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Cassazione Civile 7451/2016 – Inammissibilità della domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento proposta per la prima volta in appello

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Ordinanza 7451/2016

Inammissibilità della domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento proposta per la prima volta in appello

In tema di separazione personale dei coniugi, è inammissibile la domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento proposta, per la prima volta, in appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c., a nulla rilevando che la parte istante sia rimasta contumace in primo grado.

Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 14 aprile 2016, n. 7451   (CED Cassazione 2016)

Art. 345 cpc (Domande ed eccezioni nuove nel giudizio di appello) – Giurisprudenza

 

 

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 22 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.:

“Con sentenza in data 18 luglio 2014, la Corte d’Appello di Catania ha disatteso l’appello, volto al riconoscimento di un assegno di mantenimento, proposto dalla sig.ra (OMISSIS) contro la pronuncia del Tribunale di quella stessa città che, nella sua contumacia, aveva pronunciato la separazione personale dal coniuge (OMISSIS), senza ulteriori statuizioni.

Secondo la Corte territoriale, la sentenza di primo grado meritava conferma, e le domande proposte in appello andavano dichiarate inammissibili, atteso che la convenuta nel giudizio di separazione, rimanendo contumace, non aveva proposto alcuna domanda e, quindi, neppure quella di mantenimento, ex articolo 156 c.c., che resterebbe – pur sempre – nella disponibilità della parte.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la sig.ra (OMISSIS), con atto notificato il 14 gennaio 2015, sulla base di un unico motivo (Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c.).

Il (OMISSIS) ha svolto difese con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente infondato, sia con riferimento al vizio motivazionale sia con riguardo a quello di violazione di legge.

Infatti, la motivazione della Corte territoriale in ordine alla inammissibilità della domanda proposta solo in appello appare immune da vizi motivazionali e di violazione di legge, poichè esso appare in armonia con il consolidato orientamento di questa Corte, sia pure espresso con il processo di divorzio e secondo cui “Nel procedimento per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, la domanda per l’attribuzione dell’assegno divorzile (L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 4) ne presuppone la tempestiva proposizione secondo le ordinarie norme processuali, così che il giudice di appello deve rigettare la richiesta avanzata per la prima volta dinanzi a lui dal coniuge avente diritto, a nulla rilevando che questi sia rimasto contumace in primo grado.” (ultima di varie, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4615 del 1998).

Del resto, sia pure in una fattispecie più articolata, lo stesso la Corte ha stabilito anche in materia di separazione personale (Sez. 1, Sentenza n. 4668 del 1988) secondo cui “Qualora la sentenza di primo grado abbia pronunciato la separazione personale dei coniugi, senza statuire, in difetto di istanze, sull’addebitabilità, ed altresì riconosciuto un assegno di mantenimento a carico del coniuge convenuto, deve negarsi a questi, pure se rimasto contumace davanti al tribunale, la possibilità di chiedere per la prima volta in appello l’addebito della separazione all’altro coniuge, ancorchè al fine di sentir escludere detto mantenimento ed attribuire all’altro coniuge i soli alimenti, poichè tale richiesta, introducendo un ulteriore tema d’indagine e decisione, configura domanda nuova, preclusa dall’articolo 345 cod. proc. civ.”. In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. e articolo 375 c.p.c., n. 5, apparendo il ricorso manifestamente infondato.”.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non risultano essere state mosse critiche od osservazioni;

che, pertanto, il ricorso deve essere respinto, con le conseguenze di legge: a) le spese processuali a carico del ricorrente; b) il raddoppio del contributo unificato, poichè il ricorso, proposto successivamente al 30 gennaio 2013 (e sostanzialmente rigettato), NON essendosi discusso di problemi relativi ai figli della coppia, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 10 NON è esentato dal pagamento del contributo unificato quando – come nella specie – si tratti di una causa relativa al processo di divorzio in cui NON si sia discusso anche di questioni relative ai figli (capo 4 del titolo 2 del Libro 4 c.p.c.), non essendo compreso un tale caso, fra quelli stabiliti nel menzionato TU del 2002, articolo 10, commi 2 e 3;

che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, articolo 52 deve disporsi che siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre a spese generali forfettarie e ad accessori di legge.

Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorso, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.