Sentenza 8062/2016
Espropriazione per pubblica utilità – Incompetenza del sindaco – Giurisdizione amministrativa
In tema di espropriazione per pubblica utilità, l’incompetenza del sindaco che ha emesso il provvedimento di occupazione d’urgenza in luogo del presidente della giunta regionale è censurabile davanti al giudice amministrativo e non davanti al giudice ordinario, trattandosi di incompetenza relativa e non di carenza assoluta di potere, in quanto il vizio non priva l’atto della capacità di degradare il diritto soggettivo a interesse legittimo.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 21 aprile 2016, n. 8062 (CED Cassazione 2016)
MOTIVI DELLA DECISIONE
I tre motivi proposti si appuntano – sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione – sulla dichiarazione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Sostengono i ricorrenti che nella specie si era in presenza di carenza assoluta di potere; e ciò perchè gli atti amministrativi erano stati adottati da organi appartenenti ad amministrazioni diverse da quelle cui spettava il potere esercitato.
I motivi non sono fondati.
La giurisprudenza di legittimità è consolidata nell’utilizzare, quale strumento di identificazione del coinvolgimento di diritti ovvero di interessi legittimi, il criterio della carenza di potere contrapposto a quello dello scorretto esercizio del potere.
Nel primo caso sussiste la giurisdizione del giudice ordinario: questo quando è messo (fondatamente) in discussione il potere della pubblica amministrazione, di fronte al quale si verifica, l’affievolimento del diritto. Ricorre, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo quando la questione riguardi semplicemente il cattivo esercizio del potere: e ciò per essere indirizzato il corretto esercizio del potere medesimo a tutelare posizioni di mero interesse legittimo (S.U. 22.6.1990 n. 6308; S.U.1.2.1985 n. 650; S.U.27.4.1981 n. 2510; in una fattispecie in cui il decreto era stato emesso dal sindaco del comune, invece che dal presidente della giunta regionale, S.U.29.8.1990 n.8987; v. anche Cass. 10.11.2006 n. 24041).
Ora, il problema della discriminazione di competenze in materia espropriativa attiene all’area della competenza relativa e non assoluta, censurabile, perciò soltanto davanti al giudice amministrativo al quale spetta di decidere la questione per stabilire quali compiti siano attribuiti al Sindaco ed alla Giunta comunale in materia espropriativa.
Il che vuol dire che si tratta di rapporto fra organi nelle cui attribuzioni una certa materia, sia pure a fini ed in casi diversi, rientra.
L’ipotesi della incompetenza assoluta, e della correlativa carenza di potere, ricorre invece, solo quando l’atto emesso da un certo organo riguarda materia del tutto estranea all’ambito degli interessi pubblici attribuiti all’amministrazione alla quale l’organo appartiene.
Ora, nella specie, l’eventuale incompetenza dell’organo che ha emesso i provvedimenti ablatori (sindaco anzichè Presidente della Giunta Regionale) nell’ambito della procedura espropriativa non configura una situazione di carenza assoluta di potere, perchè non tocca l’idoneità dell’atto medesimo a degradare i diritti soggettivi del privato ad interessi legittimi.
Le relative posizioni, a fronte di eventuali violazioni di legge nell’esercizio di quel potere, sono quindi tutelate davanti giudice amministrativo.
Le conclusioni raggiunte rendono ininfluente l’esame degli ulteriori profili.
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Sussistono le condizioni per l’applicazione del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater introdotto dalla L. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a sezioni unite, rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1- bis.