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Cassazione Civile 7710/2016 – Usufrutto successivo improprio

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Sentenza 7710/2016

Usufrutto successivo “improprio”

L’usufrutto successivo “improprio”, che ricorre allorché il costituente trasferisca, per atto “inter vivos” diverso dalla donazione, la nuda proprietà di un immobile, riservando a sé e, per il periodo successivo alla propria morte, ad uno o più terzi, l’usufrutto sul bene, così da farne coincidere la durata con la vita del più longevo degli usufruttuari, è ammissibile e resta sottratto al divieto di cui all’art. 698 c.c., in quanto la fattispecie negoziale costitutiva dei diversi usufrutti si perfeziona con la conclusione del contratto, rappresentando la premorienza del costituente un fatto puramente accidentale e non causale rispetto alla produzione degli effetti.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 19-04-2016, n. 7710  (CED Cassazione 2016)

Art. 698 cc (Usufrutto successivo) – Giurisprudenza 

Art. 978 c.c. (Usufrutto – Costituzione)

Art. 979 c.c. (Usufrutto – Durata)

Art. 980 c.c. (Cessione dell’usufrutto)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS), erede di (OMISSIS), con citazione del 15 gennaio 1998, aveva convenuto davanti al Tribunale di Alessandria (OMISSIS) e (OMISSIS), questi anche quale genitore esercente la potestà sul figlio minore (OMISSIS), contestando la validità della compravendita immobiliare intervenuta a rogito notaio (OMISSIS) il 31 marzo 1994 tra il padre (OMISSIS) e (OMISSIS), in rappresentanza del figlio (OMISSIS). Il venditore (OMISSIS) si era riservato sull’immobile, ceduto in nuda proprietà al minore (OMISSIS), il diritto di usufrutto, indicandone quale beneficiari dopo la sua morte (OMISSIS) e (OMISSIS), con accrescimento al più longevo. L’attore deduceva che (OMISSIS) fosse stato indotto alla stipula dell’atto da (OMISSIS), e perciò domandava che l’atto notarile fosse dichiarato nullo, o annullabile per difetto di capacità di intendere e di volere del venditore, o che la vendita della nuda proprietà fosse dichiarata inesistente o nulla per mancanza dei requisiti essenziali, quali la pattuizione sul prezzo e sul pagamento, o per dolo; quanta alla costituzione di usufrutto, l’attore rilevava l’inesistenza o nullità dell’atto per la mancata partecipazione dei beneficiari, per la mancanza di corrispettivo e per dolo. (OMISSIS) aveva instato, ancora, per la declaratoria di simulazione del contratto di compravendita, ovvero per la riduzione dello stesso per lesione di legittima. I convenuti si costituivano chiedendo il rigetto delle domande avverse. In subordine, (OMISSIS) invocava l’accertamento del suo diritto di usufrutto sull’immobile in base al testamento olografo del 18 febbraio 1994. Il giudizio di primo grado veniva interrotto con ordinanza del 19 gennaio 2000 a seguito del raggiungimento della maggiore età di (OMISSIS), il quale si costituiva all’esito della riassunzione con comparsa dell’11 maggio 2000. Il Tribunale di Alessandria, con sentenza del 29 ottobre 2007, dichiarava, quindi, inammissibili le domande di invalidità o di riduzione relative alla costituzione di usufrutto disposta con atto notarile 31 marzo 1994 e rigettava le altre. Si negava dal Tribunale, in particolare, che (OMISSIS) potesse impugnare la riserva di usufrutto contenuta nella vendita in esame, essendo stata respinta la domanda di annullamento del testamento di (OMISSIS) per incapacità di intendere e di volere del testatore, ed avendo questi già disposto proprio in sede testamentaria un legato di usufrutto in favore di (OMISSIS) concernente il medesimo immobile sito in (OMISSIS). Quanto, invece, alla cessione della sola nuda in favore di (OMISSIS), il Tribunale negava che vi fosse prova della pretesa incapacità di intendere e di volere del venditore al momento della conclusione del contratto, come anche del dolo; infondata si riteneva dal primo giudice altresì la domanda di nullità per mancata pattuizione del prezzo e del pagamento, ed irrilevante il fatto riguardante la provenienza del denaro; tardiva risultava la domanda di nullità per illiceità della causa; indimostrata la simulazione, non essendovi la controdichiarazione; circa la domanda di riduzione, essa pure si rigettava, quanto all’usufrutto alla luce della disposizione testamentaria, e quanto alla cessione della nuda proprietà per difetto di prova dell’accettazione con beneficio d’inventario.

(OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria, citando (OMISSIS) e (OMISSIS) e chiedendo la riforma della decisione di primo grado quanto alle domande di invalidità o di riduzione sia della costituzione di usufrutto che della cessione di nuda proprietà stabilite nell’atto notarile del 31 marzo 1994. In particolare, l’appellante criticava la sentenza del Tribunale di Alessandria, affermando che sussistesse l’interesse ad agire in relazione alla disposizione di usufrutto, anche in considerazione del fatto che la sentenza di rigetto della domanda di annullamento del testamento olografo di (OMISSIS) era stata oggetto di appello. (OMISSIS) insisteva poi che il venditore versasse in stato di incapacità di intendere e di volere al momento della stipula del contratto di compravendita; aggiungeva che il pagamento del prezzo della compravendita fosse simulato, essendo stato il denaro versato dall’acquirente prelevato dal conto corrente del venditore; comprovava di aver effettuato accettazione con beneficio di inventario.

La CORTE D’APPELLO di TORINO, con sentenza n. 305/2010 del 3 marzo 2010, accoglieva l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), riformava la sentenza del Tribunale di Alessandria 29 ottobre 2007 e dichiarava la nullità del contratto di compravendita a rogito notaio (OMISSIS) del 31 marzo 1994, sia quanto alla disposizione di concessione di usufrutto da parte di (OMISSIS) a favore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), sia quanto alla cessione di nuda proprietà, dissimulante una donazione priva della forma necessaria ad substantiam, da parte di (OMISSIS) Giovanni a favore di (OMISSIS); di conseguenza, la Corte torinese dichiarava che il bene immobile sito in (OMISSIS), fosse ancora compreso nel patrimonio di (OMISSIS) all’epoca del suo decesso, avvenuto il 10 dicembre 1997. Quanto, in specie, alla disposizione relativa all’usufrutto in favore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), la Corte d’appello riteneva la clausola inserita nell’atto di compravendita come disposizione di ultima volontà, nulla perchè non olografa, comunque non rispettosa dell’art. 603 c.c., e in contrasto con gli artt. 979, 980 e 1014 c.c., in quanto volta a trasmettere l’usufrutto oltre la morte del primo usufruttuario (che era lo stesso (OMISSIS) Giovanni, alienante con riserva di usufrutto).

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in cinque motivi. L’intimato (OMISSIS) (o (OMISSIS)) non si è costituito nel giudizio di cassazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) deduce la violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e dell’art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in quanto (OMISSIS), convenuto in primo grado davanti al tribunale di Alessandria, non era stato destinatario dell’atto di appello proposto da (OMISSIS), notificato il 20 febbraio 2008 soltanto a (OMISSIS) e (OMISSIS), sebbene poi la sentenza della Corte d’appello di Torino, qui gravata, n. 305/2010 del 3 marzo 2010 abbia pronunciato pure nei confronti del medesimo (OMISSIS), dichiarandosi la nullità della concessione di usufrutto in suo favore operata nell’atto 31 marzo 1994.

Il secondo motivo di ricorso assume la violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, non avendo l’attore interesse ad agire, essendovi stato testamento di (OMISSIS) che comunque aveva attribuito alla (OMISSIS) l’usufrutto sull’immobile conteso, testamento oggetto di impugnativa rigettata con sentenza passata in giudicato.

Il terzo motivo concerne la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte d’appello rilevato la nullità del contratto 31 marzo 1994 sulla base di ragioni diverse da quelle allegate da (OMISSIS).

Il quarto motivo censura la violazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, giacchè l’appellante (OMISSIS) non aveva proposto alcuno specifico motivo di impugnazione con riguardo al capo della sentenza del Tribunale di Alessandria che aveva rigettato la sua domanda di simulazione.

Il quinto motivo sostiene la violazione degli artt. 1417 e 2722 c.c., art. 2729 c.c., comma 2 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’appello ritenuto sussistente la simulazione in assenza di prova della controdichiarazione, ed in base a circostanze afferenti non all’accordo simulatorio, quanto al pagamento del prezzo della vendita, atteso che l’assegno circolare a tal fine utilizzato dal compratore non sarebbe stato proveniente dallo stesso.

Il primo motivo di ricorso risulta fondato ed il suo accoglimento assorbe l’esame delle ulteriori censure.

Per come ricostruita nell’impugnata sentenza della Corte torinese, la disposizione contenuta nel contratto di compravendita del 31 marzo 1994 era così formulata: “riservando esso venditore l’usufrutto vitalizio per sè e dopo di sè per la signora (OMISSIS)… e per il signor (OMISSIS) sopra comparso, con diritto di accrescimento al più longevo dei due e non successivamente”. Si tratterebbe, allora, della costituzione per atto inter vivos, diverso dalla donazione, di un usufrutto successivo “improprio”, avendo il venditore riservato l’usufrutto sull’immobile alienato a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di terzi, come espressamente consentito dall’articolo 796 c.c. per la donazione. Tale fattispecie negoziale è cosa diversa dall’usufrutto successivo vietato dall’articolo 698 c.c., norma che si ricollega al divieto di ordine pubblico della sostituzione fedecommissaria, nascendo dall’esigenza di evitare che siano frapposti ostacoli alla libera circolazione dei beni, mediante l’imposizione di vincoli di durata assai lunga o indeterminata (Cass. 14 maggio 1962, n. 1024Cass. 14 ottobre 2015, n. 20788). L’usufrutto successivo improprio, costituito con compravendita (o con altri atti onerosi inter vivos), si reputa, infatti, sottratto al divieto posto dall’articolo 698 c.c. per gli atti mortis causa, poichè l’atto costitutivo iniziale vale ai fini dell’acquisto dell’usufrutto soltanto se frutto dell’incontro della volontà di tutte le parti, o comunque perchè la fattispecie negoziale necessaria per la costituzione dei vari usufrutti si avrebbe già per perfezionata con la conclusione del contratto, costituendosi automaticamente i diritti nel momento in cui muore il precedente usufruttuario, sicchè non si configurerebbe un negozio mortis causa, essendo la premorienza del costituente un fatto puramente accidentale, e non causale rispetto alla produzione degli effetti. La riserva di usufrutto a favore di un terzo viene ricostruita o come alienazione della piena proprietà dall’alienante all’acquirente, con contestuale costituzione dell’usufrutto a favore del terzo, da parte dell’acquirente promittente, ex art. 1411 c.c., ovvero, prevalentemente, come negozio duplice, uno di alienazione della nuda proprietà dall’alienante all’acquirente e l’altro come contratto di costituzione di usufrutto, o come proposta di contratto di costituzione di usufrutto tra alienante e terzo. Se l’alienante abbia previsto una riserva di usufrutto per sè, il terzo acquisterà l’usufrutto, quindi, al verificarsi di un termine iniziale o di una condizione sospensiva, ovvero dopo la morte dell’alienante che si è riservato l’usufrutto ed alla condizione della premorienza dell’alienante al terzo riservatario dell’usufrutto (cfr. Cass. 24 luglio 1975, n. 2899).

Agli effetti processuali, tuttavia, sia che si intenda il terzo riservatario dell’usufrutto quale terzo ex art. 1411 c.c. rispetto al contratto di alienazione della nuda proprietà, sia che lo si ritenga come parte dell’autonomo distinto contratto costitutivo del diritto reale su cosa altrui, una volta che lo stesso sia stato convenuto nel giudizio di primo grado da chi domandi la nullità o l’annullamento dell’intera operazione contrattuale, si determina una situazione di litisconsorzio di carattere unitario, con la conseguenza che il giudizio di impugnazione si connota, quale che sia stato l’esito del grado precedente, come inscindibile e, pertanto, riconducibile all’art. 331 c.p.c..

Parimenti, ove la costituzione dell’usufrutto in favore del terzo sia intesa come disposizione di ultima volontà inserita nella compravendita, secondo quanto affermato dalla Corte d’appello di Torino con riguardo alla fattispecie di causa, i legatari di essa (OMISSIS) e (OMISSIS), che avevano partecipato al giudizio di primo grado, assumevano entrambi nella fase di appello la qualità quantomeno di litisconsorti necessari processuali (argomenta da Cass. 7 marzo 2001, n. 3323). La nozione di inscindibilità della causa si estende, invero, anche alle ipotesi di litisconsorzio cosiddetto processuale, in cui non è configurabile un litisconsorzio necessario di carattere sostanziale, e tuttavia la presenza di più parti nel giudizio di primo grado deve necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio.

In tal senso, (OMISSIS), avendo partecipato al giudizio di primo grado come convenuto da (OMISSIS), ed essendo perciò divenuto litisconsorte necessario processuale, doveva indispensabilmente partecipare al giudizio di appello, mentre non gli è stato notificato l’atto di impugnazione di secondo grado ed è stato, nondimeno, destinatario, nella sentenza resa il 3 marzo 2010 dalla Corte d’appello di Torino, di statuizione dichiarativa della nullità della disposizione istitutiva di usufrutto in suo favore.

Non essendo stata l’impugnazione proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado, con la conseguenza che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 331 e 383 c.p.c., questa Corte deve rimettere le parti dinanzi al giudice d’appello per un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa.

In relazione alla censura accolta la sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso, con assorbimento degli altri motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, l’8 marzo 2016.

 

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