Sentenza 7340/1998
Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto – Onere delle parti
Il decreto con cui il prefetto, nel caso in cui la pubblica amministrazione non sia parte in causa, richiede, a norma degli artt. 41, secondo comma, e 368 cod. proc. civ., che le Sezioni unite della Corte di cassazione dichiarino il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti alla pubblica amministrazione, costituisce in realtà, più che la formulazione di una domanda, l`esercizio di un potere di veto, al quale consegue, attraverso gli adempimenti rimessi dall`art. 368, terzo comma, al pubblico ministero e al capo dell`ufficio giudiziario, la sospensione del procedimento, e l’onere per le parti del giudizio di investire della questione di giurisdizione la Corte di cassazione, mediante ricorso per regolamento di giurisdizione da proporre nel previsto termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto prefettizio, a pena di inammissibilità del ricorso stesso.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 27-7-1998, n. 7340 (CED Cassazione 1998)
Art. 368 cpc (Questione di giurisdizione sollevata dal prefetto) – Giurisdizione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Bari, sezione fallimentare, con decreto del 12.12.1994 ha ammesso alla procedura di amministrazione controllata per due anni il (OMISSIS) soc. coop. a.r.l. con sede in Bitonto. Nel corso della procedura concorsuale, il commissario giudiziale, in un’apposita relazione, ha riferito dell’avvenuto recesso della (OMISSIS) che si era impegnata ad acquistare per 30 miliardi un ramo dell’azienda, rendendo così inattuabile il piano di risanamento.
Preso atto dell’impossibilità di realizzare il risanamento il Tribunale ritiene che, ai fini della dichiarazione di fallimento, non sia ostativa la natura giuridica del (OMISSIS), quale consorzio di cooperative di cui all’art. 1 r.d.l. 13.8.1926 n. 1554, tenuto conto dell’esercizio di attività commerciale, come si desume dallo statuto, nonché del disposto del co. 2 dell’art.2540 c.c., che assoggetta, di regola, a fallimento le cooperative che esercitano attività commerciale.
Il Tribunale prende atto dell’avvenuta comunicazione del Ministro del lavoro dell’apertura di un’istruttoria per l’eventuale adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, tuttavia ritiene che debba applicarsi il principio della prevenzione, sancito nell’art. 196 1.fall. per cui dichiara il fallimento del consorzio con sentenza depositata il 29.1.1996. Nel frattempo, con decreto 24.1.1996, antecedente il deposito della sentenza dichiarativa di fallimento, il Ministero del lavoro ha posto in liquidazione coatta amministrativa lo stesso consorzio; per cui i Commissari liquidatori della Cooperativa, nominati dal Ministero, propongono opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, preclusa dall’antecedente messa in liquidazione coatta amministrativa. Analoga opposizione viene proposta dallo stesso (OMISSIS) in persona del legale rappresentante e viene riunita alla precedente.
Il Prefetto di Bari, con decreto motivato del 17.12.1997, ai sensi dell’art. 368 c.p.c., chiede che le sezioni unite dichiarino il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Sull’eccepita questione di giurisdizione, il Presidente del Tribunale di Bari, preso atto del decreto del Prefetto, notificato alle altre parti il 18 dicembre 1997 e a lui comunicato dal P.M., con nota del 20 dicembre, con decreto del 27.12.1997, ai sensi del co.3 dell’art.368 c.p.c., sospende il giudizio di opposizione, in attesa della
pronuncia delle sezioni unite.
Con ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione, notificato il 29.1.1997, i commissari liquidatori del (OMISSIS) chiedono che sia regolata la giurisdizione, nel senso che, all’atto del deposito della sentenza dichiarativa di fallimento, in data 29.1.1996, il Tribunale fallimentare di Bari non avesse giurisdizione per la dichiarazione di fallimento, stante la preventiva adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa adottato in data 24.1.1996, anche se pubblicato sulla Gazz. Uff. del 14.2.1996. Resistono con controricorso la curatela fallimentare, la (OMISSIS), l'(OMISSIS) cooperativo, che insistono per la giurisdizione del giudice ordinario. Sono state depositate tempestive memorie per il consorzio ricorrente e la curatela fallimentare.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con carattere pregiudiziale si presenta l’esame della tempestività del ricorso, tenuto conto che nel caso di specie si tratta di questione di giurisdizione sollevata dal prefetto, ai sensi dell’art.368 c.p.c. e il ricorso alle sezioni unite deve essere proposto nel
termine perentorio di 30 giorni dalla notifica del decreto prefettizio.
La disposizione, che ha trovato scarsa applicazione nella vita dell’attuale codice di rito, regola una forma del tutto particolare di regolamento di giurisdizione, che si può esercitare in ogni stato e grado del processo, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato (così, Cass. 4 aprile 1969, n. 1103). Le poche applicazioni di questa norma si riscontrano in materia fallimentare nei rapporti tra liquidazione coatta amministrativa e dichiarazione di fallimento (Cass. 23 novembre 1994, n. 912, ord.; Cass., sez. un., 30 ottobre 1992, n. 11848; Cass. 17 luglio 1980, n. 4681). Con una norma di raccordo, per evitare conflitti di attribuzione, il capoverso dell’art. 41 c.p.c. consente alla P.A., che non sia parte in causa, tramite il Prefetto, di far dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario dalle sezioni unite della Corte di cassazione.
Alla P.A., quando non è parte del giudizio, è consentito di far valere il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, senza il limite temporale della preclusione della decisione nel merito di primo grado, caratteristica peculiare del regolamento preventivo di giurisdizione, – esperibile dalle parti del processo. La disposizione trova corrispondenza nel co. I^ dell’art. 37 c.p.c. – che consente la rilevabilità d’ufficio del difetto di
giurisdizione in qualunque stato e grado del processo – e legittima a sollevare la questione di giurisdizione il Prefetto del luogo ove pende il giudizio di merito, quale rappresentante della P.A. che non sia parte in causa (art. 19 co. 2, r.d. 3 marzo 1934 n. 383). L’attuale disciplina del regolamento di giurisdizione, di cui agli artt. 41, 367 e 368 c.p.c., risale alla 1. 31 marzo 1877, n. 3761, sui conflitti di attribuzione, dovuta alla riforma del guardasigilli del tempo Pasquale Stanislao Mancini, è rimasta sostanzialmente intatta. Sintomatico di quanto sopra, ed a livello di vero e proprio antiquariato giuridico, l’articolo in esame, non toccato dalla riforma del 1990, consente, ancora oggi, al Prefetto, competente per territorio, di sollevare la questione di giurisdizione. Con la semplice differenza che l’effetto sospensivo non è più connesso direttamente al decreto prefettizio, ma a un meccanismo procedimentale che parte dalla notifica alla magistratura requirente – all’epoca dell’introduzione del codice di rito del 1942 ancora sottoposta all’esecutivo – la quale ne dà comunicazione al capo dell’ufficio giudiziario che provvede a sospendere immediatamente il processo in corso. Questo tipo di intervento va inquadrato storicamente, perché collegato alla fine dell’avocazione reale, che consentiva al re di attribuirsi qualsiasi processo civile o penale per deciderlo nel merito. Si ritenne, intorno all’ultimo quarto del secolo scorso, sotto la spinta di una forte corrente di pensiero, sostenuta dalla dottrina dell’epoca, di introdurre l’istituto dei conflitti, al fine di bloccare le eventuali invasioni del potere giudiziario nel campo riservato all’esecutivo, non più protetto dall’avocazione reale. Il Governo del 1877 risolse il problema mediante “l’arma di guerra”, così qualificata dal guardasigilli Mancini, costituita dall’intervento del prefetto posto in grado di bloccare l’autorità giudiziaria, anche quando la P.A. non è parte in causa, come, ancor oggi, recita l’attuale art. 41, co. 2^. In questo modo si consente al Governo, tramite il prefetto, di far valere il difetto assoluto del potere giurisdizionale, in ogni stato e grado del giudizio, finché la giurisdizione non sia coperta dal giudicato, mediante un potere di veto con cui la P.A. ottiene la sospensione del processo, ai sensi dell’art. 368, co. 3, c.p.c. La regolamentazione attuale prevede, infatti, che costituisce onere dell’altra parte, rimasta bloccata dal veto con cui la P.A. ha ottenuto la sospensione del processo, di ricorrere alle sezioni unite affinché provvedano sulla questione di giurisdizione. La richiesta del prefetto è contenuta in un decreto motivato, notificato alle parti e al pubblico ministero presso il Tribunale, se si tratta di un processo di primo grado, o al procuratore generale presso la Corte d’Appello, se il processo sia in grado di appello. Il P.M. o il P.G. si rivolge non al giudice investito della causa, ma al capo dell’ufficio giudiziario, il quale, senza alcuna delibazione (a differenza di quanto previsto dal co. 2^ dell’art. 2 1. 31 marzo 1877, n. 3761 per i conflitti di attribuzione) sospende il processo, dandone notizia alle parti e mettendo in grado quella più diligente di rivolgersi – entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica del decreto prefettizio – alla Corte di Cassazione perché si pronunci sulla giurisdizione.
Sebbene la legge definisca il decreto del prefetto come richiesta per la decisione sulla giurisdizione della Corte di cassazione, in realtà si tratta non di una domanda, ma piuttosto dell’esercizio di un potere di veto, con cui la P.A. da un lato ottiene la sospensione del processo, e dall’altro, su ricorso a carico della parte più diligente, la decisione sulla giurisdizione ad opera delle sezioni unite.
Nel caso in esame, il decreto del prefetto risulta notificato, ai sensi dell’art. 368 c.p.c. in data 18 dicembre 1996 e di ciò dà atto lo stesso decreto di sospensione del presidente del Tribunale, quando richiama la nota del P.M. del 20 dicembre 1996, contenente, appunto, notizia del decreto ai fini della sospensione di rito. La disposizione contenuta nell’art. 368 c.p.c. prevede che il ricorso contenente la questione di giurisdizione deve essere proposto “nel termine perentorio di 30 giorni dalla notifica del decreto prefettizio”, avvenuta nella specie il 18 dicembre 1996. Orbene, il (OMISSIS) avrebbe dovuto proporre il ricorso entro trenta giorni dalla notifica del decreto prefettizio.
Nel caso di specie, il termine perentorio non risulta rispettato perché il ricorso per regolamento di giurisdizione è stato tardivamente notificato, in data 29 gennaio 1997.
La giurisprudenza è ferma nel ritenere che il ricorso notificato oltre il termine perentorio sia inammissibile (Cass., 12 agosto 1995, n. 8857). In considerazione della natura della controversia le spese posso essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte a sezioni unite, dichiara il ricorso inammissibile e compensa interamente le spese di lite.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle sezioni unite civile della Corte di Cassazione, il 24 aprile 1998.