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Cassazione Civile 7586/2016 – Bilancio di esercizio di una società per azioni – Contestazione in sede contenziosa

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Sentenza 7586/2016

Bilancio di esercizio di una società per azioni – Contestazione in sede contenziosa – Irrilevanza  

Il bilancio di esercizio di una società per azioni, in forza del principio di continuità, deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell’anno precedente, anche nel caso in cui l’esattezza e la legittimità di questi ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa e siano state negate con sentenza non passata in giudicato (nella specie, per il mancato rispetto dei termini di convocazione di un socio). Infatti, solo il passaggio in giudicato di quella sentenza fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo.

Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 15 aprile 2016, n. 7586  (CED Cassazione 2016)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza non definitiva del 2009, in accoglimento parziale del gravame proposto dal signor (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città, ha dichiarato la nullità della decisione di primo grado con la quale era stata impugnata la delibera assembleare di approvazione del bilancio al 31 dicembre 1998 e, rinnovata la CTU, con sentenza definitiva, ha respinto la domanda proposta dall’appellante nei confronti della società (OMISSIS) srl.

1.1. La Corte territoriale, in particolare, accolto – con la detta pronuncia non definitiva – il motivo di appello con il quale si lamentava del fatto che la sentenza impugnata era stata resa dal Tribunale in composizione monocratica (anzichè collegiale), ha respinto tutte le altre doglianze sollevate dal socio verso la sentenza di prime cure, che pure le aveva rigettate ritenendole, nel merito, del tutto infondate.

1.2. Preliminarmente, per ciò che rileva ed interessa ancora in questa fase del giudizio, la Corte territoriale ha respinto le due eccezioni sollevate dal socio appellante: a) quella relativa agli effetti di altra sentenza di merito (la n. 651/08, oggetto di ricorso pendente in Cassazione), riguardante l’impugnativa del bilancio sociale al 31 dicembre 1991, che aveva disposto l’annullamento di quella deliberazione per il mancato rispetto dei termini di convocazione del detto socio (ai sensi dell’articolo 11 dello Statuto), decisione acquisita dal giudice distrettuale nel corso dell’appello, perchè giudicato “documento” sopravvenuto; b) quella riguardante la regolarità della CTU, atteso che il Consulente del giudice aveva dato regolare avviso alle parti delle operazioni peritali per tutte le sedute svoltesi prima della sospensione dell’attività peritale, mentre successivamente alla cessazione della causa di sospensione non sarebbero state fissate altre riunioni con le parti ma, solo, redatta e depositata la Relazione.

1.3. Del resto, l’appellante non avrebbe dedotto neppure quale sia stato il pregiudizio concretamente subito, per effetto dell’ultimazione dell’incarico da parte del CTU, senza dare l’ulteriore avviso ai difensori.

2.Avverso tale decisione il socio ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico ed articolato mezzo, contro cui resiste la società, con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Con il primo profilo dell’unico motivo di ricorso violazione degli articoli2379 e 2433 c.c.e ss., della normativa in materia di formazione ed approvazione dei bilanci societari (articolo 360 c.p.c., n. 3) il socio censura la sentenza definitiva in quanto non avrebbe dichiarato l’esistenza del vizio della delibera di approvazione della contabilità sociale al 31 dicembre 1998 in conseguenza della invalidità derivata dalla decisione di annullamento della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio sociale al 31 dicembre 1991.

1.1. Secondo il ricorrente, il giudice distrettuale avrebbe erroneamente negato rilevanza alla pronuncia relativa al bilancio del 1991, costituente – per il principio di continuità – il presupposto di quelli successivi, e trascurando di valutare il contenuto di esso e le sue ripercussioni sui bilanci successivamente approvati. Infatti, la rimozione di quel bilancio avrebbe fatto venir meno le poste costituenti i presupposti vincolati del bilancio successivamente approvato ed impugnato.

  1. Con il secondo profilo dell’unico motivo di ricorso violazione degli articoli2379 e 2433 c.c.e ss., della normativa in materia di formazione ed approvazione dei bilanci societari (articolo 360 c.p.c., n. 3) il socio censura la sentenza definitiva nella parte in cui ha escluso il vizio attinente alla CTU per la mancata comunicazione alle parti, anche in ordine all’inizio delle operazioni peritali.

2.1. Secondo il socio le valutazioni, illegittimamente compiute dal CTU in ragione dei vizi del contraddittorio, costituirebbero la base ed il fondamento della sentenza impugnata.

  1. I due profili dell’unico mezzo di ricorso vanno esaminati disgiuntamente.
  2. Il primo di essi, infatti, lamenta una violazione del principio di continuità dei bilanci, avendo il giudice di appello acquisito, agli atti del giudizio, una decisione, peraltro oggetto di ricorso per cassazione (del quale s’ignora, allo stato degli atti, l’esito), con la quale è stata annullata la delibera di approvazione del bilancio al 1991.

4.1. Di contro, la società eccepisce l’impossibilità di avvalersi degli effetti favorevoli di quella sentenza, sia perchè ancora non passata in giudicato e sia perchè il socio non avrebbe impugnato uno dei bilanci intermedi (posti tra il 1991 ed il 1998 e, particolarmente, quello del 1996).

  1. Osserva la Corte che la prima delle due eccezioni della società controricorrente è fondata e merita accoglimento, alla luce del principio di diritto già affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2379 del 1977) e secondo cui “Il bilancio di esercizio di una società per azioni, in forza del principio della cosiddetta continuità, deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell’anno precedente, anche nel caso in cui l’esattezza e la legittimità di questi ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa, e siano state negate con sentenza non passata in giudicato (nella specie, per distribuzione di utili contra legem). Infatti, solo il passaggio in giudicato di quella sentenza fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di modificare conseguenzialmente i dati di partenza del bilancio successivo”.

5.1. Il principio è tanto più efficace, e va in tal senso ribadito dandogli continuità nel caso in esame, in quanto il ricorrente non ha neppure indicato quali siano state le poste contestate nella vertenza in esame e che si trovano nell’ipotizzata stretta e diretta dipendenza dall’annullamento del bilancio al 1991.

  1. Il secondo profilo del mezzo di cassazione contesta il mancato rilievo dei vizi (per violazione del principio del contraddittorio) da cui sarebbe stata affetta la Relazione del CTU.
  2. Il profilo è inammissibile sotto una duplicità di profili.

7.1. Anzitutto non censura, se non genericamente, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata con la quale si sono respinte le doglianze proposte in appello per la mancata indicazione e specificazione delle presunte menomazioni alle facoltà difensive che la parte ricorrente abbia subito in forza di un mancato avviso che, peraltro, il giudice di merito contesta sia stato consumato.

7.2. In secondo luogo, pur postulandosi, ancora genericamente, una stretta connessione tra la Relazione del CTU e la motivazione della sentenza che ha esaminato le censure di merito al bilancio del 1998, nessuna specifica indicazione viene fornita in ordine al perchè e percome il ragionamento peritale abbia potuto alimentare e nutrire il ragionamento reiettivo svolto, assai diffusamente (alle pp. 10-18 della sentenza), dalla Corte territoriale, in ordine a ciascuna minuta contestazione posta a base della propria domanda giudiziale.

  1. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
  2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio, che liquida – in favore della resistente – in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l a sezione civile della Corte di cassazione, il 16 marzo 2016, dai magistrati sopra indicati.