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Cassazione Civile 7709/2016 – Segnaletica stradale – Mancata indicazione, sul retro del cartello stradale, degli estremi della relativa ordinanza di apposizione  

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Sentenza 7709/2016

Segnaletica stradale – Mancata indicazione, sul retro del cartello stradale, degli estremi della relativa ordinanza di apposizione  

In tema di segnaletica stradale, l’omessa indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della relativa ordinanza di apposizione – come invece imposto dall’art. 77, comma 7, del d.P.R. n. 495 del 1992 e succ. mod.- non determina l’illegittimità del segnale, né, tantomeno, esime l’utente della strada dall’obbligo di rispettarne la prescrizione e, conseguentemente, non comporta l’illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione alla condotta da osservare.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 19-04-2016, n. 7709 (CED Cassazione 2016)

 

 

CONSIDERATO IN FATTO

Con ricorso depositato in data 24.11.2009, (OMISSIS) proponeva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Cagliari avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto di Cagliari in data 3.11.2009, con cui era stata rigettata la procedura amministrativa avviata davanti al Prefetto in ordine alla contestazione del verbale di accertamento di infrazione al codice della strada per avere lasciato la propria autovettura in area in cui sussisteva divieto di sosta (infrazione n. 1071/2009, irrogata dalla Polizia municipale di Selargius). In specie, il ricorrente deduceva i seguenti vizi di nullità dell’ordinanza-ingiunzione opposta: per carenza di potere, per violazione dei termini di cui all’art. 204 C.d.S., comma 1, per assenza del provvedimento amministrativo di divieto, per difetto dell’elemento psicologico. La Prefettura di Cagliari presentava memoria, con la quale eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione, poichè era stato presentato ricorso al Prefetto. E in ogni caso osservava che la proposizione del ricorso al Prefetto impediva di muovere censure avverso il verbale di contestazione. Nel merito, deduceva il rispetto dei termini per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione e la sufficienza della firma del rappresentante delegato del Prefetto, quale responsabile dell’area sistema sanzionatorio amministrativo.

Il Giudice di Pace adito, con sentenza n. 1301 del 21.09.2010 respingeva l’opposizione.

Avverso la sentenza del Giudice di Pace era interposto gravame davanti al Tribunale di Cagliari, con cui venivano reiterati i motivi di opposizione già sollevati davanti al giudice di prime cure, cui resisteva la Prefettura di Cagliari.

Quindi, il Tribunale adito in appello, con sentenza depositata il 25.05.2012, rigettava l’impugnazione e confermava la sentenza impugnata.

Avverso la indicata sentenza del Tribunale di Cagliari ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), articolato su due motivi. Non ha proposto controricorso la Prefettura di Cagliari.

Il ricorrente, in prossimità della pubblica udienza, ha depositato memoria illustrativa.

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 C.d.S. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale adito erroneamente ritenuto che fosse precluso al g.o. l’esame del provvedimento amministrativo che istituisce il divieto di sosta.

Tanto, in particolare, con riferimento al punto della decisione gravata con cui (citando Cass. n. 12431/2010) si considerano parallelamente il motivo di ricorso col quale si sia “voluto contestare la validità del segnale” e quello con cui, invece, “si ponga in dubbio la stessa esistenza del provvedimento amministrativo”.

Evidenziando che, in effetti, nella fattispecie si contestava la sola validità dell’apposto segnale (per mancata indicazione sul retro del cartello del richiamo all’ordinanza amministrativa), senza fare questione della sua pacifica materiale esistenza, va rilevato quanto segue.

Il motivo è infondato.

L’eventuale mancata apposizione sul retro della segnaletica stradale della indicazione della relativo provvedimento amministrativo regolante la circolazione stradale non determina di per sè l’illegittimità del segnale.

Infatti “in tema di segnaletica stradale, la mancata indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione – come invece imposto dall’art. 77, comma 7, del Regolamento di esecuzione del codice della strada (Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 e successive modificazioni) – non determina la illegittimità del segnale e, quindi, non esime l’utente della strada dall’obbligo di rispettarne la prescrizione, con l’ulteriore conseguenza che detta omissione non comporta l’illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione alla condotta da osservare (Cass. civ., Sez. Seconda, sent. 20 maggio 2010, n. 12431).

In ogni caso, inoltre, la detta mancata indicazione degli estremi non ha investito il profilo della legittimità dell’atto amministrativo del divieto, pur sempre sindacabile dal G.O. “al fine della sua eventuale disapplicazione” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 30 ottobre 2007, n. 22894).

Il motivo in esame, in quanto infondato, va dunque respinto.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere il Tribunale ritenuto infondata l’eccezione in ordine all’affidamento incolpevole del trasgressore determinato dalle caratteristiche del cartello di divieto.

Il motivo è inammissibile.

E ciò perchè attraverso l’esposta censura si chiede, in sostanza, al Giudice di legittimità di effettuare una valutazione di merito in ordine alla percepibilità in fatto del divieto di sosta sull’area in cui l’autovettura è stata posteggiata.

Tanto a fronte della coerente esposizione contenuta, sul punto, nella sentenza impugnata, che non può qui essere contestata per carenza motivazionale, attesa la correttezza della decisione fondata su congrue argomentazioni immuni da vizi censurabili in questa sede. Tale sindacato è precluso in sede di legittimità.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte conto ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 5 febbraio 2016.