Ordinanza 7007/2019
Risarcimento danni ex art. 2043 c.c. – Regolamento CEE n. 44 del 2001 – Criterio di collegamento per radicare la giurisdizione in materia di illeciti dolosi e colposi
L’art. 5, punto 3, del regolamento CEE n. 44 del 2001 (reiterativo dell’art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva in Italia con la legge 21 giugno 1971, n. 804), che individua il criterio di collegamento per radicare la giurisdizione in materia di illeciti dolosi e colposi nel “luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”, va inteso nel senso che per tale luogo deve intendersi quello in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza considerazione del danno – conseguenza ovvero del luogo in cui si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future della lesione, e ciò al fine di scongiurare la prassi internazionale (cd. “forum shopping”) volta a consentire alle parti di incardinare l’azione nel foro ritenuto più conveniente.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 12 marzo 2019, n. 7007 (CED Cassazione 2019)
Art. 2043 cc annotato con la giurisprudenza
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
- Con ricorso notificato il 5/6/2017 (OMISSIS) srl in liquidazione ( (OMISSIS)) ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 2241/2016, pubblicata il 6/12/2016 e emessa nei confronti dei sig.ri (OMISSIS) ed altri, in epigrafe specificati, e di U. Borgonovo s.r.l. in relazione a un incidente occorso in danno di (OMISSIS), allorchè nella notte del (OMISSIS) si era accinto ad accendere un fuoco d’artificio, acquistato nel magazzino di (OMISSIS) srl (avente sede in (OMISSIS)) ed esploso nell’immediatezza per un vizio della miccia che non avrebbe dato al (OMISSIS) il tempo di allontanarsi, colpendolo al volto e lasciandogli gravi postumi permanenti a un occhio e al volto. Nella prospettazione attorea l’impresa (OMISSIS) era responsabile in quanto importatrice del fuoco d’artificio, mentre la (OMISSIS) srl, con sede in (OMISSIS), era stata la rivenditrice del fuoco, acquistato il (OMISSIS), ed entrambe le società erano indicate a più titoli responsabili del fatto occorso ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 224 del 1988 e degli articolo 1494, 2043, 2049, 2050 e 2051 c.c..
- Per quanto di interesse in questa sede, la Corte d’appello, investita dell’impugnazione della sentenza di primo grado sia da parte di (OMISSIS) che dei sig.ri (OMISSIS), dopo la riunione dei due giudizi, in parziale riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento della impugnazione dei sig.ri (OMISSIS), affermava la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano per l’azione sia contrattuale (negata dal giudice di primo grado) che extracontrattuale; riteneva provato l’acquisto effettuato nei magazzini della società, sempre sulla base delle dichiarazioni per testi; confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto provato il vizio dedotto, sulla base della deposizione dei testimoni che non aveva lasciato spazi a ulteriori dubbi, ritenendo che sul punto non fosse necessaria l’acquisizione di una CTU balistica; riteneva che la responsabilità dell’occorso fosse imputabile alla (OMISSIS) sotto il profilo sia contrattuale che extracontrattuale ex articolo2050 c.c.; riteneva infine che vi fosse un concorso della vittima nella responsabilità ex articolo1227 c.c., pari al 50%, per come aveva maneggiato il fuoco, interrato per soli circa 15-20 cm nonostante la candela fosse alta 70-80 cm e per aver agito in assenza di “patentino”.
- Le parti intimate hanno notificato separato controricorso e un ricorso incidentale il 14 luglio 2017, affidato a cinque motivi, tutti incentrati sull’errata affermazione del concorso di responsabilità della vittima ai sensi dell’articolo1227 c.c., (OMISSIS) ha notificato controricorso, mentre la Società (OMISSIS) non ha resistito. Entrambe le parti hanno prodotto memorie.
Considerato che:
- Con il primo motivo ex articolo360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente denuncia il difetto di giurisdizione del giudice italiano ex articolo 360 c.p.c., n. 1, essendo competente il giudice di San Marino ove ha sede la società e non operando alcuno dei criteri di collegamento previsti dalla normativa applicabile – la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva conL. n. 804 del 1971) – sull’assunto che la società sia stata erroneamente individuata come venditrice del prodotto e che siano stati violati i criteri di prossimità e di prevedibilità del giudice competente vigenti in materia di diritto internazionale.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. La Corte d’appello, per affermare la sussistenza della giurisdizione italiana per l’azione contrattuale, ai sensi degli articoli 3 e 6, n. 1 della Convenzione dei Bruxelles ha ritenuto sussistere il collegamento dato dalla pluralità di convenuti, davanti al giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi, considerando che il vizio della cosa è elemento comune della causa petendi e che anche identico è il petitum delle domande spiegate sotto più titoli di responsabilità contrattuale (ex L.224/1988 ed ex articolo 1494 c.c.) nei confronti delle due convenute, citando in proposito Cass. SU 2360/2015. Inoltre, per affermare la sussistenza della giurisdizione anche sotto il profilo della responsabilità extracontrattuale ex articoli 2050 e 2043 c.c., ha ritenuto che il locus commissi delicti dovesse ritenersi quello ove si è verificato il fatto generatore del danno, secondo il principio di ubiquità affermato dalla CGUE nella causa C-21/1976 (cfr. p. 8 sentenza).
1.3. In proposito rileva il precedente di cui a Sez. U., Sentenza n. 2360 del 09/02/2015, secondo cui l’articolo 6, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con L. 21 giugno 1971, n. 804), in caso di pluralità di convenuti, quello domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato davanti al giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi, configurandosi un cumulo soggettivo che va escluso solo nell’ipotesi di pretestuoso coinvolgimento di un convenuto al solo fine di provocare lo spostamento della competenza giurisdizionale per ragioni di connessione. Nel caso specifico sussiste tale collegamento per essere la controversia stata introdotta anche nei confronti del presunto importatore del fuoco in contestazione, avente sede legale in Italia, a nulla rilevando che, nel merito, sia mancata la prova del fatto che la società (OMISSIS) fosse l’impresa che avesse effettivamente importato il prodotto viziato, risultato prodotto in Cina.
1.4. Sotto il profilo dell’azione extracontrattuale, invece, l’articolo 5 (competenze speciali) – trasfuso poi senza sostanziali modifiche, nell’articolo 5 del Regolamento CE del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001 – costituisce deroga al generale forum litis, identificato nel luogo di domicilio del convenuto (articolo 2, comma 1: “Salve le disposizioni della presente Convenzione, le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato”), disponendo che “il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente… in materia di delitti o quasi delitti, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto (le lieu où le fait dommageable sest produit)”.
Per la questione di giurisdizione torna quindi rilevante la distinzione fra danno-evento e danno-conseguenza, dovendosi affermare che, in applicazione dell’articolo 5 della Convenzione di Bruxelles del 1968, il luogo dell’evento dannoso coincide sia con il luogo ove l’azione o omissione è stata compiuta, sia con il luogo del c.d. danno iniziale: con simmetrica esclusione, invece, ai soli fini della giurisdizione, della rilevanza dei c.d. danni-conseguenza (Cass., sez. Un., 22 novembre 2010,n. 23593;Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006,n. 10312; Cass., Sez. Un. civ., 13 dicembre 2005, n. 27403).
1.5. Al riguardo, questa Corte regolatrice, con orientamento ormai costante a partire dal 2003, volto ad evitare il pericoloso proliferare della prassi del c.d. forum shopping, ha negato che il locus commissi delicti sia identificabile con quello in cui il patrimonio del danneggiato risenta delle conseguenze pregiudizievoli dell’evento di danno lamentato come ingiusto, senza considerazione del danno-evento (Cass. sez. un. 5 Luglio 2011 n. 14654). Tesi, questa, conforme alla giurisprudenza in subiecta materia della Corte del Lussemburgo, a far data dalle sentenze Shevill e Marinari del 1995, seguite dalle pronunce Kronhofer del 10.6.2004 e Zuid Chemie del 16.7.2009.
1.6. In proposito, giova sottolineare che la Corte di Giustizia, quando si è trovata a doversi confrontare con i criteri di collegamento indicati dalla Convezione di Bruxelles, ha più volte precisato che la regola di competenza speciale enunciata all’articolo 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles, in materia di obbligazioni collegate a responsabilità da delitto o quasi – delitto, trova il suo fondamento nell’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra una data controversia e il giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto, che giustifica un’attribuzione di competenza a quest’ultimo giudice ai fini della buona amministrazione della giustizia e dell’economia processuale (v. in tal senso, segnatamente, le sentenze Mines de potasse d’Alsace, punto 11; 11 gennaio 1990, causa C-220/88; Dumez France e Tracoba, Racc. pag. 1-49, punto 17; 7 marzo 1995, causa C-68/93, Shevill e a., Racc. pag. I-415, punto 19, e 19 settembre 1995, causa C-364/93, Marinari, Racc. pag. 1-2719, punto 10). Infatti, il giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto è normalmente il più idoneo a pronunciarsi, in particolare per ragioni di prossimità alla controversia e di facilità di assunzione delle prove (v. sentenza resa nel procedimento CGUE Zuid-Chemie C-189/08, punto 24). Per i medesimi motivi, ha fatto proprio tale criterio anche per interpretare l’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, regolante i rapporti tra Stati membri.
1.7. Nel caso di specie, dunque, essendo lo scoppio del fuoco pirotecnico da cui sono derivate le lesioni la ragione incontestabilmente più prossima del danno subito dalla parte lesa, tale evento deve pertanto considerarsi come quello generatore del c.d. “danno iniziale” ai fini della determinazione della giurisdizione.
1.8. Applicando i predetti principi al caso in esame, si deve quindi affermare la giurisdizione del giudice italiano sotto il profilo sia contrattuale che extracontrattuale.
- Con il secondo, il terzo e quarto motivo si denunciano ex articolo360 c.p.c., comma 1, n. 3, i vizi di violazione degli articoli1227, 2050 e 2697 c.c., nonchè degli articoli 115 e 116 c.p.c.. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto si riferiscono a censure che attengono all’errata applicazione dell’articolo 2050 c.c., e alle considerazioni svolte dalla corte d’appello in merito alle prove acquisite e alla distribuzione dell’onere della prova.
2.1. Per quanto riguarda la vendita del prodotto la Corte d’appello ha ritenuto che essa fosse sufficientemente dimostrata, tramite le deposizioni testimoniali acquisite e lo scontrino prodotto; che la responsabilità inoltre si dovesse inquadrare ai sensi dell’articolo 2050 c.c., in ragione del pericolo costituito dalla vendita di materiale esplosivo, in ciò correttamente interpretando quanto già statuito da questa Corte in materia di esercizio di attività pericolose (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10268 del 20/05/2015; Cass. sez. 3, 17369/2004).
2.2. Le critiche in merito alla valutazione delle prove effettuate dai giudici di merito risultano del tutto insindacabili in cassazione, posto che una questione di violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito a meno che le prove non siano state disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali o il giudice abbia disatteso il regime della prova legale, tutti elementi che si pongono al di fuori della materia del contendere (vedi, tra le tante, Cass., sez VI, sentenza 27000/2016).
2.3. Per lo stesso motivo non è neanche censurabile in questa sede il diverso rilievo probatorio accordato alla deposizione di alcuni testi a discapito di altri, e in particolare la valutazione di merito mediante la quale la Corte d’appello ha ritenuto non raggiunta la prova, da parte della società ricorrente, dell’esaurimento delle scorte del fuoco già in un tempo anteriore al momento in cui la vittima si è recata presso l’armeria, e abbia ritenuto invece verosimile il possesso non ufficiale del fuoco per cui è causa, e ciò in relazione alla questione riguardante la vendita del prodotto esploso, attestata da alcuni testi. Quanto alla prova documentale delle giacenze di magazzino, la stessa Corte d’appello ha rilevato che la giacenza al 23/12/2000 risulta del tutto inconferente rispetto a una vendita che è stata effettuata il 28/12/2000, a fronte di testimonianze dirette che hanno affermato che il fuoco in questione è stato venduto alla vittima e rientrava tra i beni consegnati. Si tratta, pertanto, di valutazioni di merito non in grado di rivelare l’errata applicazione di criteri normativi di valutazione del materiale istruttorio.
2.4. In ordine alla prova liberatoria di cui all’articolo 2050 c.c., la ricorrente lamenta la pretesa erroneità della sentenza laddove ha ritenuto non dimostrato l’acquisto da parte della rivenditrice da chi potesse garantire qualità e corretta fabbricazione del prodotto, ritenendo per questo non raggiunta la prova liberatoria. Per liberarsi dalla responsabilità prevista dall’articolo 2050 c.c., non è sufficiente la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma è necessaria la dimostrazione di aver impiegato ogni misura atta a impedire l’evento dannoso.
2.5. Una volta accertato che il bene è stato acquistato in quella sede e costituisce strumento pericoloso ex articolo 2050 c.c., anche il soggetto che abbia provveduto alla relativa distribuzione in commercio incorre nella responsabilità da tale norma sancita, in relazione a tutti gli eventi dannosi che si verifichino in dipendenza o in occasione del relativo uso (Cass. sez. 3, 17369/2004). In materia di responsabilità civile, il limite della responsabilità per l’esercizio di attività pericolose ex articolo 2050 c.c., risiede nell’intervento di un fattore esterno, il caso fortuito, il quale attiene non già ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno, che può consistere anche nel fatto dello stesso danneggiato recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità. Peraltro, quando il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta del danneggiante ed il danno, esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso – con conseguente diminuzione del risarcimento dovuto dal danneggiante in relazione all’incidenza della colpa del danneggiato (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 27544 del 21/11/2017).
2.6. La Corte d’appello pertanto ha ritenuto, in piena conformità a un consolidato orientamento giurisprudenziale, che la società ricorrente non avesse compiuto alcuna attività di controllo sulle caratteristiche intrinseche del prodotto prima della sua commercializzazione e che l’incidenza causale del comportamento negligente della vittima non potesse elidere la sua negligenza rivelatasi a monte, nella fase di commercializzazione.
2.7. Quanto al concorso di più cause, in tema di responsabilità civile, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’articolo 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva efficienza causale di una di esse. In particolare,. in riferimento al caso in cui una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, non potendo esserne esclusa l’efficienza soltanto perchè sia incerto il suo grado di incidenza causale (v. da ultimo, Sez. 3 -, Ordinanza n. 18753 del 28/07/2017).
2.8. Orbene, in tutti e tre i motivi del ricorso si deduce l’erroneità della sentenza nella valutazione del nesso eziologico per non avere la Corte d’appello considerato la rilevanza esclusiva della condotta della vittima nel causare l’evento. Tuttavia l’accertamento del concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione del danno, così come la determinazione del grado di efficienza causale di ciascuna colpa, rientrano nel potere di indagine del giudice del merito e le relative valutazioni sono incensurabili in sede di legittimità, quando siano sorrette da adeguata e logica motivazione (Sez. 3 -, Sentenza n. 11258 del 10/05/2018; Cassazione, sezione la numero Sez. 1 -, Sentenza n. 272 del 10/01/2017).
- Con cinque motivi a supporto del ricorso incidentale i controricorrenti denunciano 1) l’omesso esame di un fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, anche in relazione agli articoli115 e 116 c.p.c., articolo1227 c.c., deducendo che la Corte d’appello non ha tenuto conto della dinamica, così come accertata nel corso dell’istruttoria, dalla quale si evince che lo scoppio improvviso del fuoco pirotecnico all’atto stesso dell’accensione avesse impedito ogni possibilità di scampo; 2) violazione e falsa applicazione degli articolo111 Cost., comma 6, articolo 132 c.p.c., n. 4, e articolo 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere il Giudice di merito dato valore parimenti rilevante alla scorretto uso e posizionamento del fuoco e all’omesso conseguimento della licenza di “fuochino”, in un caso in cui lo scoppio è stato improvviso, determinando pertanto una motivazione apparente, vale a dire non ricostruibile logicamente ovvero priva di riferibilità ai fatti di causa; 3) violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., e articolo 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, avendo la decisione posto a fondamento non la reale dinamica dell’evento bensì una ricostruzione meramente ipotetica, non confermata da alcuna delle prove dedotte, risultando prive di alcun supporto probatorio l’affermazione circa il non regolare interramento del fuoco; 4) violazione e falsa applicazione dell’articolo 2729, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in tema di ragionamento presuntivo, essendo gli indizi consistiti non già in fatti concreti ma in suggestioni ipotetiche; 5) violazione o falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3.
3.1. I motivi sono inammissibili.
3.2. L’elemento che scatena le censure è dato dal fatto che l’unico elemento certo sia lo scoppio improvviso del fuoco alla prima accensione della miccia che non poteva lasciare scampo alla vittima. Tuttavia, come sopra detto, la Corte ha svolto valutazioni sul nesso di causalità effettivamente riconducibili a dati obiettivamente rilevati (dal CTU), quali il mancato corretto interramento del fuoco da parte della vittima, come invece suggerito dalla commessa del punto vendita, e l’assenza di patentino, circostanze che nel loro insieme dimostrano una corretta applicazione delle norme che regolano l’istruttoria e di argomenti presuntivi, ed hanno condotto a ritenere causalmente rilevante anche il comportamento colposo della vittima (v. sopra quanto detto al punto 2.5 in ordine alla interpretazione dell’articolo 1227 c.c., e alla insindacabilità di un giudizio svolto in siffatti termini).
- Conclusivamente il ricorso principale è rigettato; il ricorso incidentale è dichiarato inammissibile con compensazione delle spese legali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
compensa le spese tra le parti;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2018, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile.