alla cosa, salva la prova del fortuito; il concorrente apporto causale di un terzo, rilevante solo in sede di eventuale regresso in base ai principi della responsabilità solidale, non vale a diminuire la responsabilità del custode nei confronti del danneggiato, a meno che non integri il fortuito”. La sentenza deve essere dunque cassata anche per tale concomitante ragione.

4.- Conclusivamente, rigettato il ricorso principale ed accolto quello incidentale, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto dell’appello del Comune avverso la sentenza del tribunale che lo aveva condannato all’integrale risarcimento (la determinazione della somma dovuta resta dunque fissata nell’equivalente in euro di L. 109.908.350, oltre accessori come determinati dal tribunale) e con la condanna al 100% delle spese processuali del primo e del secondo grado, come determinate dalla stessa corte d’appello (che le aveva compensate per la metà) e delle spese delle espletate consulenze tecniche d’ufficio (poste per un terzo a carico della società appellata, risultata totalmente vittoriosa), ferme le ulteriori statuizioni di merito della sentenza di primo grado.

5.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale ed accoglie quello
incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello del Comune di Vibo Valentia in punto di condanna all’integrale risarcimento, ferme le ulteriori statuizioni di merito della sentenza di primo grado; condanna lo stesso Comune a rimborsare alla s.r.l. A.C. & C. le intere spese processuali del primo e del secondo grado nella misura determinata dalla Corte d’appello e, per l’intero, quelle relative alle espletate consulenze tecniche, nonché quelle del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200, di cui 5.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2009