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Cassazione Civile 7179/2023 – Consorzi – Cancellazione dal registro delle imprese – Protrazione di fatto dell’esercizio dell’attività – Irrilevanza

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Ordinanza 7179/2023

Consorzi – Cancellazione dal registro delle imprese – Protrazione di fatto dell’esercizio dell’attività – Irrilevanza

La cancellazione dal registro delle imprese del consorzio con attività esterna produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile dell’ente, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti, irrilevante essendo la protrazione di fatto dell’esercizio dell’attività dopo l’annotamento camerale.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 10-3-2023, n. 7179   (CED Cassazione 2023)

Art. 2495 cc (Cancellazione della società) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Avverso il precetto per il pagamento della somma di Euro 3.321.775,64 (oltre interessi e spese) notificato ad istanza del (OMISSIS), la società (OMISSIS) s.r.l. spiegò opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 1, deducendo, in estrema sintesi, la carenza di legittimazione dell’intimante, in quanto soggetto giuridico estinto per cancellazione dal registro delle imprese.

Accogliendo la domanda, l’adito Tribunale di Roma dichiarò inefficace l’atto di precetto e condannò (OMISSIS) in proprio, quale persona fisica che aveva intimato precetto per conto dell’ente estinto, alla refusione delle spese di lite.

2. L’appello interposto dal (OMISSIS), da (OMISSIS) in proprio quale consorziato nonchè quale rappresentante dell’altra consorziata (OMISSIS) (e, per essa, dei suoi eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), è stato rigettato dalla decisione in epigrafe indicata, la quale, anche per le spese del secondo grado, ha condannato (OMISSIS) in proprio, dacchè qualificatosi legale rappresentante di un soggetto non più esistente.

3. Ricorrono uno actu per cassazione il (OMISSIS) e (OMISSIS) in proprio, affidandosi a due motivi; resiste, con controricorso, la (OMISSIS) S.p.A., società incorporante la (OMISSIS) s.r.l..

4. Non hanno svolto difese in grado di legittimità gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

5. Parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la sentenza impugnata sotto un duplice profilo: (a) per violazione e falsa applicazione degli artt. 2191, 2193 e 2945 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere “ritenuto che la cancellazione dal registro delle imprese di un consorzio con attività esterna ne implichi puramente e semplicemente l’estinzione (…) pur affermando che non è preclusa la possibilità di dimostrare l’inesistenza dei presupposti per la cancellazione e quindi la non estinzione del consorzio”; (b) per omesso esame di fatto decisivo (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non avere considerato che la prosecuzione del giudizio concluso con il titolo esecutivo azionato costituiva la prova della continuata attività del (OMISSIS).

1.1. Il motivo, complessivamente così formulato, è infondato, pur occorrendo emendare la sentenza impugnata, conforme a diritto, ma basata su una motivazione in parte errata, abbisognevole, pertanto, di correzione ai sensi dell’art. 384, u.c. codice di rito.

Invero, il giudice territoriale, definita la natura dell’appellante come consorzio ad attività esterna (qualificazione non più discutibile, siccome non attinta da censura), dal rilievo dell’applicabilità dell’art. 2495 c.c. anche alle società di persone ha desunto che il fenomeno estintivo, operante dall’avvenuta volontaria cancellazione dell’ente dal registro delle imprese, fosse astrattamente superabile, seppur in concreto non superato, in quanto “era onere dell’appellante – che afferma la persistente attività del consorzio a prescindere dalla cancellazione – allegare e provare detta circostanza, onere non adempiuto”.

L’argomentazione non è corretta.

Secondo il fermo indirizzo ermeneutico di questa Corte, i consorzi con attività esterna, svolgendo attività ausiliaria per conto delle imprese consorziate, costituiscono, nei confronti dei terzi, autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, portatori di interessi e posizioni giuridiche soggettive distinti dalle imprese consorziate; lo statuto di disciplina dettato dal codice civile per siffatti consorzi, caratterizzato dal sistema di pubblicità legale relativo alla struttura organizzativa (art. 2612), dalla rappresentanza in giudizio (art. 2613), dal fondo comune (art. 2614) e, soprattutto, dalla responsabilità nei confronti dei terzi (art. 2615), evidenzia una sicura assimilazione alle società per azioni, confortata dalla parziale estensione delle regole stabilite per siffatte società operata dall’art. 2615-bis, come aggiunto dalla L. 10 maggio 1976, n. 377, art. 4 (cfr., in tal senso, Cass. 16/12/2013, n. 28015; Cass. 03/06/2010, n. 13465).

Di ciò costituisce logico corollario l’applicazione (anche) ai consorzi con attività esterna del principio secondo cui, ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, (nel testo introdotto dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4), la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti (così Cass. 18/09/2007, n. 19347).

Si deve concludere nel senso che la (pacifica) cancellazione del (OMISSIS) dal registro delle imprese ne abbia determinato la definitiva scomparsa dal mondo giuridico, insuscettibile di una qualsiasi forma di reviviscenza in conseguenza della effettiva protrazione, pur dopo l’annotamento camerale, di un’attività concretamente esplicata.

Va in definitiva affermato il seguente principio di diritto: “La cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile del consorzio con attività esterna, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti, irrilevante divenendo l’effettiva protrazione, anche dopo l’annotamento camerale, di un’attività ad opera dell’ente”.

1.2. Le illustrate considerazioni palesano l’irrilevanza dell’altro profilo di doglianza articolato, concernente l’omesso apprezzamento di una circostanza fattuale idonea a dimostrare la mera apparenza dell’estinzione del consorzio.

Censura, in ogni caso, inammissibile, siccome non formulata in maniera conforme alle prescrizioni del codice di rito.

Secondo la consolidata lettura esegetica offerta dal giudice della nomofilachia, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Da ciò consegue che, onde assicurare l’osservanza delle previsioni dettate degli art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (ex plurimis, sulla scia di Cass., Sez. U, 07/04/2014, nn. 8053-8054, v. Cass. 27/11/2014, n. 25216; Cass. 11/04/2017, n. 9253; Cass. 29/10/2018, n. 27415).

Nella specie, in palmare contrasto con i descritti oneri allegativi, della circostanza fattuale di cui si lamenta il mancato scrutinio, non risultante dalla sentenza impugnata, parte ricorrente non menziona il veicolo ed il tempo di introduzione nel thema decidendum della lite, nè, tampoco, la diatriba processuale sviluppatasi sulla questione.

2. Con il secondo mezzo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 94 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha condannato (OMISSIS) alla refusione delle spese di giudizio, fondando la statuizione sul mero rilievo dell’aver agito per conto di un ente estinto, senza specificare, come invece prescritto dalla norma asseritamente trasgredita, i “gravi motivi” (comunque non sussistenti) giustificanti la condanna del rappresentante.

2.1. Il motivo è infondato.

Presupposto di operatività dell’art. 94 c.p.c. è l’esistenza di un valido rapporto di rappresentanza (o di assistenza) tra la parte e il soggetto che abbia agito in giudizio legittimamente spendendo detta qualità, soggetto che diviene destinatario della condanna alla refusione delle spese – in uno (ed anche in solido) con il rappresentato – a titolo di sanzione per l’imprudente iniziativa (o condotta) processuale, idonea ad esporre il rappresentato a maggiori ed evitabili esborsi (sul tema, Cass. 20/05/2020, n. 9203; Cass. 28/10/2019, n. 27475).

Nella vicenda in parola, difettando il presupposto della legittima contemplatio domini, chiara si appalesa l’inconferenza del richiamo positivo posto a suffragio del motivo in scrutinio.

La condanna di (OMISSIS) in proprio alla refusione delle spese dei gradi di merito del giudizio si basa infatti sul riscontro di un’immedesimazione organica non sussistente, attesa la pregressa estinzione dell’ente collettivo assertivamente rappresentato.

Così giustificata, la statuizione è conforme al principio di diritto, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui in ipotesi di giudizio intentato dall’ex rappresentante di una società estinta, è legittima la condanna alle spese in proprio della persona che abbia speso la – giuridicamente impossibile – qualità di legale rappresentante di un soggetto non più esistente (v. Cass. 22/01/2020, n. 1392; Cass. 12/12/2019, n. 32728; Cass. 22/05/2018, n. 12603).

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, si assume violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., inficiante la statuizione (ove non considerata mero obiter dictum) con cui la gravata pronuncia ha affermato la possibilità dei soci successori di agire, sic et simpliciter, in luogo del consorzio estinto, successione per converso ipotizzabile soltanto in presenza di plurime condizioni da acclarare in concreto.

3.1. La doglianza è inammissibile.

Come adombrato dallo stesso ricorrente incidentale, essa svolge critica ad un’argomentazione sprovvista di qualsivoglia incidenza (e, quindi, del tutto priva di decisività) ai fini del provvedimento adottato, potendo senza dubbio espungersi dalla motivazione l’affermazione qui censurata senza in alcun modo minare la compiutezza e la concludenza del ragionamento svolto: un mero obiter dictum, avverso il quale difetta l’interesse all’impugnazione.

4. In definitiva: il ricorso principale è rigettato, il ricorso incidentale è dichiarato inammissibile.

5. La soccombenza reciproca e l’assoluta novità della questione giuridica negli esatti termini affrontata giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado.

6. Atteso l’esito della lite, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – da parte dei ricorrenti, principali ed incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto, ove dovuto, rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 13 gennaio 2023.