Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 7416/2016 – Notificazioni – Il crocesegno non costituisce valida manifestazione di volontà della persona che riceve l’atto

Richiedi un preventivo

Sentenza 7416/2016

Notificazioni – Il crocesegno non costituisce valida manifestazione di volontà della persona che riceve l’atto

In tema di notificazioni, il crocesegno non costituisce valida manifestazione di volontà della persona che riceve l’atto, né consente di individuarne l’identità, sicché, per la validità della notifica, è necessario che il notificante riporti le generalità del soggetto al quale l’atto è stato consegnato, attestandone l’impossibilità di apporre la sottoscrizione.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 14 aprile 2016, n. 7416  (CED Cassazione 2016)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 1997, (OMISSIS) ed (OMISSIS) convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Paola i germani (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonchè i due nipoti (OMISSIS) e (OMISSIS), quali figli ed eredi dell’altra sorella (OMISSIS), deceduta nel (OMISSIS).

Assumevano che il comune genitore (OMISSIS), era deceduto in (OMISSIS), lasciando a sè superstiti la moglie (OMISSIS), nonchè i sopra indicati germani, e che il patrimonio ereditario consisteva in un fabbricato a più piani nel centro urbano di (OMISSIS), con antistante piccolo piazzale.

Il piano seminterrato ed il piazzale erano stati però oggetto di donazione del 5/11/1981 in favore dei figli (OMISSIS) e (OMISSIS) a titolo di anticipata successione, da imputare alla quota disponibile, e con dispensa da collazione. Peraltro dopo la morte della madre, solamente (OMISSIS) aveva continuato a detenere ed a disporre in via esclusiva dell’intero fabbricato, procedendo anche a dei lavori di trasformazione. Ciò premesso chiedevano procedersi alla divisione dell’asse relitto, previa eventuale integrazione della quota di riserva, ove ritenuta lesa per effetto della donazione effettuata in vita da parte del de cuius.

Si costituiva (OMISSIS) il quale eccepiva la prescrizione della domanda nonchè del diritto di accettare l’eredità; deduceva altresì che non vi era stata alcuna lesione della quota di legittima delle attrici e che la stima del valore degli immobili andava effettuata con riferimento all’epoca della donazione in quanto il valore dei beni donati si era incrementato in conseguenza dei cospicui interventi di ristrutturazione effettuati a sua cura e spese. Infine contestava la domanda di rendiconto assumendo che il fabbricato non aveva mai prodotto frutti e che in ogni caso occorreva compensare tale voce con quanto da lui speso nell’interesse della cosa comune.

All’esito dell’istruttoria, consistita nell’assunzione di prove testimoniali e nell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, richiesti vari chiarimenti all’ausiliare d’ufficio, il Tribunale di Paola con la sentenza del 24/4/2008 dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria facendo proprie le quote così come individuate dal CIP ingegner (OMISSIS), punendo altresì a carico di (OMISSIS) il pagamento della somma di Euro 56.939,38 quale corrispettivo per il godimento esclusivo del locale ex ufficio postale e dell’appartamento dallo stesso detenuto sino alla data dell’aprile del 2006, attribuendo allo stesso la somma di Euro 4634,52 quale corrispettivo per i lavori di manutenzione e gestione dei beni comuni.

Avverso tale sentenza proponeva appello (OMISSIS) e si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), quest’ultimo quale coniuge superstite di (OMISSIS) i quali concludevano per il rigetto dell’appello.

Con sentenza n. 370 del 4/4/2011, la Cotte di Appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l’appello, condannando l’appellante al rimborso delle spese in favore delle parti costituite.

Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso (OMISSIS) affidato ad un unico motivo, ed hanno resistito (OMISSIS) e (OMISSIS) con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Il ricorrente ha depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere disattesa la richiesta del difensore di parte ricorrente di cui alle memorie del 9 marzo 2016 volta ad ottenere la declaratoria di interruzione del giudizio in conseguenza del decesso del ricorrente avvenuta in data 7/8/2013, occorrendo a tal fine richiamare il costante orientamento di legittimità (cfr. da ultimo Cassazione civile sez. 3 03 dicembre 2015 n. 24635) secondo cui nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. e ss..

Sempre in limine litis occorre altresì evidenziare che nelle medesime memorie parte ricorrente ha riferito che i ricorso non era stato notificato nei confronti dell’intimata (OMISSIS), in (OMISSIS), in quanto la notifica effettuata all’estero a mezzo posta risultava attestata da un avviso di ricevimento irregolare. Pertanto ha richiesto concedersi termine per la rinnovazione della notifica in questione.

Tuttavia rileva la Corte che il ricorso è relativo all’impugnazione di una sentenza avente ad oggetto lo scioglimento di una comunione, e quindi rientrante in un’ipotesi di litisconsorzio necessario, anche nel grado di impugnazione, per cui sarebbe indispensabile l’impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti; con la conseguenza che dovrebbe disporsi, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, a cui il ricorso non è stato in precedenza notificato.

Senonchè, occorre ribadire che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2 e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 cod. proc. civ., da sostanziali garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111 Cost., comma 2) dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (Cass. 17 giugno 2013 n. 15106; Cass. 8 febbraio 2010 n. 2723; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2008, n. 26373; Cass., Sei. 3, 7 luglio 2009, n. 15895; Cass., Sez. 3, 19 agosto 2009, n. 18410; Cass., Sez. 3, 23 dicembre 2009, n. 27129).

In applicazione di detto principio, essendo il presente ricorso (per le ragioni che andranno ad esporsi nel prosieguo) prima, facie infondato, appare superflua la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle detta intimata, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.

Passando al merito, si rileva che la Corte distrettuale con ordinanza del 20-24/3/2009, dopo aver dato atto che l’appello risultava notificato solamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), non risultando invece costituiti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), disponeva, in mancanza di prova dell’avvenuta notifica, rappresentata dall’esibizione dell’avviso di ricevimento delle raccomandate, essendo stata la notificazione richiesta a mezzo posta, la rinnovazione della notifica dell’atto di appello da eseguirsi entro il 31/7/2009.

Con successiva ordinanza del 28-30/12/2009 la stessa Corte, dopo aver dato atto che risultava la prova della rinnovazione della notifica dell’atto di appello nei confronti di (OMISSIS), non essendo invece stati allegati gli avvisi di ricevimento relativi agli altri appellati, invitava le parti a precisare le conclusioni.

Con la sentenza impugnata, i giudici di appello, nel ripercorrere i vari atti processuali che erano intervenuti al fine di assicurare la corretta instaurazione del contraddittorio in grado dì appello, rilevava che effettivamente la rinnovazione era avvenuta nei confronti dell’appellato (OMISSIS), e che all’udienza del 22/12/2009 l’appellante aveva prodotto gli avvisi di ricevimento della notifica dell’atto di citazione ricevuti da (OMISSIS) e da (OMISSIS), rispettivamente in data 28 luglio e 24 luglio 2008. Relativamente invece a (OMISSIS), risultava depositata una cartolina di colore arancione relativa ad un avviso di ricevimento spedito dall’ufficiale giudiziario presso il Tribunale di Paola e recante la sola data di spedizione del 22/7/2008, trattandosi di notifica la cui destinataria era residente all’estero e precisamente negli Stati Uniti d’America.

La sentenza impugnata ha quindi osservato che la notifica dell’ano di appello era andata a buon fine sin dall’inizio nei confronti dei due Barletta e che l’appellante aveva dato ottemperanza all’ordine di rinnovazione della notifica e di integrazione del contraddittorio nei confronti di (OMISSIS). Quanto invece alla posizione di (OMISSIS), riteneva che la cartolina esibita non permetteva di individuare nè l’identità del sottoscrittine nè la data di ricezione dell’atto, essendo omessa tale circostanza la cui rilevanza rilevava anche al fine di valutare l’avvenuto rispetto dei termini di comparizione. Ad avviso dei giudici d’appello quindi la notifica effettuata all’estero dell’originario atto di citazione non poteva reputarsi andata a buon fine, così che l’appellante avrebbe dovuto procedere alla rinnovazione della notifica anche nei confronti di (OMISSIS) nel termine fissato con l’ordinanza del 24/3/2009. Il mancato rispetto di tale termine e la conseguente omessa rinnovazione della notifica nei confronti di un litisconsorte necessario determinava pertanto l’inammissibilità del gravame.

Con un unico motivo di ricorso, (OMISSIS) lamenta la violazione degli artt. 149 e 182 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 assumendo che erroneamente i giudici di appello avrebbero escluso la validità della notifica effettuata nei confronti di (OMISSIS), pur dando atto in motivazione che l’avviso di ricevimento, nella casella denominata “da completare a destinazione”, riportava un crocesegno.

Assume il ricorrente che tale segno grafico, in mancanza di contestazioni, deve intendersi apposto dalla destinataria, con la conseguenza che la notifica doveva ritenersi valida anche nei confronti della predetta litisconsorte.

Il motivo è evidentemente privo di fondamento.

In primo luogo il ricorrente non risulta aver colto appieno la ratio decidendi della pronuncia impugnata, essendosi soffermato unicamente nella critica in ordine alla possibilità di poter salire all’identità del destinatario sulla base dell’apposizione di un semplice segno di croce, trascurando tuttavia l’ulteriore argomento speso dai giudici di appello, e rappresentato dalla rilevanza dell’omessa indicazione nella cartolina in oggetto della data di effettiva ricezione dell’atto da parte della destinataria, data che appariva rilevante al fine di poter valutare l’intervenuto rispetto dei termini a comparire.

In tal senso, la successiva motivazione dei giudici di appello si sofferma, mediante il richiamo al precedente di legittimità indicato in sentenza (Cass. n. 1069/2007), nel precisare le conseguenze scaturenti, non solo dalla mancata evocazione in giudizio di un litisconsorte necessario, ma soprattutto di quelle derivanti dalla mancata rinnovazione, sempre nei confronti di un litisconsorte necessario, di una notificazione inizialmente affetta da nullità.

Il motivo di ricorso, come detto, si concentra però esclusivamente sulla possibilità di trarre la conclusione dell’effettiva percezione dell’atto da parte di (OMISSIS) per la presenza sulla cartolina di un segno di croce, senza però nulla osservare in ordine all’ulteriore difetto riscontrato dai giudici di appello, e rappresentato dalla mancata indicazione della data di effettiva ricezione.

Ne consegue che le critiche mosse non appaiono, per la loro incompletezza, in grado di inficiare l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa la nullità della notifica inizialmente effettuata nei confronti della (OMISSIS), restando pertanto ferma la necessità per l’appellante di dover procedere, nel termine fissato con l’ordinanza del 24/3/2009, ad una rinnovazione della medesima, la cui omissione ha quindi determinato l’inammissibilità.

In ogni caso, ed anche con riferimento alla questione relativa alla valenza probatoria del segno di croce rinvenuto sulla cartolina della notifica effettuata all’estero, le doglianze del ricorrente non appaiono in alcun modo meritevoli di condivisione.

Ed infatti, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Corte quello secondo cui il crocesegno non costituisce una valida manifestazione di volontà della persona, nè permette di identificarne correttamente l’identità (cfr. Cassazione civile sez. lav. 19 agosto 2004 n. 16266 e Cassazione civile sez. 2 14 maggio 1994 n. 4718, in tema di procura alle liti, nonchè Cassazione civile sez. 2 12 marzo 1994 n. 2389, Cassazione civile sez. 2 21 maggio 1992 n. 6133 e Cassazione civile sez. 2 09 luglio 2001 n. 9289, per le scritture private).

Il segno di croce non appare in alcun rapportabile, così come vorrebbe il ricorrente, ad una firma con grafia illeggibile, ma costituendo un segno grafico peraltro di semplice elaborazione, non consente con certezza di riferirne la paternità alla destinataria della notifica, ove materialmente apposto sulla relata, in assenza di una diversa precisazione da parte dell’organo incaricato della notifica che attesti l’impossibilità per il destinatario di apporre la propria sottoscrizione, assicurando in tal modo la riconducibilità del segno alla persona cui l’atto è indirizzato.

In tal senso deve altresì intendersi quanto affermato da Cassazione civile, sez. 3, 10/02/1987 n. 1428, clic nell’affermare la validità della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale, con consegna dell’atto ad un familiare del destinatario, che non abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento per essere analfabeta, ha aggiunto che non è richiesta, in una tale ipotesi – nè per la pregressa nè per l’attuale normativa – l’apposizione di crocesegno e la partecipazione di due testimoni sottoscriventi, trattandosi di pronuncia relativa ad un’ipotesi nella quale comunque l’autore della notifica aveva esattamente riportato le generalità di colui che riceveva l’atto notificato.

Nel caso invece in esame, manca qualsivoglia indicazione in tal senso, e la mera presenza di un segno di croce esclude la certa riferibilità della sua apposizione alla parte interessata.

Ne consegue che il ricorso principale deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200.00 per esborsi, oltre spese generali, ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, 15 marzo 2016.