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Cassazione Civile 7671/2016 – Incarichi dirigenziali – Attribuzione provvisorio di funzioni dirigenziali

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Sentenza 7671/2016

Incarichi dirigenziali – Attribuzione provvisorio di funzioni dirigenziali

In tema di incarichi dirigenziali, ai sensi dell’art. 73, comma 2-bis, della l.r. Sardegna n. 31 del 1998, introdotto dalla l.r. n. 6 del 2000, lo svolgimento provvisorio di funzioni dirigenziali, nell’ambito delle unità organizzative preesistenti, non determina l’attribuzione degli incarichi dirigenziali risultanti dalla riorganizzazione dei servizi disposta dalla stessa legge, da attuarsi solo successivamente a mezzo di un provvedimento formale di nomina.

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 18 aprile 2016, n. 7671 (CED Cassazione 2016)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 35/2012, depositata il 14 febbraio 2012, la Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza del Tribunale di Cagliari che aveva respinto il ricorso proposto da (OMISSIS) e diretto a ottenere, nei confronti della Regione Autonoma della Sardegna, l’accertamento del diritto ad essere inquadrato nella posizione di “direttore di servizio” con decorrenza dal 2/12/1998 alla data di collocamento a riposo, avvenuto il 19/9/1999, e il conseguente accertamento del diritto a percepire la retribuzione di posizione dovuta in base a tali funzioni, in luogo di quella di importo minore corrispondente alle funzioni di dirigente in staff già riconosciutagli, con decorrenza 1/8/1999, dal primo contratto collettivo per la dirigenza regionale del novembre 2000.

La Corte osservava, a sostegno della propria decisione, che le funzioni di coordinamento di servizio svolte dall’appellante non erano equiparabili a quelle di “direttore di servizio”, atteso che la legge regionale 13 novembre 1998, n. 31, al fine di attuare il principio di separazione tra l’attività di indirizzo spettante all’organo politico e quella gestionale aveva introdotto nuove figure dirigenziali non comparabili con quelle proprie dell’assetto organizzativo precedente; osservava, inoltre, che la disciplina transitoria di detta legge, nel prevedere la conferma provvisoria dei servizi già istituiti fino alla emanazione di un decreto del presidente della giunta regionale che, ridefinendoli, attribuisse le relative funzioni dirigenziali, era stata dettata dalla obiettiva necessità di mantenere l’operatività delle strutture esistenti e, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, comprovava che la direzione provvisoria di tali servizi non poteva essere confusa con l’attribuzione degli incarichi relativi ai servizi così come ridefiniti dal decreto; che l’emanazione di tale provvedimento, nel gennaio 2000, e la conseguente attribuzione, nel marzo successivo, dei nuovi incarichi dirigenziali erano state entrambe successive al collocamento a riposo, sicchè, essendo previsto per il riconoscimento della nuova voce retributiva un formale atto di nomina, l’appellante aveva potuto beneficiare della retribuzione di posizione di livello minimo, spettante ai dirigenti con funzioni di staff, garantita dalla contrattazione collettiva come trattamento minimo ai dirigenti non ancora investiti di funzioni e con una decorrenza (dall’1/8/1999) che, partendo dal termine ultimo entro cui il decreto del presidente della giunta avrebbe dovuto essere emanato, neutralizzava il ritardo nel quale era incorsa l’Amministrazione.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il (OMISSIS) con tre motivi, illustrati da memoria; la Regione Autonoma della Sardegna ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della Legge Regionale 13 novembre 1998, n. 31, artt. 71, 72, 73 e 77 nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 42 CCRL 1998/1999: sotto un primo profilo, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’espletamento provvisorio da parte del ricorrente delle funzioni di direzione – a decorrere dalla data (2 dicembre 1998) dell’inquadramento nella categoria dirigenziale ai sensi della legge regionale suddetta e fino alla data (19 settembre 1999) di collocamento a riposo – costituisse svolgimento di funzioni del tutto diverse da quelle svolte (dai dirigenti) successivamente all’emanazione del D.P.G.R. 13 gennaio 2000, n. 4 ed a seguito della formale attribuzione degli incarichi dirigenziali secondo il dettato della Legge Regionale citata, ovvero secondo il nuovo sistema di separazione tra il potere di gestione e quello politico di indirizzo; sotto un secondo profilo, per non avere la Corte territoriale considerato che l’art. 71 L. cit. non prevede alcuna preclusione al riconoscimento del trattamento economico corrispondente alle funzioni effettivamente svolte, anche in assenza di un provvedimento formale di nomina, limitandosi (comma 5) semplicemente a confermare la perentorietà del termine entro il quale l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere alla ridefinizione dei servizi; sotto un terzo e ulteriore profilo, per avere la Corte, nell’interpretare in senso restrittivo l’art. 71, omesso di valutare le modifiche che il legislatore regionale aveva apportato alla L. n. 31 del 1998 e, in particolare, il comma 2 bis dell’art. 73, introdotto con Legge Regionale 14 giugno 2000, n. 6 al fine di confermare la continuità degli incarichi dirigenziali, di cui al previgente ordinamento, rispetto a quelli di nuova denominazione; sotto un quarto profilo, infine, per avere la Corte erroneamente escluso il diritto del ricorrente di percepire dal 2 dicembre 1998 la retribuzione di posizione riconosciuta dal marzo 2000 ai dirigenti incaricati di direzione di servizi secondo le modalità previste dalla L. n. 31 del 1998, non considerando che la disposizione, di cui al comma 2 bis cit., ancorchè introdotta successivamente al collocamento a riposo del ricorrente, era comunque da ritenersi applicabile alla fattispecie.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 42 CCRL 1998/1999 per il personale con qualifica dirigenziale, sul rilievo che detta norma, prevedendo che la retribuzione di posizione, di cui alla lettera c), e cioè quella, di minore importo, da riconoscersi ai dirigenti con funzione di staff, venisse corrisposta “a tutti gli altri dirigenti a decorrere dall’1/8/1999”, aveva avuto presenti, con finalità di garanzia, i dirigenti nominati per la prima volta, compresi quelli senza alcun incarico, a cui si era voluto assicurare l’indennità minima per la dirigenza, mentre la data di decorrenza così stabilita (ed in seguito anticipata all’1/1/1999 o anche, in taluni casi, al febbraio 1998), peraltro coincidente con il termine ultimo entro il quale doveva essere emanato il D.P.G.R. di ridefinizione dei servizi, era stata indicata solo per motivi di disponibilità finanziaria; con lo stesso motivo il ricorrente denuncia altresì vizio di motivazione ex art. 360, n. 5 e nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, sul rilievo che in altri casi (come da documentazione prodotta, che, tuttavia, la Corte aveva omesso di esaminare) la Regione aveva sempre interpretato l’art. 42 CCRL in conformità di quanto ritenuto dal ricorrente.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della Legge Regionale n. 31 del 1998, artt. 71, 73 e 77 nonchè vizio di motivazione per avere la Corte territoriale, senza chiarire i presupposti del proprio ragionamento e senza neppure valutare i documenti prodotti nel giudizio di primo grado, ritenuto che le funzioni di coordinamento svolte dal ricorrente non fossero equiparabili alle funzioni dirigenziali.

Il primo e il secondo motivo, nelle parti relative alla violazione e alla falsa applicazione dell’art. 42 CCRL 1998/1999, formulano una censura inammissibile.

Al riguardo si osserva che la norma, di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, là dove prevede, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, che il ricorso per cassazione possa essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all’art. 40, è di stretta interpretazione (cfr., fra le altre, Cass. 24 luglio 2006, n. 16876) e, pertanto, non trova applicazione ai contratti collettivi regionali, come quello a cui si riferiscono le censure in esame.

Nè, d’altra parte, il ricorrente ha sollecitato a questa Corte di legittimità la verifica del rispetto, da parte del giudice di merito, dei canoni legali di interpretazione dei contratti, non precisando in quale modo, e sulla base di quali considerazioni, la Corte di appello si sarebbe discostata da essi e non facendo neppure menzione dell’art. 1362 c.c. e segg. nell’esposizione delle censure.

Il secondo motivo risulta inammissibile anche nella parte in cui viene dedotta l’omessa valutazione di documentazione comprovante il fatto che in altre circostanze la Regione avrebbe applicato le norme richiamate nel ricorso in senso conforme all’interpretazione ad esse data dal ricorrente e ciò alla stregua della costante giurisprudenza, secondo la quale, in tema di ricorso per cassazione, il ricorrente, ove deduca l’omesso esame, da parte del giudice di merito, di documenti ritenuti decisivi ai fini dell’accoglimento della domanda, ha l’onere di riprodurne o, quanto meno, di evidenziarne il contenuto, con riferimento alle parti che si ritengono erroneamente disattese o erroneamente valutate.

Il primo e il terzo motivo, implicando l’esame di questioni connesse, possono esaminarsi congiuntamente.

Ritiene la Corte, in primo luogo, che la parte di motivazione investita dal terzo motivo, e cioè l’affermata esclusione della possibilità di equiparare le funzioni di coordinamento di servizio svolte dal ricorrente alle funzioni dirigenziali, non identifichi un’autonoma ragione decisoria, poichè si limita a riprendere l’argomento già in precedenza svolto (cfr. sentenza, pag. 4), incentrato sull’introduzione, a cura della Legge Regionale n. 31 del 1998, di una nuova figura dirigenziale cui sono state assegnate funzioni (di direttore generale, di servizio e di staff) incomparabili con quelle svolte nel pregresso assetto organizzativo dai coordinatori di struttura (generale, di servizio, di settore).

Ciò premesso, la sentenza impugnata si sottrae alle censure proposte dal ricorrente.

Come, infatti, esattamente rilevato dalla Corte territoriale, la Legge Regionale 13 novembre 1998, n. 31, art. 71 là dove prevede (comma 5) che, fino all’entrata in vigore del decreto del Presidente della giunta volto alla loro ridefinizione, “sono provvisoriamente confermati i servizi istituiti con legge o regolamento e le unità organizzative già dichiarate ad essi corrispondenti”, purchè operanti alla data di entrata in vigore della legge, tende manifestamente a realizzare un’esigenza di tutela della operatività e della continuità dell’azione amministrativa, in una fase di complessa transizione ad un assetto organizzativo ispirato al nuovo e diverso principio di separazione tra l’attività di indirizzo di competenza dell’organo politico e l’attività di gestione e, pertanto, caratterizzato da essenziale e radicale differenziazione rispetto all’assetto precedente.

La medesima esigenza di continuità, qui operante sul piano delle risorse personali, e specificamente di copertura normativa dell’esercizio interinale delle funzioni di direzione, nel tempo occorrente al completamento della procedura di ridefinizione, assegnazione e nomina, è da riconoscersi nella disposizione di cui al comma 2 bis della Legge Regionale 14 giugno 2000, n. 6 (“Nelle more dell’attribuzione delle funzioni di direzione, esse sono comunque esercitate, ivi comprese le funzioni dirigenziali di cui agli artt. 8 e 9, dai dipendenti preposti alle strutture organizzative dell’Amministrazione e degli enti ai sensi del previgente ordinamento”), la quale, pertanto, anzichè smentirla, conferma la validità delle conclusioni cui è pervenuta la Corte di appello e cioè che lo svolgimento provvisorio delle funzioni di direzione non è tale da determinare in alcun modo l’attribuzione degli incarichi dirigenziali come risultanti dalla ridefinizione dei servizi attuata (tardivamente) con il D.P.G.R. 13 gennaio 2000, n. 4.

Ne discende che soltanto con il suddetto decreto e con la successiva e conseguente assegnazione alle diverse posizioni dirigenziali, mediante un provvedimento formale di nomina (nella specie, a “direttore di servizio”), secondo i principi del nuovo assetto organizzativo, si sarebbero potute realizzare le condizioni per la legittima attribuzione della “retribuzione di posizione” reclamata dal ricorrente: condizioni a tal fine necessarie, inerendo direttamente la voce retributiva alle funzioni, così come delineate ed assegnate in esito alla procedura di legge, e non maturate nel caso del (OMISSIS), per il collocamento a riposo in epoca anteriore al loro verificarsi.

Il ricorso deve conseguentemente essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.